Il Giornale d’Abruzzo, 13
maggio 1951
Dove non si conoscono le convulsioni
della nostra epoca
Valle Piola, maggio Le ragioni del fascino e dell’interesse di Valle Piola, al di là di monte Natale, non son da ricercare soltanto nel vecchio mulino, o tra le rovine del castello di Manfredi, oppure nel miracolo della primavera, quando tra gli ultimi strati di neve spuntano i fiori gialli dell’arnica, ma più ancora, nel senso di riposo e di antica beatitudine che emana dalla millenaria, immutabile vita di questi montanari. Partiti da Teramo ancora a notte, cominciamo ad arrampicarci per le straducole pietrose di Monte Natale che l’alba è vicina. La montagna di Campli, che, vista a distanza, spiccava, nella luce lunare, come in uno scenario da teatro, ora che la costeggiamo, ci appare soprastante, quasi voglia schiacciarci.
La strada è facile dapprincipio ed è
battuta, nel primo tratto, da legnaioli che, accorsi da tutti i paesi
vicini, hanno iniziato da tempo, nella zona, una vera e sistematica
distruzione di boschi e «fratte», tra la completa indifferenza delle
autorità forestali. Se misure non verranno subito prese, atte ad
impedire, veramente, i tagli irrazionali e rovinosi dei montanari e
degli speculatori, questa montagna, già per se stessa poverissima,
finirà per immiserirsi completamente. |
Una vecchia mendicante accoccolata per terra, vicino la chiesa, è la prima persona che incontriamo mettendo piede nel villaggio. Sembra che non corpo, ma stracci, e gli stracci si confondono con la terra; di vivo ha soltanto gli occhi e di tanto in tanto li muove.
In questo villaggio tutto dirupo, tutto
è in rovina, e la vita vi scorre, immutata, da secoli. È passato qui anche Carmine Santini «il giacobino senza pace» che, dopo una vita di violenza e di travaglio, viene scannato, in una forra, dagli uomini del brigante Sciabolone; e qui s’è nascosto Delfico per mesi e mesi, vivendo in una grotta e cibandosi d’erbe. Tutto è diventato storia, tutto ha seguito nel mondo l’ascesa del progresso, ma i montanari di Valle Piola, come quelli degli altri villaggi di questa montagna, sono rimasti quelli che erano. Esseri primitivi, terrorizzati ancora dal demonio e dalle streghe, che si riuniscono la notte del venerdì dinanzi al vecchio mulino. Le ferrovie attraversano la terra, gli aeroplani sorvolano le vette di queste montagne, ma nulla il montanaro ha voluto apprendere dagli uomini moderni, nessuna meraviglia della civiltà lo ha incuriosito. Vive come viveva mille anni fa, mangiando ancora il suo farro, che pesta nel vecchio mortaio che già fu degli antenati; bevendo ancora l’acqua della medesima sorgente.
|
Coltiva la terra negli stessi luoghi e cogli stessi metodi usati da millenni, cercando solo la compagnia dei suoi simili e del gregge che, quasi più dei congiunti, gli è caro ed indispensabile all’esistenza. Nulla è mutato quassù, perchè nulla è riuscito a scuotere la innocente indifferenza di questi montanari verso tutto ciò che resta al d fuori della loro portata ed estraneo alla loro vita felice, che la secolare statua lignea del patrono S. Nicola è posta a vigilare. All’annerita statua del Protettore, i montanari si affidano in ogni circostanza, per guarire da qualsiasi male ed affanno. E leggono ancora nell’equinozio, nei solstizi e nelle eclissi, il bene ed il male, i buoni ed i cattivi raccolti; i risultati, insomma, di tutti gli atti della loro vita. Ci pare, stando quassù, di non aver mai conosciuto le convulsioni della nostra epoca, e dimentichiamo persino la stanchezza, anche se abbiamo camminato più di quattr’ore per ritrovare in questo sperduto villaggio d’alta montagna, oltre che le testimonianze della millenaria vita di un popolo immutabile, un senso di riposo e d’antica beatitudine che avevamo fino ad oggi ignorato. Fernando Aurini
|
> SCRITTI (in cantiere): |
> BIBLIOGRAFIA NEW! |
||||
1) |
Cronaca presentazione libro NEW! |
|
|||
2) | |||||
3) | |||||
4) | |||||
5) | Valle Piola |