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Fastifesto

Sì, dai, è normale chiedersi che diavolo sia il Fastifesto, ebbene è il manifesto di fastelli, semplice no? Lo scrissi diverso tempo fa, a qualcuno piacque (nessuno) e a qualcuno dispiacque (tutti). Che ci volete fare? Beh, finché non mi invento qualcosa di nuovo tanto rimane così.

Il capitalismo neoliberale e liberista è la nuova vera grande pestilenza all'alba del Terzo Millennio, ed è probabilmente il più grande morbo della storia dell'uomo che miete ogni anno milioni e milioni di vittime. Uccide i corpi degli uomini del Sud e spegne le anime degli uomini del Nord. Con queste affermazioni perentorie e volutamente provocatorie non voglio certo, né potrei farlo, negare gli immensi e straordinari benefici che il sistema economico capitalistico ha portato a molti di noi. Se lo stesso Marx, il critico del capitalismo più conosciuto al mondo, ammirava apertamente la capacità del capitalismo di mobilitare ingenti risorse, io non posso che fare altrettanto. Ma il problema è un altro, il problema è l'attuale stato delle cose, non quello che il libero (che però libero non è mai stato) mercato ci ha dato fino ad oggi, il problema è dove sta andando il mondo governato dal mercato, o meglio dove non sta andando. Perché il nodo focale della questione, la mancanza contro la quale il mondo sbatterà presto il suo muso triste e sporco, sta proprio in quello che il capitalismo non ci dà, come già accennato a suo tempo da Keynes quando si prendeva la libertà di fare il filosofo. E quello che non dà è un senso alla vita dell'uomo, un fine per il quale ogni essere umano si possa sentire in pace con sé e con gli altri pronto a sopportare l'inquietante interrogativo della morte. Il capitalismo, con la sua indiscussa capacità di mettere in moto le energie sopite della società, può e deve essere uno strumento al servizio di fini più elevati stabiliti in altra sede, ma lasciare che il mercato si sostituisca ai fini stessi della vita dell'uomo senza proporgli qualcosa di davvero significativo per il naturale dilemma esistenziale è e sarà la condanna e lo sfacelo del corrente ordine economico-politico. Il comunismo, il fascismo, il nazismo e da ultimo l'esperienza tragica dei taliban sono, se pur in modi diversissimi, esperimenti alternativi di organizzazione della società nati da un disagio reale del popolo cavalcato ad arte da improvvisate figure carismatiche; tutti esperimenti falliti tragicamente, ma questo non esclude affatto che possano ripetersi in futuro, ed è quello che succederà quando su scala mondiale la periferia insorgerà. Cristo è stato senz'ombra di dubbio il primo grande rivoluzionario della storia, ha rovesciato con le parole il più grande impero del mondo allora conosciuto, ha sconvolto l'ordine sociale imperiale, basato sul divide et impera delle etnie, a favore di un primo passo verso la liberazione universalista finale dell'uomo, a favore cioè di un sistema che per la prima volta nella storia occidentale proclamava l'assoluta uguaglianza, di fronte a Dio, tra gli uomini. Gli sviluppi storici di questo potentissimo messaggio sono tristemente noti, i tempi non erano ancora maturi, il risultato alla fine è stata una società mummificata intorno a gerarchie statiche e immutabili, non troppo diversamente dal modello delle caste indiane. Questo almeno fino a che un altro grande rivoluzionario, sebbene di tutt'altra risma, Adam Smith non sconvolse nuovamente l'ordine costituito sostenendo semplicemente che un sistema sociale svincolato e più libero in fin dei conti era più vantaggioso per tutti (tranne per quei pochi che ci hanno rimesso la testa). La storia accelera insieme al movimento parossistico e bollente delle macchine industriali, trascorrono appena 72 anni e un altro grande rivoluzionario, un nuovo faro nel buio caotico della storia, sentenzia solennemente contro lo status quo, contro lo sfruttamento dell'essere umano, contro lo svilimento della sua dignità; necessario dire a chi mi riferisco? Ovviamente questa è la versione romanzata, la verità storica probabilmente sta altrove, è ragionevole pensare che in realtà il vero protagonista fosse l'esasperazione stessa raggiunta di volta in volta dagli uomini all'interno di un sistema portato all'estremo, ovvero la «maturità» della situazione, cavalcata da grandi uomini che nel momento giusto e nel posto giusto hanno saputo dire le cose giuste, ossia quello che era davvero necessario dire. Ma in fondo la verità storica è sempre triste e grigia, e in più puzza in maniera insopportabile di accademia, di grigi uomini curvi senza passione che della ricerca della verità oggettiva nel campo dello studio dell'uomo sono riusciti a fare motivo di tristezza e grigiore per tutti. Ma la loro prudenza accademica e la loro vigliaccheria scientifica puzzano del denaro sporco che alimenta il falò delle loro vanità e vacuità e non impediranno in alcun modo all'uomo davvero libero di vedere quello che sta accadendo intorno a lui. Deserti di povertà materiale e abissi sconcertanti di miseria a noi sconosciuti sono l'orizzonte cupo fiammeggiante della periferia discarica del grande impero, uomini e donne privati della loro dignità, derubati delle cose più preziose per ogni essere umano, la speranza e i sogni, uomini e donne senza futuro, uomini e donne senza passato, stuprati nella loro storia ridicolizzata dalla vaccinazione ideologico coatta del centurione dal volto pallido e dall'idioma stridente. Esseri umani, umani come noi, i nostri fratelli lontani ridotti a merce di pessima qualità, schiacciati dal piede del grande giustiziere privato, assoldato dal nuovo padrone, unto e lontano, schiacciati dagli stivali del militare americano chiamati legge della domanda e dell'offerta di lavoro, o anche con espressione più forbita legge bronzea dei salari. Discendenti di nobili principi e stupende regine dalla pelle d'ebano ridotti oggi ai lavori forzati per beni che verranno rivenduti a trenta volte tanto in vetrine lontane galassie intere a prezzi esorbitanti che devono convincere il giovane pieno di idee a farsi venire qualche idea abbastanza stupida da convincere a sua volta qualche altra anima in pena a comprare qualcosa di cui non ha assolutamente bisogno. Piccoli bambini dagli occhi bruni precocemente svezzati e gettati senza pietà negli atroci meccanismi dell'insulsa e rivoltante legge ricardiana dei vantaggi comparati ovvero accartocciati 15 ore al giorno a sfruttare il vantaggio comparato delle loro piccole dita agili. E al centro dell'impero? E nei suoi distretti privilegiati? No, niente fame, niente miseria, qua e là qualche povero disgraziato, trastullo degli statistici, e il resto? Milioni e milioni di uomini-bambino, piccoli mostriciattoli arroganti e viziati dal benessere materiale, privati di ogni credibile morale esterna, che si affollano inspiegabilmente intorno a sfavillanti vetrine stracolme di oggetti inutili, ottenuti rispettando tutti i crismi del giudaico-cristiano-calvinista-protestante dogma dell'efficienza, della concorrenza e della minimizzazione dei costi, ovvero le fonti di sostentamento di altri uomini imprenditorialmente «incapaci» e della massimizzazione del profitto, ovvero delle loro già vergognose ricchezze derubate, ma non rispettando anzi deturpando la natura delle sue risorse e non rispettando anzi mortificando popoli interi troppo lontani per essere sentiti e per provocare la loro pietà o quantomeno un qualche fottutissimo senso di disagio. Uomini-bambino tirati su nell'odio del proprio prossimo, nel mito della competizione sfrenata che nel vuoto etico dello sradicamento degli ancestrali ruoli riescono a percepire solo come prevaricazione e ostentazione. Mostriciattoli pronti a tutto per se stessi, pronti a tutto pur di sfamare quell'orribile mostro di desiderio infinito che gli psicologi occidentali hanno avuto il coraggio e la sfacciataggine di risvegliare dal torpore millenario della povertà materiale. Piccoli frignoni impazziti che corrono rumorosamente in ogni dove cercando in tutti i negozi, in tutte le vetrine, in ogni angolo illuminato altri e nuovi oggetti da gettare nel baratro senza fondo dell'abominevole postulato dell'insazietà del consumatore. Piccoli e ridicoli mentecatti improvvisatisi attori da quattro soldi che pagliacciano miseramente ributtanti pieces teatrali nell'inconscia e irrealizzabile ricerca dei perduti ruoli secolari, grassi e abbronzati vermi egoisti che si trascinano lentamente con le loro insensate viscide budella strazianti imbottite dalle droghe promosse dai loro legittimi e democraticamente eletti rappresentanti, bombardati in ogni momento da vortici di immagini eteree e da slogan odiosi nella perenne e ansiosa fuga dal vuoto che hanno in sé. Isolati ermeticamente nelle loro scintillanti autovetture dal design aggressivo, sparati nella notte loca come proiettili a folle velocità su strade urbane hanno probabilmente la stessa velocità dell'aria che conquista gli spazi dell'horror vacui. Piccoli piccoli borghesi costretti a vivere il doppio dei loro antenati provando neanche la metà delle sensazioni dall'accanimento terapeutico di un esercito di gerontofili fino alle malattie degenerative e alla riduzione in inutili vegetali clinicamente ospedalizzati e socialmente opportunamente allontanati dalla vista sensibile e facilmente impressionabile dei loro stessi nipoti impegnati in virtuali mondi paralleli mentre combattono per salvare l'umanità di un giochino elettronico. Minimi rispettabilissimi bianchi protestanti o pappagalli meridionali trascorrono la loro miserabile esistenza scappando in tutti i modi dalle atrocità della loro solitudine inseguendo sogni che la maggior parte di loro non potrà mai realizzare, mentre pochi disgustosi maiali, ingrassati e unti dal disprezzo dei loro simili e dal baratro senza fine dell'avidità, ridono fino all'infarto nel vedere questi piccoli insulsi criceti correre senza fine per far girare l'enorme ruota della loro economia, la gigantesca giostra del libero mercato, paventando davanti ai loro incoscienti occhietti neri lo spettro della recessione e concedendo loro qua e là con una mano qualche briciola in più, qualche aumento, qualche diritto rosicato in più, volendo pure qualche biglietto della lotteria e con l'altra distribuendo copiosamente le droghe-grasso degli ingranaggi del globale carosello dei capitali ed elargendo abbondanti droghe ottundenti televisive, farmacologiche, alcoliche, nutrizionali, musicali, visive, olfattive, onanistiche, allucinogene, psicoattive più o meno lecite ma comunque sempre ottundenti abbastanza perché le povere bestiole castoridi non scoprano mai la truffa e continuino diligentemente a correre senza andare da nessuna mai parte. Donne snaturate del loro ruolo di generatrici di vita, spinte al monofiglio pura soddisfazione egoistica di un desiderio lecitamente accettato dalla logica mercificante della vita del mercato, foss'anco ben oltre la menopausa trasformata da momento di passaggio naturale alla vita sterile a semplice fastidio da sommergere di farmaci, donne inglobate nel grigio diluvio moderno, dotate di voto, di diritti, di stipendi, di titoli di studi ma precipitate rovinosamente nell'indifferenza di un maschio televisamente e internettianamente eunucizzantesi, costrette per attirare la sua attenzione di bambino distratto dai giochi che dalla maggiore età chiamano hobbies a mostrarsi sul grande palco mediatico svestite fino alla provocazione più sfacciata sorridenti e silenziose come manichini-capi-di-bestiame da mettere all'asta del desiderio una volta l'anno, donne nella vita di tutti i giorni costrette a inseguire miti inverosimili cercando di assomigliare a donne lontane dai corpi perfetti sprecando miliardi e miliardi in inutili cosmetici, sacrificando chissà quante vite animali per sperimentare nuove creme appiccicose che finalmente sveglino dal suo torpore la nuova razza post-industriale di uomo, troppo libero, troppo indipendente, troppo pieno della sua individualità per una cosa sporca, antiquata e pericolosa come il sesso. Donne parificate ed emancipate strappate dalla segregazione storica ma strappate anche dal rispetto del loro ruolo e dal rispetto pudico del loro corpo tempio sacro della conservazione della vita umana. Figli di donne e di uomini che non sanno più dove è il bene e il male, incapaci di discernere per non aver mai patito veramente nulla, cloni di plastica, silicone e gel standardizzati e taylorizzati nel consumo vorace delle incredibile e importanti novità che i miracoli della net-new-wired economy ci sta portando, storditi dagli effetti speciali cinematografici così come secoli addietro altrettanto simili schiavi dell'impero venivano storditi dai più semplici e frugali effetti speciali del sangue delle arene e dei combattimenti dei gladiatori, oggi li chiamano stunt men e non vengono uccisi durante lo spettacolo ché li si possa riutilizzare nello spettacolo successivo. Bambini sconvolti dalla totale assenza dei tradizionali agenti di socializzazione quali la scuola, recentemente venduta ai privati, e quindi lo stato, anch'esso recentemente venduto ai privati e dall'assenza della chiesa ormai ridicolizzata e marginalizzata a pochi irriducibili, bambini in balia degli insegnamenti dei gingles pubblicitari e di incontrollati mostri mediatici, rivoltanti mascheroni estetici che in osceni spettacoli faraonici dominano come nuovi sacerdoti le menti dei «fedeli» cavalcando abilmente tutti i peggiori sentimenti dell'uomo medio, vomitando senza alcuna pietà del buon gusto tonnellate di rancidi luoghi comuni in una folle e vertiginosa caduta verso il basso, verso il meno del meno, tutto lecito con una licenza radiotelevisiva e una massiccia dose di costosa-danarosa-remunerativa pubblicità. Politici che ammainano tristamente le vele e si fanno da parte o peggio accolgono nuovi rampanti imprenditori pronti a dimostrar loro e a tutto il paese che possono fare altrettanto bene quello che hanno fatto per anni, spendendo meno, perdendo meno tempo e con un piccolo meritato guadagno quale legittimo sacro santo premio per la rivoluzione della svendita di servizi obsoleti e ingombranti per il nuovo stato-azienda quali la sanità e l'istruzione a favore invece dello smantellamento sbrigativo di ogni impaccio alla libertà individuale e a un'intensa legiferazione tecnico-burocratica che stabilisca in ogni aspetto della vita umana norme e standard comuni da recepire in tutto il mondo perché il capitale finanziario e quindi lo sviluppo economico e il benessere si possa diffondere ovunque senza intoppi. Sorseggiando spumanti costosi nel loro ufficio del trentaduesimo piano aggressivi manager andropausini brindano alla riuscita intrusione del soggetto privato nel fantastico e infinito mondo delle idee, la breve e fugace ombra della crisi della saturazione del mercato ovvero della generalizzata soddisfazione delle necessità fondamentali del novello consumatore, leggasi lo spettro della saturazione dei mercati, è stato brillantemente risolto, oltre che con qualche guerra liberatoria qua e là ma questa non è affatto una novità, con la creazione di un perverso meccanismo autoalimentantesi di nuovi desideri tenuto in piedi da raffinati e geniali psicologi del marketing capaci di far leva sulle nostre pulsioni più deprecabili per scongiurare l'arrivo del soddisfacimento dei bisogni primari dell'uomo e il conseguente rallentamento della ruota della loro economia, rallentamento che avrebbe portato, orribile prospettiva, una maggiore attenzione e sensibilità verso problemi ambientali come il depauperamento delle risorse non rinnovabile e l'eccessivo sfruttamento di quelle rinnovabili. Ma grazie al dio denaro tutto questo è stato miracolosamente scongiurato, l'apertura del mercato dell'immateriale, delle idee, delle immagini ci ha prepotentemente sospinto al di fuori della temuta saturazione e dell'insopportabile rallentamento, al criceto si può ancora promettere che se l'economia crescerà anche lui, nel suo infimo, riceverà qualcosina, che poi il già grasso bambino odioso che lo tiene nella gabbia dei desideri s'ingrassi ancora di più fino a deformarsi e che in realtà sarà lui ad appropriarsi del frutto dell'insulso correre cricetesco questo non è condannabile, ormai è universalmente accettato, è una legge dell'economia e in quanto tale da accettare come si trattasse del moto dei pianeti, al massimo si tollerava il bisbiglio-ronzio di qualche dissidente anarchico-comunista, bastava etichettarlo nella categoria giusta per rendere il suo messaggio una voce senza suono alle orecchie dei benpensanti che non vogliono grane, piuttosto corrono diligentemente nella ruota. Ma la storia darà loro torto, non può essere altrimenti, ci sono già state numerose prove generali, la più riuscita probabilmente quella dei comunisti, fallita, almeno in occidente, perché incompatibile con l'intima necessità di significato dell'uomo, incompatibile con l'idea che il paradiso possa essere trasferito in terra e che il problema della morte non debba più essere preso in contemplazione, incompatibile con l'abolizione dell'incentivo denaro e la mancata proposta di un'alternativa altrettanto se non più forte. I totalitarismi, sprigionati da un simile disagio sociale, intrapresero la strada più facile, cioè quella di lasciar tutto in mano a un capo carismatico che tirasse fuori dai guai tutto il paese in vece di un ritorno all'etnicità come collante di una società debole disgregatasi do fronte agli eccessi di un laissez-faire che ne aveva fatto provincia per l'impero ricco degli inglesi e dei francesi. Altre forme di ribellione disperata hanno caratterizzato il ventesimo secolo, fino all'ultima ridicolizzata dai media dei taliban, ma l'uomo davvero libero non può non vedere in tutto ciò i primi falò, più o meno grandi, più o meno estesi, del grande incendio che si abbatterà sulle arsure della povertà e della miseria di quattro miliardi di esseri umani. Sarà necessariamente uno sconvolgimento epocale, un'era di immani cambiamenti che probabilmente riporteranno l'uomo indietro nella storia ma che lo costringeranno a riesaminare e a risolvere nuovamente la perennemente irrisolta questione del rapporto con i proprio simili e con l'ambiente circostante. Sarà allora forse l'inizio della nuova era, di un nuovo spirito di fratellanza universale, guidato probabilmente da un nuovo messia, forse mediatico, ma più probabilmente iconoclasta, una nuova era dove, almeno all'inizio, l'amore per il prossimo e il rispetto della vita torneranno ad essere centri ideologici aggreganti per un'umanità portata al limite della disperazione dagli eccessi dei secoli precedenti. Sarà allora che nuovamente qualcuno scriverà «Sono l'impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi barbari bianchi componendo acrostici indolenti dove danza il languore del sole in uno stile d'oro.»

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