Alphonsine, Marie,
Marguerite...quanti nomi per un'anima sola? E se a questo si
aggiungesse quello di Violetta Valery il quadro che ombre
nuove acquisterebbe?
Ma no, con calma...procediamo con
ordine.
Nel 1848 Alexandre Dumas figlio
scrive la “Dame aux Camelias”, la Signora dalle Camelie (nota
in genere, e per errore comune, come “La Signora DELLE
Camelie”), patetica storia di amore, passione, e riscatto, di
una celebre cortigiana parigina, Marguerite Gautier, e di un
giovane di buona famiglia, Armand Duval, marchiata,
ostacolata, dalle maldicenze e dalle regole invalse del tempo.
La narrazione è in retrospettiva,
raccontata dallo stesso Armand a un ignoto personaggio, (la
Voce narrante che di capitolo in capitolo occhieggia tra le
righe) che durante una vendita all'incanto, in casa della
demi-mondaine morta tre settimane prime, acquista una copia
del "Manon Lescaut" dell’abate Prevost.
Questo libro che porta sulla
prima pagina una dedica particolare (“Manon a Marguerite.
Umiltà. Armand Duval”) attira notevole curiosità circa
l'esattezza del significato di quelle parole:
"Che voleva dire quella parola:
umiltà?" s'interroga la Voce narrante "Manon riconosceva,
dunque, che Marguerite, secondo il parere di quel signor
Armand Duval; le era superiore in dissolutezza e in
sentimento?"
Non passa molto tempo e lo stesso
Duval si presenterà pregando che gli venga restituito quel
libro, non per paura di uno scandalo ma per avere almeno un
oggetto che gli parlasse, ancora, di lei.
Oltre il ricordo.
“Marguerite assisteva a tutte le
prime rappresentazioni e trascorreva le sue serate al teatro o
ai balli. Ogni volta che si rappresentava una commedia nuova,
si era sicuri di vederla, con tre cose che non la
abbandonavano mai e che occupavano sempre il parapetto del suo
palco di prima fila: il binocolo, il sacchetto dei dolci e il
mazzo di camelie. Per venticinque giorni del mese, le camelie
erano bianche, per cinque erano rosse[…]. Né Marguerite era
mai stata vista con altri fiori che camelie, tanto che da
Madame Barjon, sua fioraia, avevano finito per chiamarla ‘
Signora dalle camelie ’, soprannome che le era rimasto”.
Inizia una narrazione intessuta
di flashback e digressioni varie su diversi livelli del
passato, e il lettore scopre, insieme alla Voce narrante, le
incostanze di una donna difficile come Marguerite Gautier, i
suoi capricci, l'egoismo, e l'amore scomodo per Armand che
l'investe contro ogni aspettativa ("...ho tentato di
considerarti l'uomo invocato nel pieno della mia chiassosa
solitudine...); la sua speranza di ricominciare con lui una
vita in campagna, a Bougival ("Il mio amore non era dei soliti
amori" confesserà Armand "ero innamorato quanto può esserlo
una creatura normale, ma lo ero di Marguerite Gautier, il che
significa che a Parigi potevo sfiorare col gomito, a ogni
passo, un uomo che era stato l'amante di quella donna o che
poteva esserlo il giorno dopo. In campagna, invece, tra
persone che non avevamo mai veduto e che non si occupavano di
noi, in seno a una natura tutta addobbata dalla sua primavera,
annuale perdono, e separati dal rumore della città, potevo
tenere nascosto il mio amore e amare senza vergogna, senza
timore"); il desiderio di riscatto spento dalla richiesta del
padre di Armand, che la implora di lasciar libero il figlio
perché quella relazione non sia causa di disgrazia per
l'intera famiglia, e soprattutto per Bianca, la giovane
sorella di Armand; la decisione di Marguerite di abbandonarlo
con una menzogna affidata alle parole di una lettera
inequivocabile ("Quando leggerai questa lettera, Armand, io
sarò già l'amante di un altro uomo...”); la rabbia e il dolore
di Armand che tenterà di umiliarla diventando l'amante della
giovane mondana Olimpia, il viaggio di lui a Oriente come
rimedio a offese crescenti, la notizia della malattia, il mal
sottile, di Margherite; il ritorno precipitoso dopo la sua
morte; la consegna da parte dell'amica Giulia Duprat del
diario degli ultimi mesi di Margherite e la scontata scoperta
del reale motivo dell' abbandono di lei, confermato da una
lettera del padre.
E' l'epilogo della storia tra i
corollari del dovere: il ritorno di Armand in famiglia
(“…Bianca, aveva la trasparenza degli occhi e dello sguardo,
la serenità del sorriso proprie di chi possiede un’anima
capace soltanto di concepire pensieri santi e una bocca capace
solo di pronunciare pie parole. Sorrideva pel ritorno del
fratello, ignorando, giovine e casta com’era, che lontano da
lei una cortigiana aveva sacrificato la propria felicità alla
sola invocazione del suo nome.”); e la sua decisione di
occuparsi del sepolcro, acquistando una concessione permanente
nel cimitero di Montmartre (“Il marmo era posato per dritto:
una ringhiera di ferro circondava il terreno acquistato, ed
era interamente coperto di camelie bianche.”)
Tutto finito. Finito.
“20 febbraio, ore 5 del mattino.
Tutto è finito.
Marguerite è entrata in agonia
stanotte verso le due.[…]Per due o tre volte si è alzata in
piedi sul letto come se avesse voluto riprendere la vita che
saliva verso Dio. Per due o tre volte, anche, ha pronunciato
il suo nome (Armand, NdR), poi tutto è stato silenzio ed è
ricaduta sfinita sul letto. Lacrime silenziose le sgorgavano
dagli occhi, ed è morta.[…]Povera cara Marguerite , avrei
voluto essere una santa donna perché quel bacio ti
raccomandasse a Dio.[…] Non m’intendo molto di religione, ma
penso che Dio riconoscerà che le mie lacrime erano vere, la
mia preghiera fervida, la mia elemosina sincera, e che avrà
pietà di colei che, morta giovane e bella, non ebbe altri
all’infuori di me per chiuderle gli occhi e seppellirla
(Giulia Duprat ad Armand Duval, a
fine diario).”
La Voce narrante, co-protagonista
del romanzo e alter-ego dello stesso Alexandre Dumas figlio,
aggiungerà in chiusa:
“Tornai a Parigi, dove scrissi
questa storia, tale e quale m’era stata narrata. Essa ha un
solo merito, che forse le sarà contestato: quella di essere
vera.[…] La storia di Marguerite è un’eccezione, lo ripeto;
ma se fosse stata comune, non avrebbe valso la pena
scriverla.”
Considerazioni dal vago sentore
asettico che non riescono a velare un fastidioso moralismo
incongruente.
Una storia vera, però. Vissuta.
Alphonsine, Marie,
Marguerite...quanti nomi per un'anima sola? E Violetta? Cosa
centra Violetta?
Quanto la Letteratura nella vita
di una donna realmente esistita, e passata all’immortalità
della carta, ha macchiato, confuso, tagliato e riscritto?
Continua...
Alexandre Dumas figlio, La
Signora Dalle Camelie, Milano, Alberto Peruzzo Editore
1985 |