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tratto da "MI RITORNA IN MENTE" di Caterina Bonanni. Terza Ed. Luglio 1998. Prog.Graf. di G.Mazzini. Tutti i diritti riservati.

Ricordi di Pentecoste.

Oggi mi sono recata al Santuario di Montenero che si trova sul colle che sovrasta il paese e dove si festeggia la Pentecoste. La Madonna di Montenero fu incoronata nel 1893 e il cinquantesimo anniversario fu celebrato nel 1947, in ritardo a causa della guerra. La devozione alla Madonna è una viva espressione della religiosità popolare. Anche l’Azione Cattolica ha svolto un ruolo importante nella formazione religiosa dei giovani: negli anni trenta si contavano a decine le donne e gli uomini che prendevano la via dei conventi e dei seminari. Il nostro Santuario ha sempre avuto un grande fascino anche per i paesi limitrofi come Biassa, Campiglia, Codeglia i cui abitanti accorrevano numerosi nei giorni di festa. Erano ormai due anni che non salivo lassù per Pentecoste, con l’età comincia a diventare faticoso. Quest’anno ho approfittato del fatto che il Comune ha provveduto ad installare un trenino a cremagliera cosicché anche le persone anziane vi possono arrivare comodamente e senza fatica. Non so descrivere l’emozione che ho provato nel ripercorrere quel sentiero che un tempo passava attraverso i campi vignati ed ora purtroppo ricoperto di rovi. Era un susseguirsi di ricordi del tempo passato, ricordi di una giovinezza ormai tramontata. Lassù il panorama è stupendo e il mare ti sembra infinito. Al di là della religiosità della festa, per noi allora giovincelli queste giornate erano piene di gioia e di allegria. La festività durava tre giorni e per la sua preparazione i massari o fabbricieri, assieme al parroco, si fermavano nella foresteria del Santuario. La sera della vigilia accendevano un grande fuoco che ci affascinava. In questi ultimi anni la parte della costruzione adiacente alla chiesa è stata ristrutturata e adibita a sala congressi; vi funziona un bel ristorante con annesso bar, dove puoi trovare anche il gelato. Ma io ho il ricordo della noccioline e delle rotelle dolci vendute dagli ambulanti che si recavano lassù con tanta fatica trasportando le cose in spalla per una strada impervia. Ricordo la torta di riso, le cipolle ripiene, la torta di verdure, le uova sode preparate dalla nonna: quei profumi non li ho mai dimenticati. Appesi alle pareti della chiesa ricordo tanti quadri votivi che ormai da anni non espongono più; erano pieni di oggetti d’oro regalati dalle famiglie per grazie ricevute come il salvataggio di un loro caro trovatosi in pericolo su una nave in un mare in tempesta o il ritorno a casa di un reduce della prima guerra mondiale. Anche per lo scampato pericolo di un’epidemia, la gente saliva al colle portando un segno tangibile di ringraziamento. Il suono delle campane che avevano un tempo rintocchi gioiosi e festosi , sono ora per me velati di malinconia; anche il canto delle lodi tramandate da nonni e bisnonni avevano una suggestione particolare in quel contesto. Siccome questa festa coincide con l’arrivo della bella stagione, noi giovani ragazze cercavamo di convincere i genitori a procurarci un vestitino nuovo da sfoggiare per l’occasione. C’era anche il fotografo, molto buffo con la testa sotto quella scatola sovrastata da un panno nero; non conoscevamo il meccanismo ma quel pezzo di carta messo in un catino pieno d’acqua e dove pochi minuti dopo spuntava la nostra immagine era una grossa sorpresa ed eravamo felici di portare a casa il ricordo di una giornata indimenticabile. Una fotografia costava venti centesimi e si andava dal fotografo a La Spezia quando c’era la necessità di inviare un ritratto ai parenti lontani in America o in Francia. Il fotografo veniva ogni tanto in paese con tutta l’attrezzatura compresi i mobiletti e gli sfondi. Pareva di essere a teatro. Uno di loro, a nome Gigante, che aveva lo studio a Pegazzano, si serviva di un recapito a Riomaggiore in un fondo dotato di vetrina . Molti anziani ricordano ancora i nomi dei fotografi che avevano lo studio in città, fra questi Louvier, Robatel e Michelotto.

Le amicizie.

Le amicizie erano molto importanti in una comunità senza collegamenti quale era una volta il nostro paese. Ci si conosceva tutti ma ci si divideva in gruppi che formavano le contrade: La Marina, il Ponte, in cima la Terra ecc.. Nelle occasioni in cui si partiva ad esempio per andare nel bosco a raccogliere le castagne o la legna ci si trovava sempre con il solito gruppo anche se poi, nel momento del bisogno, ci si aggregava anche con gli altri lasciando da parte le rivalità contradaiole.


 


 

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