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tratto da "MI RITORNA IN MENTE" di Caterina Bonanni. Terza Ed. Luglio 1998. Prog.Graf. di G.Mazzini. Tutti i diritti riservati.

Il Ballo

Il ballo. Quand’io ero giovane, il ballo era molto contestato dalla chiesa, infatti chi andava a ballare non era reputato una persona perbene. A me piaceva la musica e di conseguenza anche il ballo. Per entrare in quelle “sale”, che poi erano piccoli locali ricavati al pianterreno delle case, per non farci notare passavamo dai “carugi”. Nelle ricorrenze di capodanno o carnevale organizzavamo il veglione; in queste occasioni era permesso partecipare accompagnati dai genitori o dai nonni. Mia nonna veniva volentieri e rimaneva tutto il tempo per sorvegliare. Quando il cavaliere entrava in sala e dava inizio al primo ballo, doveva pagare alla “dama” un sacchetto di caramelle che ritirava al buffet, si poteva considerare come il prezzo del biglietto d’entrata. Noi ragazze eravamo attente ad accaparrarci i primi balli così guadagnavamo più caramelle che consegnavamo alla nonna; tornate a casa venivano distribuite a tutta la famiglia.

Il carnevale.

A noi giovani ragazze la sera non era permesso uscire di casa. All’imbrunire, quando suonava l’Ave Maria, era l’ora della ritirata; quel suono era per noi un tormento. Quando ci attardavamo sulla via dell’Amore con gli amici o con il fidanzato per assistere a un bel tramonto, il pensiero del suono di quelle campane, che là non arrivava, non ci faceva godere sino in fondo quei momenti; dovevamo ritirarci in fretta altrimenti erano rimproveri. Tornando al carnevale, posso dire che in quel periodo i giovanotti, pur di passare qualche ora assieme con le ragazze che avevano in simpatia o con cui stavano già vivendo una storia d’amore, si mascheravano e venivano a bussare alle nostre porte. Noi signorine dovevamo fare opera di convincimento presso i genitori e i nonni perché li facessero entrare in casa. Dopo qualche minuto di sceneggiata si toglievano la maschera e mangiavamo insieme frittelle di castagne brindando con un buon bicchiere di vino; il tutto sempre sotto lo sguardo vigile dei parenti e, perché no, anche dei fratelli più piccoli.


 


 

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