10 Luglio 2000
Adriano Sofri:
l'Amnistia vista da dentro il carcere
Intervista
di Paolo Emilio Landi
Come si vive in carcere questa attesa dell’amnistia?
Si vive in modo molto ansioso. La principale obiezione che io farei
al modo in cui l’hanno trattata le autorità competenti è
che hanno trasformato una cosa coinvolgente per tante persone in un tema
tecnico pratico efficentistico. Qui si tratta di delinquenti, farabutti
o di persone che per caso si trovano in galera, tante persone che da tempo
si erano rassegnate al fatto che sulle loro giornate non potesse
più fare irruzione niente. Improvvisamente, per una serie di combinazioni
come ad esempio il giubileo, è venuta una specie di notizia confusa
sull’eventualità che arrivi un momento di grazia. Se questa cosa
si rivelasse vana sarebbe una gigantesca tragedia, non tanto nel senso
delle rivolte, delle sommosse, ma soprattutto nel senso dell’abbandono
e della ricaduta dentro di sé, della disperazione, dell’autolesionismo.
In carcere c’è un tremendo autolesionismo sui corpi. Esiste però
anche un autolesionismo delle anime, un abbandonare qualunque speranza.
Ieri avete visto alla televisione le immagini del Papa da Regina
Coeli. Quali sono state le emozioni che ha raccolto tra i tuoi compagni
di prigionia?
Da questo punto di vista c’è stata una grande contentezza perché
il Papa ha ripetuto più volte la richiesta di una riduzione
della pena per tutti e quindi è andato anche oltre rispetto
alla lettera mondiale che aveva pubblicato.
Che strano rapporto ha questo Papa con il popolo italiano, da una
parte chiede l’amnistia e circa il 70% degli italiani sono contrari. Dall’altra
parla contro del Gay pride e trova la stessa percentuale favorevole. Che
tipo di paese è questo?
Io sono molto affezionato e molto simpatizzante per questo Papa
come si può simpatizzare per una persona dalla quale si è
molto differenti e in alcuni casi agli antipodi. In questo Papa c’è
una forza molto bella che a me piace molto e trovo che il suo modo
di invitare tutti a non avere paura sia molto evangelica. Peraltro, questa
esortazione a non avere paura permette di avere dei buoni pensieri
e di scegliere un posto giusto nella vita.
D’altra parte il seguito che riscuote presso gli italiani sul tema
delle carceri è poco.
Questo è un paese diventato in larga parte incattivito e avaro,
cioè un paese che guarda di malocchio il prossimo. Di qui
l’atteggiamento nei confronti di una questione come l’indulto e l’amnistia:
da una parte la razionalità che vuole difendere la sicurezza dall’altra
non so quale buonismo. In Italia la popolazione carceraria, in meno
di dieci anni, si è più che raddoppiata e i reati non solo
non si sono dimezzati ma sono aumentati. Dunque è chiarissimo che
il carcere non serve a niente dal punto di vista della sicurezza ed è
invece uno sfogo, una vendetta. Gli italiani hanno delle ragioni proprie
di paura e risentimento. Due le ragioni principali: la prima è la
longevità, cioè gli italiani diventano vecchi e vogliono
vivere a lungo e di qui una forte avarizia, un forte attaccamento al suo,
una mancata proiezione sul futuro e sulle generazioni che verranno. L’altra
è questa impreparazione assoluta ad accogliere gli stranieri,
questa reazione quasi da panico nei confronti di queste persone che sono
giovani, prolifici insomma altro da tutti i punti di vista. E questo crea
una tensione molto forte in un paese che si era cullato a lungo nell’idea
di essere ‘brava gente’ e gente non razzista.
Che immagine hanno dato nel complesso i politici discutendo del tema
dell’amnistia e dell’indulto?
Ho l’impressione che la classe politica, (ma anche le associazioni dei
magistrati, degli avvocati, le associazioni civili) abbiano dato una prova
di sé al di sotto delle loro stesse possibilità.
Mi pare che si sia delegata solo alla chiesa o alle chiese l’idea di
questo appuntamento di gala, di questa festa del Giubileo e invece gli
altri siano o semplici organizzatori logistici della costruzione di strade
etc. E dunque lo stesso problema delle carceri non è stato trattato
da nessuno se non come regolamento di esecuzione per realizzare una idea
di conversione, di modificazione, di riconciliazione che era appannaggio
del Papa, dei preti o dei pastori evangelici. C’è una specie di
ritirata dal campo della grazia non per starsene nel campo della giustizia
(che quello, si sa essere abitato dall’iniquità universale) ma in
quello della convenienza politica.
Sta mettendo sullo stesso piano il capo del governo e quello dell’opposizione?
A me pare che le responsabilità reciproche si assomiglino molto,
mi pare che il centro sinistra ha preferito parlare dell’indulto
e fissare questo muraglia simbolica invalicabile dei reati di tangentopoli.
Ha tramutato questa muraglia in qualcosa di demagogico e di retorico
dato che i reati di tangentopoli non hanno portato in galera nessuno e
non porteranno nessuno. Quindi se vuole c’è una parte di ipocrisia
dentro quella resistenza forte e ostentata. Dall’altra parte il centro
destra rinfaccia al centro-sinistra una intenzione che non esiste
e cioè quella di liberare i delinquenti e farli scorazzare per la
città minacciando i poveri cittadini e le signore indifese. E al
tempo stesso richiede una amnistia che può anche essere giusta ma
che è del tutto strumentale e contraddittoria con l’accusa che viene
mossa al centro sinistra. Quindi c’è un gioco delle parti non esaltante.
Il progetto di legge, presentato qualche giorno fa, cosa ne pensa?
Questo progetto mi pare animato da buone intenzioni e perfino da una
velleità di tradurlo in qualche fatto concreto. Non c’è dubbio
che niente può essere fatto nelle carceri rispetto alle galere
senza sgomberare prima le macerie. O si liberano degli spazi e si buttano
fuori dei corpi giacenti o non si può cambiare neanche un rubinetto
nelle galere italiane. C’è un regolamento penitenziario che dice
si dovrebbero mettere delle docce nelle celle dei detenuti. Qui io posso
fare la doccia tre volte a settimana (se rispetto gli orari) e questa è
già una situazione lusinghiera, ma per mettere le docce nelle celle
dei detenuti ci sarebbero da fare dei lavori che sarebbero impensabili
persino in una casa privata. Quindi quando qualcuno dice che l’amnistia
non risolve il problema sta dicendo una cosa assolutamente ovvia. Per un
verso perché nessun problema è risolvibile nel mondo, tanto
meno le carceri, ma al tempo stesso nessuna innovazione sarebbe pensabile
senza questo sgombero previo. Detto questo, all’interno del progetto ci
sono alcune misure che produrrebbero reazioni sorprendenti per l’opinione
generale. Per esempio la stragrande maggioranza dei detenuti stranieri
ai quali si dicesse che vengono mandati a casa invece di scontare la pena,
sceglierebbe di rimanere qui a scontare la pena. Ci sono persone che hanno
paura di ritornare nel loro paese, ci sono persone che preferiscono scrivere
a casa ‘vivo in Italia’ anche se vivono in una schifosa cella piuttosto
che ritornare nel loro paese.
Sicurezza dei cittadini e affrontare il problema delle carceri. Secondo
lei questi due temi sono conciliabili tra di loro?
Penso di sì. La galera non significa nessuna crescita di sicurezza
e al contrario spesso si traduce in una specie di garanzia di cronicizzazione
della delinquenza. Si deve tener conto che non esiste più la delinquenza
tradizionale, quella per cui il crimine era una scelta di vita. Oggi in
galera ci sono, a parte le grandi organizzazioni della criminalità
organizzata, soprattutto due tipi di persone: giovani immigrati molto poveri
e giovani tossicodipendenti. Queste persone sono gli autori della maggior
parte di reati nel nostro paese. Questi non sono delinquenti, sono
piuttosto tossicodipendenti o malati cui capita ogni tanto di diventare
delinquenti e a volte ergastolani a rate per effetto della loro condizione
sociale. Dunque: o si affronta quella condizione sociale o
viceversa con la galera si sanziona la loro trasformazione in delinquenti
abituali.. Molto spesso le persone che arrivano a nuoto, rischiando di
annegare, sono le persone più vivaci, più curiose, più
intelligenti, più aperte, non vedrebbero l’ora di trovare altre
possibilità. Io vedo qui in galera questa dissipazione di
corpi e di intelligenze, è davvero una discarica, la discarica
in cui tutto viene seppellito a strati e poi sopra si mette qualcosa come
una pianticella per occultare il luogo in cui è avvenuto.
Immaginiamo che lei avesse la palla di vetro, che succederà
in futuro, lei cosa spera?
Come vedo il futuro è molto differente da come io lo spero. Una
persona come me vive di un forte dissidio: io penso che il mondo sia spacciato
e al tempo stesso sono una persona molto socievole, persino allegro. Dunque
vivo come molti altri questa contraddizione. Vedo in maniera quasi inevitabile
un processo che porterà ad una sorta di americanizzazione carceraria.
Il business delle carceri negli Stati Uniti è colossale. Noi abbiamo
raddoppiato la popolazione carceraria nel giro di 8 anni se andassimo verso
una tendenza americana i 54.000 detenuti che vi sono oggi diventerebbero
nel giro dei prossimi dieci anni almeno 500.000. Io vedo questa tendenza
benchè con criteri meno febbricitanti, meno americani. L’Italia
finge di essere un paese moderato, in realtà arriva tardi e poi
si adegua rapidamente al peggio.
E la sua speranza?
Spero che si vada diffondendo la coscienza di chi ha capito che la reclusione
di corpi in gabbie da zoo è non solo abominevole per le vittima
ma anche per chi li chiude dentro. E’ soprattutto è una cosa insensata
che non ha nessun rapporto con i fini che dichiara e neanche con
i fini occulti che non dichiara, cioè che non assicura dalla violenza
e dalla illegalità e che non rieduca e non riabilita se non
nonostante se stessa. In galera ci sono persone che si riscattano ma si
riscattano contro la galera non grazie alla galera e dunque si richiede
alle persone una fatica eroica alla quale la maggioranza soccombe.
L'intervista
è andata in onda su Raidue - Protestantesimo il 23 luglio 2000
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