VIAGGIO DI APPROFONDIMENTO SUGLI ASPETTI AGROFORESTALI E STORICO CULTURALI DELLA GRECIA E DELL'ISOLA DI CEFALONIA

PROGRAMMA e ITINERARIO 

PARTECIPANTI

 COMMENTI 

Un equilibrio da imparare tra imprenditorialità e tradizione (C.Dadié)

ALTRE NOTIZIE

Agricoltura, allevamento e pesca

Storia Antica

Storia Moderna

 

 

PROGRAMMA e ITINERARIO 
18 aprile  Arrivo ad Atene. Proseguimento in bus privato verso il centro città.

19 aprile

Partenza per la visita della regione dell'Argolide; Istmo di Corinto, teatro di Epidauro Nauplia, Micene. Pranzo a Micene. Proseguimento per la cittadina di Vitina circondata da una bella foresta. 

20 aprile Partenza da Vitina per Mistrà passando per  la cittadina di Tripoli; visita alla famosa città bizantina di Mistrà. Pranzo a Sparta. Nel pomeriggio è prevista una visita tecnica ad una realtà agricola della zona. Proseguimento per Kalamata.
21 aprile

Dopo la prima colazione visita ad una azienda olivicola. Proseguimento per Pilos Methoni-Koron. Pranzo lungo il percorso. 

22 aprile Partenza per la visita archeologica di Olimpia; pranzo ad Olimpia. Proseguimento per Kilini dove con il traghetto si prosegue per l'isola di Cefalonia. Arrivo ad Argostoli.
23 aprile Visita ad un azienda di produzione di formaggio ed incontro con i responsabili dell'Ente Parco Nazionale per una visita guidata dell'isola particolarmente interessante dal punto di vista forestale ed ambientale.
24 aprile Imbarco sul traghetto e ritorno a Kilini. Proseguimento per Patrasso. Visita ad un azienda vinicola della zona. Pranzo lungo il percorso.
25 aprile Visita alla città di Atene, Partenone . Pranzo al ristorante in Plaka.  Partenza per l'aeroporto e imbarco per Venezia.

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PARTECIPANTI

ANDRICH ORAZIO DAL BORGO ALDO PELLEGRINI GIUSEPPE
BARATTIN ALDO DAL BORGO FERDINANDO SIEF LINO
BARATTIN ANTONIO DALFREDDO IVANO SOCCAL BRUNA
BORTOLUZZI GELINDO DE FELIP NORMA SOCCAL MARINO
BORTOT GINA DE PIZZOL TERESA TRAMET FORTUNATO
BRESSAN FRANCESCO DEMARIO RENZO TURRIN RENATO
BRIDDA RENATO DONAZZOLO FRANCESCO VAGNINI  JULIA
BUSATTA MAURIZIO FAVARO ADA VIOTTO ORIANNA
CAMPEDEL DARIO FENT ELENA XAIS MARIA
CHIESURA ANGELO FENT PAOLO ZALLOT ANDREINA
CHIMENTI GIOVANNI GHEDINA LUDOVICO ZAMPIERI SISTO
COLLA MARIA TERESA LEVIS EGIDIO ZENTILE MARIA
DA POS SERGIO MANFROI  GIORGIO ZUGLIANI FABIO
DADIE' CRISTINA MAZZONE MARIAROSA

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UN EQUILIBRIO DA IMPARARE TRA IMPRENDITORIALITA’ E TRADIZIONE

    (Cristina Dadié)

Gode di 3000 isole, di cui 850 abitate, e un terzo posto mondiale come flotta navale. Ciò non impedisce alla Grecia di disporre di 68.000 ettari di parchi protetti.

  La visita al più piccolo, sul monte Eonos, 1620m., nell’isola di Cefalonia, ha fatto parte dell’eccezionale viaggio di studio, favorito da tempo bellissimo, dell’Associazione laureati in scienze agrarie e forestali di Belluno lo scorso fine aprile.

  La cultura del bosco non è radicata come da noi e tuttavia il parco, istituito sin dal ’62, sarà oggetto di sistemazione per 12 miliardi, come ha detto il sindaco di Argostoli, oltre che di un libro di prossima pubblicazione.

  Ora cespugliato d’oro di flora mediterranea, ora ferito e bruciato dagli incendi, ora argentato di ulivi a perdita d’occhio, il Paese dall’ambiente impastato di mitologia, popolato da 11 milioni di persone e da 12 milioni tra ovini e caprini, sta anche compiendo grossi sforzi per entrare nell’euro nel 2002. In equilibrio tra un’arabeggiante calma ed efficientismo continentale.

  Il gruppo infatti, del quale faceva parte un consistente numero di allevatori alpagoti ed alcuni feltrini, tra cui il presidente della Lattebusche Saverio Donazzolo, ha toccato con mano alcune realtà locali, visitando un caseificio, due aziende vinicole ed un oleificio.

  Peloponneso-Belluno: dall’estremo lembo dei Balcani, polveriera d’Europa, per reminiscenza scolastica ma sempre attuale, abbiamo osservato contrasti interessanti. Da un partner europeo più povero è emersa per esempio una coraggiosa apertura all’agricoltura biodinamica, osservata in un’azienda vinicola ed in una olivicola, che esporta il 90% del prodotto.

  Ed inoltre, come abbiamo saputo assillando di domande i giovani imprenditori che ci hanno accolto: la loro preferenza ad una resa non immediata ma nel tempo, la valorizzazione del territorio aiutando i piccoli produttori a mantenere uliveti e greggi. Ha sorpreso per esempio il ricavo del latte di pecora per il pastore: 1800 lire al litro

  Olimpico equilibrio tra imprenditorialità e tradizione, tra produzione tipica, che mantiene tenace le sue caratteristiche, ed una tecnologia al passo con i tempi. Una fermezza che ha turbato il nostro scafato pessimismo di partner ricchi, alle prese con mille problemi ed una certa svogliatezza a mantenere le tradizioni.

  Il gruppo di studio, composto, oltre che da simpatizzanti anche bellunesi e ampezzani, da Lino Sief, responsabile delle risorse dell’ex azienda di Stato, da Fabio Zuliani direttore del Parco dei Colli Euganei, da Dario Campedel, responsabile della sorveglianza nel Parco delle Dolomiti, da Maurizio Busatta e Renzo De Mario, oltre che assorbire il fascino del tempo pietrificato ad Atene, ora metropoli, ad Olimpia o Micene, ha dunque tratto spunti di riflessione e di confronto.

  La pace è anche questo lievito dell’anima. Incontro e scambio di idee, apprendimento e rispetto di altre culture. Impagabile dal punto di vista culturale e paesaggistico, grazie al tandem organizzativo e di rappresentanza del presidente Orazio Andrich e del vice Giuseppe Pellegrini, il viaggio si è rivelato un ulteriore arricchimento e stimolo al superamento dei confini.

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            Agricoltura, allevamento e pesca

Benché sino a epoca recente l'economia greca sia dipesa pressoché esclusivamente dall'agricoltura , il Paese non è stato molto favorito quanto a condizioni climatiche e pedologiche, data la diffusione delle zone montuose e di vaste aree degradate dall'erosione, dalla frequente povertà dei terreni agrari, dalle precipitazioni quasi ovunque scarse, anzi addirittura spesso insufficienti, e dalla carenza di adeguati impianti d'irrigazione (è irrigato ca. un quinto delle terre arabili); a ciò si aggiunge lo spezzettamento dei fondi, specie nelle aree montuose, che costituisce un grave ostacolo per l'impiego di moderne tecniche agricole. Tuttavia si vanno estendendo, soprattutto nelle regioni merid. e nelle pianure, colture ortofrutticole e industriali, che si avvalgono sempre più largamente di sistemi moderni di conduzione dei fondi. Arativo e colture arborescenti coprono il 29,6% della superficie territoriale e interessano il 24,8% della popolazione attiva. Oggi il settore primario (21% della forza lavoro e 15% del prodotto interno lordo) non svolge più il ruolo di settore guida dell'economia. Un terzo dell'arativo è occupato dal frumento (21 milioni di q), fornito soprattutto dalle pianure della Macedonia e della Tracia; seguono l'orzo (ca. 5 milioni di q), il mais (17 milioni di q) e, a distanza ancora maggiore, altri cereali come il riso e l'avena. Assai più rilevanti ai fini commerciali sono però le colture arboree, come l'olivo (15 milioni di q di olive; 3,2 milioni di q di olio, per cui la G. è il terzo produttore mondiale) , la vite  e gli agrumi (7 milioni di q) , tutti largamente avviati all'esportazione. Dall'uva (17 milioni di q) si ricavano buoni quantitativi di vino, taluni dei quali assai rinomati anche all'estero, ma ancor più importanti sono le uve passe (1,5 milioni di q), che provengono per lo più dalle Isole Ionie, da Creta e da Samo. Particolare incremento ha avuto la cotonicoltura, tanto che la G. è oggi il maggior produttore europeo di cotone (3-4 milioni di q tra fibra e semi), mentre contende il primato, a seconda degli anni, a Italia e Bulgaria per il tabacco (oltre 1 milione di q). Tra gli altri principali prodotti agricoli vi sono alcune piante oleaginose (arachidi, sesamo, girasole), le barbabietole da zucchero e vari prodotti ortofrutticoli: patate (10 milioni di q), pomodori (21 milioni di q), cipolle, mele, pere, noci, fichi, ecc. Assai povero è il manto forestale che occupa meno di un quinto della superficie territoriale e fornisce annualmente 3 milioni di m3 di legname; diffuso è il pino di Aleppo, utilizzato per la resina (utile alla produzione di colofonia e di essenza di trementina). La scarsità di buoni pascoli limita l'allevamento di bovini (1 milione di capi); più numerosi sono gli ovini e i caprini (16 milioni complessivamente), cui sono sufficienti terreni più poveri, e i volatili da cortile (31 milioni). Relativamente carente è il settore della pesca (130.000 t di pescato), eccetto quella delle spugne, di antica tradizione.

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STORIA ANTICA

Virtualmente la storia della G., o meglio la storia dei Greci, può dividersi in tre epoche: età arcaica, dai secoli bui del Medioevo Ellenico fino all'epoca delle guerre persiane (dai sec. XI-IX al 490-479 a. C.); età classica, che, successiva alle guerre persiane, termina convenzionalmente con la battaglia di Cheronea, che segna il trionfo dell'egemonia macedone (479-338 a. C.); età ellenistica, dall'asservimento alla Macedonia alla conquista romana (338-146 a. C.). La prima, in cui la polis non è ancora divenuta l'unità politica fondamentale del mondo greco, si contraddistingue nel potenziamento del vincolo dell'anfizionia come elemento di coesione fra le varie stirpi elleniche; l'età classica è invece dominata dall'ideale della polis, in cui s'identifica storia culturale e politica dei Greci, e infine l'età ellenistica è caratterizzata dall'affermazione in tutto il mondo greco degli Stati territoriali a base federale.

    Età arcaica

Dopo il tramonto degli Stati micenei, la G. fra i sec. XI e IX a. C. subì un decadimento violento, investita da una radicale crisi di trasformazione che convenzionalmente va sotto il nome di Medioevo Ellenico. In questo periodo – in cui si assiste al succedersi della civiltà del Ferro a quella del Bronzo – le rocche micenee presentano segni di distruzione violenta, decaddero le arti, talune città cambiarono nome; commerci e attività artigianali ristagnarono e l'economia tornò alla terra. Nella città greca, ancora retta a monarchia, s'instaurò ben presto un braccio di ferro fra re e aristocrazie di sangue, destinato a risolversi a favore di queste ultime; nei sec. VIII-VII prevalsero governi aristocratici, per lo più succedutisi senza azioni di forza alle antiche monarchie: al loro interno si manifestò una lotta di classe, indice della formazione di un ceto “borghese” che a lungo andare determinò il loro tramonto. Il nuovo ceto era espressione della profonda rivoluzione economica che ha caratterizzato il sec. VII e che schematicamente può riassumersi in tre momenti: introduzione della moneta, potenziamento di grandi imprese coloniali in terre lontane (che aprirono al commercio greco il controllo delle principali rotte mediterranee), nascita di un'economia mercantile . Si formava così, a vantaggio di un ceto “borghese”, una ricchezza mobile che si opponeva alla ricchezza fondiaria della classe aristocratica: il potere dei nobili veniva a essere sempre più minato e sorsero le tirannidi, appoggiate alle nuove borghesie e al popolo, che, nel rotto equilibrio sociale, alzava la testa per affermare i suoi diritti e richiedere leggi scritte. I tiranni, nel sec. VI ancora al potere nel mondo greco, tesero ad affermare in campo internazionale il prestigio della loro città e si circondarono di corti di artisti e poeti.Tutto ciò contribuì inevitabilmente a rendere ereditario l'istituto della tirannide: famose le signorie degli Ortagoridi a Sicione, dei Cipselidi a Corinto, dei Pisistratidi ad Atene. Il loro crollo, a favore di nuovi governi aristocratici, oppure – per la prima volta – di governi democratici, coincise grosso modo con l'avvento dell'età classica. Sparta e Atene, due poleis successivamente destinate a dominare la scena politica del mondo greco, erano emerse con particolare prestigio già in età arcaica ed erano espressione di due antitetiche concezioni politico-istituzionali. Sparta era indubbiamente la polis militarmente più potente: a capo della Lega Peloponnesiaca era venuta gradatamente asservendo i paesi vicini, i cui abitanti costituivano l'attuale classe servile della sua cittadinanza (gli Iloti). Il potere era in mano alla ristrettissima classe degli Spartiati, cittadini-soldati che si consacravano esclusivamente al servizio dello Stato: il governo era retto a diarchia, ma sostanzialmente era sempre più controllato da una ristretta classe aristocratica, tutta tesa a salvaguardare lo Stato da qualsiasi forma di innovazione. Atene, al contrario, si evolse verso ordinamenti moderatamente democratici già nel corso del sec. VI. Tappe fondamentali di questa evoluzione furono, agli inizi e alla fine del secolo, la costituzione soloniana (595-594 o 594-593) e quella clistenica (508): nel mezzo ci fu la parentesi della tirannia dei Pisistratidi, che fu in fondo una tappa obbligata della marcia dei ceti popolari verso la conquista delle istituzioni democratiche.

Età classica

L'età classica si aprì sulla scena politica internazionale con le guerre persiane e con il decisivo apporto di Atene per la vittoria sul barbaro. Le prime avvisaglie del conflitto si ebbero in Asia Minore, dove i Persiani, nel 494, domarono nel sangue una rivolta delle città della Ionia: successivamente la guerra, in due riprese, venne portata sul suolo ellenico. Nel 490 Dario, dopo aver distrutto Eretria, sbarcò la sua armata in Attica, ma fu fermato dagli Ateniesi nella piana di Maratona. Nel 480 Serse coinvolse inun unico conflitto tutte le città della G., le quali – salvo poche eccezioni – resistettero in armi, unite in una grande lega panellenica capitanata da Sparta. Sconfitti alle Termopili, i Greci riuscirono a debellare il nemico a Salamina e a Platea. La battaglia di Salamina segnò la tappa decisiva della vittoria: il successo fu merito esclusivo di Atene e della politica di armamenti navali voluta da Temistocle. Da quel momento Atene poté sostenere a buon diritto di essersi opposta da sola al barbaro per la libertà di tutta la G. e poté sfruttare il prestigio conquistato per sviluppare una politica che, nel cinquantennio compreso tra il conflitto persiano e la guerra del Peloponneso, determinò l'ascesa della città. In questo periodo, che si definisce col nome di pentecontetia (478-431), Ateneraggiunse il massimo della sua floridezza e poté ideologicamente propagandare un duplice ideale di lotta: contro la Persia, in nome dei principi di libertà, contro Sparta, in nome dei principi di democrazia. Fu in quel periodo infatti che Atene, grazie ad alcuni grandi uomini come Efialte e Pericle, elaborò una costituzione democratica a carattere diretto che rimase modello di perfezione in tutti i tempi: per essa sostanzialmente qualsiasi cittadino – anche il meno abbiente – poteva raggiungere le massime cariche pubbliche e teoricamente, almeno una volta nella sua vita, aspirare alla presidenza dello Stato per la durata di ventiquattro ore. Contemporaneamente Atene riunì in un'unica confederazione difensiva (la Lega Delio-Attica) le principali poleis dell'Egeo e della costa ionica, elaborando uno strumento bellico di grande efficacia e di cui essa sola deteneva il comando. La confederazione, nata in funzione della lotta contro il barbaro, divenne però ben presto strumento di potenza e di aggressione imperialistica da parte della città dominante, che tese sempre più a considerare come sudditi i propri alleati. All'apice del fulgore Atene raggiunse al suo interno la massima espressione di un assetto democratico, mentre all'esterno svolse una politica imperialistica e antidemocratica nei confronti di popoli fratelli; questa contraddizione segnò i limiti della sua potenza; lo squilibrio sempre più accentuato fra cittadini e alleati-sudditi fu la causa prima della sua decadenza. Proprio il contrasto fra Atene e gli alleati offrì infatti a Sparta il destro per l'urto frontale e per trionfare sulla rivale. Si giunse così alla guerra del Peloponneso (431-404), che logorò per una trentina d'anni le due principali città della G. e terminò con la vittoria di Sparta: Atene fu vittima delle proprie contraddizioni, ma anche, nell'ora del pericolo, dell'inevitabile degenerazione demagogica delle sue istituzioni democratiche. I decenni seguenti furono contraddistinti da un'effimera egemonia spartana sulla G.; ma l'imposizione di presidi spartani e di governi oligarchici sollevò presto contro Sparta le principali città greche. Atene, rialzatasi dallaprostrazione seguita alla guerra del Peloponneso, si oppose ancora a Sparta, con Tebe, Argo e Corinto, nella guerra corinzia (395-386). Dopo la pace generale imposta dal re dei Persiani alla G. sotto il controllo di Sparta (Pace di Antalcida, 386), Atene riuscì a ricostituire, su nuove basi, la Lega Navale (379), ma non trovò più energie interne e spazio politico esterno per riconquistare quel ruolo di potenza egemone che, nel decennio 371-362, fu assunto da Tebe. Questa, con Pelopida e con Epaminonda, riuscì a portare le sue armi vittoriose fin nel cuore della Tessaglia e del Peloponneso, provocando una tale brusca rottura di equilibrio internazionale da spingere addirittura Atene a un riavvicinamento a Sparta. Ma l'egemonia tebana fu unicamente legata al successo militare e al genio politico dei suoi due grandi capi, morti i quali la città non riuscì infatti a sfruttare e a imporre il nuovo ruolo di grande potenza. Nella crisi politica che ormai agitava le principali città della G. si faceva sempre più strada l'idea di costituire una confederazione panellenica a carattere supercittadino. I Greci erano ormai giunti all'antitesi della polis, proiettati verso un ideale irraggiungibile senza rinunziare alla concezione municipalistica della città-Stato. Ma proprio questa istanza unitaria, questa formula propagandistica vanamente agitata dalla pubblicistica contemporanea, offrì il destro alla Macedonia di intromettersi con sempre maggiore insistenza nelle cose greche, fino a sopraffare in armi, nel 338, l'ultima lega della G. delle poleis nella piana di Cheronea. L'ideale panellenico si realizzò formalmente nella Lega di Corinto presieduta da Filippo II, offrendo però in olocausto allo straniero l'autonomia municipale e la libertà nazionale.

Età ellenistica

L'età ellenistica si aprì con le conquiste di Alessandro Magno, che, in nome della grecità, portò le armi macedoni fino all'Indo, e fu caratterizzata dal diffondersi, a seguito delle imprese del Macedone, della cultura greca in tutto l'Oriente mediterraneo. Ciò avvenne in un'età in cui le poleis della G. erano irrimediabilmente asservite allo straniero: per cui in fondo la storia politica delmondo greco in questo periodo non fu che un'appendice della più vasta storia dei monarcati ellenistici (del riflesso che al mondo ellenico derivò dai loro equilibri di potenza e dai loro appetiti egemonici). Comunque ancora in quell'età la G. delle poleis tentò più volte, seppur inutilmente, di ribellarsi all'asservimento straniero. Le due pagine più gloriose di queste lotte furono segnate dalla guerra lamiaca (323-322) e dalla guerra cremonidea (267), ma ormai sia Atene sia Sparta non erano che fantasmi della loro antica potenza. Atene ospitava presidi macedoni dislocati in varie parti del suo territorio e sopravviveva come capitale intellettuale solo in nome del grande passato. Sparta, che fino al 222 rimase indipendente, pagò questo privilegio con il completo isolamento e fu per giunta agitata da lotte di classe che sconvolsero gli atavici equilibri del suo assetto istituzionale. Di contro al tramonto delle poleis, si potenziarono, nel corso del sec. III, organismi federali, quali la Lega Achea e la Lega Etolica, destinati a dominare, pur fra reciproci, cruenti contrasti, la scena politica greca fino alla conquista romana. Roma, come la Macedonia, trovò giustificazione al suo operato nel presupposto di imporre una pacificazione generale e intervenne risolutamente con la forza dinanzi alle sempre risorgenti rivalità municipalistiche. La distruzione di Corinto a opera dei Romani (146) chiuse così la storia della G. dell'età ellenistica, come la distruzione di Tebe (335) a opera di Alessandro Magno l'aveva virtualmente aperta: panellenismo macedone e pace romana, al di là di qualsiasi finzione diplomatica, saranno per sempre legati al ricordo di queste barbarie nell'animo dei vinti.

La dominazione romana

Dopo il 146 a. C. Roma rispettò le autonomie locali ma tolse ogni valore politico alle leghe, che spesso furono sciolte; i territori conquistati vennero attribuiti alla provincia di Macedonia (Macedonia et Achaia). Secondo Cicerone passò sotto il dominio romano (con l'imposizione del tributo) solo quella parte della G. che aveva combattuto nella guerra achea (il Peloponneso, tranne la Laconia, la Megaride, la Locride orient., la Focide, la Beozia, Calcide), mentre gli altri territori (fra i quali Atene e l'Attica) rimasero indipendenti. All'ideale greco-classico di libertà subentrò sempre più il concetto di autonomia, inteso dai Romani come un'indipendenza non disgiunta da una serie di obbligazioni (tributo, prestazioni di manodopera, ecc.) cui erano tenuti non i cittadini direttamente, ma le poleis che ne erano anche garanti. Le città rimaste libere godevano invece dell'immunità ed erano considerate da Roma liberae et amicae, con un rapporto di collaborazione che venne spesso accentuato da uno spontaneo e graduale adeguamento all'egemonia romana. Vano fu il tentativo di riconquistare la completa indipendenza durante la guerra tra Roma e Mitridate VI che, dopo aver conquistato l'Asia Minore (88 a. C.), si era presentato come sostenitore della grecità e si era alleato con Atene. La guerra causò l'intervento vittorioso di Silla, che conquistò Atene dopo un lungo assedio (86 a. C.). Più tardi le guerre civili tra Pompeo e Cesare e, in seguito, tra i triumviri e i cesaricidi e tra Ottaviano e Antonio ebbero sul suolo greco le loro battaglie risolutive (Farsalo, Filippi, Azio). Costituita nel 27 a. C. come provincia senatoria a sé stante col nome di provincia d'Acaia, la G. ebbe una momentanea indipendenza dal 67 d. C., quando Nerone, da Corinto, proclamò la piena libertà dei Greci, fino a poco prima del 74 quando Vespasiano ridusse nuovamente la G. a provincia senatoria. Le condizioni generali del Paese furono abbastanza favorevoli nei primi due secoli dell'impero: oltre alla fondazione di colonie, fra le quali Nicopoli (Azio), da parte di Augusto, gli imperatori dettero grande impulso alle opere pubbliche delle principali città, ma questi interventi non frenarono il processo di decadenza, specie delle aree extraurbane, che fu aggravato dalle invasioni barbariche. Nel 170 l'invasione dei Costoboci giunse a devastare Eleusi; nel sec. III Alamanni e Goti devastarono molte città fra cui Corinto, Atene e Sparta, ma furono poi respinti e sconfitti da Gallieno in Tracia. Indipendentemente dalla disgregazione causata dalle invasioni, l'autonomia delle città greche era già spenta nel corso del sec. III; così pure decaduta era la vita religiosa e le stesse tradizioni: gli ultimi giochi olimpici furono celebrati nel 393. Due episodi fondamentali segnano la fine della continuità culturale greca: la proibizione di Teodosio (379-395) di celebrare culti pagani e il divieto di Giustiniano di esercitare l'insegnamento della filosofia.

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Decadenza

 

Come già nell'ambito dell'Impero Romano, la G. rimase subalterna anche dopo la costituzione dell'Impero Romano d'Oriente (395), come Provincia di Acaia. L'invasione dei Goti di Alarico (396) fu un duro colpo: la decadenza economica e la flessione demografica in atto furono seguite (dopo che Giustiniano fece chiudere le Scuole di Atene nel 529) anche dalla decadenza culturale, mentre nuove invasioni barbariche di Unni e Slavi si susseguirono fra il sec. VI e l'VIII. Con la riforma generale dell'amministrazione (sec. VII), la Provincia di Acaia fu divisa in due “temi”: l'Ellade (Attica, Beozia, Focide, Locride, parte della Tessaglia, Eubea ed Egina), con capitale Tebe, e il Peloponneso, con capitale Corinto. La Tessaglia sett. e l'Etolo-Acarnania furono invece assegnate al tema dell'Epiro, e Tessalonica al tema omonimo. All'atto della crisi iconoclastica la G. si schierò con gli iconoduli (727): la rivolta fu soffocata nel sangue e la Chiesa greca (fino ad allora dipendente da Roma) fu posta sotto la giurisdizione di Costantinopoli. Intanto gli Arabi premevano a sud (823: caduta di Creta) e i sec. XI-XII videro i Normanni passare all'offensiva (1147: saccheggio di Atene, Corinto e Tebe). Con la prima caduta di Costantinopoli (1204) la G. fu smembrata fra i vari conquistatori crociati: Bonifacio di Monferrato, re di Tessalonica, conquistò parte dell'Ellade (1204-05), i Veneziani occuparono le isole, i Franchi si spartirono il Peloponneso. Al frazionamento in decine di staterelli si aggiunsero, nei sec. XIII e XIV, le ondate migratorie di Valacchi e Albanesi. Della debolezza delle signorie franche approfittarono i Bizantini per riconquistare il Peloponneso, che fra il sec. XIV e XV (costituito in despotato con capitale Mistrà) conobbe un periodo di grande splendore culturale e artistico. La caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453) aprì la via alla conquista della G. che (a parte le isole) fu completata dagli Ottomani nel 1460. Con il 1453, dunque, comincia il periodo detto della turcocrazia, che per gran parte della G. durò fino al 1821 e oltre (alla turcocrazia sfuggirono solo le is. Ionie). I primi due secoli di tale periodo – nonostante i conquistatori avessero generalmente rispettato i beni di comunità e città che si fossero sottomesse spontaneamente – rappresentarono un periodo di stasi e di involuzione economica per la G., che ricadde nell'economia curtense. Il commercio rifiorì verso la metà del sec. XVII: nelle isole (Idra, Spetse, Psará, Mýkonos, Kásos) si costruirono flotte, mentre Salonicco, il Pelio, il Peloponneso divennero centri di scambi internazionali. Il commercio marittimo ebbe impulso ancora maggiore nel sec. XVIII, prima con l'apertura del Mar Nero (1738), poi col blocco della flotta francese durante la Rivoluzione. Con lo sviluppo dei commerci si affermò anche una nuova classe borghese, i cuiinteressi si differenziavano da quelli dell'aristocrazia tradizionale (fanarioti, kotsambàsides) e la cui cultura – anche per influsso delle idee europee assorbite nelle fiorenti “comunità” insediate all'estero – era più decisamente orientata verso idee progressiste. Con lo sviluppo dei commerci, tuttavia, crebbe anche lo sfruttamento dei ceti subalterni, oppressi – in fase di accumulazione capitalistica – da tasse, decime e corvées da parte di Turchi, kotsambàsides e alto clero: si moltiplicarono così i clefti, tanto che i Turchi rilanciarono l'istituto dell'armatoliki (concessione di un territorio e di amnistie ai clefti più potenti, in cambio del controllo degli altri “banditi”). Si creò così un clima favorevole all'accoglimento delle idee in gestazione allora in Europa, nell'ambito dei vari risorgimenti nazionali: l'insofferenza delle popolazioni si manifestò qua e là con insurrezioni, generalmente soffocate nel sangue (rivolta della Morea nel 1769-70), mentre i nuovi intellettuali elaboravano l'ideologia che doveva dar vita all'esplosione del 1821 (si vedano soprattutto Rígas Feréos, ma anche A. Koraís e poi i fondatori della Filikí Etería). In proposito va ricordata anche l'attività obiettivamente progressista di !Ali Tepedelenli, che intuì il mutare dei tempi e, nei territori da lui governati, promosse riforme per favorire lo sviluppo commerciale, entrando così in urto con le aristocrazie tradizionali.

STORIA MODERNA

Con l'insurrezione del 1821 comincia la storia della G. moderna: il Battaglione Sacro, al comando di A. Ipsilanti, diede il segnale della rivolta a Iassi, in Moldavia, sull'onda dei moti europei. Subito la rivolta dilagò in G.: già nel settembre cadde Tripoli e nel 1822 si riunì a Epidauro la I Assemblea Nazionale, che emanò la prima Costituzione. Dopo gli iniziali successi cominciarono però le discordie fra i dirigenti politici (per lo più fanarioti) e i capi militari: la riscossa dell'Impero turco, a cui era venuto in aiuto il viceré d'Egitto Ibrahim, favorì la riconciliazione, ma contemporaneamente attirò l'ingerenza della Gran Bretagna, che nel 1824 aveva prestato 8 milioni di sterline agli insorti. Il 1825-26 vide una serie di sconfitte dei Greci (caduta di Missolungi, assedio di Atene); ma dopo la caduta di Atene (1827) la rivoluzione divampò con rinnovato vigore e la battaglia di Navarino decise le sorti della lotta. Fu nominato capo del governo G. A. Capodistria, e col Protocollo di Londra (1828) la Francia fu incaricata di sgombrare il Peloponneso dai Turchi, mentre la capitale fu fissata a Nauplia. L'indipendenza della G. fu sancita dalla Pace di Adrianopoli (1829) fra la Russia e la Turchia: il confine del nuovo Stato venne fissato dal Golfo Ambracico al Golfo Pagasitico (Volo) . Con la Conferenza di Londra del 1832 alla G. fu imposta la monarchia, insieme con la “tutela” dell'indipendenza. L'autoritarismo di Capodistria e le ingerenze straniere portarono alla secessione di Idra, alla rivolta di Mani e infine all'assassinio dello stesso governatore, fatti ai quali seguì una guerra civile. Nel gennaio 1833 sbarcò infine a Nauplia il re designato, Ottone di Baviera, con la sua corte e un contingente di truppe. Straniero nel Paese che doveva governare, il giovane re inaugurò una politica autoritaria, che eludeva le reali necessità del popolo, circondandosi di fanarioti e reprimendo gli ex combattenti: anche la scelta della lingua “pura” (katharéyusa) come lingua ufficiale del nuovo Stato fu un sintomo dell'indirizzo antipopolare della sua politica. Risultato di ciò fu, nel 1843, la ribellione della guarnigione di Atene, che costrinse il re a firmare la Costituzione. Con lo scoppio della guerra di Crimea (1854) la politicairresponsabile del re diede i primi frutti: la Tessaglia insorse, Inglesi e Francesi occuparono Il Pireo per impedire l'intervento della G. e il Paese dovette assistere impotente a una sanguinosa repressione. Con una rivolta (1862) Ottone venne deposto e sostituito da un governo provvisorio che convocò un'Assemblea Nazionale. Nel 1863 venne nuovamente introdotta la monarchia, con Giorgio di Gluecksburg, principe danese gradito alla regina Vittoria: si consolidava così lo stato d'interferenza della Gran Bretagna negli affari interni greci, destinato a durare fin dopo la II guerra mondiale. Negli anni seguenti la G. continuò a essere tormentata dai problemi delle zone irredente (1866: rivolta di Creta; 1875: mobilitazione per la Tessaglia in seguito alla guerra russo-turca) e dalla piaga del brigantaggio. Col Congresso di Berlino (1878) la G. ottenne la Tessaglia e l'Epiro che occupò solo in parte (1881) per l'opposizione della Turchia (mentre la Gran Bretagna ebbe Cipro), ma dovette poi subire l'umiliazione del blocco e del disarmo, imposti dalle grandi potenze per impedire una guerra contro la Turchia (1885). In conseguenza di tali ingerenze straniere e del fallimento di un prestito statale, nel 1893 il governo greco dichiarò bancarotta: alla caduta di Ch. Trikupis, rappresentante la borghesia liberale, nel 1895 andò al potere Th. Dilighiannis (espressione degli “irredentisti”), che mandò una flotta a Creta insorta con i Turchi (1897). Seguì una guerra a cui la G. non era in grado di far fronte e che finì disastrosamente, con ritocchi ai confini, risarcimento alla Turchia e obbligo per la G. di accettare il controllo economico delle potenze. La situazione interna ne risentì gravemente e si ebbe anche un attentato (fallito) contro il re. Per Creta le potenze decisero di inviare come governatore il principe greco Giorgio. Tornato al potere il partito di Trikupis, il governo fu di nuovo abbattuto (1901) in seguito ai moti provocati dalla traduzione del Vangelo in lingua popolare. Il primo decennio del sec. XX fu un periodo di instabilità governativa, caratterizzato da fermenti nazionalistici e irredentistici (infiltrazione in Macedonia di corpi di volontari). A Creta, intanto, Eleftherios Venizèlos capeggiava una rivoluzione (1905) che portava al ritiro del principe Giorgio e alla nomina di A. Zaìmis a governatore. Le alterne vicende politiche greche videro moti popolari e pronunciamenti militari (rivolta di Gudì, 1909), finché fu chiamato a formare il governo (1910) E. Venizèlos, che fondò il Partito liberale e impostò una serie di riforme, a cominciare dalla Costituzione (1911); realizzò inoltre la riorganizzazione delle strutture statali e della Difesa, introdusse l'istruzione elementare obbligatoria e stabilì l'inamovibilità dei funzionari. In politica estera profondi mutamenti nei rapporti con gli Stati balcanici portarono a una nuova guerra contro la Turchia (I guerra balcanica, 1912), conclusasi vittoriosamente con l'annessione di Creta e delle isole dell'Egeo (tranne il Dodecaneso, occupato dall'Italia nel 1912), dell'Epiro e della Macedonia nord-occid. fino a Salonicco. Turchia, G. e Serbia sconfissero poi anche l'ex alleata Bulgaria (II guerra balcanica): con il Trattato di Bucarest (1913) la G. ottenne anche la Macedonia orientale.

La I guerra mondiale

L'anno seguente scoppiò la I guerra mondiale. A Giorgio I era intanto succeduto (1913) il figlio Costantino: filogermanico (era cognato del Kaiser), questi si scontrò con Venizèlos che propugnava l'entrata in guerra della G. contro gli Imperi Centrali. Il governo Venizèlos si dimise, ma, quando Turchi e Bulgari invasero la Macedonia orient. (1916), a Salonicco scoppiò una rivolta militare, sostenuta dalle forze dell'Intesa: si costituì un governo provvisorio (la cui presidenza fu assunta dallo stesso Venizèlos), che dichiarò guerra agli Imperi Centrali. Il 18 novembre 1916 ingenti forze dell'Intesa occuparono Il Pireo e, dopo alterne vicende, re Costantino e l'erede al trono Giorgio lasciarono la G. (19 maggio 1917), mentre saliva al trono il secondogenito Alessandro. Poco dopo Venizèlos, lasciata Salonicco, diventava primo ministro del nuovo governo che, nonostante l'impegno bellico, promuoveva immediatamente una riforma scolastica, nel quadro dell'opera intrapresa dai liberali nel 1911. Dopo la sconfitta degli Imperi Centrali, la G. sbarcò un contingente a Smirne: con il Trattato di Sèvres (1920) ottenne la Tracia orient. (fino a 30 km da Istanbul) e il protettorato di Smirne. Dopo la firma del trattato (che la Turchia non ratificò) Venizèlos fu però fatto segno di un attentato e nelle elezioni del novembre fu battuto. Intanto, morto Alessandro, un referendum popolare aveva decretato il ritorno di Costantino che non fu però accettato dagli ex alleati; la Francia ruppe ogni legame con la G., favorendo la Turchia nella campagna di Asia Minore, che si concluse con un rovescio dell'esercito greco (1922). Alla sconfitta seguì una rivolta militare, che fra l'altro ottenne l'abdicazione di Costantino in favore del figlio Giorgio. La Pace di Losanna (1923), che prevedeva l'evacuazione della Tracia a W dell'Ebro da parte dell'esercito turco e lo scambio delle popolazioni, provocò in G. un vero sconvolgimento economico. Il Paese (ca. 6 milioni di ab.) si trovò infatti a dover sistemare 1 milione e mezzo di profughi. Seguì un altro periodo travagliato, caratterizzato da una controrivoluzione militare (ottobre 1923) capeggiata da I. Metaxàs (che fallì e portò all'abdicazione di Giorgio II, accusato di averla favorita), dalla proclamazione della Repubblica (25 marzo 1924) e dal ritorno di Venizèlos, richiamato da imponenti manifestazioni di piazza. Il 25 giugno 1925, però, il generale Pàngalos instaurò con un colpo di Stato una dittatura militare, che fu a sua volta rovesciata da un colpo di Stato del generale Kondilis (22 agosto 1926). Questi indisse nuove elezioni e cedette il potere a un governo di coalizione. Le elezioni del 1928 diedero la maggioranza assoluta al Partito liberale, di nuovo capeggiato da Venizèlos, che governò fino al 1932, in un periodo reso difficile dal crollo di Wall Street e dalla crisi economica che seguì in tutto il mondo occidentale. Le elezioni del 1933 riportarono al potere i monarchici che si diedero a epurare gli elementi venizelisti. Seguì un periodo di instabilità, caratterizzato fra l'altro da un secondo attentato a Venizèlos, a opera di elementi legati al governo. Nel 1935 un tentativo di colpo di Stato organizzato dal generale repubblicano N. Plastiras fu sventato da Kondilis che riportò Giorgio II in Grecia. Dopo le elezioni del 1936 che diedero un risultato incerto (143 seggi ai monarchici, 142 ai repubblicani, 15 ai comunisti), la morte quasi contemporanea di Kondilis, Venizèlos e Tsaldaris offrì il destro al re di affidare il governo a Metaxàs, che il 4 agosto 1936, col pretesto di uno sciopero generale, proclamò la dittatura. La Costituzione fu abolita, il Parlamento venne sciolto, i partiti proibiti, i sindacati ridotti all'impotenza: confini e prigioni si riempirono di oppositori del regime, mentre la stampa veniva imbavagliata e si intraprendeva l'organizzazione della gioventù sul modello nazifascista.

La II guerra mondiale

Le contraddizioni del regime esplosero allo scoppio della II guerra mondiale: la G. tentò dapprima di mantenersi neutrale, in equilibrio fra i sentimenti filonazistidi Metaxàs e i legami del re con la Gran Bretagna. Gli indugi di una situazione grottesca, caratterizzata dalle provocazioni dell'Italia e dalle ingerenze della Germania, vennero rotti il 28 ottobre 1940 dal pesante ultimatum dell'Italia che imponeva l'occupazione di alcune basi. Scoppiò così la guerra sul fronte albanese, sostenuta da un tale slancio popolare e da una tale spontanea mobilitazione che, nonostante l'inadeguatezza degli armamenti, le difficoltà degli approvvigionamenti e il disfattismo dello Stato Maggiore, l'esercito greco non solo contenne l'avanzata italiana, ma la rintuzzò e spostò il fronte ben oltre la frontiera, fino a Corizza. Gli aiuti ottenuti dalla Gran Bretagna dal re, che alla morte di Metaxàs aveva praticamente assunto il governo, furono insufficienti. I rovesci dell'esercito italiano, d'altro canto, avevano spinto Hitler a intervenire e il 9 aprile 1941 le truppe tedesche, nonostante la strenua resistenza dei difensori, entrarono a Salonicco. Oltre che dalla schiacciante superiorità numerica e tecnica, l'avanzata tedesca fu favorita dal clima che regnava fra i quadri superiori dell'esercito: il 17 aprile due generali al fronte intimarono al governo di chiedere la resa, nominando il generale Tsolàkoglu capo di Stato Maggiore in luogo di A. Papàgos. La resa venne firmata e il re con la corte abbandonò la G. trasferendosi prima a Creta e poi in Africa. Il 28 aprile le truppe tedesche entrarono in Atene: la G. fu divisa in tre zone d'occupazione (tedesca, italiana e bulgara) e il 20 maggio incominciò anche l'attacco a Creta, difesa da poche forze inglesi e greche sostenute dalla popolazione. Con la caduta della G. e di Creta cominciò anche la resistenza spontanea: molti prigionieri politici evasero ed entrarono nella clandestinità (gli altri furono consegnati ai nazisti). Gli occupanti favorirono la costituzione di un governo fantoccio, presieduto da Tsolàkoglu, incaricato di “mantenere l'ordine pubblico”.

La Resistenza e la guerra civile

Il Paese precipitò in una gravissima carestia e subito si formarono le prime organizzazioni di resistenza (E.A.M. – che organizzò un proprio esercito, l'E.L.A.S. –, E.D.E.S., E.K.K.A.). Si fa convenzionalmente cominciare la resistenza armata dal 25 novembre 1942, quando guastatori inglesi, protetti da partigiani greci, sabotarono il viadotto di Gorgopòtamos. La resistenza in G., dalla fine del 1942, si estese a macchia d'olio: intere zone del Paese vennero liberate. Il governo fantoccio organizzò i Battaglioni di Sicurezza, tristemente noti per la loro spietata caccia ai patrioti (coadiuvati in ciò dalle bande “X” di G. Grivas). Nel 1943 (anno di vittorie della resistenza e di terribili rappresaglie) il prestigio dell'E.A.M. divenne tale che alla fine di luglio si costituì il Quartier Generale dei Partigiani (3 seggi all'E.L.A.S., 1 all'E.D.E.S., 1 all'E.K.K.A., 1 alla Missione Militare Britannica). Dopo il ritiro degli Italiani dalla guerra (8 settembre 1943), si crearono le condizioni per un vero governo provvisorio, il Governo della Montagna (o P.E.E.A.), costituitosi il 10 marzo 1944 e presieduto dal socialista A. Svolos. Si intensificarono le trattative col governo in esilio, presieduto da G. Papandréu, e, nonostante i contrasti sulla questione istituzionale (problema della monarchia), si concordò la formazione di un governo di unità nazionale, con la partecipazione dell'E.A.M. Gli accordi anglo-sovietici del maggio 1944 sulle “zone d'influenza” davano intanto mano libera alla Gran Bretagna in Grecia. Il 18 ottobre il governo di unità nazionale presieduto da Papandréu sbarcava ad Atene e le tensioni e i contrasti si acuirono: già nel novembre i rappresentanti dell'E.A.M.si dimisero, per protesta contro la politica ispirata dagli Inglesi il cui primo obiettivo sembrava essere il disarmo dell'E.L.A.S. Gli scontri tra polizia e dimostranti si moltiplicarono finché, dopo un mese di scontri tra E.L.A.S e truppe realiste e britanniche ad Atene, si giunse all'Accordo di Vàrkiza (febbraio 1945) che prevedeva tra l'altro la creazione di condizioni minime per convocare le elezioni, l'organizzazione di un referendum che decidesse le sorti della monarchia e il disarmo totale dell'E.L.A.S. Tensioni e scontri cominciarono quasi subito, le elezioni del 31 marzo si svolsero senza la partecipazione dell'E.A.M. che ne aveva chiesto il rinvio (Gran Bretagna e U.S.A. si erano opposte): la vittoria della concentrazione monarchica fu perciò facile e scontata; l'anticipazione del referendum e la sua trasformazione in un plebiscito pro e contro la persona del re riportarono in G. Giorgio II. Moltissimi ex partigiani si diedero alla macchia e si giunse così alla guerra civile. Punto “caldo” in un clima “di guerra fredda”, la G., in base alla dottrina di Truman, passò dall'influenza inglese a quella americana. La guerra civile, che costò al Paese più di mezzo milione di morti, si concluse alla fine del 1949.

Instabilità politica e crisi economica

La G. usciva dal periodo bellico distrutta e dissanguata e più che mai soggetta al controllo esterno. L'instabilità politica continuò fino al 1954, con governi alterni di S. Venizèlos, N. Plastiras (sotto il quale fu emanata, nel 1952, la nuova Costituzione, e la G. aderì alla N.A.T.O.) e A. Papàgos. Alla morte di quest'ultimo, re Paolo (succeduto al fratello nel 1947) nominò primo ministro K. Karamanlís, gradito agli U.S.A. Questi fondò l'Unione Nazionale Radiale (E.R.E.), un nuovo partito con il quale rimase al governo (con metodi non sempre limpidi) per tre legislature. In quegli anni (1954-63) la G. fu travagliata dal problema di Cipro, in rivolta contro gli Inglesi, e dal problema economico: l'associazione al M.E.C. (1962) non portò tutti i vantaggi sperati. La situazione interna vide la riorganizzazione delle sinistre nell'E.D.A. (in cui erano confluiti i membri del Partito comunista ufficialmente fuori legge) e di una coalizione di centro che riuniva gli appartenenti al Partito liberale guidati da S. Venizèlos e G. Papandréu. L'assassinio del deputato della sinistra G. Lambrákis (1963), per cui si dimostrò la responsabilità di settori dell'esercito e della polizia, e la ferma reazione popolare costarono a Karamanlìs il governo e l'esilio a Parigi. Nuove elezioni diedero la maggioranza all'Unione di Centro, gradita anche agli U.S.A., il maggior alleato della G., che dopo un iniziale favore nei confronti dell'E.R.E., temeva ora che l'eccessivo autoritarismo di Karamanlís esasperasse l'alternativa tra destra e sinistra. G. Papandréu formò un primo governo cui seguì il successo travolgente alle elezioni del 1964 (53% dei voti). Ma d'improvviso il 15 luglio 1965 re Costantino (succeduto al padre nel marzo 1964) tolse la fiducia al governo Papandréu, aprendo così la crisi più pericolosa di tutta la storia greca. Durante il periodo di instabilità governativa che ne seguì, i gruppi oltranzisti intensificarono una trama di provocazioni per alimentare la strategia della tensione, approfittando del fermento popolare. Alla vigilia delle elezioni (che promettevano una maggioranza schiacciante all'Unione di Centro), una giunta di colonnelli impose alla G. una dittatura militare (21 aprile 1967). Dopo un iniziale atteggiamento attendista, il giovane re tentò (dicembre 1967) un “controcolpo” che, fallito, portò alla fuga della famiglia reale (che si stabilì a Roma) e a una massiccia epurazione delle Forze Armate. Al generale E. Zoitakís succedeva nella reggenza (1972) il primo ministro, ministro degli Esteri, della Difesa, della Presidenza, nonché capo della giunta, G. Papadópulos, che riceveva dagli U.S.A. aiuti economici e militari. Nel 1973, a un tentativo di colpo di Stato monarchico della marina Papadópulos rispose con la proclamazione della repubblica (1º giugno) di cui egli stesso divenne presidente. Intanto si andava deteriorando la situazione economica del Paese e cresceva il malcontento in tutti gli strati sociali. Quando, scoppiata la guerra del Kippur, Papadópulos vietò agli Americani l'uso delle basi aeree greche per aiutare Israele, anche l'appoggio degli U.S.A. venne meno e un putsch militare spodestò il colonnello-presidente (25 novembre). Salì al potere il generale F. Ghizikis, cui si affiancò il capo della polizia D. Ioannidis. Ma neppure il “regime dei generali” si dimostrò in grado di risolvere la situazione del Paese.

Dalla restaurazione della vita democratica a oggi

Nel luglio 1974 la G., a causa del golpe filoellenico di Cipro, si trovò sull'orlo della guerra con la Turchia: in tale circostanza Ghizikis decise di richiamare in patria l'esule Karamanlís e di affidargli le redini del governo. Fu questo l'avvio di una progressiva restaurazione della vita democratica parlamentare: nel novembre furono indette elezioni che dettero la maggioranza a Karamanlís e al suo partito, Nuova Democrazia, mentre nel dicembre un referendum confermò l'abolizione della monarchia e nel giugno 1975 fu promulgata la nuova Costituzione repubblicana. Dalle elezioni del novembre 1977 emerse vincitore ancora Karamanlís, eletto poi presidente nel maggio 1980. Egli impresse un nuovo indirizzo alla politica estera volto a evitare l'isolamento internazionale della G. e a risolvere diplomaticamente i contenziosi con la Turchia: di qui il reinserimento della G. nella struttura militare della N.A.T.O. (1980), dalla quale era uscita nel 1974 durante la crisi di Cipro, e l'entrata nella C.E.E. (1981). Dopo le elezioni dell'ottobre 1981 divenne primo ministro A. Papandréu, leader del Movimento socialista panellenico (P.A.S.O.K.). Nel marzo 1985 C. Sartzetakis fu eletto alla presidenza della Repubblica, mentre usciva di scena il vecchio Karamanlís. Nel mese di giugno le elezioni politiche furono vinte ancora una volta dal P.A.S.O.K.; tuttavia l'opposizione di destra (Nuova Democrazia) registrò un grosso balzo in avanti che segnalava la perdita di carisma di Papandréu. Sottoposto a tensioni già per il piano economico intrapreso (blocco di prezzi e salari e tagli di bilancio, congiuntamente alla limitazione del diritto di sciopero), verso la fine del 1988 tale governo entrò in crisi a seguito dello scandalo che vedeva coinvolto il suo presidente, accusato di corruzione nelle vicende riguardanti la Banca di Creta. Introdotta la modifica del sistema elettorale (da maggioritario in proporzionale), nelle consultazioni del giugno 1989 il P.A.S.O.K. subì una netta sconfitta, cedendo la maggioranza relativa a Nuova Democrazia. Data l'impossibilità di costituire una formazione governativa ideologicamente omogenea, quest'ultima e il Partito comunista diedero vita a una coalizione anomala, a termine, guidata da T. Tsannetakis, con il compito di indagare sullo scandalo: deliberatosi il rinvio a giudizio di Papandréu, le elezioni tenutesi (luglio 1989) sotto la presidenza ad interim di Y. Grivas, precedute da una recrudescenza del terrorismo, confermarono i rapporti di forza creatisi in giugno. Ciò consentì la realizzazione di un governo di coalizione e quindi uno “di affari”, composti di soli tecnici e presieduti da X. Zolotas, ex governatore della Banca di Grecia, in attesa di un maggiore chiarimento politico. La vittoria di Nuova Democrazia (aprile 1990) portò alla guida dell'esecutivo C. Mitsotakis e il mese successivo Karamanlís fu nuovamente eletto capo dello Stato. La maggioranza conservatrice, però, si sfaldò ben presto e nel settembre 1993 il Parlamento fu sciolto. Le successive elezioni sanzionarono il ritorno al potere di A. Papandréu. In omaggio al diffuso sentimento nazionalista il leader socialista inasprì i rapporti con la Macedonia e con la stessa Albania nonostante ciò determinasse le rimostranze dell'Unione Europea. Ma le elezioni europee del 1994 (giugno) fecero registrare la flessione di Nuova Democrazia e del P.A.S.O.K., che rimase comunque il partito di maggioranza relativa, mentre ebbero una buona affermazione il Pola, i comunisti e l'Alleanza di sinistra. Nel 1995, dopo l’elezione di Kostas Stephanopoulos a capo dello Stato, un “terremoto politico” investì il P.A.S.O.K. nello stesso momento in cui, alla fine di novembre, le gravi condizioni di salute di Papandreu privarono i socialisti di un punto di riferimento. Nel giugno 1996, dopo le dimissioni di Papandreu (che morì nello stesso mese), i membri del P.A.S.O.K. elessero capo del Governo Costas Simitis, ex ministro socialista dell’Industria. La conferma definitiva della sua leadership nel partito e nel Paese gli veniva dalla vittoria alle elezioni politiche svoltesi il 22 settembre 1996. Europeista convinto, Simitis si impegnava particolarmente nel risanamento dell’economia greca con l’obiettivo di portare il Paese nell’Europa del Duemila e nel frattempo accelerava il vasto progetto di modernizzazione della capitale. Nonostante questi sforzi, all’inizio del 1999 la G. non riusciva a entrare nell’U.E.M. con il primo gruppo di Paesi; per ottenere l’ammissione all’area dell’euro nel 2001 o nel 2002, Simidis, oltre a svalutare del 14% la moneta, programmava numerose misure di austerità economica. Per quanto riguarda la politica estera, la G. scelse di confermare la sua linea antimusulmana assumendo una posizione di totale chiusura nei confronti della Turchia. Buoni rapporti invece intercorsero con la Russia, con la quale venne siglato (settembre 1995) un accordo per la costruzione di un oleodotto dal porto bulgaro di Burgos alle coste greche di Alexandroupolis. Migliorarono anche le relazioni diplomatiche con la Macedonia.