"Annahuel" intervistato da E. Biagi: Biografia di Elio Biagi (2).
LA MATURITA'...
All' arrivo degli occupanti nazisti, Elio Biagi che fino ad allora in verità, più che di politica
si era interessato di grana e maiali prese la decisione di darsi alla macchia, direi meglio "al bosco" aiutato in questa scelta
da una straordinaria stagione ricca di funghi porcini. Terminata la raccolta e la successiva essicazione il nostro Elio e i suoi
compagni si resero conto, che i funghi secchi anche se prelibati erano di scarso valore nutritivo e bisognava quindi procurarsi anche tagliatelle, bollito, cipolle etc.
per farsi dei primi decenti. Costituirono quindi un vero "commando" specializzato in azioni belliche a sfondo alimentare e scelsero dei nomi di guerra adeguati.
Ernestino Varaldi era detto il "felino" (nel senso del salame), Luigino Mazzacurati era il "lambrusco", Rodolfo Pantani (pro-zio del ciclista) il "sangiovese con addittivi" e via dicendo.
Biagi, leader del gruppo era detto semplicemente il "partigiano reggiano" anche perchè era sempre in forma.
Devo dire che notai una evidente nostalgia in Biagi nel raccontare la sua vita di partigiano e un legittimo orgoglio nel descrivere le azioni che videro lui e il suo gruppo protagonisti...
Mitica, direi, quella in cui approfittando delle tendenze sessualmente non ortodosse di un colonnello un culunel... tedesco i nostri infiltrarono un loro uomo: Checco Checconi detto
il "culatello" (nel dopoguerra titolare della migliore boutique di moda della bassa modenese...); il quale riuscì a "distrarre"
l' ufficiale e la sua truppa (evidentemente di analoghe tendenze...), mentre Biagi e i suoi uomini recuperavano tre camion di grana, due di prosciutto cotto, uno di crudo e una autocisterna
di lambrusco. Nel raccontare l' episodio Elio per la prima e praticamente unica volta rise di gusto (!) ...povero Checco non si è potuto sedere per tre settimane, si è fatto veramente un bel C..o!!!
Arrivò infine il 25 aprile del '45 e il plotone del "partigiano reggiano" entrò orgogliosamente in città, unico gruppo combattente a non
aver perso nemmeno un uomo, anzi ad avere acquisito qualche chilo.
Il primo dopo-guerra non fù felicissimo per Biagi, ritrovò il fratello gemello maggiore anch' egli reduce dalla lotta partigiana e già firma
di peso nel giornale di Bologna; rinacquero in lui le mai sopite aspirazioni letterarie, ma nonostante impegno e passione non mancassero
il successo non gli arrideva. Dopo una raccolta di poemetti intitolata "Culatello mon amour" (dedicata sia ben chiaro al
salume e non al compagno d'armi) si cimentò in un opera di più ampio respiro: il romanzo "Don Peppillo".
Storia di un prete comunista e del suo conflitto con un sindaco democristiano ambientata in un paese della
bassa emiliana. Un racconto decisamente innovativo, anche troppo, che non trovò alcun editore disposto a stamparlo.
Ma che probabilmente ispirò Guareschi, il quale astutamente adattò l'aerea politica dei protagonisti al
clima di guerra fredda allora imperante. Rilevanti anche il testo tecnico "Il letame ed altri fertilizzanti organici" apprezzato
nel solo settore specifico e la novella "C' era un Volt" su di un amico elettricista compagno nella resistenza...
Nonostante gli insuccessi (e forse tramite qualche "buona parola" di Enzo) Elio Biagi arrivò al giornalismo
militante come opinionista della "Gazzetta di Sassuolo", un giornale in verità di scarsa consistenza, anzi per usare le parole di Elio:
Le piastrelle di Sassuolo servono per le pareti del bagno, la "gazzetta" al bagno serviva per... (lascio ai miei 4 lettori la conclusione della frase e della "Gazzetta di Sassuolo").
Una possibilità di approdare al Grande Giornalismo però Biagi 2 la ebbe, forse ancora tramite un interessamento
dell' ormai avviatissimo gemello maggiore: Fù convocato per una specie di provino in Via Solferino presso la sede del mitico "Corrierone" al cospetto dell' altrettanto mitico
Indro Montanelli. Il grande fucecchiano (fucecchino o fucecchiese?)...insomma il Grande di Fucecchio. Indro lo mise alla prova:Biagi...Biagi...Mi pare d' avello già sentito stò nome, mah 'un importa, la mi scriva un artiholetto autobiografiho sulla sù vita...cià tempo fino al tocco, che poi vò a desinà...
Elio fece del suo meglio, ma forse le frasi: un cronista emiliano anche se il fatto è crudo non deve mai essere di grana grossa, la forma è importante... e soprattutto il (lam)brusco risveglio della coscienza... Socch....l!, ma quel piccolo malefico "lam" che gli era scappato davanti a "brusco" poteva stroncargli la carriera?
Questo pensiero lo perseguitò a lungo fin dal momento (praticamente 10 minuti dopo aver consegnato l' articolo) in cui lo accompagnarono alla Stazione
Centrale con un biglietto solo andata in 2a classe per Reggio Emilia e un gelido le faremo sapere...
...Biagino? ...'gliera proprio un gran bischero...
Il colpo alle aspirazioni di Elio Biagi di divenire un grande giornalista, o almeno di poter chiamare "collega" il fratello fù
praticamente letale se non definitivo. Negli anni successivi, fino ai giorni nostri si limitò a collaborazioni con testate minori
dell' ambito agricolo emiliano e (ma questa è più una mia illazione che una effettiva ammissione di Elio) a fare da "controfigura" al
celeberrimo gemello in interviste "a rischio" con elementi tipo Gheddafi, Bokassa o Previti...accontentandosi
di una modesta percentuale sul ricco "cachet" di Enzo. In questo agevolato dalla perfetta rassomiglianza, che fonte di
pene in altre circostanze lo agevolava almeno in questo. Infine il caritatevole Enzo gli passa tuttora
servizi di bassissimo profilo o presunti tali (come appunto la mia intervista)...Continua