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"I Sogni in un Baule"

NOTE AL RACCONTO.

Questo racconto è stato pluripremiato in diversi Concorsi Letterari nazionali ed europei, e pubblicato sul giornale “Il tuo Paese” di Capodimonte a Marzo 2002, con inserto speciale; una seconda versione inedita di questo racconto è stata rivisitata con l’aggiunta di dialoghi per farne una versione cinematografica, per il prestigiosa Premio Solinas 2003 “Scrivere per il cinema”. Tra i Premi Letterari più noti, ricevuti dall’Autrice per questo racconto di vita famigliare, ricordiamo: il Premio Letterario Nazionale «La Cittadella», che vince nel 2001 e le viene conferito il Diploma d'Onore dall'AS.CU.P.E.S. Mentre nel 2002, viene invitata a partecipare insieme ad altri 120 scrittori selezionati in tutta Europa, su segnalazione di Organismi culturali e qualificate pubblicazioni, al Premio «Omaggio a Goldoni», che vince con “I sogni in un Baule” classificandosi al primo posto nella categoria “Anni Verdi”. Selezionata tra gli scrittori Europei migliori e più meritevoli, premiati in quest’ultimo Concorso, viene invitata a partecipare al Premio Letterario Internazionale «Victor Hugo», che vince l’8 dicembre 2002.

SINOSSI

Si tratta di uno strano, eppure verissimo racconto di famiglia: un baule pieno di “sogni di gioventù”, appartenente a mio nonno materno, torna nelle mani della legittima proprietaria, mia nonna. Il nonno purtroppo era dipartito 8 anni prima della inaspettata consegna effettuata, da un ambiguo ed anziano signore in paltò, dopo che quello stesso baule era stato ritenuto ormai perduto per sempre, per ben 50 anni! Ma chi era quello strano figuro e soprattutto cosa conteneva di così prezioso quel misterioso baule?

Dedica dell’Autrice:



Al grande cuore di mia nonna, maestra di vita;
ai sogni, irrimediabilmente perduti, di mio nonno.
Al loro immenso, eterno Amore.
Monia.

**********

"I sogni in un Baule"

Il cielo quel giorno era strano e non sembrava presagire nulla di buono. Un tremolante, pallido sole brillava tra poche nuvole grigiastre, nel deludente sforzo di non riuscire a mostrarsi in tutta la sua potenza. Era il primo pomeriggio, ma il cielo si tinse con i colori dell’alba. Le poche nubi, scaricato il loro pesante fardello, pian piano si diramarono e tutt’intorno sprazzi rosati si unirono ad un celeste cangiante, creando frenetici girotondi, come in una danza propiziatoria. Aveva appena smesso di piovere, ed il vento iracondo di pochi minuti prima, ora lasciava tacere in una sorta di pace innaturale le folte chiome degli alberi.

Al di sotto il lago, prima cupo e minaccioso, aveva ora incatenato le sue onde e giaceva calmo e piatto quasi si stesse riposando dopo tanto andirivieni delle acque e come uno specchio rifletteva quell’ azzurrino del cielo, diventando anch’esso cristallino. Leggera scese una morbida, bianchissima foschia che nascose le verdeggianti colline circostanti e le sponde del lago scomparvero. Aria ed acqua, ora erano unite in un unico irreale colore e non si poteva più distinguere il confine tra cielo e terra; fu allora che l’orizzonte si trasformò in un soprannaturale abbraccio di eterno, sovraumano Amore. Sembrava che tutti fossero rimasti colpiti ed incuriositi da questo affascinante e quanto mai nuovo fenomeno atmosferico; e che desiderosi aspettassero, da dietro i vetri appannati delle finestre, la quiete dopo la tempesta. Quest’ultima, con il timoroso cinguettio dei primi impavidi uccellini, non tardò ad arrivare; ma non fu lo stesso per mia nonna…. Uno sconosciuto, stretto in un curioso paltò e con un cappello scuro ancora sgocciolante, si soffermò curioso sotto l’uscio della sua casa e suonò. Sembrava stremato ed ansimava faticosamente, aveva una cassa malridotta tra le mani, e quando mia nonna dalla finestra rispose egli si presentò con voce flebile, come un vecchio conoscente. E difatti lo era, ma erano passati così tanti anni che la nonna, ora scesa nell’androne del palazzo, con difficoltà tardò a riconoscere. Era un contadino di un paese vicino, il figlio, ormai anziano, di amici di vecchia data dei miei nonni. Dopo una repentina ed alquanto furtiva presentazione, con altrettanto tono soffocato e parole poco scandite disse: -Questo baule vi appartiene….è rimasto per tanti anni nel nostro granaio….è di vostro marito, sarà contento di riaverlo.- -Mio marito è morto ormai da dieci anni….- Rispose interdetta mia nonna, mentre le lacrime tra dolore e rabbia, per questa strana incursione nella sua vita sentimentale, iniziavano ad inumidirgli il volto. -Mi dispiace signora, non lo potevo sapere, questa però è vostra ed ho anche questa per voi….- Tirò fuori dalla tasca inumidita e sdrucita del paltò una busta e la depose sulla cassa che giaceva per terra accanto ai suoi scarponi rozzi ed infangati. Poi in tutta fretta salutò alzando leggermente la visiera del cappello e tenendo sempre basso lo sguardo per non incontrare quello interdetto ed interrogatorio della nonna, quasi si vergognasse del suo gesto, improvvisò uno stretto ed incerto sorriso e se ne andò. Mia nonna attonita ed anche un po’ impaurita da questa strana apparizione dal passato, si chinò tremolante e con il cuore impietrito prese tra le mani quella busta. Lesinò un po’ prima di aprirla non riuscendo ad immaginarsi quale arcano oggetto custodisse, poi tirò un gran sospiro per farsi coraggio e l’ aprì. C’erano cento mila lire. Alla vista dei soldi mia nonna alzò di scatto lo sguardo alla ricerca dell’inaspettato signore, lo intravide in lontananza che si affrettava con passo veloce ma un po’ ciondolante, si impegnò a tirar fuori la voce rotta nella gola per la intensa emozione e scoppiò in un grido: -Signore, signore fermatevi….questi non li voglio, non li voglio, fermatevi vi prego io non li voglio, non li voglio….- Quel losco figuro neanche si voltò e la voce ormai roca di mia nonna pian piano si spense. Il cuore stanco le usciva dal petto, che cercava di sostenersi con una mano, mentre con l’altra, dove racchiudeva la busta ormai tutta stropicciata, si appoggiava allo stipite del portone. Quelle grida avevano attratto l’attenzione di un vicino che si precipitò a vedere cosa fosse accaduto. Il giovane si avvicinò a mia nonna e con fare amorevole e preoccupato istantaneamente la sorresse prendendola sotto le braccia, che tremavano come una banderuola al vento. Il ragazzo cercò di farle coraggio: -Si calmi, ora si calmi è tutto finito…-, ma in realtà tutto doveva ancora cominciare. -Cosa è accaduto ?- lui chiese, -Questa cassa ….quel signore laggiù in fondo al viale….e questi soldi io non li voglio, non li voglio!- Il soccorritore diresse il suo sguardo alla fine della strada ma non c’era più nessun signore, la lunga via era deserta e silenziosa. -Va tutto bene….ora si calmi saliamo a casa sua deve sedersi e mi dica cosa posso fare per lei?- -Aiutami solo a portar su questa cassa….è di mio marito….grazie.- Il vecchio baule ora era in salotto e mia nonna, rimasta sola dopo i primi generosi soccorsi, lo guardava intimorita dal divano sorseggiando un bicchier d’acqua cercando di ritrovare la calma, come il lago aveva fatto poc’anzi, mentre mille pensieri le frugavano ancora per la testa. Poi teneramente rivolse lo sguardo alla foto di mio nonno sul comò e chiese: -Che cos’è? Che cosa mi hai mandato? Cosa devo fare?- La cosa più logica le sembrò avvertire il resto della famiglia del sorprendente accaduto, per trovare insieme a noi quel caldo conforto che la aiutasse a districare i tanti dubbi che in pochi fugaci istanti le avevano rapito la mente. E così fece, prese il telefono e ci chiamò. Di lì a poco, la poverina sarebbe stata catapultata in un remoto passato, che per tanti anni le era rimasto sconosciuto e che nella confusione più totale del momento non avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare. Seduti intorno al tavolo del salotto ascoltavamo smarriti il toccante racconto alla fine del quale la decisione fu presto presa: sollevammo il coperchio della cassa, che cigolante si alzò facilmente perché non era legato da nessun lucchetto. Oggetti familiari nella loro essenza, ma a noi sconosciuti si dispiegarono ai nostri occhi. Estremamente significativi e dotati di una ritrovata vitalità ci fecero varcare la soglia temporale che separa i giorni nostri da quelli della Seconda Guerra Mondiale. Vi trovammo una bandiera italiana con lo stemma regio ricamato al centro, accuratamente ripiegata; la giacca di una divisa perfettamente mantenuta in buono stato, ancora con i gradi di Sergente Maggiore ben attaccati e lucidi e lo scudetto del Genio Guastatori. Poi una lista manoscritta, con l’inconfondibile calligrafia barocca di mio nonno, in cui veniva descritto minuziosamente il contenuto della cassa. Mancavano diverse cose : un paio di stivali militari, una delle prime macchine fotografiche esistenti, una rudimentale macchina del caffè elettrica, una scatola contenente il servizio da barba, un paio di pantaloni militari ed un inspiegabile numero “16”: A cosa poteva riferirsi? Sul fondo, però, trovammo un ultimo importante oggetto, una grande busta di carta ingiallita dal tempo, anch’essa irrimediabilmente aperta. Conteneva foto in bianco e nero e a colori, lettere ricevute da mio nonno e due vecchi libretti postali “nominali” a lui intestati. La gioia che ci pervase trovando questi ultimi affetti più cari, ci incuriosì per delle ore. Anche sul volto di mia nonna si era di nuovo acceso un bellissimo seppur malinconico sorriso. I suoi occhi innamorati guardavano le foto che ritraevano mio nonno in atteggiamenti militari insieme ai commilitoni e le sue mani, ora tremolanti per la profonda gioia, le carezzavano. Istanti di vita immortalati per sempre, che ci guidarono alla scoperta di luoghi di cui tanto avevamo sentito parlare, ma che avevamo solo potuto immaginare: un accampamento all’ora del rancio e mio nonno con un improvvisato cappello da cuoco vicino al pentolone sul fuoco; seduto su una jeep all’ombra di una grande palma da datteri, in un’oasi del deserto africano; sulla prua di una nave battente bandiera della Marina Italiana, stretto in un abbraccio con un commilitone e sopra di loro potenti e mirabili cannoni; al posto passeggero su un sidecar per le affollate e sabbiose strade di Tripoli; ed infine la più toccante in assoluto quella che ritraeva i miei nonni insieme, gioiosi, giovanissimi, appena sposati, ritagliata a forma di cuore e dietro una amorosa dedica “Per Sempre”. Poi le lettere: belle e commoventi quelle ricevute da mia nonna; divertenti quelle di parenti anch’essi arruolati durante la Grande Guerra. Tra queste in particolare ne ricordo una, quella di un cugino compaesano di mio nonno, in servizio permanente ad Udine, che per fargli sapere che si era innamorato di una giovane del posto, ma soprattutto per far si che la lettera passasse la censura e giungesse a destinazione, prima di arrivare al punto fece uno sproloquio di esaltata ammirazione nei confronti delle forze e dei mezzi militari italiani, scritta a china con una calligrafia di altri tempi, a volte incomprensibile, al centro riportava un timbro “passata alla censura”. Questa ci fece scoppiare in una risata generale. Proprio come la situazione meteorologica di quel giorno, la tempesta era ormai passata e l’armonia ritornata. Mancavano però ancora all’appello i due libretti dei risparmi. Soldi sonanti che mio nonno aveva messo da parte uno sull’altro, una missione militare dopo l’altra, per comperare una casa ed a garanzia di una futura stabilità economica con mia nonna, arrivando ad un totale di ben 16 mila lire, che rapportati ad oggi erano veramente tanti. In realtà i miei nonni non comprarono mai una casa , ma la ereditarono alla morte dei genitori di mio nonno, quella dove mia nonna vive tuttora; perché come mostravano i libretti i soldi erano stati tutti ritirati. Ma chi lo aveva fatto se poteva ritirarli solo mio nonno? Svelato il mistero del numero “16”, all’unisono le nostre incognite mentali istantaneamente collegarono a questo misterioso fatto la busta donata di tutta fretta con le 100mila lire, di oggi, dentro. Era forse quello un modo alquanto inadeguato per chiedere scusa ? Per rifarsi del danno procurato? Una sola cosa era certa: pensando alla guerra, alla miseria più assoluta, ed al boato delle bombe che ti fanno perdere tutto, anche la ragione, niente poteva essere dato per scontato. Creare una concatenazione di “forse” con il ragionamento non ci avrebbe di certo aiutato a rispondere ai nostri tanti interrogativi. Decidemmo allora che dovevamo ritrovare quell’ambiguo signore e farci raccontare tutta la verità, perché senza volerlo avevamo aperto la porta al passato, ed ora ci sentivamo in diritto di conoscerlo meglio, di farlo solo nostro. Giorni dopo, scoperto chi fosse e dove abitava il “postino” di una così straordinaria consegna, che aveva dovuto superare i valichi dello spazio e del tempo per tornare ai legittimi proprietari, mia madre, all’insaputa di mia nonna, la quale desiderava che la questione anche se non chiarita fosse per sempre chiusa, si recò a casa del “signore col paltò”. La storia che le raccontò fu quanto mai intricata : disse che il baule venne loro consegnato da mio nonno a Tripoli una sera a cena, prima di partire per l’ultima missione; mentre lui, quasi ventenne, ed i suoi genitori il giorno seguente si sarebbero imbarcati per tornare in Italia, come del resto gran parte degli ultimi italiani rimasti in Libia, che con i pochi spiccioli guadagnati laggiù, tornavano a casa per rifarsi una vita. Mio nonno molto amico di queste persone, come il signore stesso ricordò, chiese di consegnare il baule a mia nonna appena giunti a casa. -Ed allora perché non lo avete fatto?- chiese mia madre che sempre più voleva vederci chiaro, -Forse se lo aveste fatto quando mio padre era ancora vivo, lo avreste reso felice! Seppur in parte e a distanza di tanti anni gli avreste ridato i suoi Sogni!- Allora egli in maniera molto confusa disse che la cassa venne rubata dagli inglesi e poi -No,no dai tedeschi…-, ma se la cassa era ancora qui come era possibile che inglesi o tedeschi l’avessero rubata ? Fu così che egli aggiunse -Non hanno rubato tutta la cassa, solo alcuni oggetti utili….poi suo padre tornato dalla guerra venne a cercarla, ma noi gli dicemmo che era stata rubata dai militari accampati qui in casa nostra….e da quel giorno non lo abbiamo più visto!- Sicuramente mio nonno tornò a cercare il suo baule, e dopo una furente discussione, compreso che i suoi beni e le sue speranze erano andati irreparabilmente perduti, decise di serbare il segreto nel suo cuore, forse per non suscitare un dannoso dolore nell’animo di mia nonna che in quei giorni era in dolce attesa del primo figlio e da quel momento tacque per sempre. Noi però, non credemmo mai neppure ad una parola del confuso e traballante racconto, ma ormai avevamo tratto le nostre conclusioni sulla verità e questo, seppur con rabbia, ci bastava. Mio nonno per paura di non farcela a tornare a casa e forse di morire proprio durante l’ultima missione, consegnò fiduciosamente la cassa a dei “cari amici” (che guarda caso da emigranti sono divenuti grossi proprietari terrieri). I soldi invece crediamo li avesse ritirati lui stesso, i timbri che riportavano la parola “estinto”delle Poste Italiane Città di Tripoli lo confermano, probabilmente per paura che essendo i libretti “nominali” in caso di suo decesso, mia nonna non avrebbe più potuto prelevarli, e così mise anche le banconote nel baule, racchiuse con gli affetti a cui più teneva nella ormai logora busta di carta, celata in uno scompartimento recondito della cassa, che ora appariva evidentemente manomesso.

Questi sono gli “strani” avvenimenti che hanno colto di sorpresa la mia famiglia, in una “strana” giornata di settembre, ma quello che veramente conta è che tra la fine della guerra e l’arrivo inaspettato di quel baule c’è stato solo amore e tanta, tanta felicità. E l’invisibile orizzonte di quel giorno, in cui cielo e terra armoniosamente si unirono in un celestiale connubio, crediamo fermamente rappresentasse l’affettuoso abbraccio del nonno per dirci “sono ancora con voi”, ed un più importante angelico messaggio per mia nonna di rinnovato ed eterno Amore.

Monia Di Biagio

Leggi alcuni racconti tratti da “Destini”:

-I sogni in un Baule
 
-Il messaggio degli Angeli
 
-La Vecchina
 
-Volo 757

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Kika

-Il Destino in un libro

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