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4 Bar Atlantide

Laura Caroniti
Parte Prima, Marguerite

Ho un avviso da fare, potrei chiamarlo anche inciso, e non cambierebbe nulla.
Questa non è una recensione, per lo meno la sua natura è diversa dalle altre scritte di mio pugno.
E' una critica su un libro di non pregevole fattura; è l'amore nei confronti dell’esistenza di una donna scoperta per sfida; è una storia che ha incrociato la mia vita e quella di altre tre persone, che per non lasciarmi da sola, si sono ritrovati, loro malgrado, a vivere un'avventura che ancora oggi ricordano.
Ma andiamo per ordine... o per lo meno, proviamoci.

Alphonsine, Marie, Marguerite...quanti nomi per un'anima sola? E se a questo si aggiungesse quello di Violetta Valery il quadro che ombre nuove acquisterebbe?

Ma no, con calma...procediamo con ordine.

Nel 1848 Alexandre Dumas figlio scrive la “Dame aux Camelias”, la Signora dalle Camelie (nota in genere, e per errore comune, come “La Signora DELLE Camelie”), patetica storia di amore, passione, e riscatto, di una celebre cortigiana parigina, Marguerite Gautier, e di un giovane di buona famiglia, Armand Duval, marchiata, ostacolata, dalle maldicenze e dalle regole invalse del tempo.

La narrazione è in retrospettiva, raccontata dallo stesso Armand a un ignoto personaggio, (la Voce narrante che di capitolo in capitolo occhieggia tra le righe) che durante una vendita all'incanto, in casa della demi-mondaine morta tre settimane prime, acquista una copia del "Manon Lescaut" dell’abate Prevost.

Questo libro che porta sulla prima pagina una dedica particolare (“Manon a Marguerite. Umiltà. Armand Duval”) attira notevole curiosità circa l'esattezza del significato di quelle parole:

"Che voleva dire quella parola: umiltà?" s'interroga la Voce narrante "Manon riconosceva, dunque, che Marguerite, secondo il parere di quel signor Armand Duval; le era superiore in dissolutezza e in sentimento?"

Non passa molto tempo e lo stesso Duval si presenterà pregando che gli venga restituito quel libro, non per paura di uno scandalo ma per avere almeno un oggetto che gli parlasse, ancora, di lei.

Oltre il ricordo.

“Marguerite  assisteva a tutte le prime rappresentazioni e trascorreva le sue serate al teatro o ai balli. Ogni volta che si rappresentava una commedia nuova, si era sicuri di vederla, con tre cose che non la abbandonavano mai e che occupavano sempre il parapetto del suo palco di prima fila: il binocolo, il sacchetto dei dolci e il mazzo di camelie. Per venticinque giorni del mese, le camelie erano bianche, per cinque erano rosse[…]. Né Marguerite  era mai stata vista con altri fiori che camelie, tanto che da Madame Barjon, sua fioraia, avevano finito per chiamarla ‘ Signora dalle camelie ’, soprannome che le era rimasto”.

Inizia una narrazione intessuta di flashback e digressioni varie su diversi livelli del passato, e il lettore scopre, insieme alla Voce narrante, le incostanze di una donna difficile come Marguerite Gautier, i suoi capricci, l'egoismo, e l'amore scomodo per Armand che l'investe contro ogni aspettativa ("...ho tentato di considerarti l'uomo invocato nel pieno della mia chiassosa solitudine...); la sua speranza di ricominciare con lui una vita in campagna, a Bougival ("Il mio amore non era dei soliti amori" confesserà Armand "ero innamorato quanto può esserlo una creatura normale, ma lo ero di Marguerite Gautier, il che significa che a Parigi potevo sfiorare col gomito, a ogni passo, un uomo che era stato l'amante di quella donna o che poteva esserlo il giorno dopo. In campagna, invece, tra persone che non avevamo mai veduto e che non si occupavano di noi, in seno a una natura tutta addobbata dalla sua primavera, annuale perdono, e separati dal rumore della città, potevo tenere nascosto il mio amore e amare senza vergogna, senza timore"); il desiderio di riscatto spento dalla richiesta del padre di Armand, che la implora di lasciar libero il figlio perché quella relazione non sia causa di disgrazia per l'intera famiglia, e soprattutto per Bianca, la giovane sorella di Armand; la decisione di Marguerite di abbandonarlo con una menzogna affidata alle parole di  una lettera inequivocabile ("Quando leggerai questa lettera, Armand, io sarò già l'amante di un altro uomo...”); la rabbia e il dolore di Armand che tenterà di umiliarla diventando l'amante della giovane mondana Olimpia, il viaggio di lui a Oriente come rimedio a offese crescenti, la notizia della malattia, il mal sottile, di Margherite; il ritorno precipitoso dopo la sua morte; la consegna da parte dell'amica Giulia Duprat del diario degli ultimi mesi di Margherite e la scontata scoperta del reale motivo dell' abbandono di lei, confermato da una lettera del padre.

E' l'epilogo della storia tra i corollari del dovere: il ritorno di Armand in famiglia (“…Bianca, aveva la trasparenza degli occhi e dello sguardo, la serenità del sorriso proprie di chi possiede un’anima capace soltanto di concepire pensieri santi e una bocca capace solo di pronunciare pie parole. Sorrideva pel ritorno del fratello, ignorando, giovine e casta com’era, che lontano da lei una cortigiana aveva sacrificato la propria felicità alla sola invocazione del suo nome.”); e  la sua decisione di occuparsi del sepolcro, acquistando una concessione permanente nel cimitero di Montmartre (“Il marmo era posato per dritto: una ringhiera di ferro circondava il terreno acquistato, ed era interamente coperto di camelie bianche.”)

Tutto finito. Finito.

“20 febbraio, ore 5 del mattino.

Tutto è finito.

Marguerite è entrata in agonia stanotte verso le due.[…]Per due o tre volte si è alzata in piedi sul letto come se avesse voluto riprendere la vita che saliva verso Dio. Per due o tre volte, anche, ha pronunciato il suo nome (Armand, NdR), poi tutto è stato silenzio ed è ricaduta sfinita sul letto. Lacrime silenziose le sgorgavano dagli occhi, ed è morta.[…]Povera cara Marguerite , avrei voluto essere una santa donna perché quel bacio ti raccomandasse a Dio.[…] Non m’intendo molto di religione, ma penso che Dio riconoscerà che le mie lacrime erano vere, la mia preghiera fervida, la mia elemosina sincera, e che avrà pietà di colei che, morta giovane e bella, non ebbe altri all’infuori di me per chiuderle gli occhi e seppellirla

(Giulia Duprat ad Armand Duval, a fine diario).”

La Voce narrante, co-protagonista del romanzo e alter-ego dello stesso Alexandre Dumas figlio, aggiungerà in chiusa:

“Tornai a Parigi, dove scrissi questa storia, tale e quale m’era stata narrata. Essa ha un solo merito, che forse le sarà contestato: quella di essere vera.[…] La storia di Marguerite  è un’eccezione, lo ripeto; ma se fosse stata comune, non avrebbe valso la pena scriverla.”

Considerazioni dal vago sentore asettico che non riescono a velare un fastidioso moralismo incongruente.

Una storia vera, però. Vissuta.

Alphonsine, Marie, Marguerite...quanti nomi per un'anima sola? E Violetta? Cosa centra Violetta?

Quanto la Letteratura nella vita di una donna realmente esistita, e passata all’immortalità della carta, ha macchiato, confuso, tagliato e riscritto? 

Continua...

Alexandre Dumas figlio, La Signora Dalle Camelie,  Milano, Alberto Peruzzo Editore 1985

     

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