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Il testo e le immagini di questa  pagina sono tratti dal sito del liutaio

 

Luca Waldner http://www.lucawaldner.com

dietro suo gentile consenso.

Seguono i consigli per la manutenzione del liutaio Ennio Giavanetti ennio_liutaio@yahoo.it

 

 

La chitarra funziona secondo un principio, tutto sommato, semplice. Delle corde pizzicate mettono in vibrazione del legno, una cassa ne amplifica il suono, e il risultato è quello che noi chiamiamo “suono della chitarra”.

Anche costruire una chitarra è un atto fondamentalmente semplice, in fondo non diverso da quelli di tante altre forme di artigianato. Qui, come per qualsiasi atto umano, ciò che davvero conta è come si svolge il processo: Michelangelo utilizzò gli stessi materiali e strumenti che sono accessibili a chiunque, e lo stesso può dirsi dei materiali musicali usati da Bach, Mozart, o Beethoven. Quello che abbiamo di fronte tutti i giorni — i colori, i suoni, la materia — tra le mani di qualcuno può assumere diversa identità, comunicarci cose a noi sconosciute, suggerire mondi prima impensabili, prendere nuova vita: una vita non intrinseca all’elemento, una vita di cui l’elemento si fa umile e discreto veicolo.

 

 

 La Chitarra: Spirito e Materia

Lo strumento è parte di un armonico evento chiamato esecuzione musicale. La collaborazione tra più entità, il compositore, il liutaio, l'esecutore, ciascuno con la propria opera e la propria personalità, fa sì che un evento artistico prenda forma e vita nell'animo dell'ascoltatore, figura passiva solo in apparenza nella circolarità di questo evento.

Con questi stessi presupposti di collaborazione tra gli elementi la chitarra deve essere pensata e costruita, come sintesi di spirito attraverso la materia, così da giungere ad un'opera compiuta in sé: espressione di chi l'ha realizzata, fenomeno artistico per chi la suona o l'ascolta e a sua volta strumento per un'altra opera da compiere.

Pure con questi propositi bisogna avvalersi della filologia, intesa qui come studio delle opere e delle sensibilità antiche: non per riprodurre strumenti già da altri perfettamente realizzati, ma per recuperare e comprendere il pensiero che fu alla loro origine e poterlo quindi evolvere e proseguire in contesti culturali tanto differenti.

 

L'occhio del liutaio

 La costruzione di uno strumento musicale è l’unione di molteplici aspetti. Progettare, assemblare, decorare, verniciare, sono tutte fasi di un percorso che conduce al suono. Perfino il più piccolo elemento, apparentemente insignificante, è specchio di un modo di essere, la cui natura, la cui unitarietà o frammentarietà, si riflettono inesorabilmente nel gesto costruttivo.
Tutti gli elementi concorrono all’unità dell’opera finale, specchio del pensiero ispiratore, senza che nessuno prevalga sugli altri, senza che nessuno sia assente. Anche la soluzione tecnica più complessa, ricca, ornata, o innovativa, non deve prevalere. Per questo è difficile inventare. Un’invenzione, laddove venga interpretata come elemento risolutivo del “mistero” del suono, tende a concentrare l’attenzione su di sé, a distogliere dalla percezione di una totalità di eventi, a complicare invece che a lasciar scorrere con naturalezza gli elementi. Tutto deve essere funzionale, umilmente funzionale. In questo senso una grande lezione ci viene data da Antonio de Torres. Guardare un suo strumento significa non trovare nulla di particolare, nulla che possa razionalmente fornire una risposta alla domanda: ma come è possibile che suoni in questo modo? Nulla è superfluo, tutto è indispensabile, tutto è “semplice”. Eppure, il risultato è meraviglioso, e davvero ci si chiede da dove arrivi tanta bellezza, tanta carica emotiva. La risposta è una sola: da Torres stesso.
Le sue chitarre non hanno segreti, trucchi, misteri. Sono state costruite con quell’Amore che è motore della vera Arte. Semplicemente. Ne abbiamo suonate e studiate molte, di diverse forme, tipi, misure, e con diversi materiali, con diverse “invenzioni” al loro interno. Eppure, sono tutte a loro modo simili. Si riconosce in tutte la stessa mano, lo stesso cuore. Questo è il più grande risultato che un artista possa raggiungere: trascendere la materia, la tecnica, rendere cromosomicamente propri tutti quegli elementi su cui riversiamo, spesso ostinatamente, il nostro studio e a cui attribuiamo valori a loro non dovuti — rendere quegli elementi talmente propri da non farli più percepire, usarli in modo discreto ed armonico, affinché perfino le cose più difficili appaiano semplici, scorrano fluide, neghino con l’evidenza dei fatti la più sperimentata teoria.
A noi giunge quello che chi ha modellato l’elemento ci comunica direttamente, senza parole. Nel momento in cui cerchiamo di trascinare un’“arte” al di fuori del suo terreno, di tradurla con un linguaggio che non le appartiene, la sua voce si spegne. Parlarne può distogliere dai contenuti reali, rischiare di attirare l’attenzione verso il dito e non verso la luna che esso indica.
Le immagini di seguito presentate sono un invito a guardare con altri occhi, a chiudere i propri e vedere quello che il liutaio vede, quel ristretto campo visivo in cui egli si concentra quando lavora. Un invito ad entrare nel luogo un po’ segreto e misterioso che è il suo laboratorio, a sentire il profumo del legno. Un tentativo di creare una complicità tra l’intimità solitaria del liutaio e quella dell’osservatore. Senza dimenticare però che la vera chiave di accesso al mondo della sua arte, dove questa realmente esista, rimane la sua chitarra.

 

 

Cura e Manutenzione: l'umidità relativa e la vernice

 

 

L'Umidità Relativa
Col termine umidità relativa (U.R.) s’intende il rapporto fra la quantità d’acqua presente nell’aria e la massima quantità d’acqua che l’aria potrebbe assorbire a quella temperatura, prima che l’acqua stessa si condensi in piccolissime gocce, creando ciò che chiamiamo nebbia. Questa situazione è detta tecnicamente punto di saturazione o punto di rugiada.
Un metro cubo d’aria a 20°C ed alla pressione atmosferica media a livello del mare pesa circa 1,2 kg, e contiene al punto di saturazione circa 18 g di acqua. L’umidità relativa si esprime sempre in percentuale: così se il nostro metro cubo contiene 9 g di acqua diremo che l’umidità relativa è del 50%; se non è presente acqua nell’aria (il massimo “secco”) saremo allo 0% ed al 100% (il massimo “umido”) se l’aria non può più assorbire acqua, creando, quindi, nebbia.
La quantità massima di vapor d’acqua che l’aria può contenere aumenta all’aumentare della temperatura: a 0°C, per metro cubo, è di circa 4.5 g, a 20°C è salita a circa 18 g, e a 50°C arriva a 105 g. Lo stesso andamento si riscontra nei riguardi della pressione atmosferica: la quantità massima di vapor d’acqua che l’aria può contenere (a temperatura costante) diminuisce di circa il 12% per ogni 1000 m di quota sul livello del mare (con l’analoga diminuzione della pressione atmosferica). Queste indicazioni sono da prendere solo come valori orientativi, dato che le corrette dipendenze sono più complesse. Possono comunque essere più che sufficienti per quanto segue, dato che sono molto importanti per la manutenzione di qualsiasi strumento di liuteria (non solo chitarre) in un mondo in cui sono possibili rapidi spostamenti che espongono gli strumenti a variazioni di temperatura e pressione atmosferica in tempi estremamente brevi.
Alcuni dati sono molto importanti da ricordare:

· all’interno di un’automobile al sole si può arrivare in poco tempo (nell’ordine dell’ora) a temperature di circa 50°;

· sempre all’interno dell’auto, in inverno, è facile raggiungere temperature prossime allo zero;

· nella cabina dell’aereo si verificano rapidi sbalzi di pressione, ma soprattutto la particolare climatizzazione produce un’aria estremamente secca;

· nel bagagliaio dell’aereo la climatizzazione è ulteriormente ridotta, e i rischi aumentano.

In questi casi, in particolar modo nei viaggi in aereo, è utile allentare la tensione delle corde per ridurre lo stress della chitarra.
Sbalzi
di temperatura in inverno possono avere conseguenze molto serie. Una chitarra a 0° ad un’umidità relativa del 50% è in equilibrio col suo ambiente senza molti problemi. L’aria che la circonda contiene, però, solo 2,2 g di acqua per metro cubo. Se portiamo la chitarra in un ambiente dove la stessa aria viene riscaldata a 20° (qualsiasi locale dove non sia presente uno specifico umidificatore), l’umidità relativa scende a circa il 12%. La cosa diviene ancora più grave nelle fredde giornate di tramontana, o in montagna con temperatura esterna molto rigida, quando si può rilevare un’umidità relativa all’esterno anche del 10% (pelle delle mani secchissima, labbra che si screpolano, aria molto nitida e cristallina, visibilità eccezionale). Se quest’aria la portiamo all’interno della casa e la riscaldiamo fino a 20 gradi, possiamo immaginare quale tenore d’umidità relativa arrivi ad avere.
Questo brusco passaggio da umido a secco (detto il “colpo di secco”) comporta una forte perdita d’umidità da parte del legno, a volte talmente veloce che esso stesso non riesce ad assestarsi in tempo: alcune parti si asciugano prima di altre, ed il legno inevitabilmente si fessura.
L’umidità relativa ideale per la chitarra (e peraltro per qualunque strumento di liuteria raffinata) va dal 50% al 65%, ma può allontanarsi da questi valori senza incorrere in pericoli, a patto di rispettare certe precauzioni: una continua ed attenta osservazione delle condizioni ambientali, con strumenti di lettura dell’umidità e l’uso di appositi apparecchi umidificatori. Bisogna comunque sempre tener presente che variazioni di umidità, temperatura e pressione anche oltre questi limiti (ma non troppo) possono essere accettate dallo strumento senza danni, purché queste siano lente e diano tempo alla struttura di assestarsi.
Gli strumenti per misurare l’umidità relativa sono chiamati igrometri, e possono essere sia meccanici sia elettronici. Per gli igrometri meccanici si sfruttano la capacità di alcune fibre naturali ad allungarsi o ritirarsi al variare dell’umidità: è esattamente quello che fa il legno, che si gonfia al contatto con l’acqua e si ritira asciugandosi. I capelli umani offrono ottime caratteristiche di sensibilità ed uniformità di reazione anche al variare della temperatura. Negli igrometri a capelli, tramite semplici leveraggi, un sottile fascio di capelli è usato per muovere una lancetta. Al giorno d’oggi vengono anche usati capelli sintetici, lasciando invariato il principio meccanico di funzionamento, con risultati forse anche migliori e più stabili nel tempo di quelli ottenuti con i capelli naturali. Se di buona qualità (e quindi, di solito, di non basso costo), questo tipo d’igrometro è, fra gli strumenti a prezzo accessibile, tra i più precisi e costanti nel tempo. Non va confuso con gli igrometri con sensore interno d’umidità a bilama e a spirale, uguali nell’aspetto esteriore, ma notevolmente meno sensibili e precisi (e di costo di solito inferiore).
Una delle difficoltà nell’uso degli igrometri a capelli è la taratura. Il diffuso sistema di avvolgerlo in uno straccio umido e di regolare dopo alcuni minuti la lancetta portandola alla saturazione, si è rivelato, dopo molti tentativi, decisamente approssimativo e poco preciso. È molto meglio tararlo con uno strumento di misurazione più preciso ed inalterabile nel tempo (e molto più costoso) detto psicrometro ventilato. Lo psicrometro non è però consigliabile per il controllo dell’umidità necessario ai fini della cura della chitarra, non essendo assolutamente pratico né nell’uso, né nella lettura.
Esistono oggi anche igrometri elettronici, strumenti abbastanza precisi, anche se personalmente non ho mai riscontrato in essi la praticità di lettura e la precisione riscontrabile in igrometri a capelli di buona qualità. Sono comunque buoni apparecchi, sempre che siano anch’essi di buona qualità.
Tramite l’igrometro potremo quindi leggere l’umidità relativa presente nell’ambiente ed agire di conseguenza. Se l’ambiente è troppo umido (umidità relativa oltre il 75%, e costante nel tempo), sarebbe necessario deumidificare, cosa non proprio semplice in quanto l’apparecchio (il deumidificatore) che svolge questo compito è alquanto costoso ed ingombrante (simile nelle misure ad un comodino). Questi apparecchi oggi sono molto diffusi e possono sempre tornare utili, ma difficilmente in un’abitazione moderna si renderà necessario l’acquisto e l’uso di un deumidificatore per le sole questioni di salute della chitarra. Va anche detto che aumenti di umidità (di solito legati alla situazione meteorologica) sono in genere modesti, e soprattutto lenti, e non sono violentemente dannosi per gli strumenti.
Molto più probabile, invece, è che si presenti il problema inverso, e che si renda necessario l’uso di un umidificatore. Se ne trovano in commercio di molti tipi: i migliori sono quelli a vapore (con elettrodi o con un piccolo bollitore), che consumano un po’ d’energia elettrica, ma sono molto robusti e soprattutto igienici. Nel caso questi apparecchi siano del tipo con elettrodi e l’acqua immessa sia molto dolce (cosa facile in zone montane), si renderà necessaria l’aggiunta di un pizzico (minimo!) di bicarbonato di sodio nell’acqua, al fine di aumentarne la salinità e conseguentemente la formazione di vapore.
Gli umidificatori ad ultrasuoni, detti anche “a vapore freddo”, non vaporizzano l’acqua facendola bollire, ma la nebulizzano per mezzo di ultrasuoni, producendo una sottilissima “nebbia” che viene poi immessa nell’ambiente da una piccola ventola. Sono molto silenziosi, consumano pochissimo e producono una buona quantità d’umidità nell’ambiente, tuttavia costano di più e richiedono una continua pulizia e sostituzione dell’acqua, non essendo provvisti del potere disinfettante dell’azione del vapore. Anzi, mischiando continuamente l’acqua di ne­bulizzazione con l’aria (insieme a polvere e quant’altro essa può contenere), creano un ottimo ambiente per la moltiplicazione di batteri.
Tramite questi apparecchi possiamo quindi monitorare e mantenere giustamente umido l’ambiente in cui la chitarra passa la maggior parte del suo tempo: dove si studia, per esempio (il che comunque è consigliabile anche per la nostra salute).
Quando invece lo strumento viene portato (e di solito rapidamente) in aule o in sale da concerto, dove ci possono essere condizioni critiche d’umidità, vanno prese ancora altre precauzioni.
Se l’ambiente esterno è molto umido (giornate nebbiose, per esempio), ben poco si può fare, lo strumento si “gonfierà” un po’ se rimane a lungo in questo ambiente (anche se la custodia isola molto bene lo strumento), calerà leggermente nel suo rendimento, ma non correrà pericoli eccessivi, a patto di porre molta attenzione nel portarlo successivamente in ambienti molto secchi (o fortemente riscaldati come, per esempio, le aule scolastiche). In questo caso verrebbe sottoposto ad una rapida cessione della sua abbondante umidità accumulata ed assorbita, esponendosi a seri rischi di creparsi. Un’eccellente precauzione in questo caso è di umidificare soltanto la chitarra, o meglio il suo interno (solitamente non verniciato ed a diretto contatto con l’ambiente esterno attraverso la buca e per questo più “vulnerabile”), mediante un piccolo, ma efficace umidificatore interno. Questo creerà una maggiore e quanto mai protettiva umidità all’interno della chitarra, proteggendola dall’eventualità di una rottura. È l’analogo di quello che spesso si vede nei musei o nelle esposizioni, dove piccole ciotole d’acqua vengono poste all’interno delle bacheche in cui sono esposti oggetti delicati e sensibili all’umidità.
Tutte queste attenzioni non devono però diventare un’ossessione: saranno l’esperienza e l’abitudine a guidarci nella cura della chitarra, che (è sempre bene ricordarlo) rimane comunque un oggetto molto resistente, anche a situazioni estreme. Una buona precauzione è di portare sempre con l’igrometro e l’umidificatore interno: un minimo di prevenzione aiuta il mantenimento della chitarra nelle migliori condizioni d’utilizzo, impedendo l’insorgere d’eventuali danni con conseguenti lunghe, e dolorose, riparazioni.


 

La Vernice
Le vernici in liuteria possono oggi essere di molti tipi, ma le uniche ammissibili sono quelle naturali. Queste possono essere a base di cera, di resina, di gommalacca. Per la chitarra quelle a base gommalacca sono sicuramente le più diffuse e quelle che restituiscono anche i migliori risultati.
La gommalacca è una sostanza usata sin dall’antichità per verniciare il legno ed è secreta, con funzione di protezione, da un insetto della famiglia delle cocciniglie stanziale nel subcontinente indiano. Opportunamente trattata e purificata è venduta solitamente sotto forma di sottili e lucenti scaglie ambrate e costituisce la base per molti tipi di vernice in liuteria. Spesso alla gommalacca sono aggiunte varie sostanze (seguendo i più disparati criteri), tra cui coloranti, resine o cere, il tutto sciolto in alcool.
L’applicazione avviene tramite un tampone (batuffolo di cotone o lana avvolto in un tessuto di cotone o misto lino), utilizzando una tecnica molto antica, di difficile apprendimento e laboriosa realizzazione, oggi adottata solo per strumenti musicali di liuteria o mobili artigianali di pregio.
La verniciatura a tampone con gommalacca ha un ruolo importante nella definizione del suono e conferisce al legno un bellissimo aspetto, esaltandone la bellezza delle venature come nessun’altra vernice può fare. Lo spessore applicato è minimo, nell’ordine di un decimo di millimetro (un foglio di carta sottile), e la verniciatura è tanto più bella quanta meno vernice si riesce ad applicare. Purtroppo è molto delicata e poco resistente a graffi, calore, sudore e richiede periodiche operazioni di manutenzione per essere sempre brillante e proteggere costantemente il legno. Molto differente, quindi, dalle vernici di tipo sintetico spesso usate sulla chitarra in epoca moderna, applicate in spessori che arrivano ad essere anche di dieci volte quello della gommalacca e diventano rapportabili finanche allo spessore del piano armonico. Queste vernici sono sicuramente molto resistenti ai graffi ed all’usura ma con lo svantaggio di comportare un deciso peggioramento del suono e di non donare la necessaria bellezza al legno su cui sono applicate.
La gommalacca, così delicata e particolare, richiede quindi la conoscenza di qualche minima nozione sulle sue caratteristiche per mantenerla al meglio nel tempo, ancor più se consideriamo che è molto differente dal concetto di vernice a cui siamo abituati nei giorni nostri. In pratica è una sostanza naturale totalmente compatibile con il legno che, una volta applicata, fa un corpo unico con esso. Nel tempo è addirittura “assorbita” dal legno, tanto da farlo sembrare “legno lucido” più che “legno verniciato”.
Una doverosa attenzione va posta al controllo della temperatura a cui è sottoposta la chitarra. La gommalacca e le resine di cui la vernice è composta sono molto sensibili al calore, con temperature elevate si ammorbidiscono e prendono l’impronta di qualsiasi cosa sia a loro contatto. Facile quindi aprire la custodia ancora calda dopo una sosta in macchina sotto il sole e trovare l’impronta del tessuto che ne riveste l’interno fedelmente riprodotta sul bel fondo lucido della chitarra. Similmente può accadere lo stesso nei giorni estivi più caldi semplicemente suonando lo strumento: nei punti in cui c’è contatto con il corpo (petto, gambe, avambraccio destro) è facile che la vernice prenda l’impronta del vestito che portiamo. Meglio in questo caso isolare lo strumento con una pelle di daino o una morbida pezza. Fondamentale qui ricordare che la vernice è sensibile al sudore e a tutto l’insieme di acidi e sali in esso contenuti. Essi provocano alterazioni assolutamente imprevedibili: opacità, ritiro, cambiamento di consistenza. È quindi indispensabile proteggerla nei mesi estivi.
Nel caso la vernice si danneggi, non bisogna disperarsi: un altro vantaggio di questa vernice è di essere reversibile, caratteristica indispensabile in occasione di riparazione o restauro. Lo scioglimento delle resine e della gommalacca in alcool è un processo che può essere ripetuto infinite volte. La vernice si può riprendere, ritoccare, lucidare, ottenendo un risultato finale esattamente uguale (a volte anche migliore) a quello della chitarra nuova. Per ritocchi locali non serve riverniciare tutta la chitarra ma basta ritoccare e lavorare la vernice già esistente. Le vernici sintetiche, al contrario, essendo completamente irreversibili, sono sì molto robuste e resistenti ai graffi, alla temperatura e al sudore, ma nel caso di una riparazione creano molti problemi, costringendo a sverniciare e riverniciare almeno una parte completa (fondo, piano armonico, fasce, ecc).
Ricordiamo anche che l’usura nelle parti maggiormente sollecitate (manico, fondo nella parte a contatto con il petto, fasce nelle parti a contatto con le gambe o il braccio) è normalissima e fa parte di quella manutenzione periodica che lo strumento richiede e che, se rispettata, permette il mantenimento dell’aspetto estetico nelle migliori condizioni. Periodicamente lo strumento deve essere riportato dal liutaio affinché sia rimessa vernice dove necessario. Si evita così di esporre il legno all’azione degli agenti aggressivi della pelle e dello sporco che lo macchierebbero irrimediabilmente.
L’unica parte che solitamente non viene riverniciata (per motivi di carattere acustico) è il piano armonico, peraltro una delle parti meno resistenti, essendo l’abete un legno molto morbido. Porre quindi molta attenzione a graffi e segni: questi rimarranno, anche piacevoli se piccoli segni dell’uso, molto meno piacevoli se profondi e vistosi.
Per la pulizia della chitarra usare sempre un morbido panno di cotone, meglio se felpato, e prodotti specifici. In mancanza d’altro va bene anche un fazzolettino di carta o un morbido straccio appena umido passato sullo strumento, asciugando subito con il panno.

Assolutamente non usare prodotti per mobili di tipo spray o liquidi, polish con siliconi, olii e tantomeno alcool. Da evitare categoricamente l’uso di qualsiasi prodotto detergente in presenza di crepe o danneggiamenti: si potrebbero creare grossi problemi al momento della riparazione.
Ricordarsi sempre che la vernice è, in sostanza, una resina, fa corpo unico con il legno, lo rende più bello e n’esalta il suono, ma è molto delicata e richiede molta attenzione per mantenere a lungo tutta la sua preziosa lucentezza.

 



 

Istruzioni per la buona manutenzione dello strumento

a cura del liutaio Ennio Giavanetti ennio_liutaio@yahoo.it

 

  1. Il legno è un materiale igroscopico, cioè sensibile alle variazioni di umidità che si trova nell’aria, per questo è bene tenere lo strumento in un ambiente con l'umidità relativa tra il 45% e il 60%. Un' umidità bassa o alta potrebbe causare deformazioni nel legno con conseguenti danni per lo strumento: spaccature, crepe o la fuoriuscita delle barrette dei tasti sono la conseguenza di un' esposizione ad un’umidità troppo bassa, mentre un’umidità troppo alta potrebbe causare scollamenti delle catene interne o di altre parti dello strumento e deformazioni del piano armonico con conseguente perdita di sonorità.

  2. Il pericolo maggiore è costituito dal passaggio brusco da ambienti umidi ad ambienti troppo secchi, per questo è meglio tenere lo strumento sempre chiuso nella custodia quando non lo si utilizza; è bene tenere sempre nella custodia un umidificatore (basta una piccola scatola forata con all'interno dell'ovatta bagnata).

  3. Le crepe che si possono presentare nello strumento spesso non modificano le caratteristiche del suono ma necessitano l'intervento di un liutaio in grado di ripararle ed evitare danni maggiori.

  4. Se a causa del calo di umidità i tasti dovessero sporgere dai bordi della tastiera conviene intervenire subito onde evitare che gli stessi si possano impigliare da qualche parte e venire così sollevati. L’umidità agisce anche sull’altezza delle corde rispetto alla tastiera: un’umidità eccessiva tenderà a farne diminuire l’altezza, mentre un’umidità troppo bassa la farà aumentarne. Ciò è dovuto al fatto che l’ebano è un legno molto sensibile all’ umidità e non essendo la tastiera verniciata, non ha protezioni dall’ esterno.

  5. Fare molta attenzione alle temperature eccessive: non lasciare lo strumento esposto ai raggi del sole, vicino a fonti di calore o in ambienti eccessivamente caldi (come l'interno della macchina nel periodo estivo).

  6. Lo strumento si abitua e di conseguenza si adatta alla tensione delle corde a cui viene sottoposto: questa tensione dovrebbe  rimanere sempre costante. Pertanto, onde evitare che il piano armonico perda tensione e di conseguenza sonorità, bisogna cambiare le corde una alla volta. Nella pratica si consiglia di procedere nel modo seguente: togliere il cantino e mettere quello nuovo portandolo a tensione, solo dopo aver compiuto questa operazione passare alla seconda corda e via via a tutte  le altre.

  7. lo strumento di liuteria, a differenza di quella industriale, è generalmente verniciato con gommalacca, una resina naturale che permette di rivestire e quindi di proteggere lo strumento per mezzo di strati molto sottili e leggeri. Questa tipo di verniciatura, a differenza di quella sintetica, rende lo strumento più delicato e sensibile a graffi e botte. Bisogna pertanto fare la massima attenzione agli indumenti con bottoni o cerniere, agli anelli e ai colpi d’unghia. Ricordiamo che il legno più morbido viene impiegato per la realizzazione del piano armonico (abete o cedro) ed è pertanto la parte più vulnerabile dello strumento.

  8. Per una buona conservazione della vernice è bene pulire lo strumento ogni volta che lo si utilizza con una pelle di daino o un panno morbido che non graffi. Mai pulire lo strumento con prodotti a base di alcool poiché tale sostanza farebbe rinvenire la gommalacca  deteriorandola. Importante è togliere accuratamente le tracce di sudore poiché questo è una sostanza acida che potrebbe intaccare la vernice. Prima di riporre lo strumento nelle custodia, è consigliabile avvolgerlo in un panno morbido per proteggerlo.

  9. Per far viaggiare lo strumento in aereo nello scomparto bagagli è necessario allentare completamente le code.

  10. Lubrificare ogni tanto le meccaniche donerà ad esse una vita più lunga.