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George
Armstrong Custer, pur avendo ottenuto grandi successi nel
corso della vita, ottenne la massima gloria, entrando a pieno
titolo nella storia e nella mitologia popolare, solo dopo
la tragica morte per mano dei guerrieri Sioux, Cheyenne e
Arapaho.
Custer nacque a New Rumley nell'Ohio e passò la maggior
parte della sua infanzia con una mezza sorella a Monroe, nel
Michigan.
Subito dopo le scuole secondarie partì per l'accademia
dell'esercito a West Point dove trascorse gli anni di studio
e formazione distinguendosi solo per gli aspetti negativi
del suo carattere e, alla fine, si diplomò come ultimo
della sua classe. Pochi giorni dopo il diploma venne rinviato
alla corte marziale per non essere intervenuto per sedare
una rissa tra due cadetti nel giorno in cui svolgeva il servizio
di ufficiale di guardia.
Si salvò dalla condanna solo perché stava scoppiando
la guerra civile e vi era un gran bisogno di ufficiali. Durante
la guerra civile Custer si distinse per coraggio e ardimento
non comuni; combattè eroicamente nella battaglia di
Bull Run e brillò per iniziativa in Virginia e a Gettysburg.
Il suo comportamento in battaglia e il non conoscere la paura
valsero a Custer il rispetto e la stima del comando generale
e l'affetto della gente comune, a dispetto delle enormi perdite
subite dalle unità combattenti da lui comandate.
Le sue unità di cavalleria giocarono un ruolo importantissimo
nel costringere alla ritirata l'esercito del generale confederato
Lee e, alla fine, per mostrargli tutta la sua gratitudine
il generale Sheridan comprò il tavolino sul quale venne
firmata la resa del sud e ne fece dono a Custer e a sua moglie,
Elizabeth Bacon. Nel luglio 1866 Custer fu promosso tenente
colonnello del VII Cavalleria col quale portò avanti
- senza alcun risultato - una campagna contro i Cheyenne per
quasi tutto il 1867. Verso la fine dello stesso anno Custer
conobbe ancora una volta i rigori della corte marziale, accusato
di aver abbandonato la sua colonna senza autorizzazione e
di averla lasciata senza comando. Venne sospeso dal servizio
e la sua salvezza portava il nome del suo amico generale sheridan
che lo richiamò in attività nel 1868, dandogli
l'opportunità di riscattarsi agli occhi degli alti
comandi dell'esercito grazie alla terribile e sanguinosa aggressione
al campo amico del capo Cheyenne Black Kettke sul Washita
River nel novembre dello stesso anno. Nel 1873 gli fu conferito
l'incarico di tenere a bada i Sioux nelle pianure settentrionali
ove ingaggiò piccole battaglie nell'area dello Yellowstone.
L'anno successivo Custer guidò una spedizione di 1.200
persone nelle Black Hills (alla ricerca dell'oro e di altri
metalli preziosi), il cui possesso era stato garantito ai
Sioux appena sei anni prima da un trattato. Il 1876 lo vide
a capo di una campagna contro i Lakota Sioux, ritenuti ostili
al governo USA, insieme ai generali Gibbon e Crook, ma una
sua testimonianza in tribunale sullo scandalo della corruzione
degli agenti indiani fece andare su tutte le furie il Presidente
Grant che pensò bene di esautorarlo dal comando preferendogli
il generale Terry.
Fu il malcontento popolare a costringere il Presidente Grant
a rivedere la sua posizione reintegrando nell'incarico Custer
che così potè andare incontro al suo tragico
destino nel west.
Il piano dell'esercito USA per sconfiggere i Lakota era tutto
sommato semplice: tre colonne li avrebbero dovuti circondare
e, senza lasciargli via di scampo, li avrebbero dovuti annientare.
Custer, però, avanzò molto più velocemente
di quanto gli era stato ordinato, portandosi a ridosso di
un grosso campo di pellerossa il 25 giugno 1876. Poco prima
le truppe del generale Crook erano state sconfitte dalle bande
guidate da Cavallo Pazzo sul fiume Rosebud e costrette alla
ritirata, ma Custer questo non lo sapeva.
Inoltre le truppe di fanteria comandate da Gibbon procedevano
a rilento. Fatto sta che quello che Custer aveva creduto essere
solo un grande accampamento ostile era in realtà la
più formidabile adunata di pellerossa di tutti i tempi.
Nell'accampamento vi erano Sioux, Cheyenne, Arapaho e altre
bande di indiani con centinaia e centinaia di tende piantate
su uno spiazzo che si estendeva per quasi 16 chilometri. Al
campo erano presenti oltre 3.000 guerrieri e comunque quasi
16.000 persone che aspettavano l'arrivo dei soldati anticipato
da una nitidissima visione di Toro Seduto. Custer non resistette
alla tentazione di fare tutto da solo, anche per non rischiare
di dover dividere la gloria di quel momento che credeva che
sarebbe stato poco più di un gioco. Confidava talmente
tanto sulla presunta debolezza dei pellerossa rispetto ai
suoi soldati che divise le proprie forze in tre distinte colonne
che andarono all'attacco verso il campo per vie diverse. Purtroppo
per lui le prime due colonne furono subito respinte e bloccate
e la sua fu costretta alla ritirata su una vicina collinetta
dove Custer e i suoi soldati furono schiacciati nel giro di
neanche quaranta minuti.
Era il 25 giugno 1876. Custer perse la vita quel giorno, ma
conquistò definitivamente la gloria che sempre andava
cercando, trasformandosi da semplice e oscuro soldato del
XIX secolo in eroe al punto che a tutt'oggi si discute di
lui animatamente. Molto della sua fama si deve alla vedova
di Custer, quella Elizabeth Bacon che per anni continuò
a trasmettere un'immagine del defunto marito come amante dell'arte,
colto, sensibile e, non da ultimo, ottimo statista. I ritratti
postumi del giovane generale lo dipingevano inesorabilmente
come la vittima del "massacro del Little Bighorn",
scordando che l'accampamento indiano era stato attaccato proprio
da lui. |
West
Point.
Subito dopo le scuole secondarie partì per l'accademia
dell'esercito a West Point dove trascorse gli anni di studio
e formazione distinguendosi solo per gli aspetti negativi
del suo carattere.
George Armstrong Custer
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