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VINCENZO RENDA
Doveroso è ricordarsi di Vincenzo Renda, Sindaco di Vita per oltre quarant'anni. Dopo un turbolento periodo a cavallo tra gli anni trenta e quaranta, in cui la comunità vitese era vissuta tra odi e rivalità cruente, il giovane Vincenzo Renda si pose come uomo al di sopra delle parti, capace di guidare il paese verso la rinascita morale. Il compito non era dei più facili. Fresco era ancora il ricordo dei numerosi omicidi e in molti animi covava ancora la voglia di vendetta. Probabilmente la stanchezza, forse il desiderio di "ricomniciare", ma sicuramente l'abilità e la "garanzia", che il nuovo personaggio offriva, riuscirono a placare gli animi e a riportare a Vita la "pace sociale".
Così lo ricorda l'amico Isidoro Spanò, a cui cedo la parola.
«Personaggio
carismatico, estroverso, discusso, forte, intelligente,
accanito giocatore, molto interessato al gentil sesso,
fu Vincenzo Renda Sindaco di Vita, ininterrottamente, dal 1944 sino al
1985 quando, per motivi di salute, fu costretto al ritiro. Credo
che il suo record non sia stato superato e valga ancora quanto scritto su un
giornale al momento del compimento del 40° anno di carica: “straordinario”. Per
riferire del “personaggio” ci vorrebbe una biografia curata, qui mi basterà
citare alcuni fatti a mia conoscenza in quanto per parecchi anni ho fatto parte
della giunta da lui presieduta. Ancora
oggi a Roma, in parecchi ristoranti, lo ricordano
benissimo. Al Plaza, dove sempre si fermava a pernottare, aveva rapporti
di profonda amicizia con tutto l’entourage. Da Alfredo alla Scrofa, famoso
ristorante capitolino e tappa obbligata di tutti i personaggi di passaggio a
Roma negli anni sessanta e settanta, c’è una sua foto tra quelle di
personaggi famosissimi nel campo dello spettacolo, della politica, della
finanza. I croupiers di Saint Vincent e di Sanremo lo vedevano spesso negli splendidi saloni del casino al tavolo di baccarà. Ma
era altrettanto famoso e conosciuto negli
ambienti della politica e dell’amministrazione dello Stato. Aveva l’innata
capacità del leader. Dava del tu al ministro (Ugo La Malfa) e
del lei al suo autista. Famosa la sfuriata con l’allora colonnello
Dalla Chiesa che, passato da Vita
nella qualità di comandante della Legione dei Carabinieri in Sicilia, non si
era fermato in Municipio per una visita di cortesia “…. Se è lo stesso
Stato che noi serviamo, pur con mansioni e sistemi diversi, uguale è la nostra
dignità. Non fermandosi a salutare me non ha mancato nei miei confronti ma nei
confronti dei miei concittadini….”. E
anche un’altra (telefonica) con il Prefetto che nei giorni caldi del
post-terremoto lo convocava con toni perentori a Trapani. La risposta dai toni
molto accesi si può riassumere con un “non
ho tempo da perdere, la mia presenza è più utile
tra la gente del mio paese”. In
effetti subito dopo il terremoto il Sindaco Renda e con esso di riflesso Vita,
divenne un punto di riferimento dell’intera Valle del Belice. Ciò in funzione
di capacità amministrative notevoli ma, soprattutto, per i rapporti con i
centri di potere dello Stato che aveva intessuto precedentemente nella già
lunga permanenza nella carica di sindaco. I
risultati conseguiti lo dimostrano. Vita
fu uno dei paesi a parziale trasferimento come Calatafimi e Salemi a noi
vicinissimi geograficamente. A Vita
le case costruite con fondi a totale carico dello Stato furono assegnate nel
1971. A Calatafimi, l’area dove costruirle fu scelta nel 1976! Ciò non poteva
che avere ripercussioni sui costi della ricostruzione. A Vita, caso più unico
che raro, ben tre opere pubbliche furono realizzate spendendo meno
dell’importo del progetto approvato. (Scuola media e palestra: progetto £.
210.800.000, costo £. 199.491.383; Centro Sociale: progetto £. 250.000.000,
costo £. 247.327.603; Scuola materna e asilo nido: progetto £.100.500.000,
costo £. 96.083.754) (dati
estrapolati dalle pagg. 456,460,461 del volume “costruzione e progetto” La
Valle del Belice, scritto per la casa editrice
CLUP di Milano da Agostino Renna, Antonio De Bonis, Giuseppe Cangemi e
pubblicato nel 1979) Durante
i lunghi anni di attività amministrativa trascurò gli affetti familiari,
antepose la vita pubblica a quella privata. Dopo il terremoto la famiglia si
trasferì a Trapani nel palazzo di famiglia della moglie (Triolo) e lui divenne
un pendolare. Quando più c’era necessità della sua presenza fattiva, restava
frequentemente a dormire nella casa paterna ormai abitata solo dalla sorella. Lo
stress, le abitudini di vita un po’ sopra le righe, un regime alimentare non
certo esemplare, furono le premesse per un infarto (poi ripetuto) che ne
minarono il fisico ma non lo spirito. Riuscì a superare la fase acuta del male,
ma non poteva più assolvere la sua funzione pubblica con la stessa solerzia di
prima. Questo fatto era (lo confidava ai suoi amici) la cosa più penosa da
sopportare. Riuscì a completare il suo mandato amministrativo nei primi mesi
del 1985 solo con l’aiuto dei suoi collaboratori più stretti (primo tra tutti
Pietro Leone, Vice-Sindaco, e Andrea Di Lorenzo, Segretario Comunale). Ormai il
suo fisico era irrimediabilmente compromesso e aveva bisogno di continua
assistenza. La moglie, pure lei
avanti negli anni e bisognosa di cure, non poteva accudirlo; le figlie da anni
si erano trasferite nel nord Italia per lavoro. Finì
i suoi giorni nella casa di riposo della vicina Calatafimi. A coloro che gli facevano visita regalava sprazzi di vita che uscivano dai suoi occhi e memorie lucidissime. Si informava sempre di ogni piccolissimo avvenimento interessasse la comunità vitese. Morì il 3 Febbraio 1987. I funerali radunarono tutti i vitesi attorno alle sue spoglie mortali.
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