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LA CHIMICA SARONIO

 

Sviluppo e crisi di uno dei più importanti insediamenti industriali

Lo sviluppo delle fabbriche, le lavorazioni inquinanti, il degrado ambientale
 

La storia dell’Industria Chimica Saronio

3° PARTE

 

Un’epidemia di afta epizootica interessa la latteria

Nel giugno 1951 il territorio della fattoria “Industria Chimica P.Saronio” viene dichiarato con decreto prefettizio zona infetta di afta epizootica. In seguito alle disinfestazioni compiute, il mese successivo il decreto viene revocato.

 
L’Industria Chimica si ricrede sulle proprietà curative e anti-tossiche del latte

Alla fine del 1958, dietro segnalazione dei produttori di latte locali, il Comune diffida l’azienda agricola interna allo stabilimento dall’effettuare abusivamente vendita diretta di latte al pubblico.

Nel gennaio 1959 la Direzione dell’Industria Chimica, travisando il contenuto dell’ordinanza del Comune (che protesterà vivamente per tale strumentalizzazione), emana il seguente avviso: «Si rende noto che, a seguito di un’ordinanza del Comune di Melegnano in data 27 dicembre 1958, non ci è più consentita la distribuzione del latte a scopo curativo ai nostri dipendenti, secondo le modalità finora in uso.
Poiché da studi ufficiali, è stato chiaramente dimostrato che il latte non possiede le proprietà curative ed antitossiche che erroneamente gli vengono attribuite, non è possibile chiede la revoca dell’ordinanza sindacale e dovremo pertanto, sia pure con rincrescimento, procedere alla sospensione della distribuzione di latte ai reparti
».

 
1963: l’ACNA assorbe l’Industria Chimica per chiuderla

Nel 1963 l’industria Chimica di Saronio viene assorbita dall’ACNA (Azienda Colori Nazionali Affini)-Montecatini.

L’intento da parte dell’ACNA, rilevato dagli eventi immediatamente successivi, è eliminare uno scomodo concorrente.

Tutta la dirigenza tecnica viene dimessa.

Nonostante l’attivazione nel maggio del 1965 di un nuovo impianto per la produzione di diazo di benzidina (diazo del 4-4 diaminodifenile) per uso coloranti organici, l’occupazione viene drasticamente ridotta. Tra agosto e ottobre dello stesso anno la mano d’opera passa da 600 a meno di 100 addetti.

E’ la vigilia della chiusura dello stabilimento.

Nel mese di settembre si era costituito il Comitato per la difesa dei lavoratori dell’ACNA e della economia melegnanese, presieduto da Ettere Bagnoli, sindaco di Melegnano. Nel 1966 la fabbrica chiude.

 
Il destino delle aree a ovest di Melegnano si gioca sulle grandi strutture

Nella seconda metà degli anni ’60 c’è un fiorire di proposte da parte di operatori privati per un utilizzo a fini immobiliari delle aree a uso agricolo poste tra il confine comunale e la zona dell’ex Industria Chimica.

L’ingegner Ennio Zanibelli, fratello dell’onorevole DC Amos, presenta nel 1964 all’amministrazione comunale una proposta di utilizzo delle aree (sia edificate che non edificate) dell’ex Industria Chimica, da destinarsi a zona commerciale mista a residenza e ne chiede l’inserimento nella variante allo strumento urbanistico in fase di adozione.

Sia il Comune che il Consorzio del Canale navigabile si pronunciano in modo in linea di massima favorevole all’iniziativa.

L’atto successivo è la richiesta di autorizzazione, presentata dallo stesso Zanibelli per conto dell’ACNA nel giugno 1069, per la demolizione dell’80% circa dei fabbricati dell’Industria Chimica.

Alla fine dello stesso anno Zanibelli presenta il progetto di massima di lottizzazione industriale e residenziale lungo la strada per Sant’Angelo. Si tratta sostanzialmente del riutilizzo dell’area precedentemente occupata dallo stabilimento, dove sono stati risparmiati dalle demolizioni un nucleo di edifici lungo la strada provinciale per Sant’Angelo e pochi altri fabbricati isolati, e di una porzione dell’area a sud della via per Carpiano, sempre di proprietà dell’Industria Chimica ma mai stata oggetto di edificazione.

Il piano di lottizzazione risulta ancora allo stadio di schema, limitandosi a indicare la viabilità e le aree destinate a standard.

Si insabbiano i progetti più ambiziosi; sulle aree dell’ex Industria Chimica si attua una lottizzazione produttiva e residenziale.

Sempre alla fine del 1969 altri privati, proprietari della aree poste tra l’autostrada del Sole e il confine del territorio comunale, presentano una proposta di lottizzazione denominata Porta de Sole, che prevede l’insediamento di attività artigianali e di residenza e la formazione a ridosso dellìautostrada di una zona di grandi magazzini merci.

Ma il progetto resterà sulla carta.

Rimasta in sospeso la proposta citata, nel 1970 Zanibelli presenta la richiesta di concessione per la costruzione di capannoni industriali con depositi e uffici sull’area dell’ex Industria Chimica. Il Comune subordina l’approvazione del progetto a quella del piano di lottizzazione in corso di definizione e, riscontrando dopo pochi mesi l’inizio abusivo dei lavori, li sospende e segnala l’illecito alla Procura della Repubblica.

Infine nel 1971 si giunge alla convenzione tra il Comune e le tre lottizzanti: l’ACNA, l’Immobiliare Bertarella e l’Immobiliare Cerza.

In totale la volumetria prevista è di 150.000 mc.

 
Le ammine causano il cancro: dati inequivocabili

A dieci anni dal suo smantellamento l’Industria Chimica torna tristemente alla ribalta.

Molti ex dipendenti muoiono per cancro alla vescica.

Nel 1977 il Consorzio Sanitario di Zona presenta all’Assessorato regionale alla Sanità i risultati di una ricerca sui carcinomi vescicali condotta tra gli ex dipendenti dell’Industria Chimica.

I risultati dell’indagine sono inequivocabili: 38 casi di morte per tumori alla vescica accertati dallo SMAL (Servizio Medicina Ambiente di Lavoro), pari a tre volte la mortalità media nazionale per tale malattia.

L’esito della ricerca, svolta dallo SMAL su qualche centinaio di lavoratori che è stato possibile rintracciare, è sicuramente sottostimato rispetto al numero totale degli ex addetti e alle morti o alle malattie non diagnosticate.

All’origine dei tumori sono le ammine aromatiche, sostanze fondamentali nel processo produttivo dei coloranti per tessuti, e impiegate nello stabilimento senza alcuna misura di prevenzione o di protezione nei confronti dello sviluppo di vapori e polveri.

 
La costruzione della ferrovia veloce scopre una discarica

Alla fine di novembre 1977 l’amministrazione comunale ordina la sospensione dei lavori di scavo per la costruzione della nuova linea veloce FS all’Impresa appaltatrice  Costruzioni Generali Prefabbricate (C.G.P. Spa) di Milano.

Alla base del provvedimento è la segnalazione avuta dal Consorzio Sanitario di Zona dell’avvenuto ritrovamento di stratificazioni di fanghi residui della produzione dell'Industria Chimica Saronio in un’area a confine tra il territorio comunale di Melegnano e quello di Cerro al Lambro, interessata dagli scavi per la costruzione del nuovo tracciato ferroviario. Il CSZ, che nel sopralluogo sull’area preleva alcuni campioni di terreno, denuncia all’Amministrazione che la C.G.P. sta effettuando l’asporto di tali materiali e il loro trasferimento sulla sponda del Lambro.

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