Ventennio: le grandi imprese del fascismo

Se Mussolini avesse presagito i guai che d'ora in poi gli sarebbero piovuti addosso, la firma sul decreto di costituzione della nuova Forza Armata Aeronautica l'avrebbe protratta nel tempo, senza nulla togliere ai suoi  cavalieri del Cielo.

 

Sotto la spinta delle innovazioni tecniche e dopo i successi della grande guerra, nessuno poteva ignorare il mezzo che levava d'impiccio o apriva la strada alle altre due forze armate italiane: l'Esercito e la Marina. Il loro ignorarsi non aggiungeva nulla al fatto che erano entrambe cieche sui campi di battaglia terrestri o marini. I mezzi alati erano gli occhi lontani che a loro mancavano. I rancori e i risentimenti che albergavano correntemente e che si coalizzavano in vista di cambiamenti spaccavano ora verticalmente le istituzioni della Difesa. Esercito e Marina erano monarchici, l'Aeronautica fresco parto non poteva che essere fascista. Conflitti e odi si sarebbero ora scatenati per le alte cariche di stato maggiore, per i trattamenti, le promozioni, i finanziamenti etc.etc...  La partenza non poteva che essere più soft: Un generale di Artiglieria, vice commissario poi sottosegretario di quello che era ora assurto a Ministero (Aeronautica). Se la prima volta che fecero una festa al campo gli aerei erano 70 sei mesi dopo erano già saliti a 3oo. Mussolini che ne teneva il "portafoglio" (Ministero) faceva da "garante" . Vari fenomeni erano sopravvissuti alla guerra come De Pinedo, De Bernardi, Ferrarin (Roma Tokyo 1920), Locatelli (trasvolatore delle Ande 1919) ecc.. ma i giovani esuberanti con una esperienza imbattibile si capiva subito da che parte stavano. La letteratura "rosa" eroica di quegli anni si era impadronita dell'Ufficiale Azzurro.

     

“ a noi deve necessariamente sembrare strano che l’atmosfera stia per diventare un campo di lotta, non meno importante della terra e del mare…l’Esercito e la Marina non devono vedere negli aerei dei mezzi capaci di essere utili in certe circostanze, no; devono invece vedere negli aerei il nascere di un terzo fratello più giovane ma non meno importante..l’Esercito per quanto combatta a terra possiede mezzi galleggianti..(genio) la Marina, per quanto combatta per mare possiede mezzi terrestri (Pontoni e artiglierie)…ma ciò non esclude che l’Esercito e la Marina possano possedere mezzi aerei capaci di agevolare ed integrare le rispettive operazioni…(Giulio Douhet)

 

 

  Ogni ragazza che si rispettasse non poteva che sposare un pilota. L'attendismo non durò molto. Cominciò De Pinedo con un raid Roma Tokyo Roma nel 1925 a bordo di un idrovolante Siai 16, che lui chiamava Gennariello partito il 20 aprile su una rotta passante per l'Australia. Arrivò a Tokyo il 26 settembre (5 mesi dopo): colpa degli inconvenienti ai motori, dei tifoni e dei monsoni. Per Il ritorno senza queste zavorre ci vollero però solo 40 giorni.

Meglio andò su questo percorso (Giappone) alla coppia Lombardi e Capannini nel 1930.

Il tempo dell'artigliere (Bonzani) era finito, e la consegna passò a Balbo giovane e scalpitante quadrumviro. Le leggi del 26 che avevano spianato la strada al Fascismo ora aprivano anche il portafoglio. La nuova nata aveva innanzitutto bisogno di una dottrina operativa. Naturalmente alle altre venne interdetto la costituzione di propri reparti aerei a differenza di altri eserciti, dove la costituzione di aeronautica leggera e Portaerei (Top Gun marina) erano previste da subito. Ma non era sempre stato così. In Italia erano già venuti ad imparare da noi negli anni della guerra i piloti americani e anche in seguito altri piloti  per addestrarsi alle nuove tecniche di atterraggio su superfici corte che gli italiani avevano utilmente avviato in vista dell'introduzione di portaerei. Balbo per il momento non fu all'altezza di scelte lungimiranti e strategiche, ed era anche meglio che fosse così per il delicato equilibrio che vigeva all'interno del partito e per il vertice di partito come si diceva. Da qui in poi entravano in ballo scelte produttive da condividere con industriali dediti al più concreto utile giornaliero, che ai destini della Patria. La corsa al primato che si era innescata era il "Pozzo di San Patrizio" per le commesse di motori e materiali speciali di cui era impossibile valutare il costo ed altrettanto impossibile aggiudicarne un'asta competitiva. L'8 febbraio 1927 sempre De Pinedo vola da Elmas (Cagliari) in Sudamerica con un S 55 Santa Maria che andò distrutto nel successivo tratto per il Nordamerica. Lindbergh non aveva ancora volato. Un anno dopo 61 idrovolanti S 59 bis volavano sul mediterraneo, Spagna e Francia per 2804 km. la cosa più impressionante era il volo in formazione stretta che oscurava il sole negli occhi degli spettatori di città come Barcellona, Marsiglia.

 

  L'individualista De Pinedo entrava in conflitto con Balbo con conseguenze deleterie finendo in Ambasciata a Buenos Aires. Nel giugno del 29 si replicò in Europa Orientale. I costi di queste crociere, con aerei spesso non di produzione corrente, una specie di formula uno, andavano alle stelle. Gli specializzati erano una equipe, sempre gli stessi ormai addestrati ad operare anche al buio sugli idrovolanti, il cui futuro commerciale e militare era sempre più nero. Si puntava sulla velocità pura, in cui queste macchine non erano da meno, in centri sperimentali e scuole ottenendo nel 1933 un mezzo da 711 kmh. Quanto a manovrabilità zero. Gli incidenti con perdita di piloti ed equipaggi erano comunque numerosi. Si arrivò quindi dopo altre crociere, diventate come i saluti da casa agli emigranti che si chiedevano perché non ritornare, a quella del decennale della Rivoluzione. Il 7 luglio 1933 (in ritardo) decollano da Orbetello 25 S 55 con i nuovi motori Isotta Fraschini da 930 hp. Destinazione Chicago, New York. A Balbo venne dedicata una strada negli States e non gli si poté negare la sfilata degli eroi, del trionfo. Mentre Balbo riceveva il bastone di Maresciallo De Pinedo in un tentativo di record a New York (2 settembre 1933) periva fra le fiamme col suo Bellanca ala alta. Col principio latino promoveatur ut moveatur arrivò la fine di Balbo. Le sue iniziative di acquisire il controllo di tutte le forze Armate, progetti faraonici conseguenti adombrarono Mussolini sempre attento ai rivali e avversari, più interni che esterni. Bastò andare a contare gli aerei efficienti (911) su quelli dichiarati (3125), dati comunque arcinoti per il capo del Governo e per il ministro fu la fine pubblica. La mania dei record non era terminata. Tito Falconi volò a testa in giù per tre ore, Francesco Agello volò nel 34 a 709 kmh con un Macchi, Mario Pezzi raggiunse nel 1938 il record d i 17.ooo metri di altezza con un Caproni, Umberto Maddalena quello per la durata di un volo: 67 ore. Alla data del 1939 l'Italia deteneva 33 record da Guiness dei primati: tanti quanto quelli di Francia Germania e Usa messi assieme. Nel 1938 alle squadriglie caccia veniva consegnato il Biplano Cr 42  840 hp con velocità massima di 430 kmh che era meglio del mod 32 che ne sviluppava solo 375 kmh. I Tedeschi dopo l'esperienze spagnola avevano impostato il Messerschmitt BF 109 (500 kmh) e gli inglesi lo Spitfire con carrello retrattile capace di una velocità di 550 kmh. Molto materiale bellico era stato esportato senza però costituire un complesso produttivo rilevante.
     

1925: De Pinedo arriva a Hong Kong

  Gli Inglesi saranno in grado di produrre 74.000 aerei contro i nostri 11.000. (tedeschi 63.000). Balbo non aveva mandato giù il rospo, continuava a dire che saremmo arrivati a fare i lustrascarpe dei tedeschi " Era uno che poteva anche uccidermi" soleva dire il Duce specie dopo la presunta congiura delle barbette (Balbo, Grandi, de Bono). Il 28 Giugno del 1940, a guerra iniziata,  a contraerea italiana abbatteva l'aereo di Balbo in fase di atterraggio a Tobruk "per errore". 

Questa non è una escursione approfondita di tutte le imprese del ventennio.  Delle molte che dobbiamo tralasciare vi sono quelle sportive: il Calcio  frutterà all'Italia un Primato olimpico (1936) e due coppe del mondo (1934/38); nelle Olimpiadi riuscimmo ad ottenere una supremazia storica a Berlino (1936) con un totale di 36 medaglie (di cui 12 d'oro), che non sarà più uguagliata fino a Roma 1960. Il binomio sport=fascismo peserà sulla cultura sportiva italiana, compromettendone per diverse generazioni un corretto sviluppo. Le grandi imprese non erano solo queste. In mare e in cielo erano altri due gli avvenimenti che terranno per anni aperta la discussione sull'operato del regime. Se in cielo avevamo stracciato, per ora, gli avversari, in mare ci preparavamo ad una nuova impresa, con l'impostazione in cantiere di un  gigante del mare: il transatlantico oceanico Rex (segue sotto ..THE BLUE RIBAND ...)

     

 

Una Guida alla architettura fascista  http://www.artefascista.it:80/

<< Colonia Fara-Chiavari: La colonia prende il nome dal generale Gustavo Fara, medaglia d'oro nella guerra di Libia (Colonnello 11° bersaglieri), comandante di Divisione nella Grande Guerra morto a Nervi (1936) alla vigilia della fine dei lavori. Progetto di Camillo Nardi Greco

... Testimonianza paradigmatica del razionalismo italiano, la ex-Colonia Fara a Chiavari è una struttura di eccellenza nel panorama dell'architettura del Movimento Moderno in Europa. Numerosi e di chiara matrice sono i referenti culturali che sottendono alla concezione dell'opera: il fabbricato, che con le sue forme curvilinee e il basamento ad ali laterali simmetriche rimanda all'architettura dell'aeroplano - laica mitologia del dinamismo futurista - pare direttamente ispirarsi ai progetti di Enrico Prampolini e Adalberto Libera per il Padiglione italiano dell'Esposizione Universale di Chicago (1932-33). Nella sagoma arrotondata della «torre svettante», allusivo è il riferimento al simbolismo del paquebot, alla tolda delle navi, alle ciminiere, e più in generale all'avvenirismo visionario dei fari portuali, delle «aerostazioni» e dei «grattacieli meccanici» delle metropoli futuriste immortalati nei progetti (Palazzo delle Scienze, 1930) e nelle aeropitture di Tullio Crali. Scenografia permanente del vagheggiato mito di una città «aviatoria», in linea a quanto era stato fissato nelle proposizioni teoriche del "Manifesto futurista dell'Architettura Aerea" di Filippo Tommaso Marinetti del 1934, e dei modelli urbanistici di punta del Novecento. http://www.sipbc.it/mondo/regioni/liguria/liguria.htm

     

Il Mauretania (a dx) che  detenne il Nastro Azzurro in entrambi i sensi di marcia dell'Atlantico, assieme al gemello Lusitania della Cunard Line, prima della guerra. Il Lusitania venne affondato dai tedeschi il 1° maggio 1915: 1198 persone perirono al largo della costa Irlandese, fra cui 94 bambini.  Molti americani imbarcatisi perirono, nonostante i tedeschi  preannunciassero una azione dimostrativa. Il Lusitania era già stato individuato per una riconversione bellica in seno alla flotta inglese. Negli Usa, dopo l'affondamento,  si diede avvio ad un reclutamento volontario che portò, 21 mesi  dopo, all'entrata in guerra contro le potenze degli Imperi Centrali.

 

"Impossibile" rispondeva il comandante tedesco del Bremen a chi gli riferiva che il Transatlantico Italiano Rex stava per doppiare la boa faro di Ambrose a New York "Il Rex coi motori che ha non potrà mai farcela. Voi avete bevuto qualche whisky di troppo"

Il Nastro Azzurro - THE BLUE RIBAND or RIBBON
http://www.bluebird-electric.net/the_blue_ribband.htm  

 

 

            Mauretania

cartolina di propaganda dell'arruolamento che ritrae una donna e un bambino annegati nel Lusitania (vedi sopra)

  Il "Bremen", transatlantico tedesco con il gemello Europa, da 51.656 tonnellate di stazza lorda (tsl. lungo 286 m. 28 nodi varato nel 1928) deteneva il nastro azzurro ed era uscito dal porto per far rientro in Europa. La massiccia e slanciata figura del Bremen si stagliava sul mare nel pieno dei suoi 135.ooo cavalli di potenza facendo garrire al vento il pavese Blu del detentore del Titolo. Il Comandante Italiano del "REX" Francesco Tarabotto, pizzo da moschettiere e gran conquistatore di cuori femminili, era in piedi ormai da quattro giorni preso in altri pensieri. Non aveva dormito, aveva mangiato in plancia e si era allontanato alla ritirata solo quando ce n'era stato assolutamente bisogno. I tedeschi erano scettici sulle possibilità del Rex, e ne avevano ben motivo. Il Rex era lungo 268 metri per 51.062 tsl con 125.ooo cavalli dichiarati. Dichiarati si, perché al varo risultarono 10.ooo in più del progetto, e dopo la messa a punto in mare erano diventati 136.000 !!!. Gli italiani stavano barando ?, beh un po’si, ma a fin di bene (nostro) ! per uno scopo più che giusto !. Il Nastro Azzurro era un riconoscimento formale da circa 100 anni alla nave che attraversava l'atlantico nei due sensi più velocemente. Gia dal 1838 in via ufficiosa il primato era stato assegnato al Great Western con un tempo di 15 giorni e 3 ore (inutili i minuti). Da allora Inglesi e Tedeschi si erano alternati quasi in solitario a strapparsi il titolo in una gara competitiva che arriverà al culmine allo scoppio della guerra mondiale su molti altri argomenti e con meno sportività. Il Bremen, il  primato se lo era preso perso e ripreso negli ultimi anni col gemello Europa. Vantava un record di 4 giorni, 16 ore e 15 minuti con una percorrenza media di 28,51 nodi. Nessuno fino al dialogo di sopra era a conoscenza del tentativo italiano di battere il record. Tarabotto in un serrato e costante conciliabolo fonico con la sala macchina, dava e riceveva indicazioni dal direttore Risso. La decisione finale era stata presa al largo di Gibilterra alle 18,30 del 11 agosto 1933. Le caldaie erano al massimo e le 4 eliche con un diametro di m. 4,74 e 16 tonnellate di peso cadauna fendevano l'acqua con sussurro baritonale.

Rex

  Si andava a 28,58 nodi mentre nei saloni alti si mangiava e ballava ignari. Al largo avevano preso poi la rotta più breve, quella dei primati passando sopra le Azzorre, nonostante il mare si presentasse un pò mosso. Impostato nel 1930 ai Cantieri Ansaldo di Sestri, il Gigante Rex si era agghindato col fasto tipico dell'epoca, di una generazione che era uscita dalla crisi del 29, vecchi ricchi e nuovi ricchi che sognavano di non ricadere più in quel baratro, di ripercorrere quella strada dissestata. Nei suoi 11 ponti avevano trovato posto circa 2.000 passeggeri, in 4 classi. L'ultima classe era in viaggio perchè la strada dissestata non l'aveva ancora vista. Chi arrivava primo in questa sfida, si aggiudicava il servizio postale celere e le prenotazioni per un anno intero. Il mare continuava a mantenersi discreto e la media, la mattina di ferragosto, era salita a 28,70 nodi. Si presentava ora un altro problema a guastare la festa: la nebbia. Per chi naviga a vista, i regolamenti in mare erano precisi; ridurre la velocità. L'altro grande nemico, oltre la nebbia, era l'Iceberg di Titanica memoria. Tarabotto si strinse la testa fra le mani, e vide in un attimo il  primato svanirgli davanti. Dopo alcuni interminabili secondi di "suspence" il suo ordine secco rimbombò anche in sala macchine - Si va avanti, avanti tutta -
     

  Il comandante aveva ponderato attentamente la sua scelta. Quella non era una rotta commerciale tradizionale e la prima quindicina d'agosto non era la stagione migliore per gli iceberg per fare jogging in Atlantico. Non era comunque una corsa di formula uno, erano affidate alla sua responsabilità circa 3.000 persone. Quando la nebbia si diradò le luci dell'alba erano ancora lontane. I motori stavano rispondendo bene alle sollecitazioni, non restava che incrociare le dita e sperare. Erano le 4,40 del 16 agosto quando nella luce mattutina comparve il faro Boa di Ambrose che prendeva il tempo e la segnalazione dei bastimenti. Da bordo il telegrafo cominciò a picchiettare messaggi per la compagnia e per i portuali di tenersi pronti anzitempo per l'attracco e lo sbarco di merci e persone. Erano passati 4 giorni, 13 ore e 8 minuti da Gibilterra. A 28,92 nodi il Rex faceva il suo ingresso nella baia con oltre 12 ore di anticipo sul previsto. I portuali furono letteralmente gettati giù dai letti, anche chi era ancora sbronzo dalla sera prima. La notizia correva ora, sui telefoni, telegrafi e telescriventi. Dalle redazioni i giornalisti si fiondarono in banchina con fotoreporter pronti a raccogliere le prime testimonianze. Tarabotto ora poteva scusarsi coi passeggeri per non essere stato presente alla cena d'onore e con le signore per non averne condiviso la compagnia e la bellezza. La sua prossima rotta era arrivare alla branda. Nel giro di un mese era già la seconda volta che i "maccaroni italiani mafiosi " conquistavano la prima pagina dei quotidiani. Ieri Balbo col volo del decennale e la parata nella V strada, oggi il Rex col suo Nastro Azzurro. Due anni dopo il francese Normandie arrivava a sfiorare i 30 nodi e nel 1938 l'inglese Queen Mary i 31.
     

Rex e Conte Savoia

  Al gigante buono venne risparmiato il servizio militare, obbligatorio per tutto il naviglio. Ancorato in rada a Trieste (considerata sicura) se ne stava sonnecchiando al sole dell'Adriatico in attesa che la guerra finisse presto, come dicevano. Le sue macchine, i suoi apparati erano sempre oliati e pronti per prendere il mare. Anche le sue scorte (Champagne non strategico) non erano state intaccate se non per un brindisi commemorativo. E venne l'8 settembre anche per il gigante. I tedeschi che avevano covato il rancore per 10 anni ne fecero scempio asportando arredi, quadri, ceramiche etc.. e tutto quello che si staccava finiva trasformato in denaro in mille rivoli, case e mercatini etc.. Il 9 giugno 1944 ai piloti anglo-americani che picchiavano su Trieste non era sfuggita la sagoma d quella grossa nave. Poteva essere una base logistica, un comando ?!: meglio colpirla. Anche se trainato sotto costa, a Isola (Capodistria), tre mesi dopo non evitò il suo tragico destino con l'ultima bomba. Bruciò tre giorni adagiato sul fianco ormai ferrovecchio per demolitori jugoslavi del dopoguerra. 
     

De Pinedo a colloquio con Balbo

 

Il Norge sorvola la Baia del Re

 

 

Le spedizioni di Umberto Nobile al Polo Nord

     

Salomon August Andrée 1850-1897

Il maggior tentativo che si ricordi per via aerea (ed in tempi difficoltosi) è legato al nome dell’Ing. Svedese Salomon August Andrée  (1850 – 1897) scienziato (assistant at the Royal Institute of Technology) ed esploratore.

  Vari tentativi erano stati fatti nel tempo per raggiungere il polo e solo nell’ottocento con mezzi e attrezzature migliori fu possibile raggiungere gli 86° e 34’di latitudine. Il più importante tentativo di esplorazione è tuttavia del norvegese Roald Amundsen, che dopo aver conquistato il Polo Sud nel dicembre del 1911, tentò questa nuova sfida. Amundsen organizzò una spedizione con due idrovolanti Dornier Wal che decollarono dalla Baia del Re, nelle isole Svalbard, il 21 maggio 1925. Raggiunta la latitudine di 88°, i due idrovolanti decisero di ammarare su uno specchio d'acqua ma uno dei velivoli subì gravi danni. Il 15 giugno la spedizione rientrava fortunosamente sull'unico aereo rimasto intatto. Negli anni in cui Amundsen tentava di raggiungere il Polo, il colonnello Umberto Nobile dirigeva lo Stabilimento militare di Costruzioni aeronautiche di Roma e seguiva con attenzione le vicende che si svolgevano a migliaia di chilometri di distanza. Egli riteneva che solo un dirigibile avrebbe potuto superare l'Artico, con un unico balzo. Nobile incontrò Amundsen a Oslo e propose all'esploratore norvegese di organizzare una nuova spedizione con un dirigibile N1 adeguatamente rinforzato per poter affrontare il mare polare. Il 29 marzo 1926 il dirigibile N1 a cui  fu dato il nome di Norge, in onore del Paese che aveva reso possibile la spedizione, venne consegnato all'Aeroclub di Norvegia. Alle 9.30 del 10 aprile 1926 il Norge partì da Roma per il lungo viaggio di avvicinamento alla Baia del Re, dove nel frattempo era stato costruito un hangar a cielo aperto. La base artica fu raggiunta alle 6.40 del 7 maggio. L'11, il Norge si alzò in volo per la leggendaria trasvolata L'equipaggio, cambiato più volte durante le tappe di avvicinamento, era in quel momento composto da sei italiani (tra cui Nobile col ruolo di comandante), otto norvegesi (tra cui Amundsen), uno statunitense e uno svedese. Dopo sei ore l'aeronave superò l'83° parallelo: sotto di essa si stendeva l'immenso mare polare. All'1.30 del 12 maggio 1926 il Norge raggiunse il Polo Nord informando il mondo dell'avvenimento via radio. Proseguendo nella trasvolata, la mattina del 13 apparvero le coste americane: fino ad allora non fu notata alcuna traccia di terraferma. L'atterraggio fu anticipato a causa del maltempo a Teller, una minuscola località dell'Alaska, alle 7.30 del 14 maggio.

 Si fa risalire al 1882–1883 la sua prima spedizione alle Spitzbergen con Nils Ekholm. Per il resto degli anni lavorò all’Ufficio Brevetti . E’ nel 1896 che progetta il sorvolo del Polo Nord su pallone aerostatico. Fa costruire  a Parigi il pallone che battezza Ornen (Aquila). Tenta una prima volta  dalle Spitzbergen ma deve desistere per via dei continui venti contrari ma anche d’altro. (Andrée selected for his companions Nils Ekholm and Nils Strindberg, with whom he sailed for Spitzbergen on the steamer Virgo from Goteborg, June 8, 1896, arriving at their destination eleven days later. Here, at a place called Pike's House, the balloon was inflated, but the work was so long delayed that it was concluded to defer the journey until another time, and the balloon was accordingly taken to Tromsö and there stored,) L’anno dopo ritentò e, nonostante gli avvertimenti di Nils Ekholm che si fece sostituire, prese a bordo  il fotografo Strindberg e l’ingegnere Knut Hjalmar Fraenkel. La spedizione la finanziava Alfred Nobel. L’11 luglio 1897 l’Ornen partì dalla Baia Virgo a nord delle Svalbard, ma subito dopo la partenza parte dei cavi moderatori si strapparono perché impigliati tra le rocce. Dopo circa 4O0 km il freddo glaciale appesantì l’Idrogeno e il pallone scese fino a  schiantarsi sul pack alla longitudine 82° 56’ Nord. Non restava che tornare a piedi con un attrezzatura inadatta. Le scorte le hanno e vagano per oltre due mesi verso destinazioni diverse fino all’Isola Bianca a N.Est delle Spitzbergen (e’ il 5 ottobre 1897 ma questo lo sappiamo perchè 33 anni dopo verranno trovati i loro resti uccisi dal freddo e i loro diari)

   
  Amundsen

La spedizione del dirigibile Italia

La trasvolata del Norge, organizzata in tempi assai ristretti, aveva necessariamente escluso qualunque programma di ricerca scientifica: circa 4 milioni di kmq della calotta polare restavano inesplorati e l’assenza certa di terre emergenti fra i ghiacci era ancora tutta da verificare. Umberto Nobile aveva già deciso al suo arrivo a Teller la preparazione di un'altra impresa, questa volta con un dettagliato programma di esplorazione geografica e di esperimenti scientifici. Il governo italiano (e soprattutto Balbo) non autorizzò la costruzione di un nuovo dirigibile, l’aeromobile l'N5, grande tre volte il Norge: In Italia gli sforzi erano concentrati nello sviluppo degli aerei. Nobile non si arrese: ottenne il sostegno di un gruppo di industriali milanesi, istituti scientifici italiani, cecoslovacchi, statunitensi, inglesi e portò a termine nel 1927 la costruzione di un gemello del Norge, l'N4 chiamato Italia. Considerando anche i tre scienziati e i due giornalisti (Lago, Tomaselli ma questo resterà poi a terra nel terzo volo) la nuova spedizione che andava a cominciare comprendeva in tutto 18 uomini, con Nobile comandante. L'Italia partì dall'aerodromo milanese di Baggio il 15 aprile 1928 e con un volo di circa 6000 km, facendo tappa a Stolp (Pomerania) e Vadsö (Norvegia), giunse alla Baia del Re il 6 maggio. Il primo volo di esplorazione delle regioni polari si interruppe a causa delle avversità atmosferiche e di guasti tecnici. Il secondo durò tre giorni con un percorso di circa 4000 km sui territori inesplorati a nord-est delle isole Svalbard. Vennero definiti gli estremi confini occidentali della Terra del Nord, fu dimostrata l'inesistenza della Terra di Gillis e vennero effettuati diversi rilevamenti sulla Terra di Nord-Est. Il terzo volo doveva esplorare la parte settentrionale della Groenlandia, alla ricerca di terre emerse, per dirigersi quindi sul Polo, dove erano previste misurazioni scientifiche sul pack. Alle 4.28 del 23 maggio 1928 l'Italia si alzò in volo con sedici persone a bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunse il Polo Nord alla mezzanotte fra il 23 e il 24 maggio. Fu impossibile attuare la discesa sui ghiacci, a causa del forte vento. Alle 2.20 Nobile ordinò quindi che si prendesse la via del ritorno ma alle 10.30 il capo motorista Cecioni diede l'allarme: l'Italia stava perdendo rapidamente quota. Tre minuti più tardi, per cause che restano tuttora sconosciute, il dirigibile si schiantava sul pack, a quasi 100 km dalle isole Svalbard. Dieci uomini caddero dalla navicella di comando sui ghiacci. Il meccanico Pomella fu trovato morto dai superstiti subito dopo la caduta; Nobile e Cecioni subirono fratture agli arti. Sull'involucro privo di comandi restarono invece Alessandrini, Caratti, Ciocca, Arduino, Pontremoli e Lago, il giornalista.

http://en.wikipedia.org/wiki/S._A._Andr%C3%A9e%27s_Arctic_balloon_expedition_of_1897     

Oggi nella città natale di Salomon August Andrée a Granna, nel sud della Svezia, vi è un  museo (Andrèemuseet), dedicato alla sua avventura e alla ricerca polare del passato, del presente e del futuro.  Ci aveva provato anche il norvegese Fridtiof Nansen con le slitte raggiunse, nell'Aprile 1896, la latitudine 86° e 14' N. Ci provò poi nel 1900 il Duca degli Abruzzi con la nave Stella Polare che nell'Aprile 1900 l'Ufficiale Umberto Cagni, lascia per raggiungere con le slitte la latitudine 86° e 34' N

 

L'aeronave si risollevò lentamente scomparendo nella fitta nebbia: della sua sorte e di quella dei sei uomini rimasti a bordo non si ebbero più notizie. Fu rinvenuta una parte dei viveri e delle attrezzature, che l’impatto aveva disperso sui ghiacci ma soprattutto la tenda preparata per la discesa sul Polo e la radio di soccorso Ondina 33. La tenda, colorata di rosso con l'anilina per rilevazioni altimetriche, diventò un indispensabile rifugio per i naufraghi e un punto di riferimento per i soccorsi. Il radiotelegrafista Biagi montò subito l'antenna della radio e attivò l'apparecchio. Il 30 maggio, dopo cinque giorni di infruttuose trasmissioni Mariano, Zappi (da Mercato Saraceno, Forlì)) e Malmgren lasciarono la tenda per una marcia disperata verso la terraferma. Quattro giorni dopo, il 3 giugno, un radioamatore russo di nome Schmidt intercettò l'SOS dei naufraghi. Iniziarono cosi le operazioni di salvataggio che porteranno al recupero di Nobile. In Italia il governo fascista si limitò ad autorizzare la partenza di un idrovolante Siai S 55 pilotato dal maggiore Umberto Maddalena ma finanziato da privati.

Il Latham-47 della spedizione francese di soccorso, decollato da Trömso, precipitò nel Mare di Barents con a bordo quattro uomini dell'equipaggio, Amundsen (il leggendario esploratore norvegese compagno di Nobile nella trasvolata del Norge) e Dietrichson (pilota di uno dei due Dornier Wal che avevano tentato la conquista polare nel 1925).

Le scoperte scientifiche e le esplorazioni in questo e ad altri capitoli per saperne di più
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/progresso.htm 
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/scoperte0.htm
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/scoperte.htm
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/scoperte1.htm
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/conquiste.htm

     

 

Baia del Re: l'Italia parte per l'ultimo volo

  La spedizione di soccorso che giunse a salvare gli uomini fu quella sovietica che impiegò due rompighiaccio, il Malyghin e il Krassin. La prima nave, partita da Arcangelo il 12 giugno, doveva raggiungere la parte orientale delle Svalbard e di qui dirigere verso nord. Il Krassin, comandato da Karl Eggi e con a bordo il professor Samoilovich, salpò da Leningrado il 16 giugno. Doveva raggiungere le Svalbard da ovest e perlustrare tutta la parte settentrionale dell'arcipelago verso l'isola di Foyn. La sera del 23 giugno due aerei svedesi raggiunsero nuovamente la Tenda Rossa: uno era il Fokker 31 di Lundborg, che riuscì ad atterrare sulla pista di neve e ghiaccio e a trarre in salvo il "solo" Nobile, che avrebbe dovuto dirigere dalla base svedese le successive operazioni di soccorso. Il comandante di un veliero è l'ultimo ad abbandonare la nave in procinto d'affondare e per questo fu anche lungamente criticato. Lundborg tornò poco dopo in aiuto degli altri naufraghi, ma in fase di atterraggio il suo Fokker si ribaltò e il pilota rimase a sua volta prigioniero dei ghiacci. Il 3 luglio, a nord delle Svalbard, il Krassin subì danni a un'elica; ulteriori avarie convinsero Samoilovich a ritornare per le riparazioni e per rifornirsi di carbone. Ma Nobile telegrafò al comandante della spedizione sovietica, pregandolo di non rinunciare alle ricerche, e riuscì a ottenere che dal rompighiaccio fosse calato il trimotore Junkers pilotato da Boris Ciuknowski. L'aereo decollò alle 16 del 10 luglio e riuscì ad avvistare il gruppo Mariano ma non a rientrare al Krassin. La nebbia lo costrinse infatti a un atterraggio di fortuna presso le Sette Isole, dove il velivolo restò bloccato dai danni subìti. Samoilovich, sostenuto da un equipaggio noncurante delle avarie e della scarsità di carbone, decise di proseguire. All'alba del 12 luglio vennero avvistati e tratti in salvo Mariano, che aveva un piede congelato, e Zappi. Malmgren, purtroppo, non aveva retto alla tremenda marcia sui ghiacci. Alle 20 dello stesso giorno fu avvistata la Tenda Rossa: mezz'ora dopo il rompighiaccio iniziava il salvataggio dei cinque naufraghi rimasti. La tenda fu smontata e trasferita sulla nave insieme all'Ondina 33. Erano trascorsi 48 giorni dal tragico impatto dell'Italia. La Tenda Rossa, riportata in Italia, è oggi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica. La radio Ondina 33 è conservata dal Museo della Marina militare italiana di La Spezia

 

 Una scheda del film n. 27 è visibile al link http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/indicecinema.htm

 

 


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