COMITATO OVEST MELEGNANO |
IL PARCO DELLE NOCI
LE OASI NATURALISTICHE DI MELEGNANO Il comune di Melegnano è compreso nel parco agricolo sud Milano, istituito nel 1990 e gestito dalla provincia di Milano. All'interno di questo territorio, di 46 500 ettari, Il WWF ha collaborato con i comuni per creare delle oasi urbane, con boschi tipici della pianura padana. A Melegnano sono presenti due oasi:
PERCHÉ UN’OASI URBANA ?Il termine oasi evoca luoghi lontani, esotici, spesso irraggiungibili, un’oasi presuppone sempre il deserto. Ma il deserto è anche quello creato dall’uomo, col cemento, l’asfalto, il metallo; esistono, però luoghi sopravvissuti alla distruzione, appunto “oasi” ossia piccole aree verdi nella città. Parchi nazionali, parchi regionali e oasi urbane sono stati istituiti, allo scopo di salvaguardare paesaggi e valori naturali, potenzialmente a rischio, offrendo occasioni di educazione, di sensibilizzazione, di svago, di approfondimento delle conoscenze. Tutte queste aree sono protette da disposizioni speciali, il territorio non può essere aggredito da lottizzazioni e costruzioni di strade; è proibita la caccia, la pesca ed il taglio degli alberi, come dell’erba. Tutto ciò, affinché, la natura possa compiere i propri cicli biologici indisturbata. Il primo parco del mondo è il Parco Naturale di Yellowstone nello stato del Wyoming negli Stati Uniti d’America, nato nel 1872. In Italia oggi ci sono 17 parchi nazionali ed oltre 445 aree protette, il primo parco nazionale, istituito nel 1922, è il Parco Nazionale del Gran Paradiso, tra Piemonte e Val d’Aosta, la prima oasi istituita nel 1968 dal WWF è l’oasi del Lago di Burano in Toscana. Le oasi presenti in Italia rappresentano ambienti tipici: tratti di costa e mare, come Ustica, Gianola e Monte Orlando in Lazio, testimonianze storiche a Villa Tiberio in Lazio e a Miramare a Trieste o promontori di singolare bellezza di Torre Guaceto in Puglia e Siculania in Sicilia, zone umide a Orbetello in Toscana, boschi quali il Monte Arcosu in Sardegna, le Abetine fra Abruzzo e Molise, Poliporo in Basilicata, Vanzago in Lombardia. La maggior parte di queste aree protette è stata realizzata allo scopo di proteggere aree ad alto valore naturalistico potenzialmente a rischio. Con l’istituzione delle oasi urbane di Melegnano sono state riqualificate aree degradate, ricreando il bosco della pianura padana.
PARCO DELLE NOCIL’area naturale, denominata "PARCO DELLE NOCI", si trova nel Comune di Melegnano, lungo la strada per Carpiano ed occupa una superficie di circa 40 000 mq. Il parco è completamente recintato, l’ingresso è in Via Don Minzoni, l’accesso è regolamentato. CENNI STORICI Circa quarant’anni fa l’area del parco era una campagna di proprietà dell’Industria Chimica Saronio; all’epoca le industrie chimiche avevano bisogno di molto spazio verde intorno, per disinquinare l’aria dagli odori dei prodotti di lavorazione e per far passare la canalina di scarico delle scorie. La campagna era attraversata da una stradina, costeggiata da una roggia e da un filare di Noci, che da via per Carpiano arrivava a via per Landriano. Per questo motivo si è scelta la denominazione “PARCO DELLE NOCI”. La ditta Saronio lasciò la zona nel 1966 e fu edificato il quartiere “CIPES”. Rimase però libera una zona verde, con arbusti spontanei ed alberi piantati dai Saronio; di questi alberi sono rimasti solo un pioppo bianco e dei salici. Il pioppo era chiamato dai bambini del quartiere “albero del riposo”, poiché alla sua ombra ci si poteva sdraiare, esausti di corse e giochi. Agli inizi degli anni ’70, si
decise di far passare sull’area la linea ferroviaria ad alta velocità; durante
gli scavi furono trovate scorie tossiche della chimica Saronio, i lavori furono
bloccati per qualche anno, poi ripresero, ma purtroppo, il cantiere per la
costruzione della ferrovia distrusse tutto il verde e gran parte degli alberi
furono abbattuti. Il cantiere fu tolto negli anni ’80, sull'area rimasero
pietre, lastroni di cemento, pezzi di ferro, edifici abbandonati ed altro
materiale. A poco a poco la zona divenne una discarica, dove la gente buttava
rifiuti d’ogni genere. Su quell’area ormai libera si pensò di edificare un
parcheggio, ma gli abitanti della zona si rivolsero al WWF e ad Italia Nostra,
per impedirne la costruzione. Con l’aiuto delle associazioni ambientalistiche ed
il contributo dell’Assessorato all’Ecologia del Comune, si riuscì a realizzare
il “PARCO DELLE NOCI”.
ISTITUZIONE E GESTIONE DEL PARCO L’oasi è stata istituita nel 1991, su richiesta degli abitanti del quartiere Cipes di Melegnano, allo scopo di riqualificare un’area degradata. Il comune e l'associazione ITALIA NOSTRA – BOSCOINCITTA hanno effettuato le attività di ripristino e di rimboschimento e, una volta ultimati i lavori nel 1995, si è affidata la gestione del parco al WWF Sud Milano. Alla piantumazione delle specie arboree hanno collaborato, in diversi anni scolastici, gli alunni dell’Istituto “Frisi” di Melegnano. STRUTTURA DEL PARCO Attualmente il Parco è così organizzato:
La strada delle noci, adeguatamente ripristinata, costituisce il percorso del Parco.
Il bosco presente al Parco delle Noci è quello tipico della Pianura Padana: il “BOSCO PLANIZIALE” caratterizzato da latifoglie con foglie che cadono durante l’autunno. Circa quindicimila anni fa, la vegetazione della Pianura Padana era costituita da foreste di conifere. In seguito a variazioni climatiche le conifere sono state sostituite da boschi di betulle e di pino silvestre e successivamente da foreste di querce olmi, tigli ed altre latifoglie. Anche l'azione dell'uomo ha contribuito a modellare il paesaggio della pianura. Durante il Neolitico, si hanno le prime testimonianze di attività agricole, poi vari popoli si succedono: celti, galli, etruschi e infine i romani. Con costoro iniziano il dissodamento e la messa a coltura sistematica del territorio attraverso un disegno pianificatorio semplice, ma efficace. Caduta Roma, la popolazione diminuisce di numero, si ha un ritorno delle attività di caccia e di pastorizia ed i boschi riconquistano parte del territorio; tuttavia, venuti a mancare i tabù romani e le loro leggi di difesa, la foresta torna ad essere fonte di alimento, di energia e di materiale da costruzione. Per diversi secoli i boschi vengono depauperati da guerre, ricostruzioni, spostamenti di truppe e subiscono, quindi, una decisa contrazione. Vengono, inoltre, bonificate e rese coltivabili ampie superfici. Con il Rinascimento, l'opera di disboscamento può considerarsi conclusa, scompare il bosco da gran parte della pianura, ma restano parecchi alberi lungo le proprietà. Nel novecento, l'industrializzazione, la grande rivoluzione agraria, la sovrapproduzione alimentare, l'urbanizzazione ed altri fattori hanno determinato un grande impoverimento boschivo. Gli ultimi veri boschi della Pianura Padana si trovano ora solo in aree protette: il Parco La Mandria (Torino), il Parco del Ticino, il Bosco Fontana (Mantova) e le oasi del WWF. La formazione forestale fondamentale della Padania è riconducibile al querceto misto di farnia, un tipo di foresta caratterizzato dalla costante presenza della quercia farnia e di altre latifoglie. Sotto il profilo strutturale, il querceto misto è una delle forme di vegetazione più complesse. Lo strato arboreo può raggiunge a volte i 30 m di altezza, un secondo strato di bassi alberi si instaura con la sua chioma tra gli 8 e i 18 m e tra i 2 e i 10 m si trova lo strato arbustivo. Lo strato individuato dalle erbe è variabile: talvolta è presente un fitto tappeto, altre volte è ridotto a pochi individui. Numeroso è il contingente delle specie lianose come l’edera, che si arrampica lungo i fusti degli alberi. I muschi sono localizzati verso la base dei tronchi. L'albero di gran lunga dominante è la quercia farnia, l'altezza notevole (30-35 m), il ragguardevole diametro del tronco, che può arrivare ai due metri, l'incredibile longevità, che può toccare i 1000 anni, fanno di quest'albero il simbolo della forza imperturbabile. Alla farnia si accompagnano: il carpino bianco, il carpino nero, il pioppo nero, l'olmo campestre e gli aceri. Accanto alle specie arboree principali, ve ne sono altre, quali: il cerro, il ciliegio selvatico, il melo selvatico, il prugno pado, il pioppo bianco, il frassino ed altre specie. Nello strato arbustivo nettamente dominante è il nocciolo. Molto diffusi sono anche il biancospino, il sanguinello, il sambuco, il corniolo e il prugnolo spinoso. Lo strato dei bassi arbusti è formato dal ligustro e da varie specie di rovo. La varietà delle erbacee è abbastanza elevata, le specie predominanti sono le graminacee. Tra le liane, la più diffusa è l'edera. GLI ANIMALI DEI BOSCHI In un bosco i vegetali verdi utilizzano l’energia del sole, l’anidride carbonica dell’aria, l’acqua assorbita dal suolo, per produrre ossigeno e sostanze organiche indispensabili per gli esseri viventi. I vegetali “produttori” forniscono cibo per gli animali erbivori: insetti, chiocciole, roditori, che sono considerati “consumatori primari”. Ci sono poi animali carnivori come riccio, talpa ed altri, che si nutrono degli erbivori, sono i “consumatori secondari”. Questi ultimi sono a loro volta alimento dei rapaci, i “predatori”. Infine tutti gli organismi che decompongono la sostanza morta, trasformandola in sostanze organiche, sono i “decompositori”; fra questi i lombrichi, che inoltre, smuovono il terreno con la loro azione di scavo, creando l’humus che rende fertile il terreno. Fra gli animali che si possono osservare nel parco uno dei più comuni è il riccio che si incontra facilmente lungo le siepi e ai margini delle strade. Ci sono, inoltre, la talpa, i topolini, l'arvicola e il toporagno. In primavera durante il periodo riproduttivo, i boschi risuonano dei canti degli uccelli che "delimitano" così il loro territorio; fra questi il luì piccolo, e il merlo. Alcune specie di uccelli sono presenti nel parco durante lo svernamento, come la balia nera, la ballerina gialla, il codibugnolo, il pettirosso, lo scricciolo. Tipici uccelli che nidificano nell’ oasi sono la capinera, il fringuello, il pigliamosche, il saltimpalo, il cardellino. Altre specie frequentano il parco solo per alimentarsi: il balestruccio, la rondine, il rondone, il verdone, la ballerina bianca, la cinciallegra, la gazza, lo storno, la tortora dal collare, il passero comune e il passero mattugio. Fra gli uccelli notturni, la civetta è presente tutto l’anno; molto diffusa, fra i rettili, è la lucertola dei muri. Uno degli elementi di maggior spicco della fauna della Pianura Padana è un anfibio anuro, la rana di Lataste, questa specie, in pericolo d’estinzione, è stata introdotta qui al Parco delle Noci. Non mancano insetti, aracnidi ed altri invertebrati. Nel prato predominano le piante provviste di rizomi o di fusti striscianti. Le specie più diffuse sono le graminacee, si trovano inoltre diverse dicotiledoni, come l’erba medica, il trifoglio, il ginestrino il dente di leone, le pratoline, il lamio rosso, il ranuncolo, la carota selvatica, il papavero, le veroniche, la camomilla, il fiordaliso ecc. Nel prato vive una notevole varietà e quantità di animali, soprattutto insetti ed altri artropodi. Nelle zone marginali del bosco, sono state piantate specie arboree legate alla storia agraria della pianura: alberi da frutta come il pesco, il pero, il melo, l’albicocco, il ciliegio, la cui coltivazione risale a 3000 anni fa; il gelso bianco, coltivato per l’allevamento dei bachi da seta e importato dall’oriente nel 555 d.C. Le zone umide, paludi e stagni, sono fra gli ecosistemi più importanti della Terra e la loro produttività biologica è tra le più elevate. La zona umida rappresenta:
Gli ontani formano boschetti di dimensioni ridotte e sono relativamente frequenti nelle zone umide. La struttura del bosco è semplice ed è impostata su due strati fondamentali: quello arboreo e quello erbaceo. Oltre all’ontano nero, alto tra i 20 e i 25 metri, in questa fascia sono presenti: il pioppo nero, il pioppo bianco, l'olmo e il tiglio. Il vario e complesso sottobosco è costituito da erbe palustri, graminacee, il vilucchio il giglio giallo, il non-ti-scordar-di-me e l'equiseto. I salici occupano superfici ben delimitate, genericamente definite di bordura d'acqua; sviluppano un'altezza variabile tra i 3 e i 6 metri. Le specie prevalenti sono il salice bianco, il salice rosso, il salice da ceste e il salice fragile. La componente erbacea è variabile, spesso quasi assente; tra le specie più diffuse ci sono il poligono nodoso, il romice, l'ortica.
IL FONTANILE
Questo sistema d’irrigazione permette di mantenere un prato stabile per tutto l’anno, consentendo numerosi raccolti di foraggio: infatti, in estate gli scorrimenti periodici d’acqua mantengono il terreno umido, mentre in inverno lo scorrimento permanente dell’acqua a 10-14°C impedisce la formazione del ghiaccio. Ad introdurre questo sistema d’irrigazione nella zona a sud di Milano, furono i monaci Cistercensi e Umiliati, fondatori delle Abbazie di Chiaravalle, Viboldone e Mirasole, fin dal secolo XII. Il laghetto presente nel parco ha le caratteristiche di uno stagno, le acque sono poco profonde e la vegetazione è molto abbondante. Le acque stagnanti rappresentano un ambiente molto tranquillo e permettono la vita ad una grande quantità di specie vegetali ed animali. Gli organismi più semplici non visibili ad occhio nudo nel loro insieme formano il plancton: il fitoplancton formato da alghe microscopiche e lo zooplancton costituito da protozoi e piccoli crostacei. Il fitoplancton è fonte di nutrimento per lo zooplancton, che viene a sua volta mangiato da avannotti, da insetti acquatici e da planarie. Gli insetti acquatici di questo ambiente sono mangiati dagli anfibi, che a loro volta sono preda della biscia d’acqua e degli uccelli. I FIORI DEGLI STAGNI
GLI ANIMALI DEGLI AMBIENTI UMIDI La tipica vegetazione delle acque stagnanti, in particolare la tifa palustre, serve da rifugio per gli uccelli che vivono stabilmente nel laghetto: un oca, delle gallinelle d’acqua e dei germani reali. Altri uccelli sono presenti solo in primavera ed in estate, altri ancora frequentano la zona solo per alimentarsi. Fra i più comuni ci sono: i passeriformi, la ballerina bianca, il beccaccino, la cornacchia grigia, il piro piro piccolo, l’usignolo di fiume. Dove le acque sono ancora limpide e ricche di pesci ed invertebrati acquatici, si può osservare il martin pescatore e nelle acque basse si vede l'airone cenerino. Le acque ferme, ricche di vegetazione acquatica, costituiscono un ambiente ideale per molte specie di anfibi. La rana verde maggiore e la rana verde minore rivestono un ruolo ecologico importantissimo, quale nutrimento di altri vertebrati. Fra gli anfibi anuri, sono presenti anche la rana dei fossi, la raganella il rospo smeraldino; fra gli anfibi urodeli il tritone crestato. A spese di questi anfibi, vivono nel laghetto numerose bisce dal collare, mentre nelle boscaglie vicine non è raro incontrare i colubri, come il biacco. I pesci introdotti sono quelli tipici di acque ferme: la scardola, dalle pinne rossicce, la tinca, le cui parti inferiori presentano una colorazione dorata e la carpa importata dall'Asia già in epoca romana. Altre specie presenti sono l'alborella che si sposta in densi sciami e il cavedano, piuttosto resistente all'inquinamento. Ci sono inoltre il barbo canino, il cagnetto, il cobite, la gambusia, la sanguinerola, il triotto, il persico reale e il persico sole. Il pesce gatto, arrivato accidentalmente, si è riprodotto in modo abnorme. Sotto le pietre, fra i muschi acquatici, fra i granelli di sabbia ed i sedimenti più fini, vivono sanguisughe, molluschi gasteropodi e lamellibranchi, crostacei e insetti.
(Si ringrazia la Prof. Dallù - ICP Frisi di Melegnano)
Si parla del Parco delle Noci nel web
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