Non ricordo bene, ma vorrei immaginare che fosse una notte buia e tempestosa quando un fulmine colpì un versante della montagna... e nacqui. Ero un pezzo di roccia, nella forma di un cubo di perfette proporzioni. Gli angoli appuntiti, le superfici lisce e le facce contrapposte.
Un lato mio si rivolse al sole ed alla luna, un altro ai ginepri... l'altro opposto ai rododendri. Un altro al punto da cui mi ero staccato, l'altro alla terra sotto di me. Un altro ancora, diritto, davanti allo spazio.. al vuoto.
(... e poi)
Il sole, la pioggia, la neve, il vento, il gelo e le tempeste, mutarono il mio aspetto... assomigliai ai sassi di prima di me.
Come loro mi aggrappavo, come loro mi ricoprii d'erba.. come loro mutai colore.
Arrivò un tempo terribile, tutta la montagna tremò e mutò il mondo attorno a me. Dapprima, le cose che mi erano cresciute attorno si allontanarono, altre che non conoscevo, di cui non sapevo l'esistenza, mi raggiunsero e fui strappato dalla mia terra.
(... e allora)
Conobbi l'impeto del torrente in piena che scorre dove non c'è un corso, che passa dove solitamente ci sono piante e fiori e pure io, quale parte integrante della corsa, strappai piante e fiori.
Solo la fortuna impedì ch’io mi frantumassi. Persi i miei angoli appuntiti, diventai irregolare, quasi sferico, rugoso,
molto diverso dal cubo. Ma ripresi il mio colore di un tempo passato, lucido e chiaro.
(... e poi)
Nessun luogo più, fu stabile abbastanza. Ad ogni mutare del tempo mi trovai in un mondo a me nuovo. Ho imparato a convivere con tutto ciò, in una forma, di precaria e inquieta liberazione.
Quando le incertezze si diradano, ogni strada, anche quelle nel cielo, quelle più alte delle follie portano ad un nuovo equilibrio nello stesso passo di tutti i giorni. Gli occhi hanno imparato a guardare il mondo attorno come se niente ci fosse da guardare così intensamente e non c'è più paura. Esplode un’altra vita, prima di morire in un altro luogo, sconosciuto.