Il terzo
fisico della vecchia meccanica quantistica è Niels Bohr,
fisico danese che collaborò con Rutherford a Manchester.
Bohr si rese conto
che il modello atomico “planetario” così come era stato proposto da
Rutherford non poteva essere corretto. Un elettrone che
descrive un’orbita chiusa è continuamente soggetto a un’accelerazione
centripeta. Una carica accelerata emette sempre energia sotto forma di
onde elettromagnetiche. Perdendo energia,
l’elettrone dovrebbe avvicinarsi al nucleo. Perciò la sua
traiettoria non sarebbe più circonferenza (o un’ellisse), ma una spirale
che si avvicina sempre più al nucleo fino a che l’elettrone vi cade
sopra in un intervallo di tempo dell’ordine
.
Siccome gli atomi
sono stabili e non si distruggono in un decimo di milionesimo di
secondo, Bohr fece l’ipotesi che a livello atomico non valessero più le
leggi della meccanica, dell’elettrostatica e del magnetismo come erano
state conosciute fino ad allora, e che al loro posto fosse necessario
introdurre nuove leggi della fisica, allora tutte da scoprire.
Per spiegare la
stabilità degli atomi Bohr introdusse alcune ipotesi apparentemente
artificiose, ma che poi sono state spiegate nel quadro di teorie più
generali. Secondo queste ipotesi:
·
il raggio delle
orbite degli elettroni può avere soltanto un certo insieme di valori
«permessi»;
·
quando
l’elettrone percorre una di queste orbite permesse (dotate di un’energia
totale ben definita) non irraggia.
Quindi, come la carica elettrica, anche le orbite degli elettroni in
un atomo sono quantizzate:
in altre parole, il raggio r dell’orbita, la velocità v
dell’elettrone e la sua energia totale
non
possono assumere valori qualunque, ma solo un insieme di valori ben
definiti.
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