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                       Al  Gore              

 

 

 

 

 

 

 

 

ùL'ex vice presidente degli Stati Uniti Albert Arnold Gore Jr è nato in Tennessee il 31 Marzo 1948.

Ha ricoperto quattro mandati come Rappresentative alla camera del Congresso e due mandati come senatore.

Dal 1992 ha fatto parte del mandato Clinton ricoprendo il ruolo di vice presidente.

Nel 2000 avrebbe vinto le elezioni come presidente, ma nonostante il numero superiore di voti ottenuto, la Corte Suprema ha assegnato la vittoria a George W. Bush. 

Ha ricevuto due premi Oscar per il documentario "Una scomoda verità" realizzato nel 2006.

Nel 2007 è stato insignito del premio  Nobel  per la Pace.

 

Nel 2007 ha organizzato il mega concerto "live earth".

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 Discorso di ringraziamento per la consegna del Nobel

 

A proposito di "riscaldamento globale"..

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Che cos'è? Quali conseguenze?  
Quali le cause? Come risolverlo?  

Lhasa: venerdì 14 Marzo(da Ansa)

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Male il nostro Paese!! Leggi l'articolo. piccolo manuale per la raccolta differenziata   in pdf  

 

Quanto vivrà il nostro pianeta? Nuova teoria Dopo il Brasile anche la Cina verso l'etanolo.  

 Febbraio 2008

Ho appena terminato di leggere “L'assalto alla ragione” di Al Gore, “the former Vice President of the United States”, come dicono gli americani, ossia l’ex vice presidente del mandato Clinton per intenderci, recentemente insignito del premio Nobel per la pace (insieme al Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico)  per il suo quasi 40ennale impegno nella divulgazione delle problematiche riguardanti il clima e il global warming, il surriscaldamento globale, causato dalle emissioni di CO2, impegno raccontato nello splendido documentario del 2006 “An unconvenient truth” (Una scomoda verità), per il quale ha vinto due premi Oscar.

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    Premetto che non ho simpatie politiche di sorta, non mi sento rappresentata da alcun partito politico, non credo nei politici, la maggior parte dei quali (con rarissime eccezioni) non governa per il paese, ma per se stessi e che per lo più mancano di serietà, intesa come sobrietà. Non credo nei politici perché ho una visione della politica forse troppo idealizzata, forse inaccessibile a degli esseri umani imperfetti quali siamo tutti noi, eppure un dovere se si desidera vivere in un paese il più possibile libero e democratico. Insomma per me un politico dovrebbe essere una specie di missionario, al di sopra di ogni sospetto, uno che non prende nemmeno lo stipendio….dovrebbe bastare l’onore di servire il proprio paese.. Va bè forse esagero un po’.. giusto per farvi capire che non sono un’assatanata di politica, ma solo una persona curiosa e desiderosa di capire dove va il mondo, e prima ancora, da dove viene.

   Dunque, dicevo il libro di Al Gore. L’ho comprato per caso, per curiosità. Non sapevo nemmeno se sarei stata in grado di reggere 250 pagine (più note) di analisi politica americana. L’ho comprato perché sono incuriosita della personalità di chi l’ha scritto, e volevo capirne un po’ di più. E, sorpresa! 

     E’ un testo fantastico. Fa riflettere leggere come sia possibile (ma già lo si immaginava, soprattutto noi europei più smaliziati degli americani in fatto di politica) che anche in quella che viene considerata da molti  “la più grande democrazia del mondo”, alcune persone che per di più ricoprono incarichi istituzionali fondamentali, si permettono di calpestare senza nemmeno vergognarsi un po’ neanche se scoperti, i fondamenti della democrazia, la loro, in questo caso, scavalcando tutto, Costituzione, Congresso, scavalcando il passaggio fondamentale del confronto delle idee, del dibattito, del dialogo, delle votazioni leali, pur di raggiungere i propri scopi, gli affari, la conquista del potere puro, del controllo degli altri, la soddisfazione degli interessi privati, per perseguire politiche economiche non a favore del proprio paese, del benessere di tutti i cittadini, anche nel rispetto dell’ambiente in cui viviamo, ma per favorire una casta di persone con posizioni politiche anche molto differenti, ma uniti dalla volontà di scardinare un sistema, quello democratico, che con le sue regole istituite per proteggere gli interessi fondamentali di tutti, il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto ad esprimere e divulgare le proprie idee, il diritto al lavoro, alla casa, all’istruzione e alla salute, impedisce ai lobbisti di concludere i loro affari, affari che se tutelati dal giusto candidato fanno guadagnare a quest’ultimo cospicui finanziamenti per le campagne elettorali. Un equo quanto immorale scambio, insomma.

    Il libro è zeppo di citazioni interessanti, gustose, e di episodi sconcertanti, vergognosi, che sfiorano comportamenti e posizioni che appartengono più ai despoti, ai dittatori che non a chi siede alla testa di cotanto “esportabile” democrazia. Molti di questi fatti sono noti, altri forse persino più gravi sono meno conosciuti. Naturalmente il grande accusato è Gorge Bush, l’attuale presidente il cui mandato è ormai agli sgoccioli. Bush e la sua “cricca”. Bush che dichiara guerra “in nome di Dio”, Bush che pensa che una democrazia sia una merce esportabile e non una conquista costante, un esercizio interminabile che richiede tempo sangue e sudore tanto per raggiungerla quanto per mantenerla. Bush che ordina massicce intercettazioni, per contrastare il terrorismo invadendo la privacy di milioni di americani, senza prendersi la briga di chiedere il permesso al Congresso, senza quindi la stesura di una norma che regoli in qualche modo, in nessun modo il suo provvedimento (e quindi gli americani non sapranno mai nemmeno quanti soldi sono stati veramente spesi per questo abuso, e quanti siano finiti nelle tasche di chi..), e quando finalmente tutto viene alla luce, con incredibile arroganza afferma che non soltanto aveva il diritto di farlo al fine di proteggere il paese, ma che avrebbe continuato. Peccato che anche l’operato di un presidente sia soggetto alle stesse norme che tutti i cittadini devono rispettare, e che non è vero che ciò che era illegale diventa legale perché è il presidente a compierlo come se agisse per mandato divino (che guarda un po’ è anche la posizione di tutti gli estremismi religiosi.).

    Nel libro Al Gore ci ricorda gli abusi e le torture subiti dai prigionieri irakeni, torture che non sono state soltanto il frutto di soldati deboli di mente, ma anche di una precisa e spietata politica dell’odio, che ha convinto il 70% degli americani che l’Irak fosse coinvolto negli attentati dell’11 Settembre e che ha portato ad un clima di ostilità verso non soltanto il mondo islamico(oltre alle torture fisiche e alle umiliazioni, ai prigionieri veniva chiesto di rinnegare il proprio credo), ma anche verso chi, avendo un approccio laico alla politica, contestava questa posizione da guerra santa, e per questa ragione veniva accusato di ateismo( che di per se non è un reato!) e di antipatriottismo.

    Ancora, Al Gore ci ricorda come alcuni rapporti sulla situazione climatica mondiale stilati dai maggiori scienziati nel campo, siano stati modificati e manipolati dall’amministrazione Bush poiché non conformi alla politica energetica del suo governo tutta tesa a consumare fino all’ultima goccia di petrolio. E, infatti, gli Stati Uniti insieme all’Australia sono l’unico paese a non aver sottoscritto il trattato di Kyoto (si capisce come questo tema stia tanto a cuore ad Al Gore visto che ha partecipato alla stesura del trattato salvo poi scoprire che nessuno dei suoi colleghi senatori era disposto a controfirmarlo…nemo propheta in Patria..)

    Insomma, in almeno tre casi Bush e il suo gruppo hanno mentito(ricordo che fu dichiarata guerra all’Irak perché in possesso di armi di distruzione di massa di tipo nucleare, armi che non sono mai state trovate) o manipolato la realtà bombardando l’opinione pubblica (e qui hanno colpa anche i giornalisti) di false verità al fine di perseguire l’obbiettivo fissato. Menzogne per cui nessuno o quasi ha pagato.

   Bill Clinton, fu sottoposto ad impeachment (un procedimento che avviene nel Congresso americano durante il quale un presidente o un altro membro del governo, viene posto sotto inchiesta per azioni ritenute illegittime), per una storia di sesso che tutt’al più doveva riguardare sua moglie! Capo d’imputazione: spergiuro. Aveva mentito, per ovvie ragioni di pace domestica, al Gran Juri che gli aveva domandato se la storia con la Lewinski fosse vera. E un presidente non può mentire! Per fortuna il procedimento del Congresso lo scagionò perché l’imputazione riguardava la sfera privata e non l’esercizio delle sue funzioni di presidente…(moralmente criticabile ma eticamente irreprensibile, chiaro?!)

    Ma allora, a Bush, che cosa si doveva fare? A quanto pare niente, visto che non contenti gli americani lo hanno rieletto una seconda volta (anche se prima dello scandalo delle intercettazioni e del doppio disastro del 2005 causato dall’uragano Katrina, doppio per la pessima gestione dei soccorsi mentre migliaia di persone, nel cuore degli Stati Uniti, rimasero abbandonate per giorni e giorni a se stesse. Ricordo che ci furono 1836 vittime...)

    Certo è che Bush è stato un volpone perché è sempre riuscito a scaricare le colpe su qualcun altro. Così come esiste la presunzione di innocenza esiste pure la presunzione di ignoranza…Poverino, era stato male informato (ma quanti dipartimenti di sicurezza nazionale hanno gli Stati Uniti? Hanno tutti fatto a gara per sbagliarsi? No, è stato un complotto contro il povero Bush che è in realtà una vittima…) Va bè, lui ha raccontato la sua favoletta e che gli americani se la siano bevuta o no, poco importa. Ma una cosa è certa, un presidente che non sa che cosa succede in casa propria è quanto meno, un pessimo presidente. Le teste dei presidenti di industrie saltano per molto meno, di solito…

    Il fervore religioso di Bush, la paura, la campagna dell’odio che ha diffuso senza possibilità di discussione, non dico nelle strade o nelle piazze, ma nemmeno nel luogo istituzionale adibito a ciò, il Congresso,(Al Gore ci racconta che nei giorni immediatamente precedenti all’inizio del conflitto, nell’aula del Senato non c’era quasi nessuno. I rappresentati e i senatori erano affaccendati in giro per procacciarsi i finanziatori delle loro campagne elettorali); questa politica del terrore insomma, ha disabituato il pubblico americano a porsi delle domande ma soprattutto ad esigere delle risposte. Ha allontanato la gente dall’uso della ragione, della razionalità. La gente si accontenta delle informazioni che riceve da un unico canale (e qui noi italiani siamo uguali). Se una cosa la dice la tv allora è sacrosanta! E tutti quei fatti di cui la tv non parla? Crediamo veramente di essere informati? Ma soprattutto quelle informazioni sono veritiere? Quanti di noi comprano almeno due diversi quotidiani al giorno? Io no, lo ammetto. Eppure dovremmo farlo, tutti. Se tornassimo al piacere dell’informazione, del giornalismo che cerca la notizia, forse gli editori non sarebbero costretti a fare prime pagine con titoli accalappiaattenzione.. Forse anche loro sarebbero più motivati a servirci meglio, a perseguire la verità. Che cos’è una democrazia senza informazione? Niente.

     Sì, oggi abbiamo internet. Se si cerca con impegno, se non ci si perde tutto il tempo a leggere gossip o a chattare con improbabili personaggi, forse forse ci si riesce a restare informati. Ma ci vuole impegno. E tempo.

     Così anche da noi, si comincia (o forse non si è mai smesso) a mettere all’indice il laico, che fa politica per tutti, e non solo per un gruppo religioso senza pensare che il laico non è necessariamente ateo, è solo uno che desidera che tutti, ma proprio tutti possano godere degli stessi diritti.

    Anche da noi si resta imbambolati per ore davanti alla televisione, facendo zapping disperatamente, ancora e ancora, “merda, ma non c’è proprio niente stasera ”, e vai col zapping, invece di spegnere e leggere un libro, o cercare su internet notizie dal mondo, o magari andare a bere un caffè con un amico, e fare quattro chiacchiere.

    Anche da noi si intercettano le telefonate e così qualcuno inizia a vendersi i dati e i numeri di telefono dei così detti vip…e via si parte coi ricatti da due soldi. Per inciso in Italia la legge sulla privacy non esiste, (ossia c’è, ma nessuno la fa rispettare), chiunque può vendere impunemente i nostri dati, dalle banche alle catene di supermercati che per darci una tessera punti ci chiedono anche quante volte andiamo al bagno ogni giorno…

     Nell'attuale campagna elettorale i candidati alle elezioni 2008, ci comunicano che gli italiani sono stanchi di vedere i propri rappresentati in parlamento litigare violentemente, invece di confrontarsi, per arrivare insieme chi alla maggioranza e chi all’opposizione di volta in volta, alla migliore soluzione possibile per il paese… Sì, grazie, noi ce ne eravamo già accorti da un bel pezzo. Sono i parlamentari, che non l’hanno capito. Gente che va al parlamento con la bottiglia di spumante. Oh, guardate che io non sono una bacchettona. Quando c’è da far casino, casino sano, sono la prima della fila, ma ci sono luoghi che meritano rispetto, per le idee che rappresentano e che devono ispirare.

    Mi piace quella bambina che dice alla mamma, in una pubblicità “ anche io da grande mi voglio ispirare” e allora mi domando un ragazzo di 14 o 15 anni a che cosa aspirerà dopo aver visto i nostri politici che si sputano addosso al Parlamento? Aspireranno a diventare parlamentari, senza dubbio.

     Al Gore ci racconta il pericolo delle battaglie elettorali combattute a suon di spot pubblicitari, come anche da noi qualcuno vorrebbe tornare a fare, dove i meglio finanziati e i più abbienti sono in grado di conquistare spazi televisivi migliori e guadagnare così terreno sugli avversari, senza avere in realtà promosso un vero dibattito di idee, o aver accennato ad un programma e tentato di spiegarlo.

    Io mi ricordo uno spot di Berlusconi di un bel po’ di anni fa. Un Berlusconi seduto dietro la sua scrivania, tre centimetri di cerone sul viso e filtri a go go sull’obbiettivo. Ricordo un senso di disagio e di ridicolo, perché secondo me da noi, queste cose non attaccano. Come dicevo all’inizio siamo troppo smaliziati e la puzza di artificio si sente a miglia di distanza. Tanto per citarne uno, qualcuno di voi ha visto lo spot di Giuliani, sindaco di New York, ormai fuori dalla corsa per le presidenziali, spot in cui Babbo Natale gli portava il regalo?

     E ve lo ricordate sempre Berlusconi (giuro non ce l’ho con lui, ma se le va a cercare..) quando, poco prima delle ultime elezioni (italiane) fu invitato da Bush e la sua cricca e gli conferirono una medaglia per non so bene cosa? Giuro mi vennero i brividi. Una mossa da propaganda perdonatemi l’espressione, fascista, fumo negli occhi, per i poveri ignoranti mangia spaghetti italiani che vedono il loro leader premiato così lo rivoltano, e noi (americani di Bush) ci conserviamo il nostro bravo servizievole alleato.) Mi sentii offesa, lo giuro.

      Personalmente, io non voterei per un candidato perché mi fa un sorriso a 75 denti e viene bene in tv, anche perché se vuole fare il parlamentare, non è la tv il suo posto… Per legge oggi in Italia non è concesso fare spot elettorali, tuttavia è evidente che in televisione, nei telegiornali gli spazi non sono equamente assegnati. E naturalmente i leaders di quei movimenti penalizzati si ne lamentano. Ma di nuovo mi domando: possibile che un paese come il nostro, erede dell’antica Roma, erede di grandi oratori, ritenga che per fare campagna elettorale, si debba vere uno spazio in tv what ever it costs, costi quel che costi? E’ come se facessero un comizio sotto casa mia, e io lo guardassi alla tv. Se uno vi vuole votare credetemi, si informa, si organizza, vi viene a cercare. Quanti sono i piccoli paesi in cui nessuno ha mai fatto un comizio? Secondo voi in quei comuni nessuno va a votare? Io non dico che sia falso il potere attribuito alla persuasione dell’immagine in tv, su alcuni funziona, poveri loro. Dico che forse, bisogna puntare di più sui contenuti, avere voglia una volta esposti, di ascoltare le critiche che arrivano, perché da queste magari quel progetto iniziale può essere migliorato. E soprattutto, quello che serve è un bel po’ di persone oneste, per bene. Donne e uomini retti.

     Nel suo libro Al Gore fa un elenco di processi giudiziari ai vip americani, e di casi di cronaca che hanno tenuto il pubblico americano incollato giorni e giorni alla tv. Un po’ come succede da noi, insomma.

     Qui mi sono un po’ consolata però, perché nel periodo in cui andava per la maggiore il processo in diretta di O.J. Simpson, accusato dell’assassinio della ex moglie, io seguivo Antonio di Pietro che con quel pool fantastico di mani pulite faceva finalmente un bel po’ di pulizia nel nostro paese. Avevo 19 anni…Poi la maggior parte degli inquisiti e condannati di allora è tornata all’alveare, cioè in parlamento, ma diciamo così, molti di noi hanno apprezzato il tentativo!

     Comunque ecco perché non mi metto a parlare spesso di questi argomenti, perché poi mi appassiono e mi dilungo. Ma leggere questo libro fa riflettere sulla nostra moderna società, su un paese straordinario e insieme pieno di contraddizioni come solo gli USA sanno essere.

     E poi c’è l’uomo, Al Gore. Negli anni del suo mandato di vice presidente fu accusato a volte di artificiosità, per una sua certa ostentata moralità, (ma che male c’è se uno non tradisce la moglie, mi chiedo), per una sua meticolosa precisione, dovuta magari al fatto che di tanto in tanto capita qualcuno che prende seriamente il compito che gli è stato affidato e ne sente tutta la responsabilità; per il suo modo un po’ da insegnate di parlare, che lo ha portato oggi a ragione ad essere un grandissimo comunicatore, (se vi capita guardate “Una scomoda verità” in lingua originale per capire cosa intendo), un insegnante sì, ma uno di quelli alla Keating de “L’attimo fuggente”, carpe diem, per intenderci.

    Traspare un vero amore per l’idea di libertà e democrazia, una passione genuina, che a me piacerebbe vedere in almeno alcuni dei nostri politici.

    C’è un entusiasmo adrenalinico, nel modo in cui Al Gore presenta i fatti di cui parla (tra l’altro corredandoli di note che permettono di controllare la veridicità di ciò che racconta), nel desiderio di ridestare nel popolo americano l’interesse all’esercizio della democrazia nel suo paese, il rispetto per la Costituzione, la divulgazione delle idee e il loro dibattimento. La partecipazione, insomma. Ed è commovente se si pensa che difende quello stesso sistema di cui è rimasto vittima al termine delle elezioni del 2000, vinte appunto da Bush (per il quale aveva votato un numero maggiore di stati), nonostante il numero effettivo di voti a favore di Al Gore fosse maggiore. Fece ricorso alla Corte Suprema, che gli diede torto, ingiustamente visto che il sistema avrebbe dovuto essere “one man, one vote”. E’ talmente al di sopra di viscidi sotterfugi o desideri di vendetta che ci scherza pure su quando si presenta alle sue conferenze sul riscaldamento globale, in ogni angolo del mondo: “I’m Al Gore. I used to be the next President of the United States!” e il pubblico giù a ridere.

     Oggi Al Gore racconta di essersi disinnamorato della politica, ma se si legge questo libro non sembra affatto, è un vecchio leone, magari un po’ ferito, che si è rialzato e ancora lotta perché crede fermamente che è possibile vivere in un paese libero il suo, in un mondo sano e vivo (“our only home” la nostra unica casa, il pianeta Terra, su cui tutti viviamo.).

     Però si è preso la sua bella rivincita, otto anni dopo quella batosta politica, ad un soffio dal suo sogno, dopo essere stato oggetto di scherno da parte di tanta satira (che negli USA ci va giù duro), bersaglio fin troppo facile, il bravo ragazzo tutta casa chiesa e famiglia (e Casa Bianca..) che viene battuto dal cowboy texano, e allora giù ad infierire( quanto piace alla gente distruggere i miti che ha costruito e amato fino al giorno prima).

     Ma mentre Bush oggi è sommerso da scandali, e diverse banche rischiano il fallimento a causa di una politica interna tutta sbagliata (forse perché inesistente), Al si porta a casa il Nobel per la pace, meritatissimo, per il suo impegno nel sensibilizzare la gente alla tutela dell’ambiente, che tra l’altro significa anche convincere gli stati a cambiare le loro politiche vecchie e moribonde (causa odierna di tanta povertà e disperazione e aggiungo causa anche di un bel po’ di terrorismo perché mi domando, per quante generazioni di seguito un popolo può sopportare di essere oppresso, ignorato, spazzato via, prima di alzare la testa e iniziare a farsi ancora più male facendo del male). Cambiare quindi le vecchie politiche per intraprendere cammini nuovi basati su tecnologie innovative e pulite, che porteranno lavoro e progresso, quello vero, quello che fa salire di qualche gradino sulla simbolica scala della civiltà tutta la specie umana, quello che se c’è la volontà, non lascia indietro nessuno. Ci fa sognare e desiderare un grande cambiamento di rotta, di cui oggi più che mai si sente il bisogno. A partire dalle nostre teste, dal  modo di vivere le nostre vite, di considerare le priorità ogni giorno della nostra vita, ma questo è un altro discorso ed è pure piuttosto lungo..

      Oggi ci sono milioni di americani che sono in lutto, dopo essersi resi conto che Al Gore non si sarebbe candidato per le elezioni presidenziali. Ha lasciato spazio alla Clinton, una donna (è anche un gentleman!) e a Obama, il nuovo, il primo possibile presidente afroamericano.

     Ma forse ha pensato che ci fossero molti modi per essere utili al proprio paese; forse è vero che si può imparare qualcosa a qualsiasi età, anche uno come Al Gore che infondo, ha avuto quasi tutto dalla vita. Forse, ha capito che non necessariamente si deve fare il presidente, per cambiare le cose in meglio, anche se secondo me, sarebbe stato un grande presidente.

      A volte mi domando(e naturalmente non potrò mai soddisfare questa mia curiosità), come si sarebbe comportato “l’ex futuro presidente”Al Gore all’indomani dell’11 Settembre, quando tutto il mondo sembrava impazzito, terrorizzato, schiacciato dalla minaccia di un’ombra impalpabile che non si riusciva bene a distinguere e pure si percepiva così intensamente, soprattutto negli USA. Probabilmente avrebbe appoggiato la guerra contro i talebani in Afganistan, tutto il mondo l’ha appoggiata. Al Gore si dichiarò contrario ad un intervento in Irak, per questo mi piace pensare, che oggi tanti giovani soldati di tutte le nazionalità sarebbero ancora vivi, magari intenti a far l’amore, a far figli, impegnati a correre dietro ciascuno al proprio sogno, così come i tanti civili morti e che continuano a morire dall’inizio del conflitto ad oggi, e che con la forza del dialogo, della persuasione, avremmo comunque avuto la meglio su Saddam Hussein, prima o poi.

      Negli USA esiste fortemente radicato, un concetto che detesto profondamente: quello secondo il quale gli esseri umani sono divisi in vincitori e falliti. Io credo che nessun essere umano possa mai essere considerato un fallito, forse con un’unica eccezione: colui il quale rinunci al dono più incredibile che potesse essere fatto all’uomo, la nostra specificità, per così dire(come per un’aquila volare, o per un cetaceo scendere a profondità inimmaginabili). Il dialogo. La comunicazione, la ricerca della verità attraverso la parola. Quando si rinuncia a questo, è davvero tutto finito. Oppure, resta una sola cosa, appunto: il campo di battaglia. Che per me equivale al fallimento. O come ha detto George Orwell: ”…presto o tardi le false convinzioni si scontrano con la dura realtà, solitamente su un campo di battaglia”. E il risultato non cambia.

     Tornando ad Al Gore, per il quale nutro, e si sarà capito, una stima infinita, ma non cieca, (un paio di cosette che non condivido le ha fatte anche lui, durante il mandato Clinton), penso che tutto sommato, forse gli è andata bene così visto i venti che tiravano dal 2001 in poi.

     Insomma se avete voglia di una lettura che non si limiti ad intrattenervi, ma vi porti alla riflessione, cercando dei parallelismi con la realtà del nostro Paese, magari anche per scoprire di non essere affatto d’accordo con ciò che afferma Mr. Gore, (del resto lo scrittore si è prefissato proprio questo: di portarci ad usare il buon senso, la ragione, ma sempre insieme al cuore) vi consiglio alla grande questo testo.

     Tra l’altro è scritto benissimo, nonostante la grande quantità di concetti e riflessioni che si rincorrono vivacemente gli uni con gli altri. Certo, non è il “Codice da Vinci”, (che per altro ho letto e non mi è piaciuto!).

     “Assalto alla ragione” richiede una buona dose di concentrazione, ma ti lascia con una voglia pazzesca di fermare il primo che incontri per la strada e discutere insieme di ciò che ti passa per la testa.

      E ve lo dico io, che detesto (simpaticamente) i politici… Perciò potete credermi!

 

       Barbara

 

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