Amnesty International Italia
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STORIA DI UN RICHIEDENTE ASILO SUDANESE
“Sono nato in Sudan nel 1975. Ho avuto problemi per cui sono stato obbligato a lasciare la scuola superiore; sono stato torturato, picchiato, ho subito violenza sessuale. Il problema era stato questo: avevo una relazione con una mia amica, della scuola accanto, che il direttore della scuola vietava. Il direttore mi denunciò alla Sicurezza generale sudanese: mi portarono in una cella e per sette giorni sono stato picchiato e torturato. Dopo, per continuare gli studi, ho dovuto iscrivermi a una scuola privata, che ho frequentato dal 1994 al 1997. Io volevo continuare gli studi e iscrivermi all’Università. Nel 1998 mi sono iscritto all’ Università di Alnilin. Gli studenti dell’Università avevano organizzato una manifestazione contro la guerra nel Darfour, anch’io avevo partecipato all’organizzazione. Durante la manifestazione fui arrestato, per un mese fui tenuto in carcere dove sono stato sottoposto a torture e a percosse. Sono stato costretto ad abbandonare l’Università: avevano scritto a tutte le Università del Sudan affinché non accettassero la mia iscrizione. Era il 13/04/2001. Quindi venni convocato per il servizio militare obbligatorio ed inviato nella città di Alfashir, la capitale del Darfour. Mi armarono e mi ordinarono di sparare su un villaggio del Darfour; mi rifiutai perché io non volevo sparare e uccidere mamme e bambini incolpevoli. Mi misero sospeso, con i piedi in alto. Legato fui caricato su un elicottero militare e trasportato a Kartum nel Comando generale dei militari sudanesi dove fu allestito un tribunale militare che mi condannò a sei mesi di reclusione: dal 1°/06/ 2003 al 1°/01/2004. Nel carcere ho subito la violenza sessuale, le percosse e la tortura che consisteva nel mettermi sulla testa un casco carico di corrente elettrica. Uscito di prigione ho pensato subito di fuggire dal Sudan. Sono riuscito ad arrivare fino in Turchia e da qui fino al confine con la Grecia; al confine però i greci mi hanno preso e rimandato in Turchia, e i turchi mi rimandarono in Sudan: era il 5/03/2004. Quattro uomini della Sicurezza generale sudanese mi catturarono mentre ero nella casa di un amico. Con me c’erano il mio amico e le sue due sorelle adolescenti. Ci hanno picchiati, legati con le catene, le due ragazze sono state violentate finché sanguinavano. Hanno imprigionato me e il mio amico: per un anno, dal 5/04/2004 al 10/04/2005. Siamo stati talmente torturati che il mio amico non ce l’ha fatta ed è morto. Io stavo male e fui ricoverato all’ospedale militare, al ritorno in carcere mi terrorizzarono affinché non rivelassi com’era morto il mio amico. Mi ordinarono di dire che era morto di morte naturale; se avessi accettato mi dissero che avrei potuto uscire durante il giorno, però ogni mattina avrei dovuto firmare ed anche preparare il the per l’ufficio militare di sicurezza, non avrei potuto allontanarmi dalla città se non con la loro autorizzazione. Ho firmato d’accettare la loro proposta, ma poi sono fuggito subito: dal Sudan verso la Libia e da qui sono arrivato in Italia. Era il 18/05/2005.”
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ultimo aggiornamento 06 Dic. 2010