Teramo che se ne va

di Fernando Aurini

 

 (Articolo pubblicato in «Il Giornale d’Abruzzo», Teramo, 10 luglio 1957)


 

Vecchia, cara Piazza del Duomo, così com'eri trent'anni fa!

C'è davanti la porta dello spaccio, il tabaccaio Paradisi, mentre Calori «il tinturale» è uscito sulla porta a far quattro chiacchiere con l'orefice Carnessale, Mariasanta s'è spostata  col  suo  carrettino «Botte» e «lacche» dolci!  verso I'angolo del Duomo e, davanti al suo chiosco, Tiremmmolle, col cappello a staio, tira grosse boccate dal suo toscano. La giunta comunale ha finalmente deciso, dopo interminabili riunioni ed accese discussioni, di far sorgere i tanto discussi «giardinetti». Ma gli stenti alberelli non voglion venir su, con grande soddisfazione degli «antigiardinisti», anche se di notte «quelli dell’altro partito» vanno ad attinger l’acqua alla «Fontana dei leoni», malgrado la severissima sorveglianza della guardia Ricci per innaffiare, di nascosto, le piante.

C'era, allora, anche una schiera di tifosi dei «giardinetti!».

Tempi lontani, in cui si discuteva e ci si accaniva per la sistemazione d'una piazza o di un giardino!

Era quella, l'epoca in cui arrivavano a Teramo le prime «Citroen» del Marchese De Sterlich e gli squadristi purgavano, sotto le logge del Comune, i sovversivi, tra gli sguardi di disapprovazione degli ultimi «liberali», già assessori al tempo di Paris, che scuotevano tristemente la testa, per affannarsi, più tardi, a dimostrare, contro gli articoli di Savorini, l’esistenza d'un anfiteatro romano sotto la Pesceria.

Era quella I'epoca in cui la banda cittadina diretta dal M.° Cav. Costantini, compiva  trionfali «tournées» in feluca e piume bianche, nelle sfarzose divise disegnate  dal pittore  Della Monica, e Anna Fougez debuttava trionfalmente al Cinema Eden, scritturata, a dieci lire per sera, da Cucuccio Rolli, mietendo vittime e trafiggendo cuori, mentre la «Vedova Allegra» giocava all’amore con trucchi sul palcoscenico dell'Apollo (per I'impresa Cugnini Vanvitelli).

Era il tempo in cui Brillantina, avvolta nel tricolore, cantava: «O Trieste, o Trieste del mio cuore, io ti vengo a liberar», dopo di che i violini di Righetti singhiozzavano il «refrain» dell'ultima canzone di Coccioli, che parlava di ebrezza della vita, d'infedeltà e dell'amore, che «ogni  caso risolve ed ogni angustia sorbisce».

Cara vecchia piazza, nella quale  s' incontravano, come carbonari, Sforza e compagni per organizzare le loro burle famose, che mettevano invariabilmente a soqquadro, ogni sera, il locale del buon Cucuccio Rolli, e si davano appuntamento Cappellieri, Corecontento, Don Alberto Rubini, Peppino Ferri ed altri formidabili mangiatori per organizzare le loro cene famose da «Nannella» o da «Paparrone».

Anche le canzoni satiriche di Monzù avevano per  campo questa piazza dove i viveurs Felicepelo, Lulù Spinozzi, Pasqualino Ferraioli e Manliuccio Paris, avevano furtivi colloqui con signore dai vestiti color ciclamino, mentre i vecchi benpensanti discutevano animatamente l'ultimo articolo polemico di Giovanni Fabbri, uscito allora allora dalla tipografia di via Stazio.

Il mondo teramano gravitava trent'anni fa intorno a questa piazza: al primo tocco del campanone di mezzogiorno, i piccioni scendevano in picchiata a beccare il mangime dalle mani di Don Berardo Polidori, dalla fluentissima barba, mentre Gennaro di Pietro si ricaricava sotto le logge del Comune delle sue «caiole» e delle pipe di coccio prima di tornarsene a casa.

Erano i tempi fumosi dei Poeti Cameli e Brigiotti, le cui poesie dialettali formavano la delizia della quasi totalità dei teramani ed erano letti finanche i foglietti volanti di Paolo Caffarini, pittore, poeta e romanziere che sviluppavano massime comuni a tutti i paesi sull'infedeltà della donna, la brevità della vita, I'ingratitudine dei beneficiati, I'avidità dei parenti, e l’acuta fame dei poeti estemporanei.

Per questa piazza, negli ultimi tempi, Caffarini andava in giro per ore ed ore, come un automa, i suoi foglietti fra le mani, appresso ai suoi pensieri senza poterne fermare uno per fermarsi; andava così, come se tutto il mondo gli fosse divenuto estraneo in questa piazza che ormai, col suo Duomo isolato, non riconosceva quasi più.

Vecchia cara piazza, a guardarti oggi, come sembrano lontani i tempi della debuttante Anna Fourgez, che mostrava sul minuscolo palcoscenico dell'Eden le gambe diritte e rotonde inguainate di seta nera, mentre don Ciccio Rubini, «La Fanfarra», si accarezzava lascivamente i baffi tinti «Chinina Migone», lo specifico «migliore», e il pubblico entusiasmato applaudiva, ed anche lo «scettico blù» cessava per I'occasione d'essere «glacial».

Come sembrano lontani, ormai, le cose e gli uomini che animarono questa piazza con le loro chiacchiere e le loro «sforbiciate» domenicali all'uscita della «messetta» quando Donna Nemesis faceva sfoggio della sua spettacolosa eleganza, o mostrava la sua bruna bellezza al volante d’una azzurra «Bugatti». Vecchia cara piazza, dove le guardie daziarie si davano convegno a sera prima di prender servizio, con fiaschi e spadini, nelle strette «gallette».

Vecchia cara piazza, anche i leoni della tua fontana danno oggi ai giovani un senso di comico ed a noi tanta tristezza, tristezza e commozione insieme, come quando ti guardiamo a notte con occhi d’innamorati e ci commoviamo alla visione del tuo Duomo sotto la luna!...

FERNANDO AURINI

 


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2)

Teramo che se ne va

3)

E' iniziata la trebbiatura nelle campagne d'Abruzzo

4)

Con la primavera sulle  piazze le Bande musicali  abruzzesi

5) Valle Piola