A colloquio con Lica
moglie di Albe Steiner
di Mario Boninsegni - Francesca Fialdini/
14/03/2004
foto di Lica e Albe Steiner scattata
da Mulas
Incontraimo la moglie di Albe Steiner, uno dei più grandi
grafici del secolo scorso. Nuova tappa del nostro viaggio nel
mondo della comunicazione, alla scoperta della comunicazione visiva.
Lica Steiner, donna volitiva, memoria pressoché
infallibile, dall'eloquio fluido e consistente, pastoso, con un
velo d'ironia che percorre la formulazione, pronta alla battuta
ed al sorriso, ma pronta anche alla correzione immediata dell'interlocutore
per qualsiasi piccola defaillance, generosa nell'offrire ogni
dettaglio, duttile nell'affrontare l'informazione, perfettamente
a suo agio nel suo Studio di Grafica gradevolmente cosparso di
materiali, di manifesti, di libri, di ricordi; gentile e delicata,
deliziosa, nell'illustrare agli ospiti, le Storie ed altre Storie,
ferma e decisa nel sostenere le argomentazioni, dignitosa ed equilibrata
nel ricordo dei rapporti umani.
Lica e Albe
La storia di Albe e Lica comincia alla fine degli anni 30, quando
Albe si costruisce individualmente i propri strumenti di lavoro,
a contatto con le avanguardie artistiche del '900, il costruttivismo
sovietico (El Lisitzkij), gli astrattisti italiani ( Soldati,
Fontana, Veronesi) i primi "grafici" italiani e stranieri
(Munari, Huber). Nella Resistenza della Valdossola, Albe, partigiano,
ha il fratello deportato dai nazisti a Mauthausen, dove muore.
Lica ha il Padre e due cugini catturati dai nazisti e spariti
nel nulla.
La bella casa sul lago di Mergozzo viene distrutta all'interno
e saccheggiata dai fascisti in cerca di documenti.
La storia si snoda con due anni - 1946/48 - passati in Messico,
dove conoscono l'ex Direttore della Bauhaus, Hannes Meyer, Vittorio
Vidali (Comandante Carlos della Guerra di Spagna), Diego Rivera,
Alvaro Siqueiros; tra le amicizie preziose della coppia, coltivate
tra più alte "esperienze" del movimento moderno
figurano architetti come Banfi, Belgiojoso, Albini, De Carlo;
pittori e grafici come Veronesi, Max Huber, Treccani, Guttuso
e Picasso.
Gillo Dorfles
Gillo Dorfles: "Tutta l'attività di Albe Steiner è
stata imperniata sopra un'attenta e costante pratica del suo lavoro
professionale, ma d'un lavoro sempre volto a un fine artistico
ed insieme educativo, politico, morale.
Parlare d'una "moralità dell'arte", dell'attività
artistica, è cosa insolita ed apparentemente desueta; i
più pretendono che l'arte sia cosa astratta, edonistica,
ludica, anche in un'epoca di travaglio sociale ed economico come
la nostra….." (Albe Steiner, Comunicazione Visiva,
Firenze, Alinari 1977).
Italo Calvino
Italo Calvino: "..Per Albe il piacere dell'invenzione formale
e il senso globale della trasformazione della società non
erano mai separati." Un’affermazione, quest’ultima,
verificabile anche nella produzione del Manifesto in generale
e del Manifesto politico in particolare.
Ma facciamo un passo indietro, ripercorrendo le tappe principali
della storia professionale di Albe Steiner, per comprenderne gli
aspetti della sua personalità di artista e comunicatore.
Albe Steiner ha creato la Professione del Grafico, quindi della
Comunicazione visiva, quando ancora in Italia non esisteva.
Ricerca è cultura
"Ricerca è cultura". Con questa convinzione accoglie
le lezioni delle avanguardie storiche degli anni '30, prima fra
tutte la Bauhaus, dove un marcato sperimentalismo, le sinergie
di interscambio dei linguaggi si incardinano sulla volontà
di rendersi comunicativi, di promuovere civiltà.
La sua attività si è sempre svolta a tre livelli:
Professione grafica Editoriale, collaborazione con le Aziende,
Insegnamento, creando parallelismi inediti e fruttuosi.
Non a caso partecipava per alle triennale e alle biennali, mostrando
come il grafico debba essere capace di affrontare tutti i problemi
e di volta in volta informarsi, ricercare, studiare, approfondire,
come nella Comunicazione in generale: storia e progetti su tutto
ciò che si vuole produrre.
Albe Steiner, è stato fondatore e membro
del Sindacato Artisti di Milano e Nazionale, del Centro Studi
Grafici, dell'Alliance Graphique internationale, del Movimento
di Studi di Architettura, dell'Associazione disegno industriale,
dell'International center for the typographic arts….. E'
stato presente con ricerche e proposte progettuali della Comunicazione
visiva in tutti i più vivaci settori industriali, pubblicistici
e dell'informazione, in Italia, e anche per questa ragione ha
avuto una parte decisiva nell'aprire il nostro Paese a una moderna
"cultura visiva". In questo senso, le "mostre a
tema" rappresentano un suo importante contributo, presentando
una formula “tipica”, favorevole alla facile circolazione
di idee politiche e culturali ma a minima spesa.
Ha lavorato per le più importanti industrie italiane tra
cui: Bemberg, Agfa, Aurora, Linoleum, Pirelli, Heller, Olivetti,
Bertelli, Pierrel, Coop, Rinascente etc.
la Pierrel
Per la Pierrel, ricorda Lica, fu curato il "lancio"
sul mercato come "prima volta", quando il progetto grafico
copriva tutti gli aspetti di produzione, a partire dalla creazione
del famoso marchio con l'elaborazione della "p".
Costante è sempre stata la sua partecipazione alle mostre
sulla deportazione nei lager nazisti, mentre curava l'allestimento
del museo-monumento per gli ex deportati (Carpi 1964-73).
Le collaborazioni
Ha collaborato con Enti e Istituzioni culturali come la RAI, il
Piccolo Teatro, la Triennale di Milano, il Teatro popolare Italiano,
la Biennale di Venezia.
Ha impaginato riviste tecniche e di settore tra cui Edilizia moderna,
Studi Teatrali, Stile industria, Domus, Cinema nuovo, Architettura,
Interiors (USA).
Il suo maggior interesse è rivolto, tuttavia, all'editoria
libraria, muovendosi da un'attenta analisi del rapporto tra contenuto,
destinazione e forma, ( leggeva tutti i libri che curava) , fissando
le norme da osservare nell'esecuzione grafica e usando le competenze
tecniche e gli strumenti grafici di cui dispone, applicando i
criteri a lui abituali della chiarezza e della semplicità,
per raggiungere quell'equilibrio della composizione che facilita
la lettura, e quindi la comprensione del messaggio scritto.
Le innovazioni introdotte non comportavano mai un maggiore lavoro
per redattori o tipografi, ma sempre qualche semplificazione e
l'eliminazione di operazioni superflue.
Mirando a una maggiore chiarezza del messaggio visivo otteneva
nello stesso tempo una riduzione di costi e una pagina che risultava
più bella.
Per Einaudi ha curato anche le collane "I
gettoni" e "Collezione di Teatro"; ha progettato
e ideato singoli volumi e collane per La Nuova Italia, Editori
Riuniti, Edizioni del Gallo, Sugar, Bompiani, Compagnia Edizioni
Internazionali, Vangelista. Ma le collaborazioni più importanti
sono state con Feltrinelli; dal '55 al '65 è stato Consulente
editoriale e Art Director, curando la grafica di varie collane
fra cui "L'Universale economica", giudicata una delle
pietre miliari nella storia dell'editoria italiana, per la novità
dell'impaginazione della copertina, l'utilizzazione della fotografia
alternata con la semplice scritta, la disposizione eterodossa
dei titoli.
Per Zanichelli, dal '60 al '74, ha rinnovato le edizioni scolastiche,
soprattutto le pubblicazioni a carattere scientifico, riconfermando
anche per questa via la passione pedagogica e il profondo interesse
sempre rivolto al mondo della scuola.
Il Politecnico
Dopo la Liberazione, Albe cura la impostazione grafica e redazionale
del "Politecnico" di Vittorini. "Parte integrante
del Politecnico era infatti la grafica che mirava a proporre in
modo nuovo e originale il rapporto fra testi e immagine.
L'alternanza dei rossi e dei neri, l'uso delle fotografie per
raccontare le storie, l'apertura ai fumetti, si basavano su una
feconda intuizione delle possibilità di impiego offerte
dai materiali figurativi.
Vittorini assecondò la sensibilità di Steiner con
l'abilità di giornalista che era in lui.
Di fatto, la grafica del Politecnico fece scuola, e non vi fu
giornale progressista apparso sulla sua scia che non si misurasse
con quella impostazione". ( Fonte: Scheda Einaudi 1975 -
Torino ).
Realizza, sempre per Einaudi la collana "Politecnico
biblioteca" che pubblica tra il 1946 e il 1949 undici titoli,
tra cui "Dieci giorni che sconvolsero il mondo" di John
Reed e "Ragazzo negro" di Richard Wright.
Nel 1956 vince, in base al giudizio della Giuria di Vienna, il
primo concorso internazionale per un manifesto per la Pace, con
una semplicissima stupenda immagine di un elmo rovesciato da cui
spuntano lunghi gambi di fiori, ed accanto la parola "Pace".
Fino al 1958 Albe Steiner ha insegnato al Convitto Rinascita,
dal 1959 alla morte è Direttore e insegnante di Progettazione
grafica della scuola del libro della Società Umanitaria
di Milano; in questo ruolo promuove negli anni '70 quel progetto
di un Istituto superiore statale per le Comunicazioni visive che
si concretizzerà con la nascita dell'ITSOS.
Inoltre tiene corsi presso le Università di Venezia e Torino
e Istituti Superiori di Parma, Roma, Firenze e Urbino. Sarebbe
necessario e utile, nelle Scuole, riproporre Progetti di studio
sulla base dell'esperienza di Albe Steiner e Lica.
Comunicazione e progetto
La Comunicazione, a nostro avviso, è la risorsa più
grande della nostra società oggi, e quella visiva, in particolare,
assume un ruolo sempre maggiore in tutti gli organi di diffusione,
anche se spesso in modo distorto o artefatto e sfalsato. Ad una
nostra domanda sul modo in cui Albe avrebbe affrontato oggi la
Comunicazione secondo la logica delle moderne tecnologie, Lica
risponde tranquillamente : " Nello stesso modo, perché
è il Progetto che conta, poi i mezzi di diffusione possono
essere molteplici e differenziati". Albe sosteneva che il
"grafico", termine creato da lui per definire "compiutamente"
la professione, deve essere il centro della produzione comunicativa.
Dagli Autori, gli illustratori, i Direttori editoriali, i redattori,
a monte, fino agli uffici di produzione e i tipografi a valle,
devono essere "coinvolti" dal grafico nella sua opera
di creazione artistica, con il compito di dare a tante voci una
forma unitaria, ma anche di far sentire tra quelle la propria
voce, convergente con le altre allo scopo comune, ma insieme espressione
di un contributo autonomo a cui doveva essere riconosciuta “dignità
professionale”.
Per comprendere bene la sua arte, tuttavia, è
necessario assumerne l’approccio profondamente umano, rispettoso
fin da allora dell’utente e delle sue esigenze di comprensione.
Soleva dire:" Quel che per me conta, è il rispetto
fondamentale del destinatario, cioè dell'utente, in un'epoca
in cui esiste la possibilità della ripetitività
dell'immagine. Masse enormi di persone possono godere o usufruire
di un prodotto che è il messaggio visivo.
Che cosa vuol dire contenuto e forma, in questo caso?".
Per Albe il Contenuto è la forma specifica
dell'oggetto che deve essere visualizzato, sino a una sintesi
così evidente che, ridotta nei termini del segno speciale,
quindi nei termini minimi, sia immediatamente percettibile e chiara.
In questo orizzonte il segno grafico è necessariamente
segno comunicativo, funzionalità espressiva chiaramente
riconoscibile e sintetica.
Questo concetto di valore comunicativo dell'immagine visiva, di
creatività progettuale intesa come manifestazione della
coscienza culturale dei contenuti è evidente in tutta l'attività
progettuale di Steiner.
La sperimentazione formale e la teoria devono così verificarsi
nella praticabilità reale, tanto nel confronto con le tecniche
e i materiali, quanto con la fruibilità comunicativa dell'opera.
La comunicazione visiva
Egualmente Lica spiega che "comunicazione visiva" è
tutto ciò che riguarda la comunicazione, dall’immagine
al disegno, dai colori fino alla scrittura, cioè l'abbinamento
di tutti i termini comunicativi, che convergono nell’attenzione
alle "fasce di utenza", che rendono il messaggio maggiormente
comprensibile e gradevole, fino all'uso scelto di determinati
caratteri.
Sarebbe necessario e utile, nelle Scuole, riproporre
Progetti di studio sulla base dell'esperienza di Albe Steiner
e Lica, innovatori del senso estetico e contenutistico dell’Arte
e della Comunicazione italiana, che dopo la Grande Guerra e i
suoi dolori, non avrebbe mai più potuto né dovuto
essere la stessa.
Anche per questo, sulla sua tomba, a Mergozzo,
un blocco di granito reca la scritta "Albe Steiner, partigiano".