IVREA - Un augurio di pace a tutti,
per il nuovo anno appena iniziato, e soprattutto l’augurio che sia per
tutti noi un anno di impegno per la pace. Il tema assegnato dal Papa per
la Giornata Mondiale della Pace 2003 suona “Pacem in Terris, un impegno
permanente”: è il richiamo al quarantesimo anniversario dell’enciclica
Pacem in Terris, vero testamento spirituale di Giovanni XXIII, ma è
anche il richiamo a vivere l’impegno per la pace non solo in una Giornata
ma per tutto l’anno nuovo. Come chiesa diocesana cercheremo di dare il
dovuto rilievo al quarantesimo della Pacem in Terris, per rileggerla con
attenzione e coglierne tutta l’attualità, proprio nel momento in
cui l’orizzonte mondiale sembra farsi sempre più cupo per quanto
riguarda la pace e molti sembrano rassegnarsi all’inevitabilità
di una guerra fin troppo annunciata.
In questo spirito di preghiera per
la pace ho partecipato al pellegrinaggio in Terrasanta che si è
svolto dal 28 dicembre al 4 gennaio, con altri quarantasei pellegrini di
Ivrea, Torino, Vercelli, Novara, Milano, Brescia, Crema e Cremona. Il viaggio
si è svolto senza particolari intoppi, a parte i soliti severi controlli
della sicurezza israeliana ed un ritardo nel ritorno dovuto alla nebbia
di Malpensa. Abbiamo potuto visitare Nazaret, il Lago di Galilea, il Tabor,
Cesarea e Haifa, Qumran, il Deserto di Giuda, Gerusalemme, Betlemme, Ain
Karem e Giaffa. I gruppi di pellegrini erano pochissimi: oltre al nostro
abbiamo incontrato il gruppo di 130 toscani, con il Card. Piovanelli ed
il Vescovo di Montepulciano Mons. Cetoloni, che hanno soggiornato per quattro
giorni a Betlemme; un gruppo di Nigeriani, uno di Coreani, e poco più.
Qualcosa in più comunque rispetto al nulla che avevo riscontrato
nello scorso agosto, con la delegazione eporediese di Un Varco di Pace.
I luoghi santi sono avvolti da un silenzio surreale, si possono visitare
con calma e senza far code, ma questo non può essere certo motivo
di soddisfazione per nessuno.
A Betlemme poi, con il coprifuoco
per gli abitanti locali, la basilica deserta, il clima di sofferenza è
particolarmente acuto, reso ancora più sensibile dalla visita all’ospedale
per i bambini, diretto dalla coraggiosa suor Sophie. Abbiamo celebrato
con commozione la Messa del 1° gennaio nella Grotta della Natività,
dove per la prima volta è risuonato il canto degli Angeli “Pace
in terra agli uomini che Dio ama”.
Eppure bisogna dire che il pellegrinaggio
si è svolto in assoluta tranquillità, poiché gli episodi
di terrorismo e le relative ritorsioni hanno luoghi e obiettivi diversi
da quelli visitati dai pellegrini cristiani, e una delle sofferenze più
vive dei cristiani di Terrasanta è proprio la mancanza di pellegrinaggi,
a motivo di una paura comprensibile, ma finora poco giustificata, che alimenta
nei cristiani locali la sensazione di essere ormai dimenticati, piccola
minoranza nell’ambiente palestinese musulmano e di fronte al mondo ebraico,
tentati continuamente di abbandonare la loro terra, pur con grande dispiacere.
Abbiamo incontrato diverse personalità
religiose locali: il vescovo latino di Nazaret Mons. Marcuzzo, che già
avevo conosciuto quando venne in Valchiusella per N.S. di Palestina; il
Custode di Terrasanta P. Battistelli, il Nunzio Apostolico Mons. Sambi,
il Patriarca Mons. Shabbah. Con sfumature diverse, tutti hanno sottolineato
la gravità della situazione, anzitutto per il popolo palestinese
ma anche per tutta la Terrasanta, Israele compreso: la spirale di violenza
non accenna a diminuire e umanamente parlando non si vedono prospettive
di pace a breve termine. La situazione locale poi è strettamente
interconnessa con quella internazionale e la prospettiva della guerra in
Iraq rende ancora più incerto il futuro. Si attendono senza troppe
speranze le elezioni israeliane di fine gennaio. Molto discreto è
stato l’incontro con il Cardinale Martini, che ha accettato di presiedere
la celebrazione dell’Eucaristia nella cappella presso il Cenacolo e ci
ha confermato che i suoi soggiorni periodici a Gerusalemme vogliono essere
tempi di silenzio, di preghiera e di studio, pur nella profonda partecipazione
alla vita della comunità locale.
Personalmente ho incontrato la Caritas
di Gerusalemme, con cui sono in contatto la nostra Caritas Diocesana e
il Comitato per Un Varco di Pace: ho così potuto avere notizie del
villaggio con cui si è gemellata la città di Ivrea e visitare
un centro per anziani di una comunità palestinese, portando un piccolo
aiuto da parte della nostra diocesi.
Tutti insistono perché si
riprendano i pellegrinaggi in Terrasanta! Questa invocazione mi pare debba
trovare da parte di tutti noi una particolare attenzione. Esistono motivi
di solidarietà, ma esistono anche motivi legati alla storia della
stessa fede cristiana: la chiesa di Gerusalemme resta sempre la chiesa
madre, e la terra dove la Rivelazione biblica si è manifestata resta
il primo luogo per chi sente il bisogno di tornare periodicamente alle
sorgenti della Parola. Ora poi un viaggio in Terrasanta può diventare
un gesto concreto per essere a fianco del popolo palestinese, che rischia
seriamente di veder svanire le speranze di avere un proprio spazio nazionale,
ed un modo eloquente per dire un no deciso alla guerra. Ogni volta che
nella liturgia pronunciamo la parola Gerusalemme non possiamo dimenticare
la Città che storicamente rimane la Madre di tutte le chiese e la
Patria di tutti i credenti, come canta il salmo 87: “tutti là sono
nati”.
† arrigo miglio