la vita è un viaggio; viaggiare è vivere due volte


                        Omar Khayyam (Persia XII sec.)


 
 
 
 


   

           

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06/07/01 Ci rituffiamo con i camper nel caotico traffico di Istanbul, attraversiamo il ponte sul Bosforo e siamo in Asia. Puntiamo su Ankara, superiamo la città e ci dirigiamo verso Bogazkoy nei cui pressi sorgono le rovine di Hattusas, l’antica capitale ittita. Ogni tanto cade qualche scroscio di pioggia ed il tratto di strada che conduce al paese di Bogazkoy è disastrato e coperto di fango. I pochi chilometri che separano quest’ultimo da Hattusas li percorriamo per una stradina stretta e disseminata di buche nascoste dalle pozzanghere, un vero inferno. All’imbrunire, poco prima di Hattusas troviamo un vecchio mocamp semi abbandonato, un certo Abdullah ci fa segno d’entrare, qualcuno si affretta a pulire il gabinetto ed a metterci una lampadina presa in casa. Una piscina vuota testimonia che il luogo ha visto sicuramente tempi migliori, ma per noi, dopo la strada percorsa, sembra comunque un’oasi. 07/07/01  Al mattino quando ci alziamo troviamo un ospite che si aggira fra i camper, è un giovane torello, che per nulla infastidito dalla nostra presenza, pascola tranquillamente vicino ai mezzi. Alle nove, come d’accordo, Abdullah viene a prenderci e ci fa strada fino al sito archeologico di Hattusas. Qui ci fa da guida dandoci tante informazioni sugli ittiti e sul sito. Visitiamo i resti della città bassa e della città alta protetti da ben sei chilometri di mura ancora ben conservate nelle quali si aprivano quattro porte. La porta dei leoni, così chiamata per i due bellissimi animali scolpiti nella pietra e la porta del re così detta per il rilievo in cui vi era scolpita una figura dall’aspetto regale, ma che in realtà raffigurava un dio della guerra posto a protezione della città, sono forse i più importanti e significativi monumenti ittiti. Anticamente queste porte erano fiancheggiate da possenti torri. Più in basso osserviamo i resti del palazzo reale nel quale fu trovata una tavoletta d’argilla incisa in caratteri cuneiformi. Si tratta di un importante documento che testimonia di un trattato intercorso fra il re Hattusili III ed il faraone Ramses II. Molto interessante anche il tunnel che originariamente doveva essere ben camuffato e permetteva ai soldati di uscire inosservati dalla città eventualmente assediata per poter cogliere il nemico alle spalle. In due chilometri raggiungiamo il santuario rupestre di Yazilikaya, che in lingua turca significa “roccia scritta”, ricco di rilievi scolpiti. Il santuario, nel quale si svolgevano riti sacrificali, è composto da due vani. Nel primo è scolpita una processione di divinità, a destra quelle femminili a sinistra quelle maschili. Nel secondo vano vi sono alcuni bassorilievi ed un fregio raffigurante dodici déi della montagna con lunghi cappelli conici e spade ricurve, di fronte un altro bassorilievo raffigura il re Tudhalya IV abbracciato dal dio Sharuma. Il fregio più rappresentativo è quello su cui sono scolpite le due divinità più importanti per il popolo ittita, vale a dire: la dea Sole Hepatu, in piedi sopra un leone, ed il dio della tempesta Teshub, che sovrasta le divinità della montagna. Gli ittiti veneravano oltre mille déi. Al termine della visita troviamo un nugolo di persone che si accalcano attorno ai camper per barattare i loro lavori (soprattutto piccole sculture in pietra) con qualunque cosa possa loro tornar utile. Dopo gli scambi, salutiamo Abdullah e prendiamo la via per la Cappadocia seguendo una buona strada che la nostra guida ci ha indicato. La sera siamo a Goreme. 08/07/01 A Goreme ci affidiamo ad Alpi, un ragazzo proprietario d’una agenzia turistica, il quale ci porta in giro per la Cappadocia attraverso luoghi che difficilmente avremmo scoperto da soli, poiché alcuni fuori dai soliti tours turistici. La grande competenza di Alpi, che parla perfettamente l’italiano, ci fa apprezzare ancor di più il fascino e la straordinaria bellezza di questi luoghi. Visitiamo Zélve, Uchisar, la città sotterranea di Kaymakli, Avanos patria delle ceramiche, Cavusin con una spettacolare escursione sulle alture che la sovrastano, la Valle delle Spade, ecc. ecc. il tutto inframmezzato da alcune ottime cene dove abbiamo degustato  il “Vadi Kebab” (alla fiamma), o il “Canak” (nella terracotta al forno) sempre accompagnati dal “Lavas” (pane sottile) e la decina e più di antipasti gustati mentre i Dervisci Rotanti si esibivano nella loro tipica danza, a cui seguivano altri balli popolari e l’immancabile danza del ventre. 12/07/01 Riprendiamo il viaggio e dopo aver superato un paio di passi montani e la città di Kaiseri, lasciamo la Cappadocia e puntiamo su Malatya nel sud della Turchia. La sera, dopo aver scalato altre montagne portandoci a quote di oltre 1900m, giungiamo a Golbasi e nel piazzale di un ristorante troviamo ospitalità per la notte. Ceniamo mentre una ragazza turca dai lineamenti quasi arabi, canta passando per i tavoli, tipiche canzoni per noi incomprensibili. 13/07/01Copriamo i circa sessanta chilometri che ci separano da Katha. Giunti nella cittadina adagiata alla base del Nemrut Dagi (2150m), di cui intravediamo già il conico tumulo di Antioco sulla cima, prendiamo posto nel giardino dell'hotel Zeus. Il sole picchia inesorabile, ci sono 43 °C  all’ombra, ma per fortuna c’è una bella piscina in cui rinfrescarci di tanto in tanto. Nel pomeriggio andiamo sulla riva dell’Eufrate, l’acqua del fiume è di un azzurro intenso,  facciamo le foto di rito ed il bagno, quindi ritorniamo al nostro punto sosta. Alle due del mattino, l’autista messoci a disposizione dal padrone dell'albergo, viene a prenderci con un pulmino 4 x 4 e ci porta alla scoperta del Nemrut.
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