LA “GUERRA DEL LEGNO”

La foresta amazzonica: un bene prezioso da proteggere

C’è un posto, annegato nel cuore della foresta equatoriale, che non ha un nome. Sono stati gli uomini del paese Carmelindo a trovarlo. Dal villaggio sul fiume ci vogliono tre ore di marcia per arrivare fin qui e, apparentemente, non c’è niente di strano. La strada che serve per arrivarci, passa accanto ad una grossa pila di tronchi. Questa serve a nascondere l’ingresso di un’altra strada, totalmente illegale, come sono tagliati illegalmente gli oltre seimila metri cubi di tronchi di massaranduba, un pregiato legno tropicale. Seimila metri cubi sono l’equivalente di duemila alberi: ettari e ettari di foresta devastata, pronta solo per essere bruciata.

Vista da lontano, questa è una guerra remota. E’ la guerra dell’ossigeno: la foresta amazzonica fornisce al mondo un quinto dell’aria pura che respiriamo. Negli ultimi trent’anni, il 16% di questo polmone, un’area vasta come la Francia, è stato abbattuto e bruciato.

Vista da vicino, è una guerra immediata: la guerra del legno. Il campo di battaglia è un grande quadrato di foresta vergine, nello stato di Parà e il premio è mezzo miliardo di dollari di esportazioni.

Come ogni guerra conta le sue vittime: da Chico Mendes, primo martire ufficiale della guerra del legno, ai morti nelle contese fra le comunità preesistenti.

Molte sono le testimonianze. Candido aveva rifiutato di lasciare l’angolo di foresta in cui viveva e le grosse imprese del legname hanno bruciato la sua casa. Candido è sicuro che le ditte responsabili sono quelle che avevano cominciato a tagliare alberi dietro casa sua. Ma a Santarèm, la polizia federale ha in tutto 12 agenti per sorvegliare un territorio vasto due volte la Francia. E quando Candido è andato a denunciare le minacce delle imprese del legno, la dirigente ha spiegato che non poteva farci niente.

La casa di Pedro è alla confluenza dell’Aru Bara con il Sao Braz. Fino a due anni fa, da lì partiva uno stretto sentiero che attraversava la foresta. Adesso è una strada larga nove metri, sufficiente a far passare due camion in senso opposto; ma la strada non dovrebbe esistere e Pedro non dovrebbe vedere sfilare i camion che trasportano i tronchi.

Il 60% delle esportazioni di legname dell’Amazzonia proviene dallo stato di Parà. Ma il 95% di questo legname ha un origine illegale. Gli alberi vengono tagliati e lasciati sul posto per alcuni mesi. Poi vengono caricati sui camion o trasportati lungo i fiumi a prezzi bassissimi (circa 10 dollari), fino ad arrivare alle segherie. Qui i tronchi diventano assi. Le assi vengono allora trasportate verso il porto di Belèm e spedite in Europa e negli Stati Uniti, dove il prodotto finito costerà circa 7.500 dollari.

Ufficialmente, l’area autorizzata per la deforestazione era di 5 mila ettari. I satelliti hanno invece dimostrato che la deforestazione effettiva è 100 volte più ampia: oltre 500 mila ettari.

Le minacce principali che incombono sulla foresta amazzonica sono: la deforestazione, l’allevamento di bestiame e la coltivazione della soia.

Si comincia con tagliare gli alberi più pregiati, per passare via via a quelli che serviranno solo per il compensato. Alla fine, di legname non ce n’è più. L’area viene bruciata e trasformata in allevamento di bestiame. Ma, in pochi anni, anche il pascolo si esaurisce. I profitti, altissimi all’inizio, scendono sotto zero nell’arco di soli venti anni. Poi vi è la soia che, estendendosi da Sud dalle piantagioni del Mato Grosso, viene coltivata nelle aree disboscate. Questa andrà a contribuire allo sviluppo economico del paese, ma è più importante questa o l’aria che respiriamo?

Molti sono anche gli animali a rischio di estinzione per il massiccio disboscamento della foresta amazzonica come: la scimmia leonina, l’ocelot, l’arpia, l’anaconda, il giaguaro ecc.

Per questi ed altri motivi preservare la foresta, il suo ossigeno e i suoi abitanti è un impegno che le associazioni ambientaliste devono prendere in seria considerazione.

(Alessandra Di Meo, Mara Tomassi)

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