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Il
desiderio e il suo contrario. Il recente caso della campagna Bmw
di
Alessandro Melchiorri
Leggo
sul Corriere della Sera dello scorso 22 Febbraio che la campagna
pubblicitaria della BMW è stata contestata per "troppa passione".
Le scelte dei creativi dell'agenzia Bbdo sono state considerate
troppo osée: per raccontare la passione hanno scelto due modelli,
bionda lei, moro lui, un set di lenzuola bianche, un letto matrimoniale
e hanno costruito la scena più prevedibile. La campagna pubblicitaria
è in due puntate, il soggetto (e la posizione), è identico: prima
lei sta sotto, poi sopra. L'immagine della BMW serie 3 Compact,
vero oggetto del desiderio, sta su un giornale che copre il volto
del partner. Non ci sono nudi o pose particolarmente imbarazzanti,
ma tant'è, qualche consumatore non ha gradito. BMW si scusa ufficialmente
e archivia la performance della coppia che ama l'auto più dell'amore.
La passione infastidisce, crea una forma di rigetto e rifiuto. Usata
con l'intenzione di suscitare il desiderio nel consumatore, si trova
a generare il suo contrario.
Lo scopo dello spot
pubblicitario è quello di creare, al suo interno, un movimento euforico,
o per lo meno euforizzante, che avvicini il prodotto o il servizio
pubblicizzato al consumatore: perché il consumatore sia interessato
a quello che lo spot gli mostra occorre in prima istanza che ciò
che vede sia per lui un'esperienza almeno piacevole. Occorre dunque
analizzare le procedure attraverso le quali la forma testuale "spot"
produce quell'esperienza euforica che è condizione necessaria, anche
se tutt'altro che sufficiente, alla sua efficacia. Prima di voler
sapere qualcosa in più su quello che vediamo nello spot pubblicitario,
prima di voler comprare quello che ci viene presentato, occorre
che qualcuno o qualcosa (l'agenzia che lo ha realizzato? La nostra
sensibilità di spettatori? Lo spot stesso nel suo sviluppo logico-narrativo?)
ce lo faccia "amare".
Ma per provare a fare
questo, dobbiamo lasciare i nostri due modelli della BMW alle loro
faccende e prendere un'altra direzione. Per quanto infatti la messa
in scena della passione sia interessante, ben più produttivo è provare
a capire come questa scelta testuale "superficiale" sia
da una parte il risultato di una precisa articolazione del senso
che trova la sua giustificazione nei livelli più profondi del testo
(punto di partenza di qualunque indagine di orientamento semiotico:
il testo con cui noi abbiamo a che fare è il risultato di "movimenti"
e articolazioni meno evidenti e meno superficiali); dall'altra che
sia proprio in questo livello profondo che si pongono le basi per
quella che definiamo passione. L'operazione di metodo più complessa,
complessa perché controintuitiva, è quella di svincolare la passione
dalla sua manifestazione discorsiva e testuale e ricondurla alla
sua origine narrativa e tensiva.
Dal
punto di vista che qui assumiamo come nostro, la passione si configura
innanzi tutto come un movimento tensivo (euforico o disforico) di
un soggetto verso un oggetto del mondo. Questo "movimento"
originario è costituito da tre elementi: l'investimento timico
profondo, l'intensità e la tensione.
Molto
sinteticamente, l’investimento timico dà conto dell'
"orientamento" che spinge il soggetto verso l'oggetto
di valore: dato che il soggetto può essere attratto dall'oggetto
oppure respinto, avremo passioni euforiche nel primo caso (gioia,
speranza), e disforiche nel secondo (sgomento, paura). Il soggetto
può anche mostrarsi indifferente all'oggetto, ponendo in essere
una sorta di "grado zero" dell'investimento timico. Evidenziato
questo iniziale "orientamento" è necessario dare conto
della sua intensità e della sua tensione. È importante che intensità
e tensione non vadano confuse: se un'aspettativa è tanto più tesa
quanto più è intensa, una gioia può essere intensa senza per questo
essere tesa. Può accadere ad esempio che in uno spot pubblicitario
i protagonisti aspettino qualcosa che avverrà alla fine del filmato:
in questo caso il movimento tensivo è crescente. Un caso del genere
è documentato nello spot del portale Internet Lycos realizzato dalla
Leagas Delaney e descritto analiticamente nel capitolo, in cui viene
messa in scena una vera e propria passione d'amore. Altre volte
invece lo spot parte con una situazione iniziale tesa che si distende
nel seguito, come è possibile notare nell'altro spot analizzato,
quello di IBM realizzato dalla Ogilvy e Mather, in cui la manifestazione
discorsiva della passione è molto meno esplicita: niente amore,
niente gioia, niente invidia, niente paura. Le passioni non ci sono,
ma ci sono tutti gli elementi che le avrebbero potute generare.
Questo per ribadire che ci muoviamo in un territorio in cui le passioni
non hanno ancora un nome, non sono ancora quelle che "vediamo"
e di cui "parliamo" abitualmente. Non sono ancora quelle
dello spot della BMW citato all'inizio, esplicite e immediate, ma
sono la condizione perché queste possano esistere ed essere riconosciute.
Questi elementi "profondi" possono essere poi discorsivizzati
nelle maniere più diverse: più implicitamente o più esplicitamente,
più ironicamente o più seriamente, in modo più "caldo"
o più "freddo".
La natura sincretica
dello spot pubblicitario audiovisivo si presta benissimo per osservazioni
di questo tipo: l'abilità dei creativi deve essere proprio quella
di capire questo processo e di saper controllare tutti gli elementi
visivi e sonori che hanno a disposizione. In questo senso un bell'esempio
da citare è quello dello spot di
una recente campagna Coca-Cola realizzato dall'agenzia McCann Erickson:
la felicità di un ragazzo che torna da un concerto con gli amici
in una metropolitana deserta. È notte fonda e il ragazzo sembra
essere l'unico sveglio. La duratività e la continuità di un'emozione
come la felicità viene resa sia tramite una verbalizzazione diretta:
"In quel momento ho desiderato che il viaggio durasse per sempre",
sia da elementi di ordine figurativo, in particolare dalla rappresentazione
del movimento del treno, che attraversa tutta la lunghezza dello
schermo. Non lo vediamo fermarsi in nessuna stazione, lo vediamo
mentre si muove. In questo modo, figurativamente, lo spot restituisce
l'idea che la felicità sia una passione che duri, che non
ha soste intermedie: si è felici per sempre. Always
Coca-Cola.
L'idea
che sta alla base di questo tipo di approccio allo spot pubblicitario
e più in generale a discorso pubblicitario è che l'universo affettivo
del consumatore possa essere smontato, e gli strumenti che la semiotica
delle passioni è andata elaborando ci sembrano, ad oggi, un buon
modo per provare a farlo. L'obiettivo è naturalmente quello di comprendere
le esigenze (manifeste e latenti) del consumatore, di soddisfarle
più compiutamente e, nei limiti del possibile, di anticiparle. L'analisi
testuale deve dunque portare avanti e fare propria l'ipotesi di
un marketing "estesico-passionale": quando,
in un mercato sempre più saturo come il nostro, le attribuzioni
referenziali del prodotto spariscono, la ricerca di un carattere
distintivo costringe a rivolgersi a differenze non giustificate
sul piano materiale. Differenze che possono riguardare certamente
il prodotto o il servizio, ma che più spesso riguardano l'esperienza
che lega il soggetto all'oggetto e quindi il cliente al prodotto:
non importa più com'è fatto il prodotto, importa come il cliente
si relaziona a esso. Non è un caso che le aree di evoluzione e di
investimento più importanti per le imprese diventino: il design
del prodotto, il design dello spazio, la ricerca nell'ambito della
comunicazione. Idee queste che aprono la strada a un marketing tutto
nuovo, che si libera della rigida nozione di "stile di vita"
e che porta avanti con forza la sistematizzazione di una vera e
propria stereotipia del sensibile, per citare la felice espressione
usata recentemente da Giulia Ceriani.
Anche
grazie a questi suggerimenti, magari, la prossima volta alla Bbdo
eviteranno che la passione "stroppi".
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