FAIR PLAY ESISTE DAVVERO?

Francesca Lacerignola, Maria Napoletano Liceo “Da Vinci” Fasano - Italia

Si può parlare di vera vittoria, quando la si ottiene slealmente? Si può essere contenti di meriti che non sono i propri? L’etica sportiva promuove il fair play, ma sulla sua applicazione c’è molto da discutere… Nel corso della settima confe-renza dei Ministri europei responsabili dello Sport, tenutasi a Rodi nel maggio del 1992, è stato elaborato il “Codice Euro-peo di Etica Sportiva”. Si tratta di un documento che, in primo luogo, fornisce norme atte a combattere le influenze negati-ve che la società contempora-nea può esercitare sullo spirito sportivo; inoltre, dà una chiara definizione di fair play. Ma cos’è? Il Codice afferma: «Fair play significa molto di più che il semplice rispetto delle regole. Esso incorpora i concetti di a-micizia, di rispetto degli altri e di spirito sportivo. Il fair play è un modo di pensare, non solo un modo di comportarsi. Esso comprende la lotta contro l’imbroglio, contro le astuzie al limite della regola, la lotta al doping, alla violenza (sia fisica che verbale), allo sfruttamento, alla disuguaglianza delle opportunità, alla commercializ-zazione eccessiva e alla corruzione». I valori promossi dal Codice sono, senza dubbio, valori lodevoli, ma è necessario un grande sforzo mentale per riuscire ad immaginare che tutti indistintamente li rispettino. Gli e-sempi a proposito non mancano. Co-me dimenticare, per esempio, il “bi-scotto” confezionato all’Italia agli Eu-ropei 2004 in Portogallo? Il 2-2 di Danimarca-Svezia, squadre nordiche da sempre considerate esempi di spor-tività, suona come una beffa nei con-fronti di quanti credono e si battono per un gioco onesto. Si possono anche citare i numerosi striscioni e cori razzisti, purtroppo pa-ne quotidiano negli stadi. Esemplare è lo striscione “Onore alla tigre Arkan”, esposto allo stadio O-limpico. E poi ancora: risse tra tifosi alle uscite degli stadi, paesi esclusi dalle competizioni olimpiche, uso di sostanze anabolizzanti in varie discipline sportive… Dov’è finito, dunque, il fair play? Se ne parla molto quasi per nascondere una realtà così diversa da quella tanto predicata. E appaiono sempre più spesso a bordo campo, negli stadi, striscioni “ben auguranti” che ci richiamano ad un ideale così lontano da una concreta rea-lizzazione. In televisione, prima di una qualsiasi competizione sportiva, ci bom-bardano con le scritte, per molti, però, invisibili di “fair play”. Gli arbitri, teori-camente portavoci dell’etica sportiva, di fatto non ne sono garanti. Questo non significa, però, che non ci sia via di uscita. Il fair play, considerato nel-la sua complessità, è possibile. Un suggerimento sarebbe quello di ritor-nare agli ideali che ispiravano le antiche Olimpiadi greche, competizioni all’insegna del puro benessere, dell’agonismo sano, della serietà e della tolleranza. Bisogna, quindi, sostenere il fair play, perché chi gioca lealmente è sempre vincitore.

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Davide Tizzano, campione di sport e di fair play

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Fair play, un gioco di coscienza

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