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SINOSSI: una morte terribile, repentina ed inaspettata. Voci tremende circolanti sulla fine di un piccolo ed amato angelo caduto forse per sbaglio sulla terra. Un sogno bellissimo: a svelare l’incredibile verità! Breve Premessa al racconto: “Aldilà”. Dove andrà a finire la nostra Anima dopo che siamo Morti? La fede ci suggerisce un luogo di Pace Eterna ed io fermamente ci credo! Ma Aldilà ed Aldiquà possono a volte incredibilmente congiungersi? La mia personale fede mi suggerisce che questo sempre può accadere basta essere pronti, non farsi prendere dal panico e pensare che il tutto sia naturalissimo e miracoloso al tempo stesso! Breve premessa al racconto che seguirà, racconto che in molti additeranno come incredibile, anche se io fin da ora vi suggerisco un altro aggettivo: naturale, non tanto per esporre o condividere con voi le mie idee in proposito, ma per raccontarvi in maniera serissima quello che raramente mi accade, e del quale io non ho paura, quando cioè i cari defunti vengono a farmi visita nella dimensione onirica. Tra me e loro c’è un ferreo patto: “Mai visioni nella realtà quotidiana”! Non potrei accettarle, non riuscirei a capirle ed a spiegarle, potrebbero altamente scioccarmi; ma quando l’Anima è libera da vincoli morali, sociali, razionali, Essi possono venire a me e sono i benvenuti sempre, ma questo può naturalmente accadere, per me, solo in sogno, quando cioè rapita da Morfeo riesco ad accettare ed ad incontrarmi con certe eteree visioni, perché non sono io che personalmente incontro loro, ma è la mia Anima che incontra, libera dal fardello corporeo, la loro Anima trapassata in altro forse “migliore” luogo, del quale io non so nulla, non voglio sapere nulla, mai domando nulla, perché per crederci non c’è bisogno di sapere, di essere certi che ci sia. C’è e basta! E questi incontri notturni ne sono per me la più vera e grande testimonianza. Molti troverebbero questa mia capacità sensoriale un vero impaccio per la vita “concreta” di tutti i giorni. E per me lo è veramente; altri lo definirebbero un dono, ma per me che non l’ho voluto, né cercato, è solo una cosa normalissima, che potrebbe accadere a chiunque basta essere “aperti mentalmente” e non costretti dalla vergogna che ci cinge la mente, quando come molti amano premettere prima di raccontare le loro esperienze, gli accade qualcosa di “strano". Lo strano per me è “non” provare tutto questo, perché non riuscire a provarlo significa aver imprigionato la nostra grande Anima in una prigione fatta di carne e pregiudizio e “nutrirla a pane ed acqua”, invece di alimentarla con la fede e credere che tutto ciò è possibile, quanto è vero che noi siamo “Corpo e Spirito”, quanto è vero che la nostra Anima può librarsi quando vuole, se solo noi glielo permettessimo ed un giorno definitivamente lo farà, con o senza il nostro consenso! Solo allora forse ci renderemo conto di quanto abbiamo sbagliato a non vivere l’aldiquà: Anima e corpo, ma solo corpo; di quanto errato sia non vivere la vita in maniera del tutto semplice e spirituale. Io ci credo fermamente, ogni giorno cerco di far congiungere la mia Anima al tutto, riflettendo sul fatto di quanto sarebbe triste che Ella possa congiungersi solo a me, solo a me che sono un granello nell’immensità dell’universo, eppure così completa perché Lei è in me e con me, sempre. Ed ecco il racconto che dopo tale premessa molti di voi continueranno ad additare come strano ed incredibile! Monia Di Biagio. |
Dedica dell'Autrice
Conoscerti.....
-KiKa-
Quella fu proprio una bella
estate! Diversa dal solito, io indossavo comunque benone i miei 20 anni, ma
quella stessa estate decisi di condividere la gioia, e l’energia spasmodica
della gioventù, non con i soliti amici d’ombrellone, ma con alcuni cugini
della mia stessa età o quasi che non potevo vedere tanto spesso, per il
semplice fatto che ognuno di noi abitava in un diversa città italiana. Eravamo
lì sdraiati a ridere sul bagnasciuga, mentre il sole ci scuriva la pelle e la
spuma del mare ci solleticava i piedi. Quanta gioia, quanta luce, una cartolina indelebile nel mio
cuore, sulla quale 4 sorrisi sono rimasti impressi e mi guardano e mi dicono
“noi c’eravamo ed eravamo tanto felici”! Passarono i mesi, ma quell’incontro ci era rimasto a tutti dentro, prepotente,
indelebile, bello divertente, vivo certamente da ripetere! Ancora ne parlavamo
al telefono, le rare volte che riuscivamo a sentirci, solo l’idea di poterlo
rifare, di ritrovarci presto, tutti insieme ci entusiasmava, dovevamo darci un
nuovo appuntamento, assolutamente e subito!
Presto fatto! Ed allora quale miglior luogo per degli adolescenti sereni e
spensierati di una discoteca e di una data fatidica: Capodanno 1995? La musica
era assordante. La pista, appiccicosa di spumante versato a terra
nell’esplosione delle bottiglie stappate allo zero del conto alla rovescia, era
piena di gente festante, coriandoli in ogni dove che strettamente ci legavano
l’uno all’altro, balli scatenati per spezzare quelle catene di carta colorata, e
la felicità di festeggiare il Capodanno, finalmente, ancora insieme, le nostre
risa, i nostri affettuosi abbracci. Stavolta non una cartolina è rimasta
indelebilmente impressa nella mia mente, ma un carosello in moviola, musicale,
festoso, spensierato, colorato, vivo, bello... indimenticabile! Quella
però….Tristemente….il cuore mi si frammenta ancora e con la stessa violenza al
solo rammentare….fu per noi l’ultima volta che ci vedemmo tutti e quattro
insieme! Il Destino, l’infingardo destino, volle dividerci solo qualche giorno
più tardi la bellissima festa danzante….Cattivo ed astuto quello stesso Destino, aveva
organizzato bene la cosa: per farci ancor più soffrire al distacco definitivo,
prima ci aveva dato la possibilità di stare “stranamente”, per i rari e
sporadici incontri degli anni precedenti, felicemente ed appassionatamente tutti
insieme, tanto è vero che nel giro di pochi mesi ci aveva fatto incontrare per
ben 2 volte di seguito, per di più ci aveva fatto sognare ed anelare il terzo
incontro di una agognata lunga serie e se possibile ci aveva fatto volere più
bene di quanto ce ne volevamo già, per poi dividerci…..Beffardo Destino, atroce
epilogo: la più piccola di noi il giorno dell’Epifania ci lasciò per sempre!
Ricevere la straziante notizia fu per me, ma suppongo non di meno per ognuno di
noi, la morte stessa, quella che poche ore prima aveva colto improvvisamente la
nostra amata cuginetta….16 anni e il tempo terreno, per lei si era drasticamente
fermato.
Scompiglio totale in me: rifiuto spirituale di quello stesso Padre che ti da la
vita poi così troppo presto e repentinamente te la toglie, dolore estremo,
depressione fisica e mentale, considerando che ogni gioia ed ogni dolore a
quell’età li si vive amplificati, raddoppiati.
Arrivò il giorno, dovevo essere lì ma avrei voluto essere in qualsiasi altro
luogo anche il più brutto del mondo, ma proprio quello era in quel momento il
luogo peggiore dove potessi essere e dove non avrei mai voluto essere se non
dopo un’intera esistenza e magari una scambievole vecchiaia vissuta insieme.
Ricordo fosse una giornata freddissima, grigia, da dimenticare, col pensiero che
dice al cuore: “magari si potesse dimenticare!” e quello stesso freddo oggi mi
fa rabbrividire. Il gelo, che ci asserragliava fuori e che portavamo dentro ci
faceva muovere in quegli abiti scuri, come degli automi sul sagrato della
chiesa, eravamo tutti lì: i parenti, una miriade di amici del liceo, professori
tutto il piccolo paese che aveva dato i natali a quell’adorabile bimba dai
capelli d’un rosso struggente….E noi, i tre rimasti, tutti insieme per l’amara,
tiranna occasione, eppure così distanti ormai l’uno dall’altro, non osavamo
neanche avvicinarci, perché non avremmo potuto darci forza a vicenda per
superare quel momento, ma solo dolore, ancora più dolore, ed allora ognuno di
noi decise di viverlo alla sua personale maniera, anche se i nostri volti erano
all’unisono tutti segnati dal medesimo pianto, i nostri cuori sanguinavano ed i
nostri sguardi si incontravano per pochi sfuggenti attimi, per poi nuovamente
abbassarsi verso terra e bagnarla, provare a bagnarla ancora, quasi come se
volessimo riveder fiorire il nostro bel fiore spezzato su quel triste selciato.
La bara ci raggiunse, eravamo di nuovo in quattro ora, ma una di noi era ormai
chiusa in quella scatola bianca che custodisce i nostri corpi mortali, per
l’eternità.
Questo fu l’atroce epilogo di tanta gioia trascorsa insieme, la fulva chioma che
incorniciava quel caloroso sguardo sorridente, di una tenera sedicenne, ora era
impressa su d’una gelida lapide marmorea che imprigionava ed immobilizzava la
sua gioia la sua voglia di vivere per sempre! Quanto incolmabile vuoto! Solo un
pensiero ancora, vivido nella mente martoriata dall’infausto Destino, che ci
aveva ingannato, l’unico rimasto: “Ci rivedremo. Ciao. Sarai sempre con noi.”
Poi il nulla.
Prima del Funerale però, qualcosa di straordinario per me accadde: io potei
vederla ancora viva e vegeta, ma lei già non c’era più, eppure era così
vera….Ringrazio ancora Dio di avermi dato quella ultima ultraterrena
possibilità!
Il tutto, straordinario ed avvincente, andò così: la sera della Befana a
mezzanotte circa, Kika, ci lasciò, “per sempre!”
Fu proprio allora che imparai il profondo significato di queste due ultime
parole, quando finalmente capii, forse per farmi forza, forse per convinzione
presa, forse perché è proprio cosi che nessuno MAI ci lascia “per sempre”, e tra
un po’ spiegherò perché. Ora l’unica sensazione che riusciva a darmi un po’ di
sollievo era che Kika in quello straordinario, quanto triste per noi, viaggio
non fosse sola, ma di nuovo tra le braccia della sua mamma dipartita anni prima,
giovanissima, e caso o Destino volle anche per lei, poco dopo aver trascorso un
sensazionale Capodanno con i cugini e zii più cari!
Al mattino i Carabinieri invasero la sua casa, portarono via le sue cose,
qualcuno doveva dare una spiegazione precisa alla morte improvvisa di una
sedicenne. Si decise per l’autopsia. La verità. Ma quale verità? Quella che
l’aveva vista drogata, ubriaca, quella che parlava di suicidio con i medicinali,
che pure tutti furono sequestrati….E la memoria? La dolce memoria di una
giovane, semplice, pulita, atletica, buona, dove la mettete? Non può essere e
l’autopsia ve lo dimostrerà, queste sporche fandonie andate a raccontarle a
qualcun altro non a noi che la conoscevamo bene, che infinitamente l’amavamo, e
che più di prima ancora l’amiamo, segnati per sempre dal suo atroce destino!
Quell’autopsia fissata per le nove di domani non ci dirà nulla, non ci dirà chi
era Kika e perché la morta l’ha voluta con sé, perché noi sappiamo chi era, noi
lo sappiamo, voi no!
La sera prima dell’autopsia, mentre io profondamente dormivo una bimba rubiconda
e dalla morbida e purpurea chioma, smosse leggermente le tende della mia
finestra della mia cameretta, quasi come un sottile soffio di vento le scostò e
si sedette a terra, con le bambine incrociate, accanto al mio letto mi prese la
mano e la carezzò, ma non mi svegliò. Io continuavo a sognare ma le parlavo, lei
canticchiando e sorridendo mi parlava. “Chi sei Kika? Si, sei tu, ma tu sei
morta….e come sei piccola….” delicata come un petalo di rosa mi giunse al cuore
la sua voce: “Si sono morta perché sono piccola….Vedi ho solo 5 anni….” E sparì,
salutandomi con la manina al vento, oltrepassando quella stessa finestra.
“Aspetta non te ne andare, non di nuovo, non di nuovo, resta qui!” “Devo andare
mi disse io sto bene ora, ciao” Una tenerezza infinita mi era venuta a trovare
quella notte. Ero incredula e non riuscivo a ben comprendere quelle giocose
parole di una piccola bimba divertita, fino al responso dell’autopsia: Kika era
morta perché seppur giunta all’età di 16 anni, senza alcun evidente scompenso
fisico, anzi da atleta, il suo cuore era rimasto piccolo come quello di una
bambina di 5 anni, e non aveva più retto alla sua indomabile ed accresciuta
vivacità!
Quella fu veramente l’ultima volta che la vidi.
Monia Di Biagio.
1° -I sogni in
un Baule |
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