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     da Primo Comando (Master and Commander)

“…E sulle poltroncine almeno qualcuno dei presenti seguiva la musica con pari concentrazione; soprattutto due uomini, seduti per di più l'uno accanto all'altro nella terza fila a sinistra. Quello più a sinistra era fra i venti e i trent'anni così massiccio che debordava dal sedile, del quale si intravedeva soltanto qualche striscia di legno dorato. L'uomo indossava la sua uniforme migliore, che era poi quella di ufficiale della Royal Navy - una giubba blu da risvolti bianchi, un panciotto bianco, baracche e calze-,con la medaglia d'argento del Nilo sul risvolto della giacca; l'alto polsino bianco della manica dai bottoni dorati batteva il tempo, mentre grandi occhi azzurri, che spiccavano su un volto di certo roseo sotto l'intensa abbronzatura, fissavano affascinati l' archetto del primo violino. La nota acuta, la pausa, la risoluzione finale: il pugno del marinaio scivolò deciso sul ginocchio. Appoggiandosi all'indietro contro lo schienale, e nascondendo così completamente la poltrona, l'ufficiale sospirò beato e si girò, sorridendo al suo vicino. La frase: " Magnifica esecuzione, signore, direi... " gli si fermò nella strozza, se non proprio sulla lingua, ma venne subito gelata dallo sguardo addirittura ostile dell'altro e dal bisbiglio:" Se non potete fare a meno di battere il tempo, signore, perlomeno fatelo come si deve". Il volto di Jack Aubrey, che fino a quel momento aveva manifestato un piacere sincero, cordiale, espansivo, assunse un'espressione offesa e al tempo stesso quasi avvilita: l'ufficiale non poteva fare a meno di riconoscere che aveva battuto il tempo e, sebbene lo avesse fatto con estrema precisione, non era comunque una cosa da farsi. Il colorito si fece più acceso e, fissando per un attimo gli occhi chiari del vicino, Jack Aubrey mormorò: " Confido... " ma venne bruscamente interrotto dalle note di apertura dell'adagio.  Il meditabondo violoncello eseguì due frasi prima di dare inizio a un dialogo con la viola.  Jack non riusciva più a concentrarsi sulla musica, giacché i suoi pensieri erano rimasti ancorati all'uomo al suo fianco. Un'occhiata in tralice gli rivelò che era mingherlino e bruno, pallido in volto, e indossava una giacca nera alquanto logora: un civile. Difficile stabilirne l'età, e non soltanto perché il viso dell'uomo era del tutto imperscrutabile, ma anche a causa della parrucca che egli portava: una parrucca brizzolata, che pareva fatta di fil di ferro e senza traccia di cipria; un'età indefinibile, insomma, compresa fra i venti e i sessant'anni." Più o meno la mia età, comunque ", pensò Jack."  Ma guarda un po' quante arie che si da questo bastardo dall'aria malazzata... " Dopo di che la sua attenzione ritornò alla musica; ritrovò il punto nella trama e ne seguì le circonvoluzioni e gli affascinanti arabeschi fino alla conclusione logica e appagante. Alla fine del tempo evitò di guardare il suo vicino, al quale non aveva più pensato. Senza neppure rendersene conto, Jack fece oscillare la testa al ritmo insistente del minuetto; tuttavia, quando sentì che la mano cominciava ad agitarsi sulle brache minacciando di sollevarsi in aria, se la ficcò sotto il ginocchio. Un minuetto spiritoso e gradevole, ma niente di più, seguito però da un ultimo tempo stranamente difficile e quasi aspro, un brano che sembrava sul punto di dire qualcosa di assai importante. Il volume del suono si sforzò sul sussurrò solitario del violino, è il brusio costante e sommesso delle conversazioni in fondo alla sala, che non si erano mai spente minacciò di soffocarlo . Poi un militare e esplose in una risata fragorosa e Jack si guardò intorno, profondamente adirato. Ma subito dopo gli altri strumenti si unirono al violino e tutti insieme risalirono fino al punto dal quale la grande frase era parsa sgorgare: sembrava di vitale importanza rituffarsi nella corrente e, quando il violoncello emise il suo prevedibile e necessario contributo di pom, pom-pom, pum, Jack il mento abbassato sul petto, si unì allo strumento: pom, pom-pom, pum. Un gomito gli si ficcò nelle costole e un sibilo gli penetrò l'orecchio: ssst! Sorprendendosi a battere il tempo con la mano, la abbassò, serrò le labbra e si contemplò i piedi fino alla fine del pezzo. Una nobile conclusione, assai più ardita della scalata finale che lui aveva previsto, ma nella quale non seppe trovare alcun piacere. Nel frastuono degli applausi e della confusione generale, il suo vicino lo guardò, non tanto con aria di sfida quanto con una totale e profonda disapprovazione; nessuno dei due parlò, ma rimasero entrambi rigidamente seduti, fin troppo consapevoli l'uno dell'altro, mentre la signora Harte, la moglie del comandante della capitaneria di porto, eseguiva all'arpa un brano lungo e difficile dal punto di vista tecnico. Jack Aubrey guardò fuori della lunga ed elegante vetrata: Saturno stava sorgendo nella notte a sud sud est, sfera luminosa nel cielo di Minorca. Un urtone: una spinta del genere era un gesto malevolo e deliberato... molto simile a uno schiaffo, in effetti, e non era nel suo carattere né nel suo codice professionale tollerare un affronto: e quale affronto era peggiore di uno schiaffo? Non potendo esprimersi in modo più scoperto, la rabbia si mutò in malinconia. Jack pensò alla sua situazione di marinaio senza una nave, alle tante promesse e mezze promesse non mantenute che gli erano state fatte, a tanti programmi costruiti sulla fantasia. Al suo agente, all'uomo che si occupava dei suoi affari, doveva centoventi sterline e l'interesse del quindici per cento stava per scadere, mentre la sua paga non superava le cinque sterline e dodici scellini al mese. Pensò a quelli che aveva conosciuto, più giovani di lui, ma più fortunati o meglio appoggiati, che erano già comandanti in seconda di brigantini o di velieri a un albero o che erano stati addirittura nominati capitani di fregata. In quel momento tutti quanti stavano dando la caccia ai trabaccoli nell'Adriatico, alle tartane nel golfo del Leone agli sciabecchi e alle saettie lungo la costa spagnola. Gloria, promozioni, guadagno con le prede.(...) Jack Aubrey e il suo vicino nella giubba nera logora si alzarono in piedi nello stesso momento e si guardarono. Sul volto di Jack apparve di nuovo un'espressione di gelida antipatia, mentre il finto rapimento per la musica testè ascoltata svaniva con una rapidità piuttosto sconcertante.

" Mi chiamo Aubrey, signore ",mormorò.  " Alloggio al Crown."

" Il mio nome, signore, è Maturin. Mi si può trovare tutte le mattine al caffè di Joselito. Posso pregarvi di lasciarmi passare? "

Per un attimo Jack avvertì l' impulso pressoché irresistibile di afferrare la poltroncina dorata e sbatterla sulla faccia pallida dell'uomo; invece, facendo mostra di un certo garbo, si scostò, anche perché non aveva scelta, a meno di non voler essere investito. Pochi istanti dopo si aprì un passaggio tra la calca di giubbe blu e rosse, inframmezzate da qualche giacca nera, e raggiunse il piccolo circolo che si era formato intorno alla signora Harte.”

 

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