Nereo Villa, Dedica de "NUMEROLOGIA BIBLICA,
Considerazioni sulla Matematica Sacra", SeaR Edizioni, Reggio Emilia, aprile 1995

Dedica - Introduzione - Cap. 1° Il nome di Dio - Cap. 2° Facciamo un po' d'ordine (lettere 1ª - 11ª) - Cap. 3° La matematica non è un'opinione - Cap. 4° Facciamo un po' d'ordine (lettere 12ª - 22ª) - Cap. 5° L'altro sistema - Considerazioni conclusive

FACCIAMO UN PO' D'ORDINE
(lettere 2ª - 11ª)

 

Continueremo ora ad esaminare le lettere ed il loro valore seguendo l'ordine alfabetico ebraico.
Abbiamo visto la lettera ALEF. Dopo la lettera ALEF viene BET, così come dopo l'uno viene il due.

Bet come parola significa "casa". La Bibbia incomincia con il 2, cioè con la BET, la casa. Incomincia con qualcosa capace di contenere, come lo è la casa, appunto. La prima "casa" dell'uomo è la madre. "Dura Madre" e "Pia Madre" chiamano gli anatomisti due membrane che contengono il cervello. Nella prima lettera della Bibbia pare proprio che quel due operi allo stesso modo: la prima parola della Bibbia è infatti "Bereshit". In "Bereshit", la "b" "contiene" RESH, che significa "testa". Il significato di Bereshit è, come si sa, "in principio".
Se si considera nel suo insieme il primo versetto della Genesi:


"Bereshit bara Eloim et ashamaim vet harets",

il cui significato è "In principio Dio creò il cielo e la terra", vediamo che il versetto si compone di sette parole. Il numero totale delle lettere che le formano è di 28, numero che si riferisce alla durata del mese lunare. Si può dunque osservare il rapporto di questo numero lunare 28 con la lettera iniziale BET, che è precisamente la planetaria della Luna.

Occupiamoci ora della lettera GHIMEL:


valore numerico 3.

Il suo significato è "cammello". Una traccia dello "zoccolo" del cammello è riscontrabile nel "piede" della lettera stessa. Il cammello è l'animale capace di unire in sé la due-ità delle gobbe. La radice ebraica "gm" e la radice sanscrita "gam" offrono lo stesso significato di "unire", "congiungere". Ciò spiega anche la parola greca "gamete" che significa "moglie". Il gamete è una cellula sessuale. L'intimità d'amore coniugale e la lettera GHIMEL sono quindi in sintonia. GHIMEL è inoltre la planetaria di Venere, che è il pianeta dell'amore.
Il numero quattro è dato invece dalla lettera DALET, che significa, come parola, "porta":

Il primo racconto della creazione può essere, a buon diritto, considerato "porta" di tutta la Bibbia. Esso è formato da 434 parole ebraiche. Non 433 o 435. "Porta", "dalet", si scrive in ebraico con le lettere "d", "l", "t", cioè con la DALET, con la LAMED e con la TAW:


numericamente 4, 30, 400, totale 434.

Questa cosa così ammirabile non può essere vista nelle varie traduzioni dall'ebraico, perché in queste ultime il numero delle parole è differente da quello dell'originale. Chi legge la Bibbia tradotta, allora può solo dire: "io ci credo", oppure: "io non ci credo", però non può "sapere" che è così.

Il rapporto fra l'uno e il quattro appare invece qualcosa di straordinario nel resoconto della creazione se si impara semplicemente a contare. Come un costante ritornello tale rapporto si mostra in vari modi. Il secondo racconto della creazione, incomincia così: "Quando il Signore Dio fece la Terra e il Cielo nessun cespuglio campestre era sulla Terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla Terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla Terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo...". E' annunciato dunque che la prima apparizione di qualcosa di vivente sulla Terra era un elemento acqueo. In ebraico ciò viene espresso dal vocabolo "ed". Le varie traduzioni riportano "nebbia", "vapore", "acqua di fondo", "getto d'acqua", "umidità", "sorgente", "acqua dei canali", ecc...(1), sempre si tratta però di qualcosa di umido, di acqueo: "...un vapore saliva dalla Terra e inumidiva ogni contrada..."(2).

Questa acqua vitale, "ed",

è formata dalle lettere ALEF e DALET, vale a dire dall'1 e dal 4. Il secondo resoconto della creazione del mondo, comincia dunque con il rapporto 1:4 espresso nella struttura essenziale dell'elemento acqueo "ed" il quale ha qui un ruolo principale. Subito dopo(3) si parla di Adamo,

scritto con le lettere ALEF, DALET, MEM, in numeri, 1, 4, 40. In Adamo, che significa "uomo" ritroviamo il rapporto 1:4. Il 40 non è altro che un 4 in posizione decimale superiore, su un altro piano, un differente livello. Rispetto a "ed", l'uomo è una ulteriore "elaborazione" in una determinata direzione: l'1-4 procede all'1-4-40.
Poi, nel versetto successivo alla collocazione di Adamo nel
giardino(4), appaiono l'albero della vita e l'albero della conoscenza del bene e del male(5). In questi due alberi che si stanno di fronte, il principio 1:4 viene ad esprimersi in modo nascosto. Ciò che è nascosto diventa manifesto se si contano i valori numerici delle loro rispettive lettere:
- l'albero della vita (ets hakaim) è formato dalle seguenti lettere: HAIN-TZADE, HE-KET-IOD-IOD-MEM, in numeri 70-90, 5-8-10-10-40, somma totale 233;
- l'albero della conoscenza del bene e del male (ets hadat tov wara) è formato da queste altre lettere: HAIN-TZADE, HE-DALET-HAIN-TAW, TET-VAV-BET, VAV-RESH-HAIN, in numeri, 70-90, 5-4-70-400, 9-6-2, 6-200-70, somma totale 932.
Abbiamo dunque un 233 che sta di fronte a un 932, cioè un numero che sta di fronte al suo quadruplo:

233 x 4 = 932

Nel rapporto fra i due alberi è così rappresentato il rapporto 1:4. L'albero della vita rappresenta l'uno, l'albero della conoscenza, il quattro.
Che cosa significhi questo, lo si scopre cammin facendo. Procedendo nel racconto, subito dopo l'accenno dei due alberi è detto: "Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro
corsi..."(6). Ancora abbiamo un uno e un quattro. Qui il rapporto 1:4 non è occulto, bensì subito evidente. E' qualcosa di basilare, una specie di formula della vita, che viene data subito agli inizi della Bibbia. Se accanto a questa formula si pongono i valori numerici che formano la parola "uomo": 1-4 > 1-4-40 e si dilata per estensione questo rapporto fra "ed" e "Adam", abbiamo: 1-4 > 1-4-40 > 1-40-400. Come il quattro procede, entro la parola "Adam", verso il quaranta, così il quaranta procede nella sequenza "1-40-400", verso il quattrocento. La prima sequenza "1-4", la seconda sequenza "1-4-40" e la terza sequenza "1-40-400", mostrano così una parentela.

1

4

1

4

40

1

40

400

Che in questa parentela vi sia qualcosa che meraviglia, risulta quando si mette in lettere la terza sequenza. Infatti 1-40-400 sono i valori numerici rispettivi delle lettere ALEF-MEM-TAW, formatrici della parola "emet",


il cui significato è "verità".

L'uomo è imparentato con la verità. Lo è secondo un procedere su livelli differenti, a partire dal "rapporto-formula" 1:4 dell'acqua vitale, cioè dal primordiale elemento acqueo della creazione: "ed".
Ora possiamo fare un esperimento.
Abbiamo visto quanto sia importante la lettera "ALEF" cioè "uno". Se dalla struttura essenziale delle parole ebraiche per "uomo" e "verità" si tralascia l'uno, rimangono rispettivamente le sequenze "4-40" e "40-400", relative alle parole "dam" e "met", che vogliono dire rispettivamente "sangue" e "morte".
Uomo senza l'Uno è solo sangue.
Verità senza un punto base che è l'Uno è solo morte.
Si può vedere quindi una connessione fra "l'uomo-con-l'Uno" come vita e "l'uomo-senza-l'Uno" come morte.
In questo modo diventa ancora più comprensibile il significato dell'Uno nella costruzione delle parole "uomo" e "verità", entro il contesto del racconto edenico.
Infatti qui l'Uno esprime l'albero della vita, mentre il Quattro è espressione dell'altro albero, quello legato alla morte, che viene dal cibarsene e dal disubbidire così all'ordine di Dio.
L'uomo ha in sé sia l'Uno che il Quattro in un rapporto di armonia. Non gli è vietata, pertanto, l'armonia della vita conoscitiva. Però il non curarsi dell'Uno, cioè dell'Essere
invisibile che tutto congloba in Sé fino a uscire da quel "Sé" per prendere dal Quattro, cioè dagli elementi condensati e resi visibili spazialmente e temporalmente (aria, acqua, fuoco, terra, stagioni, ecc....), distrugge quella armonia. Il non curarsi di Dio, preferendo disobbedirgli e mangiare il frutto proibito significa il dover morire, per aver reso relativa la conoscenza dell'eternità di tutte le cose.
Per questo motivo al capitolo secondo di Genesi, al versetto 17 si insegna che il dover morire è connesso con il "prendere dell'albero della
conoscenza"(7).
Il rapporto fra il numero Uno e il numero Quattro era ben conosciuto dai Pitagorici, tanto che costituiva il loro giuramento. Si giurava sulla Tetraktis, cioè sul dieci dato dai contenuti del quattro:

1 + 2 + 3 + 4 = 10.

Tale conoscenza era molto importante. Era la "quaternità" della croce, la stessa che si può osservare nella forma con cui si scrive il numero quattro. Si giurava su questa quaternità e si sentiva questo giuramento come qualcosa che metteva in gioco il più grande degli dei: Zeus, cioè Giove. Nei simboli dell'astrologia il numero quattro significa Giove. In tale simbolo "vi si possono individuare una croce e una mezza luna [...]

Si trova anche, a volte, il grafismo in cui si vede una zeta, iniziale di Zeus."(8).

Se a tutto questo si aggiunge che la lettera DALET è, secondo l'antica numerologia(9), la planetaria di Giove e che i suoi principali satelliti, detti anche "lune", sono quattro, e precisamente: Ganimede, Callisto, Io, Europa, tutto quadra.

 


Rappresentazione delle dimensioni dei principali satelliti rispetto a Giove, in ordine di grandezza: "GANIMEDE", "CALLISTO", "IO" ed "EUROPA", detti anche "lune galileiane". (Furono infatti osservati per la prima volta nel gennaio del 1610 da Galileo Galilei, che li chiamò "Astra Medicea", cioè "stelle dei Signori di Firenze).

Da tutto quanto precede si potrebbe ipotizzare che la pronuncia del nome divino o Tetragramma, cui abbiamo accennato all'inizio, potrebbe essere qualcosa di molto somigliante al nome "Giove", considerando che nell'ebraico le vocali non esistono. Ciò spiegherebbe questo nome come appartenente al massimo dio dell'Olimpo.
Dopo la lettera DALET viene la HE di cui abbiamo già parlato come zodiacale dell'Ariete. Essa è la quinta dell'alfabeto e si connette con l'esperienza profonda di Abramo, scritta nel ventiduesimo capitolo del primo libro della Bibbia. Il comando dato ad Abramo si fondava sul dominio riservato a Dio sui primogeniti. L'episodio però mostra, oltre alla fede di Abramo, che porta con sé la mitezza del figlio Isacco, come Dio ripudi i sacrifici umani, l'antica magia tribale, la stregoneria, ecc., volendo che i primogeniti dell'uomo siano riscattati, non sacrificati. Così, nel capitolo ventidue, è indicato, per chi lo vuol vedere, che non è ancora venuto il tempo del sacrificio del Figlio. Il figlio di Abramo, Isacco, è dunque una prefigurazione del figlio per eccellenza: Gesù di Nazaret. Ma ciò che avverrà con il sacrificio sul Golgota, più che una morte, sarà una nascita: la nascita dell'impulso cristico, cioè dell'"Io sono", in tutti gli uomini. Prima di tale nascita, tale impulso doveva essere inserito nell'uomo, mediante pratiche iniziatiche che avvenivano entro specifiche sedi misteriosofiche. In altre parole, l'uomo della precedente umanità non dice ancora "io" a se stesso, ma tende a indicare se stesso in terza persona, così come risulta dai documenti dell'epoca
rimasti(10). Con l'impulso cristico l'uomo passa da un'infanzia spirituale ad un sempre più maturo sviluppo dello spirito, cioè dell'io e allora incomincia a chiamare se stesso in prima persona. Ciò che i Magi sapevano era che un simile prodigio doveva incominciare quando il punto di primavera fosse stato nella costellazione dell'Ariete. Al tempo di Abramo, viene dunque prefigurata questa nascita. Nel 22° capitolo di Genesi vi è la prefigurazione della "croce" del Golgota, mediante il significativo evento del ritrovamento provvidenziale dell'"ariete".
La 22^ lettera dell'alfabeto ebraico è infatti una TAW, che significa "croce".


Valore numerico di TAW è 400.

Si noti che il 22 ed il 400 sono imparentati fra loro:

2 + 2 = 4 + 0 + 0

La quaternità della croce insegna anche un'altra veggenza: l'evento del Golgota, il monte in cui è la croce per la crocifissione di Gesù di Nazaret, è l'evento del Cranio(11). Ora, l'Ariete, come segno astrologico, corrisponde, nella fisiologia umana, alla testa, al cranio. Nella ritualità ebraica, sulla fronte del capo del sommo sacerdote viene disegnata una TAW, per significare che egli deve prendere su di sé la sofferenza di questo mondo, come anche Dio l'ha presa su di sé. In un certo senso la HE, zodiacale dell'Ariete, potrebbe essere misticamente intesa come risultato della TAW, e ciò può essere "visto" dal confronto della forma delle due lettere.

Il terzo occhio, l'occhio della veggenza spirituale abbisogna dell'esperienza della "croce" (segno della TAW) capace di "aprire" la mente (apertura della HE).

Prima della nascita di Isacco, l'esperienza di Abramo è quella del mutamento del proprio nome. Il nome Abram si trasforma in Abraham(12).

- La sintesi dei valori numerici di Abram, ALEF, BET, RESH, MEM, 1-2-200-40, totale 243 è 9, cioè 2+4+3 = 9.
- La sintesi del nome Abraham è invece 5. Infatti Abraham, ALEF, BET, RESH, HE, MEM, 1-2-200-5-40, totale 248, da cui 2+4+8 = 14, e 1+4 = 5.

In questa esperienza, il nuovo livello di Abramo è il 5. Prima era 9. Questo succede quando Abramo ha 99 anni. La nascita di Isacco avviene, come è noto, quando ne ha cento. Cioè quando il 9 delle unità passerà alle decine ed il 9 delle decine passerà al centinaio. La prefigurazione del Figlio avviene così, nel 9, cioè nel 3x3, che si trasforma, nondimeno grazie a sua moglie Sara, nel 5, come è spiegato precedentemente dal teorema di Pitagora. Anche per questo motivo il primo segno zodiacale, l'"Ariete-Agnello-Figlio", corrisponde alla lettera HE, valore numerico 5.
La sesta lettera dell'alfabeto è la VAV. L'abbiamo vista come congiunzione delle due HE nel nome di Dio. Poiché la lettera HE simboleggia la vita universale, la congiunzione VAV esprime l'unione fra due aspetti di questa. Le lettere HE-VAV-HE, formano la radice verbale per eccellenza: il verbo "Essere-essente". La parola HEVE significa anche "presente, realtà". La realtà è data dall'essere delle cose. L'essere delle cose è dato dal "gancio", che unisce la cosa esterna al suo concetto interiore. Mancando la prima, vi è solo fantasticheria. Mancando il secondo vi è solo un aggregato sconnesso di percezioni. La VAV è zodiacale del Toro. Come oggi noi stiamo entrando nell'epoca dell'Acquario, così vi fu un'epoca del Toro, cui seguì un'epoca dell'Ariete e un'epoca dei Pesci. (La precessione equinoziale, cioè lo spostamento progressivo del punto di primavera nello zodiaco, non si muove in senso antiorario come i segni dello zodiaco, bensì all'incontrario).
L'epoca del Toro, corrisponde al periodo egizio-caldaico-assiro-babilonese, in cui il "vitello d'oro" - che era poi il "vitello-toro" - prese il posto del "bue Api". Il bue e il toro sono in fondo la stessa figura dettata dalla precessione equinoziale all'inconscio collettivo dei popoli. Fu altresì il periodo in cui l'uomo, incominciando a perdere la memoria per i mondi spirituali, sentì il bisogno di scrivere per la prima volta le sue conoscenze, le sue leggi, i suoi doveri, per averli sempre con sé. La frase-chiave del Toro è infatti "Io ho". Nel periodo del Toro, nasce la Torà, cioè i primi cinque libri della Bibbia, detti anche "Pentateuco". Quando il segno di primavera cadrà nella costellazione dell'Ariete, verrà il periodo dell'Agnello, cioè del Figlio. La nascita della chiesa contempla nella figura del Pesce l'idea del Figlio. In quel tempo venivano segnate le catacombe con quella figura. Nella coscienza del primo cristianesimo, il passaggio del punto di primavera dall'Ariete ai Pesci era sentito come un fatto naturale, significativo: da "Io sono", frase- chiave dell'Ariete, si passava a "Io credo", frase- chiave dei Pesci. Il segno dei Pesci infatti "segue", nella precessione equinoziale, l'Ariete, a cui "segue" l'Acquario, epoca nella quale stiamo entrando per sperimentare le caratteristiche dell'Acquario, che sono la libertà, la scientificità, l'inventiva e soprattutto la frase-chiave dell'Acquario: "Io so".
La prossima lettera, ZAIN,


valore numerico 7,

è la zodiacale dei Gemelli. I primi "gemelli" della storia biblica sono Esaù e Giacobbe. Di essi si dice fossero in lotta fra loro, già nel grembo materno(13). La parola ZAIN ha a che fare con il concetto di lotta, significa "arma". Per questo motivo chi nasce quando il sole è nei Gemelli, è combattivo e combattuto. Il mondo dei primi sei giorni della creazione è diverso dal mondo del sette. Mentre i primi sei sono compiuti, il settimo non lo è ancora. Per questo nel resoconto della creazione, troviamo, per i primi sei giorni creativi, la formula: "E fu sera e fu mattina, il ... giorno". Questa formula però al settimo giorno, manca. Segno che questo giorno non è ancora finito. E' il nostro mondo, la nostra realtà spazio-temporale. E' il mondo dove si deve usare la spada, non solo perché ci si sbrana a vicenda, bensì perché si è continuamente in lotta con il nostro stesso egoismo: il vero nemico. Non si è contenti, si vuol sempre di più, si vuole assalire, calpestare gli altri... Per questo motivo la tribù di Gad, cioè la settima tribù degli israeliti, precedeva le altre come truppa d'assalto, per conquistare la Terra Promessa... Gad si scrive con GHIMEL e con DALET,

rispettivamente il 3 e il 4, in totale 7. Le sette note musicali, i sette pianeti principali, i sette colori dell'arcobaleno, i sette giorni della settimana, i sette sacramenti, ecc... tutto esprime una finalità di armonia nello spazio e nel tempo, che abbisogna di contrasti per realizzarsi, di ombre e di luci, di silenzi e di suoni, di sconfitte e di vittorie, che sono appunto la lotta delle sette gerarchie angeliche espresse nelle orbite planetarie e che la Bibbia chiama "schiere"(14).
Sul senso cosmico di queste considerazioni, vale la pena di osservare quanto segue. Abbiamo visto che il tre e il quattro di Gad formano il sette. Questi stessi numeri, presi individualmente come cateti di un triangolo rettangolo, formano anche il cinque, secondo il teorema di Pitagora, prima esposto a proposito del Figlio. L'"evento-Figlio" è in realtà un evento cosmico. Sul Golgota vi sono tre croci. Ogni croce ha quattro bracci e, in quanto somma, il tre e il quattro danno il sette. Come prodotto, danno il dodici. I segni aritmetici della somma e della moltiplicazione sono - e questo, di solito, passa inosservato - una croce, dritta per l'addizione, inclinata per la moltiplicazione:

L'evento cosmico della nascita dell'impulso cristico, prevede l'esperienza della croce. Nasce pian piano il concetto di esperimento. Tutto parte da chi sa perdonare settanta volte sette(15) e spiegarlo ai suoi dodici. La cosmicità del sette e del dodici era ben conosciuta dallo scrittore dell'Apocalisse...(16).
L'ottava lettera è la CHET.

Questa lettera assomiglia alla HE, con la differenza che la finestra in alto a sinistra è chiusa. Il significato della parola CHET, indica infatti qualcosa come "recinzione, ovile, cancello, delimitazione". Come la HE è una finestra aperta, la CHET è una chiusura. Nella tradizione ebraica è noto il fatto della "piccola" differenza fra queste due lettere e ciò implica una connotazione morale: dentro di noi, c'è o non c'è questa apertura? Abbiamo ancora immaginativa per l'altro mondo oppure siamo chiusi o morti ad esso? Se la risposta è positiva, allora possiamo ben dire con gioia: "HalleluYa":

Questa famosa parola significa lodare Dio, magnificarlo, e viene scritta con una HE iniziale. Se invece la si scrive con una CHET iniziale si ha Challel e vuol dire dissacrare, quindi l'esatto contrario. La lettera CHET è zodiacale del Cancro. L'autorecinzione del Cancro rappresentata anche dalla scorza coriacea del granchio o del gambero, corrisponde, nel corpo umano, alla gabbia toracica. Il camminare all'indietro del gambero rappresenta la tendenza dell'uomo-Cancro a ricordare il passato, l'infanzia, il rapporto con la madre. Il concetto di "memoria" viene celebrato dalla chiesa cattolica soprattutto nella festa del Corpus Domini, quando il sole, appunto, è in Cancro. La parola "corpo" viene scritta in ebraico con le lettere GHIMEL, VAV e PHE, in numeri, 3, 6 e 80, totale 89, che può essere sintetizzato in 8+9=17, e ancora 1+7=8. Nella ritualità ebraica invece l'importanza del corpo e della sua purezza viene espressa mediante la circoncisione, operazione che veniva fatta a otto giorni dalla nascita(17).

Una importante relazione fra il nome di Dio e la circoncisione, la ritroviamo occultata in un passo del Deuteronomio in cui viene insegnato un nuovo modo di intendere la circoncisione. Si tratta delle parole: "...chi salirà per noi in cielo..."(18). Esse suonano in ebraico "mi laulah leno ha-shamaymah", in lettere: MEM-IOD, IOD-HAIN-LAMED-HE, LAMED-NUN-VAV, HE-SCIN-MEM-IOD-MEM-HE. Se si osserva bene la struttura di queste parole, ci si può accorgere che le lettere iniziali di ognuna di esse formano un'altra parola di quattro lettere: "milah", che significa "circoncisione" formata da MEM, IOD, LAMED, HE. Se si prendono invece le finali si forma il Tetragramma IOD-HE-VAV-HE del nome di Dio:

Nella frase vengono così formati il nomi "YAHWE" e "milah", il cui rapporto viene spiegato nei versetti che la precedono: YAHWE opererà una circoncisione del cuore, come via di conversione a lui(19). Questa circoncisione del cuore, organo del "sentire", esprime, appunto, le caratteristiche del sentire tipiche dell'uomo che nasce quando il sole è nel segno del Cancro. Costui, più degli altri, "sente", a un certo punto della sua vita, la conversione del proprio moto di pensiero. La frase-chiave del Cancro è infatti: "Io sento".
Parliamo ora della nona lettera, la TET,


valore numerico 9.

Della parola "tet", abbiamo accennato a proposito della IOD e del nome divino (cfr. pag. 16), rilevandone il particolare significato di "utero", cioè il luogo dove si sviluppa, cresce ed infine si fa innanzi il "nuovo".
Il futuro essere umano ha origine da una piccolissima porzione dell'uovo fecondato, precisamente da 9 centesimi della morula. Dopo 9 mesi di gravidanza, il nuovo, il neonato, dall'utero viene alla luce. Con TET tuttavia, non si intende soltanto l'utero umano, ma qualcosa come il buio, dove il nuovo si prepara per venire alla luce. Si pensi alla nona piaga, la tenebra: anche in essa, come nell'utero e nel nove, sono concentrate per "i figli
d'Israele"(20) forze vitali di luce, di tipo solare e regale. Leone in ebraico si dice "arieh" e si scrive con le lettere ALEF, RESH, IOD, HE, valori numerici, 1, 200, 10, 5. Totale 216, sintesi 9.
La lettera TET è infatti zodiacale del Leone. Il Figlio per eccellenza proviene dal Leone, simbolo di regalità messianica. Arieh significa luce del Signore. L'altare nel tempio al quale viene portata l'offerta sacrificale, si chiama "leone di Dio" o "luce di Dio". Ora, il nome "Jehuda" (Giuda) significa "lode di Dio; lo stemma della tribù di Giuda è il leone. Il "nuovo", cioè il Messia, è annunciato come Figlio della stirpe di Giuda (figlio di Davide). Ecco perché il Leone è segno messianico, segno di regalità.
L'uomo che nasce quando il sole è nel Leone è caratterizzato dall'entusiasmo. Si potrebbe dire che i figli nascono dall'entusiasmo della coppia, oppure dal matrimonio, il cui simbolo viene portato come anello, fede nuziale. Il nove è ad esso connesso in quanto contando sulle dita combina con quello destinato appunto a portare l'anello
nuziale(21).
Nell'opera di Dante la conoscenza del nove appare confermata. Dal misterioso numero 9 "Beatrice è particolarmente amata", dice Dante in "Vita
Nova".
Questo numero nove è d'altronde direttamente collegato al tre, poiché ne è il quadrato. Il "triplo ternario" è, ancora in Dante, la struttura delle gerarchie angeliche ed anche quello dei cerchi infernali, poiché egli intende un rapporto di simmetria inversa fra i cieli e gli inferi.
Con la decima lettera si fa avanti una nuova dimensione, un nuovo livello del mondo dei numeri. Nel nostro modo di scrivere, tale novità è rappresentata dallo zero posto a destra dei precedenti nove numeri.
Lo zero è un cerchio, che esprime un ciclo. Esso si trova "spiritualmente" prima dell'uno, come "uovo cosmico", da cui l'uno nasce, seguito dagli altri numeri fino a quando viene "nuovamente" alla luce. Per questo si dice che la lettera IOD viene preparata e partorita dalla TET. In realtà la nuova fase è che ogni valore numerico dopo il dieci, porterà in sé qualche cosa del dieci.
Ciò è pienamente manifesto a partire dall'undici.
Il valore numerico dell'undicesima lettera,


la KAF,

è infatti 20. Quel simbolo ciclico, rappresentato dalla circolarità dello zero, accompagna tutti i successivi valori numerici delle lettere ebraiche.
Si può adesso sintetizzare numeri ordinali e valori numerici, che vengono, in tal modo, giustificati:

La KAF undicesima dell'alfabeto, valore numerico 20, è dunque la prima lettera del livello superiore, cioè quello delle decine, a presentare una differenziazione fra il proprio numero ordinale alfabetico, l'undici, e il proprio valore numerico, il venti.
KAF è planetaria di Marte. Anche in Marte vi è una priorità, è, infatti, il primo dei pianeti detti "
superiori"(22), cioè posti al di là del Sole.
Come parola, "kaf" indica "la mano afferrante" e Marte è il pianeta del fare. Come lettera, KAF esprime, mediante la sua collocazione alfabetica, un rapporto di "Valore Segreto", con il concetto "ciclico" delle ripetute vite terrene: il ciclo, infatti, non si presenta in KAF solo tramite la forma circolare dello zero prima accennato. La parola "ciclo" si dice in ebraico "
ghilgal"(23) e si scrive con le lettere GHIMEL-LAMED-GHIMEL-LAMED, valori numerici, 3-30-3-30, totale 66. Se si prende il numero ordinale 11 della lettera KAF e si sommano tutte le lettere che dall'uno portano all'undici, si ha sessantasei. Il risultato di questo tipo di operazione è il cosiddetto "Valore Segreto" di un numero e si scrive VS. Nel caso dell'11, si dice:

VS 11 = 66

Infatti:

1+2+3+4+5+6+7+8+9+10+11=66

La formula del VS di un numero (n) è la seguente:

  n(n+1)
VS n = ------
  2

Si tratta della formula della Tetraktis pitagorica, cui abbiamo accennato a proposito del quattro. Qui varrà come esempio di uso della formula:

  4(4+1)
VS 4 = ------
  2

cioè 1+2+3+4 = 10

Poiché il VS 11 è 66, si può dire che anche la collocazione della lettera KAF all'undicesimo posto dell'alfabeto ebraico esprime il concetto di ciclo.
Ora, il fare, l'agire, sono, come abbiamo accennato, simboleggiati dal pianeta Marte, cui la KAF si collega. Da un altro punto di vista anche il fare è qualcosa che interessa il "ciclo". Il destino dell'uomo, nel ciclo delle sue ripetute vite terrene, si evolve infatti tramite le sue azioni. Nella tradizione ebraica la pratica della Torà significa: "fare di più di ciò che l'Io capisce affinché capisca di più di ciò che fa".
Nell'antica medicina si sapeva che vi erano 248 parti del corpo umano collegate a 365 tendini. Così le mizvot, cioè i comandamenti, si dividevano in 248 mizvot positive (fai così e così...) e 365 mizvot negative (non fare questo e quello...). Così era strutturato il "fare" nella pratica della Torà.
A questo punto, prima di proseguire con le altre lettere, occorre interrogarci su alcune questioni riguardanti la collocazione di queste conoscenze. Si tratta di conoscenze scientifiche o di opinione tipiche delle costruzioni metafisiche e religiose? Lo vedremo nel prossimo capitolo.

 

N O T E

(1) Le traduzioni citate sono rispettivamente di: Lutero, Bibbia Piscator di Berna, G. Von Rad, Bibbia di Zurigo, M. Buber, Bibbia Cattolica di Allioli, Bibbia di Gerusalemme della EDB.
(2) Genesi, capitolo 2, versetto 6.
(3) Genesi, capitolo 2, versetto 7.
(4) Genesi, capitolo 2, versetto 8.
(5) Genesi, capitolo 2, versetto 9.
(6) Genesi, capitolo 2, versetto 10.
(7) Cf. F. Weinreb in "Der gottliche der Welt", Ed. Origo. (L'autore, ebreo chassidico, esprime la sua meraviglia, accennando anche al Nuovo Testamento: "Della creazione si può "scientificamente" dire che è durata miliardi di anni. Anche la Bibbia si è formata attraverso una selezione o evoluzione ecc... durata miliardi di anni? E se non è così, come si è formata allora la sua straordinaria struttura? Quale scrittore ha potuto congetturare parole, comporre frasi e inventare un resoconto confacente, in modo che "vapore" è proprio 1-4 e "uomo" 1-4-40; che la parola ebraica per "albero della vita" ha esattamente quel valore numerico che sta in rapporto 1:4 con quello "dell'albero della conoscenza"? Se si realizza questo si comprenderà che la Bibbia (la Torà) è un libro del tutto speciale. Allora però diventa anche evidente perché del testo originario della Bibbia non poteva essere modificato neppure uno "jod"; perché modificandolo verrebbe modificata anche la struttura." E Weinreb allude qui al Vangelo di Matteo Cap. 5, Versetto 18).
(8) A. Anzaldi - L. Bazzoli, Dizionario di astrologia, Ed. Rizzoli, pag. 195.
(9) Papus, "La scienza dei numeri", Ed. Brancato, pag. 85; R. Guénon, L'Archeometra, Ed. Atanor, pag. 14.
(10) Citiamo per esempio il ringraziamento del faraone Azoze (V dinastia, circa 2900 a.C.) al suo vizir Sepses-rie. Il faraone parla di sé stesso sempre in terza persona singolare come gli infanti quando, prima di scoprire la parola "io", indicano se stessi servendosi del proprio nome: "La mia maestà ha visto questo scritto che mi hai fatto portare nella corte, in questo bel giorno in cui è veramente rallegrato il cuore di Azoze con ciò che veramente ama. La mia maestà ama assai vedere questo tuo scritto: tu sei davvero colui che sa dire ciò che assai ama la mia maestà e davvero il tuo dire si conviene assai a me. Appunto la mia maestà sa che ami dire tutto ciò che è amato dalla mia maestà. O Sepes-rie, ti dico un milione di volte: 'Amato dal suo signore! Elogiato dal suo signore! Diletto del suo signore! Depositario dei segreti del suo signore!' Ho appunto conosciuto che Rie mi ama, perché ha dato te a me. Quanto è vero che Azoze vive all'infinito, se chiederai subito per lettera alla mia maestà una ricompensa qualsiasi, la mia maestà la farà dare subito." (G. Farina, "Grammatica della lingua egiziana antica", Ed. Hoepli, pag. 183).
Anche nei Vangeli si possono trovare tracce di questo modo antico di indicare l'io: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore...." (Luca, 1,46).
Per lo sviluppo dei detti sull'"io", cfr. anche il "Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento", EDB, pag. 663 e ss.
(11) Matteo 27,33; Marco 15,22; Luca 23,33. La latinizzazione "Calvaria", per "Calvario", "Monte Calvario" proviene dal termine "calva", che significa "cranio".
(12) Genesi, capitolo 17, versetto 5.
(13) Genesi, capitolo 25, versetto 22.
(14) 1° Samuele, 17,26.45; Giobbe, 19,12; 25,3; Salmi, 103,21; 148,2; ecc...
(15) Matteo, 18,22; Luca 17,3-4.
(16) Apocalisse, 1,4; 1,11-12; 1,16; 1,20; 2,1; 3,1; 4,5; 5,1; 5,6; 8,2; 10,3; 12,3; 13,1; 15,1; 17,3-9; 21,12-14.
(17) Luca, 2,21.
(18) Deuteronomio, 30,12.
(19) Deuteronomio, 30, 6-12
(20) Esodo, 10,23.
(21) O. Pianigiani, "Vocabolario Etimologico", Fratelli Melita Editori, 918.
(22) A. Anzaldi, L. Bazzoli, "Dizionario di astrologia", Ed. Rizzoli, pag. 244.
(23) L'etimologia di "ghilgal" è storica. Si trova nella Bibbia: Giosuè, 5,9: "Allora Yahwe disse a Giosuè: "Oggi io ho rimosso da voi l'obbrobrio d'Egitto". Di qui il nome di Ghilgal dato a quel luogo fino al presente". "Ho rimosso" proviene dal verbo "gall", che significa "rotolare", "il rotolar via", "togliere", "allontanare", "rimuovere", ecc..., oppure anche il "volgersi" riferito alle acque, connessione possibile con il memoriale della divisione delle acque del Giordano (Giosuè 4,7).
"Gal", come parola, come radice di "ghilgal" e come verbo, racchiudono assieme, oltre ai significati di "esilio" e di "allontanamento", anche tutta la storia della divisione delle acque e quella delle 12 pietre erette a testimonianza del patto fra Dio e Israele. Per questo motivo "ghilgal", significa oltre a "ciclo", "ruota, anche "cerchio di pietre". (cfr. Bibbia di Gerusalemme, Ed. EDB, pag. 413, nota di Giosuè 4,19).
Anche il numero 12 delle pietre è rintracciabile nella sequenza GHIMEL-LAMED-GHIMEL-LAMED: GHIMEL e LAMED sono infatti, rispettivamente, la terza e la dodicesima lettera dell'alfabeto ebraico; sommando le posizioni delle quattro lettere si ha il valore numerico della lettera numero 12, cioè 30 = 3+12+3+12.
Il "cerchio delle 12 pietre" con l'idea di ciclo che esprime, può essere ravvisato anche nel significato simbolico dei cosiddetti "nodi lunari", entro le 12 costellazioni dello zodiaco, secondo un mito babilonese: "Marduk creò il grande dragone: alla testa vi pose il Nodo lunare ascendente e alla coda il Nodo discendente, facendogli portare 6 costellazioni sul dorso e 6 sul ventre." (F. Capone, "I nodi lunari", Ed. Capone, pag. 20). Questo dragone, chiamato Apopi nella mitologia egizia, viene chiamato Rahu o Kethu, nella mitologia indiana: Rahu, quando si considera la testa del Drago, (astrologicamente il nodo lunare nord), Kethu quando si considera la sua coda (il nodo lunare sud). Il significato del nodo lunare nord (Rahu), è nell'astrologia, quello della strada che l'individualità deve seguire in questa vita, per progredire, cioè per la propria evoluzione individuale. Il nodo sud rappresenta invece, la vita passata, cioè la precedente vita terrena, da cui l'individualità deve svincolarsi se vuol procedere in senso evolutivo.(L. Mariangeli, "Astrologia tibetana", Ed. Mediterranee, pag. 68; D. Koechlin de Bizemont, "Astrologia karmica", Ed. Armenia, pag. 213).
La parola "reincarnazione" in ebraico, è "ghilgul" ed è formata da GHIMEL-LAMED-GHIMEL-VAV-LAMED, in numeri 3-30-3-6-30, totale 72. Nella lingua ebraica, "ghilgul" e "ghilgal" hanno, a nostro parere, il medesimo contenuto come, ad esempio nella nostra, lo hanno le parole gioco e giuoco. E' interessante notare che in un passo del libro dei Giudici (Giudici 2,1) in cui si parla di "ghilgal", lettere GHIMEL-LAMED-GHIMEL-LAMED, in numeri 3-30-3-30, totale 66, vi è l'angelo di Yahwe che procede da "Ghilgal" ad un altro luogo:
"Ora l'angelo di Yahwe salì da Ghilgal a Bochim ..." Bochim, è scritto con le lettere BET-CAF-IOD-MEM, valori numerici 2-20-10-40, totale 72. Considerando questi valori, si potrebbe dire che l'angelo di Yahwe, sale dal 66 al 72. Ciò potrebbe significare che questi due numeri e i concetti che esprimono hanno il medesimo contenuto.
"Ghilgal" è comunque riconosciuto come
termine tecnico del "passaggio" da un'incarnazione all'altra:"Non si tratta di un luogo, e neppure la Bibbia intende con tale parola un luogo. Ghilgal significa 'passaggio da un luogo all'altro'. E' un termine tecnico: il rotare, il passare e vivere dell'anima entro un corpo fisico, il suo passare da un corpo fisico all'altro. Questo veniva chiamato Ghilgal" (R. Steiner "I profeti dell'io", Ed. Tilopa, pag. 49).

 

 

 

 

Data creazione pagina: 09/05/2001 - Ultima modifica: 30 settembre, 2012.