Nereo
Villa, Dedica de "NUMEROLOGIA BIBLICA,
Considerazioni sulla Matematica Sacra", SeaR Edizioni,
Reggio Emilia, aprile 1995
Dedica - Introduzione - Cap. 1° Il nome di Dio - Cap. 2° Facciamo un po' d'ordine (lettere 1ª - 11ª) - Cap. 3° La matematica non è un'opinione - Cap. 4° Facciamo un po' d'ordine (lettere 12ª - 22ª) - Cap. 5° L'altro sistema - Considerazioni conclusive
LA MATEMATICA NON E' UN'OPINIONE
Alla certezza degli antichi, di possedere la verità o di poter pervenire ad essa, oggi corrisponde sempre di più l'esperienza opposta, perciò ci si abitua a convivere con l'incertezza, l'insicurezza, dicendo: "ogni convinzione è, in fondo, un'opinione".
Anche la matematica a volte viene fatta rientrare nel campo delle opinioni in quanto, si dice, numeri, geometria o algebra, non esistono in natura. Chi potrebbe dire di aver visto un triangolo o un punto? A guardar bene, una figura geometrica alla lavagna non è infatti altro che un aggregato di particelle di gesso.
Figure geometriche, punti, numeri, ecc., appartengono allora ad un mondo diverso da quello che di solito è davanti a noi.
Ma anche ciò che appare intorno a noi, sarebbe solo un aggregato di percezioni, che resterebbe sconnesso se non ci fosse un ordine logico interiore capace di mostrarne i rapporti.
I rapporti numerici appartengono a quell'ordine logico che abbiamo dentro, non fuori, ma fra il mondo interno e quello esterno vi è un ponte.
Esso è il linguaggio.
La lingua parlata è un po' materiale, (sonorità) e un po' spirituale (concetto, idea) e questo vale anche per la lingua ebraica.
In ebraico, linguaggio si dice "safàh". "Safàh" significa anche "riva, sponda". Ciò che ci fa approdare da quell'altra parte, in quell'altro mondo è, appunto, il linguaggio, mediante il quale si può arrivare di là, nel mondo dei numeri o dei concetti o dello spirito.
La funzione della parola è allora, per ogni possibile linguaggio, una funzione di trascendenza, in quanto ogni parola non è altro che un simbolo, capace di evocare un'immagine.
Quando però l'essenzialità di un linguaggio consiste nella sua peculiarità numerologica, come nel caso della lingua ebraica, il solo tradurre in un'altra lingua i suoi contenuti, che sono in essenza contenuti numerici, significa farne qualche cosa d'altro, snaturarla: i suoi contenuti di immagini e di numeri vengono ridotti a sole immagini.
Sulla concezione quantitativa della lingua ebraica, è stato osservato che il solo tradurla, va contro le indicazioni della Bibbia. Non appena infatti "la parola non è niente di più che una descrizione di un'immagine o di un sentimento, essa perde la sua connessione con l'elemento quantitativo, tramite il quale fu portata fino al confine del mondo spazio-temporale con il mondo dell'essenza. Se dunque si vuol vedere una parola biblica solo come una descrizione di immagine, così ad esempio [...] la parola "casa" solamente come immagine di una casa, oppure se nella descrizione di un sentimento, ad es. "vendetta", si bada soltanto a ciò che si sente quando si immagina "vendetta", allora in questi casi si è tolto alla parola biblica il suo significato più profondo. Della parola si sono fatte immagini. Ma come ciascuno sa, la Bibbia non vuole che si facciano immagini"(1).
A questo punto, è interessante notare che in sanscrito, "parola" si dice "vac". E' molto probabile che la vacca sacra, in sanscrito "vaca", sia adorata dagli indiani non solo per una questione di vegetarianismo, ma per il fatto che la parola è espressione del mondo spirituale come dice anche lo scrittore del Vangelo di Giovanni: "all'inizio era la parola"(2).
Nella mucca, fra l'altro, vi è un importante rapporto numerico, cioè 1:8 fra il latte prodotto e il cibo ruminato. Del rapporto 1-8 abbiamo accennato a proposito del nome di Dio e della circoncisione.
Ora, dopo quanto detto, si dovrebbe stabilire se tutti questi rapporti formano un contesto opinabile.
Noi crediamo di no.
In ogni caso, chi opina su tutto dovrebbe ammettere, se è coerente con se stesso, che anche l'opinabilità è... un'opinione: "Se fossimo conseguenti e coerenti con la nostra esperienza dovremmo dire: tutto è talmente opinabile da coinvolgere la stessa affermazione dell'opinabilità. Dovremmo convincerci, cioè, che l'idea che tutto è relativo non è necessariamente più sicura di quella che la contraddice affermando l'assoluto, dovremmo convincerci che l'oggi non ha necessariamente ragione nei confronti dell'ieri, che il domani potrebbe negare entrambi, e non uno meno dell'altro, in un modo che adesso non possiamo nemmeno immaginare. Ma questo non viene pensato, perché lascerebbe nello sconcerto totale, toglierebbe ogni terra da sotto i piedi. Di fatto, non è pensabile se non dal punto di vista della fede"(3).
Noi qui però non proponiamo una fede nell'eterno o altro, ci limitiamo solo ad osservare relazioni numeriche.
Per esempio, a proposito di eterno, il termine biblico "olam", che viene tradotto con "eternità" o "tempo lontanissimo", è formato dalle lettere HAIN-VAV-LAMED-MEM, valori numerici 70-6-30-40, totale 146, sintesi 11. Il concetto di "tempo" è in ebraico "et". Questa parola è formata da HAIN e TAW, in numeri 70 e 400, totale 470, sintesi 11. L'"eone" o "giorno biblico", si dice "jom", lettere: IOD-VAV-MEM, valori numerici, 10-6-40, totale 56, sintesi 11.
Il concetto di eternità è legato alla tradizione della chiesa. I libri canonici su cui essa si basa sono sessantasei(4).
La tradizione ebraica è invece la "qabalah", che significa appunto "tradizione". Questo nome si scrive con le lettere QOF, BET, LAMED, HE, valori numerici 100, 2, 30, 5, totale 137, sintesi 11, che, come abbiamo visto, è espressione del valore segreto 66.
Nei libri ebraici la parola "sheol" significa "ade", cioè il luogo dei morti. Questa parola, "sheol", viene ripetuta, in tutta la Bibbia, precisamente 66 volte(5).
Il numero 11 e il suo Valore Segreto 66, diventano allora, nel contesto di questo studio, un esempio di qualcosa di tanto importante quanto poco opinabile. Dante Alighieri strutturò la sua Divina Commedia in endecasillabi, cioè in versi di 11 sillabe e in strofe di 66 versi e recenti studi hanno rivelato la non arbitrarietà di detta struttura(6).
Il 66, valore segreto di 11, è in arabo il valore numerico totale delle lettere che compongono il nome di Allah, che significa "Dio".
Anche "Adonai", che in ebraico significa "Signore" è imparentato con l'11. Si scrive infatti con le lettere ALEF, DALET, NUN, IOD, in numeri, 1, 4, 50, 10, il cui totale è 65, che può essere sintetizzato in 6+5=11.
I numeri sembrano proprio una benedizione e a proposito: in ebraico "benedizione" si dice "beracah", in lettere BET, RESH, KAF e HE, in numeri, 2, 200, 20, 5, totale 227, sintesi 11.
N O T E
(1) F. Weinreb,
"Der gottliche Bauplan der Welt", Ed. Origo, traduzione
libera di E. Corona.
(2) Giovanni,
1,1.
(3) S. Quinzio,
"Radici ebraiche del mondo moderno", Ed. Adelphi, pag.
153.
(4) Scritture
ebraico-aramaiche: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio,
Giosuè, Giudici, Rut, I° Samuele, II° Samuele, I° Re, II°
Re, I° Cronache, II° Cronache, Esdra, Neemia, Ester, Giobbe,
Salmi, Proverbi, Ecclesiaste, Il Cantico dei Cantici, Isaia,
Geremia, Lamentazioni, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos,
Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria,
Malachia, totale 39 libri.
Scritture greche cristiane: Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Atti,
Romani, Prima Corinti, Seconda Corinti, Galati, Efesini,
Filippesi, Colossesi, Prima Tessalonicesi, Seconda Tessalonicesi,
Prima Timoteo, Seconda Timoteo, Tito, Filemone, Ebrei, Giacomo,
prima Pietro, Seconda Pietro, prima Giovanni, Seconda Giovanni,
Terza Giovanni, Giuda, Apocalisse, totale 27 libri.
Totale complessivo 39+27=66.
Anche se la considerazione che segue può essere data dal caso,
nondimeno è qualcosa di curioso. Così come nell'ieri sono poste
le condizioni per l'oggi, il Vecchio Testamento può essere
considerato condizione che rende possibile il Nuovo Testamento.
Il valore numerico 39 e il valore numerico 27, valori che
corrispondono rispettivamente, ai libri del Vecchio e del Nuovo
Testamento, conseguentemente, comportano che nella conformazione
del 39, cioè nel 3 e nel 9, vi sia la condizione che rende
possibile il 27. Il 27 è infatti il prodotto di 3 x 9.
(5) Genesi, 37,35; 42,38; 44,39; 44,31; Numeri, 16,30; 16,33;
Deuteronomio, 32,22; I° Samuele, 2,6; II° Samuele, 22,6; I°
Re, 2,6; 2,9; Giobbe, 7,9; 11,8; 14,13; 17,13; 17,16; 21,13;
24,19; 26,6; Salmi, 6,5; 9,17; 16,10; 18,5; 30,3; 31,17; 49,14;
49,14 (seconda volta nello stesso versetto); 49,15; 55,15; 86,13;
88,3; 89,48; 116,3; 139,8; 141,7; Proverbi, 1,12; 5,5; 7,27;
9,18; 15,11; 15,24; 23,14; 27,20; 30,16; Ecclesiaste, 9,10;
Cantico dei Cantici, 8,6; Isaia, 5,14; 7,11; 14,9; 14,11; 14,15;
28,15; 28,18; 38,10; 38,18; 59,9; Ezechiele, 31,15; 31,16; 31,17;
32,21; 32,27; Osea, 13,14; 13,14 (seconda volta nello stesso
versetto); Amos, 9,2; Giona, 2,2; Abacuc, 2,5, in tutto 66 volte.
(6) R. Guénon,
"L'esoterismo di Dante", Ed. Atanor.
Data creazione pagina: 06/05/2002 - Ultima modifica: 30 settembre, 2012.