Cala Francese
Pagine di Storia:
In queste pagine, si possono ammirare la cava di granito di Cala Francese a La Maddalena; immagini di vecchi scalpellini e lo stato attuale delle cave "grande e significativo museo a cielo aperto". Un doveroso ringraziamento va alla Famiglia Grondona, in particolare a Nanni, che ci ha messo a disposizione tutto il materiale storico relativo alle cave di Cala Francese, fotografie, documenti etc. (Ricordiamo che le immagini che seguono sono di proprietà privata, chiunque ne faccia uso improprio, verrà perseguito a norma di legge).
Cala Francese e gli scalpellini:
Cava Francese iniziò la sua attività nella seconda metà dell'ottocento ed ebbe il momento di maggiore splendore negli anni '20-'30; la Banca di Costruzioni di Genova, con sistemi arcaici, nel 1870 prese in appalto la cava, includendo nel contratto anche quella di Nido d'Aquila. Si costruì lungo il lato orientale e l'ansa centrale della cava omonima quanto era necessario per la direzione dei lavori, per il carico e scarico dei velieri e per l'ospitalità dei lavoranti provenienti dalla Liguria, dall'Emilia e dalla Toscana. L'ingegnere inglese Bertlin, di origine maltese, fu il primo a lanciare le cave all'estero, dopo averle rilevate dalla Banca di costruzioni di Genova, successivamente si associò ad Attilio Grondona, genovese, e dal sodalizio derivò la Società Esportazione Graniti Sardi Agli inizi del '900 furono realizzate opere importanti in diverse parti del mondo, migliaia di metri cubi di granito furono utilizzati per la realizzazione dei porti di Alessandria d'Egitto, di Tripoli, di Genova, e per i bacini di carenaggio di Malta, di Venezia e di Taranto; furono altresì realizzati monumenti commemorativi come la colonna Garibaldi a La Maddalena, il monumento a Don Guzmao a Santos in Brasile e il grandioso monumento eretto in difesa del Canale di Suez a Ismailia in Egitto. Il lavoro degli scalpellini si svolgeva soprattutto nella grande parete rocciosa della cava principale, in seguito sulle alture circostanti furono aperte numerose "cavette" soprattutto a San Teramu, Puntiddò e a Conca d'a Vacca. Le cave lavorarono a pieno ritmo sino al 1930 per le commesse del Genio Marina, impegnato a perfezionare strade, banchinamenti, fortificazioni, strutture collaterali all'arsenale. La guerra e la chiusura delle commesse da parte della marina, innescarono una parabola discendente dell'attività estrattiva, la sopravvivenza delle cave fu messa a dura prova dai costi dei trasporti, dalla difficoltà di adoperare nuovi macchinari e dalla concorrenza che nel frattempo si fece agguerrita, si arrivò al completo abbandono e al granito di Cala Francese furono preferite rocce simili, meno costose e più facili da lavorare.
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