Nelle
immediate circostanze di Caporetto venne ricostituita la
47a divisione con personale già in servizio e incarico che passo agli
ordini del Magg. Gen. Giuseppe Boriani (la componevano la
Ia brigata (6-12° Bersaglieri) del Col. Brigadiere
Leoncini Adolfo, la Va (4-21° Bersaglieri)
gia
del Col. Brigadiere Giuseppe Boriani e la Brigata Elba 261° e 262°
Fanteria (Col Brig Spiller Gaetano
http://www.lagrandeguerra.info/articoli.php?i=34
Monte Kum e la difesa della brigata Elba ) che ripiegherà sul
Torre decimata e verrà sciolta il 20/11 assieme alla Divisione Speciale.
L'Elba (47a div.) con la 23a faceva parte del XIV C.d.a.
La Va Brigata
che intanto ha perso il 21° si è sciolta il 7/11 cedendo il 4°
reggimento alla Ia.
La 47a/2 sarà anche chiamata Div.
Speciale Bersaglieri Boriani dipendeva dal XIV cda in origine ma
passò via via che la tragedia si compiva al XXVIII C.d.A poi al XXIV.
La
IVa brigata bersaglieri (14-20°)
dipendeva invece dal IV cda (ma
non tutti concordano)
insieme ai reggimenti bersaglieri 2° e 9°.
Con la IIIa armata il
3° Rgt..
Sugli
altopiani il 5°, in Cadore
l'8° e la
II brigata (Coralli 7°
e 11° rgt) proiettata verso la
Carnia dal Cadore. In Carnia col XII Cda autonomo in quel momento il
15°
bersaglieri in Val Dogna e il 16° e 19° reggimento nella Carnia
occidentale.
Il Generale Capello, stante sua
indisponibilità e risultati, venne
destituito e sostituito da Montuori che era persona molto limitata. I fatti raccontati da Rommel in
altra sezione vengono in parte ridimensionati in "Piume al vento"
(pagg.164-166) pur non trascurandone il pericolo e la gravità. La IV
Brigata, pur fra notevoli perdite, si era ritirata combattendo a 360
gradi. La divisione speciale Boriani, ex 47a, la mattina del 25
ottobre era
ancora padrona del Globocak dove aveva rinvenuto 18 nostri cannoni
intatti.
Alle 18,30 del 27 ottobre, a situazione ormai compromessa, viene emanato l'ordine
di ritirata sulla prima
linea di arresto il Tagliamento: La divisione Boriani costituirà
retroguardia del II Cda portando i resti dei reggimenti oltre il Piave.
E riferibile a queste date
l'organizzazione della difesa del Matajur che costituiva una delle cime
della 3a linea affidata alla IV brigata cosi da una relazione del Cai
Cividale Natisone.
Per la difesa del Matajur era stata destinata dal Comando Supremo
Italiano la Brigata di Fanteria “Salerno” del generale Zoppi. La Brigata
era partita da Bassano il 22 ottobre 1917 ed era giunta a Savogna in
autocarro la sera del 23 da dove, a causa di ingorghi stradali, il
reparto doveva proseguire a piedi per raggiungere marciando per
un’intera giornata il paese di Luico (Livek). Da questa località, senza
riposare, l’unità incominciava a salire il monte la cui cresta venne
raggiunta dai primi reparti all’alba del giorno 24 e dagli ultimi
soltanto alla sera.
Il Matajur era però privo di trincee, reticolati e di qualsiasi altra
opera di difesa. L’unica opera militare risultava essere la strada, tra
l’altro incompiuta, che saliva da Luico. Appare quindi subito evidente
che le condizioni in cui la Brigata “Salerno” avrebbe dovuto difendere
il monte non erano certo le migliori. Inoltre va ricordato che i
comandanti dei reparti facenti parte della brigata, proveniente da altro
teatro operativo, non erano pratici della zona in ci si accingevano a
combattere: ciò fece si che lo schieramento dei reparti fosse completato
solamente nella mattinata del 25. I reparti, erano così posizionati: 90°
Reggimento sulla cresta; 89° Reggimento a mezza costa a quota 700 circa
però completamente isolati essendo privi di collegamento con altri
settori di difesa sia desta che a sinistra. Questo comportò che, quando
la Brigata Bersaglieri, la quale difendeva il passo di Luico, cedette
alle preponderanti forze della 12a Divisione Slesiana e dell’Alpenkorps
Bavarese con in avanguardia il Distaccamento del Wurttemberg del Tenente
Rommel, anche le sorti della Brigata “Salerno” fossero ormai segnate. La
manovra d’attacco tedesca per la conquista del Matajur si sviluppò
frontalmente da parte dell’Alpenkorps che penetrò fra le due linee
difensive in cui la brigata era schierata, mentre i reparti della 12a
Divisione Salesiana con una manovra aggirante da nord, salivano dalle
valli del Natisone, giungendo alle spalle della linea di difesa
principale tenuta sulla cima dal 90° Reggimento.
.
difendere i Ponti di Pinzano e Cornino,
questo l'ordine al Corpo d'Armata Speciale del Gen. Di Giorgio.
Da
Fond. Whitaker estratto Biografia Gen. Antonino Di Giorgio (m.1932)
in carneade la biografia completa
In
quell'ora critica al Quartier Generale più d'un ufficiale risulta si
sia rammentato del brillante comandante e
lo abbia ricordato al Capo di
S.M. Infatti Cadorna dispose tempestivamente, sin dal mattino del 26
ottobre, la creazione di una nuova grande unità d'emergenza, un corpo
d'armata di formazione, per arginare l'avanzata e coprire la ritirata
delle truppe dall'Isonzo. La decisione d'affidare il Corpo d'Armata
Speciale (C.A.S.) al generale Di Giorgio era un attestato di fiducia ma anche un
incarico estremamente difficile da assolvere. Si trattava di coprire (di
difendere) i ponti del Tagliamento, cioè un arco del fronte di 30
chilometri circa, sull'ala sinistra della 2^ Armata (quella sfondata dal
nemico ), con reparti raccolti nelle retrovie o in riserva.
Questo eterogeneo raggruppamento dall'inizio alla fine, 13
giorni in tutto, contò su una forza attiva media di poco
più di 8.000 uomini. Il C.A.S. fece quanto era in suo potere,
attestandosi sul lunghissimo fronte assegnato, dal ponte di Trasaghis a
quello di Dignano, passando per Cornino e Pinzano, improvvisando
posizioni che non ebbe il tempo di consolidare, mantenendo piccoli
capisaldi, con i quali cercò di coprire con elasticità le linee
difensive. Al ponte di Pinzano accadde la dolorosa perdita dell'esigua e
valorosa Brigata Bologna, sacrificata da una tragica serie di ordini e
contrordini dei comandi superiori che si sforzavano di coordinare i
movimenti della ritirata e contro i quali Di Giorgio protestò invano.
Lentamente e tenendo il contatto con le avanguardie nemiche il CAS saltò
dal TAGLIAMENTO al Meduna, dal Meduna al Livenza e dopo dal Monticano al Piave. L'irrompere
delle numerose ed ancora agguerrite divisioni nemiche, che in quella
particolare fase intermedia non era ancora possibile arrestare, fu
contenuto ed il minuscolo corpo speciale di Di Giorgio diede al nemico la
sensazione di avere dinnanzi a sé forze ben più numerose e potenti.
Gli austro-tedeschi dovettero, quindi, procedere con cautela, perdendo
lo slancio iniziale e cominciando sia a logorarsi che a subire le prime
perdite consistenti, oltre al distacco logistico. Il C.A.S. si
scioglieva la mattina del 9, dietro
ordine diramato dall'alto comando, quando i reparti attraversavano il
Piave armati ed inquadrati. L'indomani, mentre il C.A.S. riversava i
suoi uomini nelle nuove divisioni, Di
Giorgio passava a comandare i resti del XXVII Corpo d'Armata (già del gen.
Badoglio promosso a nuovo incarico).
Il C.A.S. aveva dato il meglio di sé e neppure una più robusta
unità avrebbe potuto fare di meglio. Nei frangenti della ritirata, lo
stesso fatto che le sue colonne in armi marciassero contro il nemico, in
direzione opposta al ripiegamento, risalendo, su strade
ingombre ed in mezzo a gravi disagi sia materiali che logistici, le
fiumane di sbandati, di profughi e di disertori, costituì un titolo di
merito particolare che si deve ascrivere a quanti fecero parte di quel
Corpo. Sebbene né il Di Giorgio, né il C.A.S. abbiano poi ottenuto alcun
specifico riconoscimento ufficiale di citazione al valore per la loro
azione, essi furono sempre considerati quali esempio di fermezza e di
ardimento dinanzi alla sconfitta, segno della volontà popolare di
riscossa. Di Giorgio, che aveva emanato in quei giorni ordini di
eccezionale severità nei confronti degli sbandati e dei disertori
(disponendo di passare immediatamente per le armi quanti ostacolassero
la resistenza), riconobbe costantemente durante l'azione il valore dei
suoi soldati e, nel congedarsi da loro, li additò alla propria ed altrui
ammirazione. per la divisione Boriani vedi
http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri9.htm
Boriani
Si stavano ritirando sul
fronte nord 300.000 soldati sbandati e 400.000 civili. Nel caos di
quelle ore si formarono retroguardie a ogni livello,
fondendo reparti diversi, con un solo obiettivo;
la manovrabilità, la velocità, la potenza di fuoco e l'accorciamento
della linea di comando. La
retroguardia lasciava al grosso 5 ore massime di vantaggio poiché
retrocedeva sempre impegnando il nemico a vista (a contatto per evitare
deviazioni). I
tedeschi stessi agivano con motocarrozzette (sidecar) armate di
mitragliatrici che
lanciavano in avanscoperta sui centri di comando e sugli snodi di
traffico o ponti. Era incredibile la loro conoscenza dei posti e della
viabilità. Il 10 novembre a S. Donà di Piave, l'8° bersaglieri
catturò mitragliatrici su motociclo e biciclette (forse di bersaglieri
ciclisti) alle sparute
avanguardie nemiche. In un
successivo contrattacco il XII/8° veniva sopraffatto e alcuni bersaglieri,
col Capitano Ardoino, si davano alla macchia andando a costituire la
prima unità di partigiani che
la storia ricordi.
Blitzkrieg, questo il nuovo nome dell'azione, che anni dopo fatta in apertura
dei conflitti diverrà micidiale e la cui paternità sarà attribuita a
Rommel. L'arretramento della divisione bersaglieri che
proteggeva la ritirata della II armata proseguiva intanto su Mortegliano.
La zona raggiunta era ormai a copertura
del fianco della III armata e qui a Pozzuolo del Friuli, il 29 ottobre,
il combattimento venne ingaggiato in uno scontro campale. Il Genova
Cavalleria e i lancieri di Novara dovevano tenere Pozzuolo, i
bersaglieri Mortegliano. La mattina del 30 il 6°
bersaglieri mandò 200 uomini in
aiuto dei cavalieri e della Brigata Bergamo asserragliata a Carpeneto. Per tutto
il giorno la lotta fu durissima. A sera la brigata di cavalleria aveva
lasciato sul campo metà degli effettivi (Med. Argento). La sera del 3
novembre un primo battaglione bosniaco passava il Tagliamento. La nuova
linea di resistenza (sempre mobile) ora era il fiume Livenza. Ai bersaglieri di Boriani,
in retroguardia, si erano aggiunti altri gruppi, sempre formati da Bersaglieri,
Cavalieri e ciclisti: Gruppi Ajroldi, Piola Caselli, Sifola e Mautino (alpini e
bersaglieri) dai nomi dei loro comandanti.
La IIIa brigata bersaglieri (17° e 18° reggimento Gen. Ceccherini
dal 18 marzo 1917), neo
costituita, che si trovava in quel momento in fase di riorganizzazione* raggiunse la zona dei combattimenti
ponendosi a retroguardia della III armata. Al ponte di Madrisio sul
Tagliamento la sera
del 31 ottobre erano già passati 100.000 soldati. Il confronto coi civili in
fuga per tenere aperte le strade e fissare le priorità era stato durissimo. La sera del
5 novembre,
sotto la protezione dei gruppi Sagramoso e Paolini, la III armata
passava indenne anche il Livenza. I bersaglieri ciclisti posizionati nelle prealpi
venete, per un'eventuale sfondamento da Nord, vennero messi alle dipendenze delle divisioni di
cavalleria 1.2.3a. una volta raggiunto il fronte. La sera del 6 novembre i reparti che ripiegavano erano ormai in vista
del Piave. La supremazia
aerea italiana aveva qui protetto i ponti e dal giorno 9, oltre il
Piave, non ci si ritira
più.
Il bilancio della loro
offensiva aveva dell’incredibile e aveva meravigliato gli stessi
comandi. Questo il «bottino dichiarato»:
- 100.000 italiani uccisi, feriti o catturati (molti meno di quelli che
normalmente si contano) - 1.000 cannoni
- 5.000.000 di scatolette di carne - 700.000 scatolette di salmone, 27.000 q.li di gallette -13.000 q. di pasta -7.200 q. di riso -2.530 q. di caffé-4.900 hl di vino
- 672.000 camice - 637.000 mutande - 430.000 paia di pantaloni - 823.000
calze - 321.000 paia di scarpe
*
La III brigata aveva
operato fino ai primi di luglio alle dipendenze della 51a divisione in
Valsugana poi era stata trasferita alla III armata per l'offensiva di
agosto contro l'Hermada. Dal diario: Alla III brigata bersaglieri è
affidato il compito di conquistare, in un primo tempo, il caposaldo di
q. 346. Nella notte sul 18 agosto le truppe serrano sotto, completando
lo schieramento ed il mattino seguente le prime ondate si allontanano
veloci dalle nostre trincee puntando sulla posizione intermedia di q.
315, che viene in breve raggiunta. Ma la violenza del fuoco delle
artiglierie avversarie, i continui contrattacchi in forza e la
difficoltà di tenere i collegamenti, fanno sì che, dopo una lotta
cruentissima durata l'intera giornata, i nostri sono costretti a
ripiegare nei trinceramenti di partenza. Le perdite sofferte dalla
brigata durante questo primo episodio, Sono ingenti, sommano a 40
ufficiali ed 848 uomini di truppa. Nella notte sul 20, rilevati
dalla « Barletta », i resti dei due reggimenti si trasferiscono sulla
cosiddetta linea delle « quote », per una prima riorganizzazione, poi,
passata la III brigata alla dipendenza della 14a divisione, i suoi
elementi si fondono costituendo col 17° un solo battaglione e col 18°
due battaglioni. Viene nel frattempo chiamato in linea il VII
battaglione complementi che trovavasi a Sagrado. Il giorno 22 agosto al
comando della brigata, viene ordinato di impossessarsi di q. 244;
L'azione dovrà effettuarsi con i due battaglioni del 18° e col concorso,
sulla destra, della brigata Bologna. Nelle ore pomeridiane i riparti
iniziano l'avanzata che è fortemente ostacolata dal tiro avversario e
dal fuoco di ben celate mitragliatrici che battono tutto il terreno
percorso dai gruppi; la brigata Bologna, non appena messo piede fuori
delle trincee di partenza, è violentemente contrattaccata. Penosamente,
incontrando mille difficoltà per le insidie che il nemico tende loro ad
ogni passo, i primi nuclei dei nostri riescono a stringere q.244 facendo
molti prigionieri. Il giorno dopo e i seguenti lo scontro si fa ancora
più duro e il reparto già mutilato lascia sul terreno altri 23
ufficiali e 403 uomini di truppa
I tentennamenti di Cadorna di resistere su ogni Fiume avevano
comunque sacrificato diversi reparti (come a Ragogna la Brigata
Bologna) o ritardato le operazioni. Solo
alle 10 del 4 novembre era stato emanato l'ordine di ritirata definitiva
sul Piave.
In un giorno del 1916 Cadorna aveva detto "Signori, in caso di necessità e
disgrazia ci difenderemo qui" e il Qui era il Piave e il Grappa. Il 6 novembre a Rapallo Lloyd
George e Foch avevano chiesto la testa di Cadorna per inviare rinforzi.
Dal 25 al 30 ottobre l'Italia era rimasta anche senza presidente del Consiglio
e il Re pensava seriamente di abdicare. L'8 novembre Cadorna viene pressantemente
invitato dal Re a dimettersi. Il giorno dopo lo sostituisce il
napoletano Armando Diaz
(XXIII cda) sconosciuto ai più. Diaz è un outsider nella schiera dei generali; scavalca tutti
i possibili pretendenti dell'ala sabauda dell'Esercito (Duca d'Aosta
compreso). Cadorna
stringendo i denti avrebbe detto “Mi hanno sostituito con un furiere”. Se va male
anche questo, il Re ha comunque salvato uno dei suoi che può fare da
outsider numero due. Come sottocapi si nominano Gaetano
Giardino (Bersagliere) e Badoglio, piemontese legato alla
corona, che non
riterrà mai di giustificare la sua condotta a Caporetto neanche quando
si aprirà l'inchiesta (a guerra finita). A Fagarè, come in altri
punti, nonostante il fiume si ingrossi, gli Austriaci tentano di passare
il Piave. Il 18° di Ceccherini coi fanti della Novara vengono mandati a
fermarli. Al Molino della Sega il 16 e 17 novembre il
18° nella lotta per eliminare la testa di ponte scriveva col sangue la
prima pagina della motivazione della medaglia d'oro. Coi
bersaglieri della prima classe 99, dopo sei attacchi, cadeva il Cap.
Rolando Francesco.
Il 26 ottobre il generale
Sagramoso era stato incaricato dal comando della 2ª Armata di imbastire una
linea di appoggio al Torre (fiume), durante la fase iniziale del ripiegamento.
Con la 2ª Divisione di cavalleria e il 3° Gruppo bersaglieri ciclisti
aveva provveduto a rallentare l’avanzata del nemico al Tagliamento
sulla fronte della 2ª Armata. Subentrato in azione sulla riva destra del
Tagliamento il Corpo d’Armata Speciale, il generale Sagramoso aveva
ricevuto l’ordine di riunire sotto il proprio comando la 1ª e 2ª
Divisione di cavalleria che avevano assolto le funzioni di protezione
della ritirata al Tagliamento, subendo ingenti perdite. A disposizione
del generale Sagramoso venne posto anche il Comando Truppe Mobili, costituito
dalla 1ª-3ª Divisione di cavalleria, 1 Gruppo batterie cavallo, 8
battaglioni ciclisti, 5 squadriglie autoblindo. Il comando assunse il
compito di condurre un’azione ritardatrice dal 31 ottobre al 5 novembre
sulla linea Cellina-Meduna, poi, fino all’8 novembre sul Livenza, per
dare il tempo alle truppe ripiegate di organizzare la difesa sul Piave.
Il Comando Truppe Mobili , che per il suo comportamento meritò la
citazione sul bollettino di guerra n. 891 del 1° novembre, si sciolse
nel marzo 1918. Dal sito Rileggiamo la grande guerra
Corpo d'Armata Speciale del Gen. Di Giorgio. |
Reparti disponibili per
la prima tamponatura del fronte: il CdA speciale riunì sempre un
numero variabile di uomini e reparti nell'arco di vita (12
giorni). Questo è quindi da intendersi un organico totale,
provvisorio e variabile |
20a divisione
Gen. Barco |
Brigata
Lombardia Col. Puglioli *
la brigata passerà poi sotto la disponibilità
del XII cda di Carnia e Vi rimarrà intrappolata |
73°-74°
reggimento |
|
|
Brigata Lario
Gen. Cicconetti |
233°-234°
" |
33a divisione
Gen. Sanna |
Brigata Bologna
Col. Rocca * Viene persa a Ragogna
il 1 novembre |
39°-40° Reggimento |
|
Brigata Barletta |
137° Reggimento |
|
|
|
Aliquote-resti
|
Brigata Sassari |
151°-152° Reggimento |
|
Brigata Rovigo
|
227°-228°
" |
|
Brigata Siracusa
|
245°-246°
" |
|
Brigata Siena |
31°.32°
" |
|
|
|
|
Gruppo
Sagramoso |
COMANDO TRUPPE MOBILI |
autoblindo,
arditi e resti del
2° e 9° bersaglieri |
Btg. Alpini Monte Bicocca, Val Leogra,
Val Stura |
|
|
|
n° 3
btg. bers. ciclisti |
47a div.Bers. |
I
BRIGATA |
6°-12°
reggimento |
2
Squadroni 12° Cavalleggeri
Saluzzo |
Boriani |
V
BRIGATA |
4°-21°
reggimento |
|
|