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Ultimi Rapporti di Amnesty sulla Colombia

La Colombia è da quaranta anni in guerra. Quaranta. La quantità di scempi, omicidi, sequestri di cui il paese è stato ed è tuttora testimone è così ampia da renderne impossibile una stima certa.

Il numero delle vittime dovrebbe aggirarsi attorno ai 300.000. In base all'ultimo rapporto di Amnesty International, negli ultimi 20 anni di conflitto sono morte almeno 70.000 persone, di cui la maggior parte civili. Quasi tre milioni di persone sono state costrette a rifugiarsi ( solo 280.000 nel 2004). Decine di migliaia di civili sono stati torturati e sequestrati. Lo stesso rapporto sostiene che la maggior parte degli omicidi e dei sequestri è opera dei paramilitari appoggiati dall'esercito.

All'origine di questo conflitto, praticamente l'ultimo in una America Latina quasi del tutto pacificata, vi è una enorme disparità sociale tra classi dirigenti e popolazione, che aveva già provocato gravissime violenze diversi anni prima dell'inizio "ufficiale" delle ostilità.

Alla base del conflitto ci sono gli scontri tra Esercito, milizie paramilitari (come le Autodifese Unite della Colombia - AUC) e gruppi armati di opposizione, esistenti sin dal 1950, quando durante una cruenta guerra civile tra conservatori e liberali si sono creati i due maggiori gruppi di guerriglia tuttora attivi: le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC), che si calcola contino circa 20.000 combattenti, e l'Ejercito de Liberacion Nacional (ELN), con circa 4.000 combattenti. Anche i gruppi guerriglieri, cosi come esercito e paramilitari, sono responsabili di gravi infrazioni del diritto internazionale umanitario, colpevoli di abusi, omicidi di civili e sequestri.

Mappa Colombia

Armamento di civili

Il governo ha reagito ai gruppi di guerriglieri promulgando un decreto (il 3.398 del 1965, convertito nella Legge 48 tre anni dopo) che permetteva all'esercito di creare gruppi di civili armati per perpetuare operazioni congiunte di "contro-insurrezione".

Le forze armate che si sono create a seguito di questo provvedimento, le suddette milizie paramilitari, hanno portato avanti una serie di operazioni in violazione con i diritti dei civili in nome di una millantata lotta contro la guerriglia. Molti membri delle elitès politiche ed economiche, soprattutto i possidenti terrieri e gli impresari agro-industriali, tollerano e a volte appoggiano la formazione di questi gruppi armati per parte dell'esercito perché necessari per impedire che la guerriglia sequestri le loro imprese e i loro terreni.

La smobilitazione

Da due anni il governo Urìbe ha intrapreso più attentamente un dialogo con le diverse forze paramilitari, prevedendo la loro smobilitazione entro la fine del 2005. Alla fine del 2004 cinque blocchi paramilitari hanno consegnato le armi. Ma la guerra è lontana dalla tregua: "il serpente è ancora vivo", detto con le parole del presidente.

Il rapporto di Amnesty International diffuso il 01/09/2005 dal titolo "Paramilitari a Medellìn: smobilitazione o legalizzazione?", mostra come la strategia di smobilitazione decisa dal governo della Colombia minacci di consolidare il paramilitarismo e tutto ciò che ne consegue: omicidi, sequestri e torture continuano ad essere compiute in quasi totale impunità. Dei quasi 6.000 paramilitari smobilitati dal 2003, solo 25 sono detenuti per le atrocità commesse. A Medellìn il Bloque Cacique Nutibara (BCN), uno dei gruppi militari smobilitati, continua ad agire come una forza militare, uccidendo e minacciando difensori dei diritti umani. Più che operare in gruppi ampi, i paramilitari di oggi si presentano come informatori dell'esercito o agenzie di sicurezza private.

Secondo il rapporto il principale difetto del processo di smobilitazione è costituito dalla "legge di giustizia e pace", che intende regolare la smobilitazione, garantendo ai membri dei gruppi illegali che "smobilitano" significative riduzioni di pena. Dalla legge hanno già tratto beneficio migliaia di sospettati autori di violazioni dei diritti umani. Nel paese si è aperta la strada al riciclaggio dei paramilitari. Non prevedendo nessuna politica contro il reclutamento dei paramilitari, la legge non impedisce che alla smobilitazione segua un nuovo reclutamento dei migliori offerenti.

Con il rapporto, Amnesty International si rivolge alla comunità internazionale affinché non fornisca sostegno politico ed economico al processo di smobilitazione fino a quando il governo colombiano non introdurrà un apparato legale per la smobilitazione dei gruppi armati illegali conforme agli standard del diritto internazionale in materia di verità, giustizia e riparazione.

Le libertà stroncate

Le forze di sicurezza colombiane hanno adottato una strategia di "contro-insurrezione" che tende a considerare le vittime delle zone di conflitto non come vittime dei gruppi di guerriglia bensì come parte del nemico, simpatizzanti della guerriglia; difensori dei diritti umani, sindacalisti, giornalisti e attivisti sociali vengono continuamente perseguitati, così come le comunità civili colpevoli solo di abitare in zone considerate di importanza militare o economica.

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Il Comitato per la protezione dei Giornalisti rivela che la Colombia è il secondo paese più pericoloso al mondo (dopo l'Algeria) per chi si occupa di informazione. Il lavoro del giornalista in Colombia è da tempo nella mira di gruppi criminali, guerriglieri, paramilitari, narcotrafficanti e politici corrotti. La libertà di stampa è sotto minaccia costante. Più di 120 sono i giornalisti uccisi negli ultimi 10 anni.

Narcotraffico

Primo produttore al mondo di cocaina, seguito con notevole distacco dal Perù e dalla Bolivia, la Colombia è responsabile della maggior parte della somministrazione mondiale di questa sostanza, di cui statunitensi ed europei sono i maggiori acquirenti.

Il commercio di cocaina è sorto tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. In quegli anni la maggior parte del traffico di cocaina stava in mano a due cartelli: quello di Medellìn e quello di Calì. I cartelli si servivano di bande di pistoleri pagati dai leaders del traffico per proteggere i propri loschi affari.

Questi gruppi di sicari furono i precursori di molti dei gruppi paramilitari sorti negli anni '90; spesso i motivi delle stragi di civili si mescolavano in un'ingarbugliata, sordida matassa: civili uccisi perché sospetti di possedere coltivazioni utili o, perché no, sospetti di aiutare la guerriglia. Ecco che narcotraffico e guerra si intrecciano per irrobustire le violenze colombiane.

Sebbene il narcotraffico ha aiutato ad alimentare il conflitto, non si può dire che è la causa principale di questo.

Eppure aerei dell'esercito ogni giorno spargono erbicidi sulle piantagioni di coca: nell'ultimo anno 135.000 ettari di terreno sono stati resi inutilizzabili; 148 tonnellate di cocaina e quasi 2.000 laboratori sono stati scoperti e distrutti. I danni purtroppo si estendono anche a polli, mucche e altre
Rapporti internazionali

La posizione strategica della Colombia, confinante con il Venezuela, l'Ecuador, il Brasile e unico sbocco verso Panama, rende il paese una delle mete più ambite per gli investimenti delle compagnie petrolifere internazionali. Non pochi sono stati i sostegni economici per incentivare le esportazioni colombiane.
Urìbe ha ereditato dal suo predecessore Andrès Pastrana la strategia denominata Plan Colombia, adottata per la prima volta nel 2001.

 Il Plan, che si concluderà entro la fine del 2005, è ora affiancato da una nuova strategia (iniziata nell'Aprile del 2004) che lo andrà a sostituire all'inizio del prossimo anno: il Plan Patriota.

Quest'ultimo programma si concentra soprattutto sulla lotta alla guerriglia e contro le Farc. Grazie anche agli stanziamenti americani, Urìbe ha inasprito la sua politica di lotta alla guerriglia e ha trasformato il suo esercito demoralizzato in una macchina da guerra, ricacciando i guerriglieri nelle foreste vergini. Il piano, seguendo i precetti della statunitense Dottrina della Sicurezza Nazionale, per sconfiggere il nemico irregolare sta eliminando le basi sociali di appoggio e consenso alla guerriglia.


COSTI AMBIENTALI DELLA GUERRA DELLE DROGHE
Impatto socio-ambientale del "Plan "Colombia"
Il suo nome scientifico è 'Fusarium Oxysporum',. Il 'Plan Colombia' prevede il suo uso massivo contro le coltivazioni di coca e oppio nell'area andina e nei dipartimenti amazzonici. Una vera e propria bomba ecologica :a fine anni '70 il fungo colpì così gravemente le coltivazioni di ortaggi e tuberose del dipartimento di Boyacà, che l'Istituto colombiano per l'agricoltura fu costretto a proibire la semina per venti anni.

 ".

L'Università di Medellín nel suo rapporto sui danni ambientali del 'Fusarium Oxysporum', avverte inoltre sui gravi effetti alla salute umana: " ". In Amazzonia, il Fusarium sarebbe all'origine dell'esplosione dei casi di cancro e leucemia tra la popolazione e della riduzione delle capacità di difesa dalle infermità che derivano da affezioni virali o denutrizione.

Ciò nonostante, nell'ambito del vasto programma di fumigazione implementato grazie ai finanziamenti del Plan Colombia, il governo colombiano in collaborazione con l'amministrazione di Washington e l'UNDCP guidata dall'italiano Pino Arlacchi, ha avviato un progetto quadriennale per la sperimentazione e l'utilizzo dell'agente di controllo biologico, definito 'ambientalmente sicuro' per eradicare le piantagioni di coca.
Da quando nel 1978 il dipartimento antinarcotici degli Stati Uniti ha imposto all'alleato l'eradicazione chimica delle piantagioni di marijuana, in Colombia sono stati sperimentati i più pericolosi erbicidi esistenti.
Ai defoglianti utilizzati "in via sperimentale" in Colombia negli anni '80, si è aggiunto l'uso sistematico del 'glifosato', etichettato dagli Stati Uniti come 'del tutto innocuo', ma di cui è stata provata la pericolosità per la salute dell'uomo e l'ambiente da parte di numerosi istituti scientifici ed universitari.
Le popolazioni indigene, predominanti nei territori amazzonici, sono coloro che stanno pagando più di tutte, dal punto di vista culturale, economico e sociale le conseguenze della fumigazione e dei processi legati alla produzione a al mercato degli stupefacenti
Le campagne aeree hanno generato un circolo vizioso: la contaminazione dell'ambiente in seguito alla fumigazione ha causato la migrazione dei coltivatori verso zone più protette e difficili da controllare.

Gli studiosi colombiani hanno calcolato che annualmente nelle vari fasi di processamento sono impiegati 50.000 tonnellate di cemento, 250 milioni di litri di benzina e 120.000 litri di acido solforico. Siamo di fronte ad una tragedia ambientale di dimensioni epocali, dove non risultano estranei gli interessi economici di alcune delle maggiori compagnie multinazionali che monopolizzano l'importazione in Colombia dei composti più utilizzati per la produzione di cocaina. La 'Shell' ad esempio è l'unica fornitrice di acetone, la cui importazione è giustificata a favore di una propria fabbrica di sigarette a Cali, mentre i giganteschi carichi di bicarbonato di sodio che giungono in Colombia, vengono autorizzati per le esigenze di alcune case di dentifrici, tra cui la Colgate. Tuttora l'80% dei precursori chimici necessari per la lavorazione della coca viene importato legalmente dagli Stati Uniti, il 16% dall'Europa e il resto da Venezuela, Messico e Cina. Ad essi si aggiungono i composti introdotti illegalmente in Colombia (in particolare acetone ed etere), dalle organizzazioni criminali strutturatesi in veri e propri 'cartelli dei procursori chimici'. "Mentre si sovracriminalizzano i produttori - commenta il ricercatore Ricardo Vargas Meza - si lascia fuori ogni disposizione internazionale in tema di riciclaggio e di contrabbando di armi e non si tocca il tema dell'importazione nel paese di precursori chimici per il processamento degli stupefacenti, diluendo così la responsabilità dei paesi del Nord del mondo, loro principali esportatori ".

Alla ricerca dei bambini soldato

Sono 11mila i minorenni coinvolti nella guerra colombiana e nessuno compare fra gli smobilitati “Subiamo continue minacce e pressioni dai paramilitari. Cercano di reclutarci e non abbiamo scelta. Chi ha la forza di opporsi alla loro prepotenza?”..

Migliaia di bambini-soldato. Le frotte di ragazzini che si rincorrono in cerca di diversivi sono veri e propri bersagli per i gruppi armati che da oltre 40 anni si fanno la guerra, coinvolgendo chiunque serva. Reclutare bambini è la norma. Secondo le stime di Human Rights Watch e dell’Unicef, i paramilitari minorenni sono oltre 4mila. E se si contano quelli coinvolti dai gruppi rivoluzionari, Farc ed Eln, la stima sale bruscamente a 11mila. Eppure da ogni parte si tende a negare l’evidenza.

Vite minate

Un uomo al giorno salta su una mina. La storia di Armando, contadino saltato su un ordigno Farc

“Stavo tornando dai campi. A due ore di cammino da qui. In mezzo alla fitta selva. All’improvviso quello scoppio e un dolore lancinante. Non avevo il coraggio di guardarmi la gamba. Riuscivo solo a urlare”. Armando Albarino ha 51 anni, la faccia segnata dal sole e dalla fatica. Ma i suoi occhi brillano ancora. Due anni fa saltò su una mina antiuomo nascosta nella vegetazione che ricopre i monti sovrastanti il suo villaggio, nella regione del Sur de Bolivar. Adesso al posto della gamba destra ha una protesi, dal ginocchio in giù. “”.

La protesi di Armando ha comunque una struttura strana. È senza il piede. Per camminare ha incastrato artigianalmente una sorta di tronco. “Mi si è usurata poco dopo. Non era delle migliori evidentemente – spiega – così mi sono arrangiato. Non avevo certo tempo né tanto meno soldi per tornare all’ospedale. Mi ci vogliono circa cinque ore di viaggio e 50mila pesos (20 euro). Una fortuna”. Per arrivare al centro chirurgico più vicino la gente di questo villaggio deve affrontare un lungo viaggio suddiviso in tre tappe.

Colombia: rapporto sulla violenza contro le donne

“Seminando il terrore e sfruttando le donne per conseguire vantaggi militari, le forze di sicurezza, i gruppi paramilitari sostenuti dall’esercito e la guerriglia hanno trasformato i corpi di migliaia di donne e ragazze in un campo di battaglia” –.

Gli stupri e gli altri crimini sessuali, come le mutilazioni genitali, vengono commessi di frequente dalle forze di sicurezza e dai paramilitari nel contesto della tattica del terrore contro le comunità accusate di collaborare con la guerriglia. Particolarmente a rischio sono le donne di origine africana, le indigene, le contadine, le abitanti dei quartieri più poveri delle città e le sfollate. “Le donne e le ragazze vengono stuprate, sottoposte a svariati abusi sessuali e persino uccise A causa degli stereotipi culturali sul genere, la guerriglia e i paramilitari si accaniscono spesso su persone che giudicano socialmente “indesiderabili”, come le lavoratrici del sesso, le lesbiche, i gay e chi è sospettato di essere sieropositivo.

“Il governo distorce la situazione dei diritti umani"

Il governo della Colombia sta disegnando un’immagine positiva della situazione dei diritti umani nel paese, nonostante l’aumento di notizie relative a sfollamenti forzati, attacchi ad attivisti sociali e per i diritti umani e uccisioni da parte delle forze di sicurezza. E’ quanto ha denunciato oggi Amnesty International, presentando a Madrid un nuovo rapporto sulle violazioni dei diritti umani, intitolato ‘’Lasciateci in pace!’ Civili presi di mira nel conflitto armato interno della Colombia’.

Il rapporto, uno studio completo sulla situazione dei diritti umani in Colombia, presenta una serie di raccomandazioni che, se attuate da parte del governo e delle forze della guerriglia, potrebbero contribuire a porre termine alla tragedia dei diritti umani in atto nel paese.

Il rapporto contiene le storie di singole persone e gruppi colpiti nel modo piu’ duro dal conflitto, tra cui esponenti delle comunita’ di discendenza africana, native e contadine; vittime di sequestri, donne e ragazze stuprate; bambini reclutati dai paramilitari e dalla guerriglia o mutilati dalle mine; collettivita’ che stanno difendendo il proprio diritto a rimanere fuori dal conflitto; difensori dei diritti umani e sindacalisti che hanno pagato con la vita la loro azione in difesa dei diritti umani.

Mentre alcuni indicatori sullo stato dei diritti umani (come i sequestri e la sicurezza in alcune citta’) sono migliorati nel corso degli anni, altri hanno fatto registrare un peggioramento. Questi sono i principali dati di Amnesty International che emergono dal rapporto:
* almeno 1400 civili uccisi nel 2007 rispetto alle 1300 vittime del 2006. Nei casi in cui e’ stato individuato l’autore dell’omicidio, le forze di sicurezza sono risultate responsabili di almeno 330 casi, i paramilitari di circa 300 casi e la guerriglia di circa 260 casi; * il numero degli sfollati nel 2007 e’ stato di 305.000 persone, rispetto alle 220.000 del 2006; * almeno 190 persone, sempre nel 2007, sono state vittime di sparizione forzata da parte delle forze di sicurezza e dei paramilitari o sono state sequestrate dalla guerriglia. Nel 2006 erano state circa 180.
‘Le autorita’ colombiane negano in modo assoluto, rifiutando persino di ammettere l’esistenza di un conflitto armato. La gente, pero’, ci racconta una storia diversa’ – ha dichiarato Marcelo Pollack, ricercatore di Amnesty International sulla Colombia. ‘E’ impossibile risolvere un problema senza ammettere che esista. Negare significa solo condannare altre persone a subire violazioni e a morire’.
Il rapporto di Amnesty International smonta anche quanto ripetutamente affermato dal governo colombiano, e cioe’ che i gruppi paramilitari non sono piu’ attivi, che chi viola i diritti umani e’ chiamato a risponderne e che il lavoro degli attivisti sociali e dei sindacalisti viene rispettato in pieno.
‘Da oltre 40 anni, i colombiani sono intrappolati in uno dei peggiori e piu’ dimenticati conflitti del mondo: sono attaccati dalle forze di sicurezza, dai paramilitari e dai gruppi della guerriglia, mentre il governo non riesce a intraprendere alcuna azione significativa per proteggerli. Per ribaltare questa tragica realta’, il governo e la guerriglia devono una volta per tutte tirare fuori la popolazione civile dal conflitto’ – ha sottolineato Pollack.
Amnesty International chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto colombiano di mostrare la volonta’ politica di porre fine agli abusi. L’organizzazione per i diritti umani sollecita inoltre la comunita’ internazionale a fare di piu’ per assicurare che le parti in conflitto rispettino i diritti umani dei colombiani.
Il rapporto ‘Lasciateci in pace!’ Civili presi di mira nel conflitto armato interno della Colombia e’ disponibile in lingua inglese all’indirizzo http://www.amnesty.org./ e presso l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.

FINE DEL COMUNICATO  Roma, 28 ottobre 2008


“Uno dei posti più pericolosi al mondo per i sindacalisti"

Secondo un rapporto diffuso oggi da Amnesty International, un finto processo di smobilitazione dei paramilitari, insieme a centinaia di casi di minacce e uccisioni e alla cronica mancanza di indagini e processi, fa della Colombia uno dei posti più pericolosi al mondo per i sindacalisti.
Il rapporto di Amnesty International, intitolato “Uccisioni, detenzioni arbitrarie e minacce di morte: la realtà del sindacalismo in Colombia”, mette in luce un modello sistematico di attacchi contro i sindacalisti impegnati nei contenziosi sul lavoro, nelle campagne contro le privatizzazioni e per i diritti dei lavoratori in alcune aree dove operano le industrie estrattive.
La Scuola nazionale sindacale, un’Organizzazione non governativa colombiana, ha documentato, nel periodo tra gennaio 1991 e dicembre 2006, 2245 omicidi, 3400 minacce e 138 sparizioni forzate di sindacalisti. Si ritiene che dietro la maggior parte di queste azioni, nonostante la loro pretesa smobilitazione, vi siano i gruppi paramilitari, legati all’esercito, e le forze di sicurezza. Anche i gruppi della guerriglia si sono resi responsabili di uccisioni di sindacalisti.
“In tutta la Colombia, i sindacalisti sono destinatari di un messaggio chiaro: ‘Non lamentatevi delle condizioni di lavoro e non fate campagne per proteggere i vostri diritti, altrimenti verrete ridotti al silenzio, costi quel che costi’” – ha dichiarato Susan Lee, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.
“Non proteggendo adeguatamente i sindacalisti, le autorità colombiane fanno capire che gli attacchi nei loro confronti possono proseguire, mentre le imprese che operano in Colombia rischiano di essere chiamate a rispondere per violazioni dei diritti umani di cui, a causa della loro condotta, può essere loro attribuita la responsabilità”.
Il rapporto di Amnesty International comprende casi di violazioni dei diritti umani ai danni di sindacalisti (e anche dei loro familiari) che lavorano nei settori della sanità, dell’istruzione, dei servizi pubblici, dell’agricoltura, dell’estrazione mineraria, del petrolio, del gas, dell’energia e dell’alimentazione.
“Questo rapporto vuole essere un campanello d’allarme per tutte le imprese multinazionali che operano in un ambiente nel quale i diritti umani vengono sistematicamente violati. Non agire non può essere più un’opzione per loro” – ha proseguito Lee.
I vari governi colombiani hanno attuato politiche per migliorare la sicurezza dei sindacalisti, tra cui un programma che destina forze armate, veicoli blindati e telefoni cellulari ad alcuni sindacalisti vittime di minacce.
“Amnesty International apprezza queste misure, ma gli attacchi proseguiranno fino a quando non verranno presi provvedimenti efficaci per porre fine all’impunità di cui godono coloro che uccidono e minacciano i sindacalisti” – ha sottolineato Lee.
Il rapporto di Amnesty International si sofferma sull’Accordo tripartito firmato da governo, imprese e confederazioni sindacali nel giugno 2006, sotto gli auspici dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
“Questo accordo rappresenta un’opportunità fondamentale per fermare la crisi dei diritti umani che stanno subendo i sindacalisti colombiani. È fondamentale che le autorità, le imprese multinazionali e quelle locali, insieme al movimento sindacale internazionale e alla sede dell’Ilo di Bogotá, assicurino che siano svolte indagini su tutti i casi di minacce e attacchi contro i sindacalisti e le loro famiglie” – ha concluso Lee.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 3 luglio 2007

il sindacalista colombiano Javier Correa
il sindacalista colombiano Javier Correa

Guarda il video: "Colombia: sindacalisti a rischio"

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ultimo aggiornamento 05 Dic. 2010