IL MONDO DI CLEPPY

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La lupa

Giovanni Verga

La protagonista della novella, inclusa nella raccolta verghiana "Vita dei campi", è gnà Pigna soprannominata la Lupa. Tutto ruota attorno a questa figura, dalla violenta sensualità e dalla forte carica erotica che mal si adatta ai codici morali del mondo rurale.

Ancora una volta un personaggio escluso o quanto meno in conflittualità con la società arcaico – rurale è il centro fondante della narrazione, come in altre novelle della stessa raccolta, ad esempio "Rosso Malpelo", "Jeli il pastore" o "L’amante di Gramigna"

Il motivo dell’esclusione non è di natura economica. La Lupa non si trova in difficoltà economiche, non rappresenta un problema sociale o economico, ha "la sua bella roba", la dote per la figlia, il suo terreno, ma l’emarginazione è conseguenza della sua incapacità ad adattarsi alle norme comportamentali dettate dall’etica del mondo arcaico rurale ed è da esso demonizzata e reietta in quanto pericolo, tentazione, elemento destabilizzante dell’equilibrio morale della società fondata su saldi valori. E’ un’emarginazione ideologica frutto dello scontro tra un sapere costituito, basato sui valori arcaico – rurale, e un’istintualità biologicamente irrefrenabile che conduce la propria esistenza in base al semplice principio di piacere.

La Lupa, non per nulla chiamata così per la sua voracità famelica, vive al solo scopo di soddisfare le proprie bramosie, il proprio appagamento sensuale, anteponendo ad esse ogni principio etico o convenienza sociale: irretisce il parroco, costringe la figlia a sposare Nanni, oggetto del proprio desiderio sessuale, tenta e conduce il genero al tradimento e alla perdizione.

La tragedia finale della morte della Lupa per mano di Nanni assume un valore catartico, nel sangue viene ricomposto quel equilibrio perturbato dall’agire malefico della Lupa che con il proprio agire aveva rotto l’unità protettiva della famiglia, strappando da essa il componente maschile che è il nucleo centrale della società patriarcale.

Proprio per il suo agire e per il suo scontrarsi con le convenzioni etiche della società la Lupa è descritta come essere diabolico, l’immagine che si delinea del personaggio è quello di una strega: lo sguardo incantatore, gli occhi neri da spiritata, il pallore da malato e l’energia inumana.

Per comprendere il perché di questa trasfigurazione del personaggio in essere demoniaco e in generale tutta l’intonazione della novella bisogna, analizzare il punto di vista con cui il narratore si pone rispetto a ciò che racconta.

L’angolazione da cui il materiale narrativo della novella è inquadrato è quella del narratore popolare, anonimo e nascosto, membro di quella comunità minacciata da questa presenza destabilizzante e tentatrice, depositario di tutti i valori e i pregiudizi di detta società.

Seguendo la schematizzazione proposta da Genette siamo di fronte ad una focalizzazione esterna, nella quale il narratore è testimone assente dalla diegesi ma emotivamente partecipe delle vicende e portatore di una propria prospettiva.

Trova quindi, in questa visuale, spiegazione il sentimento di compartecipazione per le sorti della vittime dell’agire sacrilego della lupa: la "poveretta Marietta" e Nanni.

Il narratore non esprime nessun giudizio sul comportamento di Nanni, tende a discolparlo come vittima di diabolici artefici, quando invece, volendo assumere un’ottica oggettiva, è anch’esso ugualmente colpevole di un agire riprovevole, nonostante i suoi tardivi pentimenti e i tentativi di riacquistare l’innocenza attraverso atti di osservanza religiosa.

In quest’ottica è comprensibile come un personaggio dalla spiccata personalità e dalla forte carica problematica occupi lo spazio narrativo e rubi la scena agli altri personaggi, soprattutto nell’ambito di un componimento narrativo di breve respiro come la novella.

La struttura del racconto si suddivide sostanzialmente in tre parti: l’introduzione, nella quale campeggia la descrizione della Lupa, lo sviluppo narrativo delegato alla forma dialogica attraverso cui si snodano gli avvenimenti e la finale con la tragedia che è per altro soltanto allusa senza essere rappresentata direttamente.

Nella descrizione del personaggio della Lupa , vista dall’ottica del narratore popolare come elemento perturbante, forte è l’uso di suggestioni cromatiche. Il rosso delle labbra, il nero degli occhi, il pallore del viso caratterizzano la fisionomia della protagonista sia nella descrizione iniziale, sia nel prosieguo dell’opera.

Altra isotopia ricorrente nel tratteggiare la lupa sono gli occhi, lo sguardo spiritato e malefico, isotopia semantica legata alla credenza popolare del malocchio, patrimonio "culturale" del narratore

Infine nelle scelte semantiche si denota un uso particolare del verbo "mangiare" come metafora sessuale e della relativa famelicità. In questo modo, assieme all’utilizzo di paragoni e immagini attinte dal mondo animale ("come una cagnaccia" o il giaciglio dove dorme), l’agire della lupa è relegato nella sfera animale e primitiva al di fuori delle convenzioni sociali degli uomini.

L’analisi delle coordinate spazio-temporali offre ulteriori spunti di riflessione. La mancanza di precisi riferimenti geografici e temporali collocano la svolgersi del racconto in una dimensione storica imprecisata, al di fuori del tempo e dello spazio. Ciò non contraddice la poetica verista sostenuta dal verga se teniamo conto che l’obiettivo dell’autore non era tanto la semplice descrizione di una situazione ma l’indagine deterministica dei meccanismi sociali di una società primitiva e ancestrale precedente alle sovrastrutture e alle complicazione del mondo moderno.

Il tempo della narrazione è scandito dal lavoro dei campi (la battitura, la vendemmia, la raccolta delle olive), tutto si svolge con una ciclicità che è caratteristica della vita agreste, differente dallo sviluppo lineare della Storia.

Ciò che è avvenuto nella comunità del villaggio alla fine dell’800 sarebbe potuto accadere in un qualsiasi momento storico vista la sostanziale staticità temporale di quel mondo e l’universalità delle vicende e delle leggi sociali messe in evidenza.

Soltanto la presenza di una figura giuridica ed istituzionale come il brigadiere colloca in un contesto storico individuabile. Lo stesso spazio, invece di contestualizzare il racconto, lo pone in una diemnsione mitica con i "campi immensi", le aie solitarie o i "sassi infuocati", luoghi che appartengono più all’immaginario collettivo che ad una realtà spaziale.

E’ a livello sintattico che si evidenziano le novità più significative utilizzate dal verga per esprimere il linguaggio popolare siciliano, senza fare ricorso a forme dialettali.

La costruzione sintattica prevalentemente parattatica, che non va quasi mai oltre alla subordinata di primo grado, l’utilizzo costante della congiunzione "E" dopo la virgola, l’uso dei proverbi nel linguaggio parlato, sono le scelte stilistiche adottate a tale scopo e abbondantemente presenti anche in questa novella