E’ iniziata la trebbiatura nelle campagne d’Abruzzo

di Fernando Aurini

 

(pubblicato in «Il Giornale d’Italia», Roma, 3 luglio 1959)
 

Terminata la fatica della mietitura, i covoni vengono raccolti in biche sulle aie, in attesa della trebbiatrice, che, fin dagli ultimi giorni di giugno, si muove verso le masserie, tutta rossa nel giallore arsiccio dei campi.
Tutti li mise avete ludate - dice luglio in una antichissima canzone popolare - e de luglie ve sete scurdate: - porte la pale ngu lu mije furcone - pe’ scamare jie so’ lu cchiù bbone».
La trebbiatura riassume ogni fatica del contadino ed è sospirata ovunque come una festa. Dalla mattina all’alba fino alle nove di sera, sarà tutto un allegro rombare, una fatica continua fatta di canti e di gridi, ed intramezzata da mangiate e bevute degne della tavola di un re.

Il lavoro della trebbiatura si svolge con un ritmo eguale, quasi a tempo di musica; ed anche se il sudore gronda com’acqua dalle fronti e dalle nuche degli imboccatori, che senza tregua, alternativamente, gettano nelle fauci della macchina i covoni passati sulla punta delle forche, la stanchezza non è sentita, o, se lo è, viene compensata dalla vista del grano mondo, che, uscendo dalla bocchetta della trebbiatrice nei sacchi, ha già la fragranza del pane benedetto.

Tutti i contadini delle fattorie vicine sono presenti alla trebbiatura. E’ antica consuetudine aiutarsi a vicenda, ed il gentile costume è detto la «prestarella» o anche «l’aiutarella». Mancare sarebbe un segno di inimicizia, uno sgarbo brutale, quasi una dichiarazione di guerra. E, oltre agli amici, ci sono le «opre» donne e giovanette per lo più, forti come bufale e capaci di sostenere qualunque anche nel mangiare e bere. Sono capaci di vuotare «per vincere l’arsura», bicchieri su bicchieri queste donne, quando le massaie escono di casa sull’aia, piena di sole e di polvere, con enormi boccali di vino per «passare» da bere alla compagnia. 

Mentre masse di pula - subito spazzate da pale o scope - si rovesciano in terra ed i fastelli di paglia strappati dal grano salgono in fila su per l’elevatore, nelle cucine fumose le donne di casa preparano grosse pagnotte, oche e pollastri, tavole intere di maccheroni alla chitarra.

 Quattro o cinque sono i pasti di regola in questa speciale giornata: alle 7, alle 10, a mezzogiorno ed alla sera. I primi due in piedi ed in fretta. A mezzogiorno, invece, si mangia e si beve seduti a tavola, davanti alla casa. Ma  il vero banchetto si tiene alla sera, quando è franta l’ultima spiga e, portato via a spalla d’uomo l’ultimo sacco verso il granaio, la trebbiatrice finalmente riposa. Si fa allora a chi mangia di più, fino a che, sazi e con gli occhi lustri, buttati via sedie e panchetti, ci si siede a terra a fumare, rimasticando i quintali «fatti» durante la giornata, e il prezzo, e quanto tocca al padrone e quanto al «soccio», e i guadagni e le perdite. Qualcuno inganna il sonno ed i pensieri giocando alla « morra» al chiaror fioco delle lucerne all’olio, mentre le donne sparecchiano e cani e gatti rosicchiano al buio ossi e croste sotto le tavole.

F. A.  

 


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3)

E' iniziata la trebbiatura nelle campagne d'Abruzzo

4)

Con la primavera sulle  piazze le Bande musicali  abruzzesi

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