Il mio paese - La mia comunità
Domenica 20/1/2019
II del TO
Colore liturgico
Liturgia delle Ore:
II sett
Qualche volta
le nostre vite sono come stelle senza luce,
come arcobaleno senza colore,
come musica senza suono.
Qualche volta alle nostre vite manca la gioia.
Eppure, tu, Signore ci affidi la responsabilità
di diffondere la gioia che viene dall'averti conosciuto,
la gioia che viene dal saperci amati da te.
Tu deponi questo tesoro dentro di noi,
lo metti nelle nostre mani,
affinché noi lo moltiplichiamo
e lo condividiamo.
Ogni nuovo giorno che nasce,
è un dono che tu ci fai
per accrescere in noi la gioia.
Tu desideri solo
che prendiamo coscienza
della gioia che è in noi.
Allora aiutaci a conquistarla
anche quando la nostra vita
sembra naufragare
tra le onde della rassegnazione.
Cambia la nostra tristezza in vita,
cambia la nostra ombra in luce,
cambia la nostra acqua in vino nuovo
e trasformala in fontana di gioia,
per noi e per tutti i fratelli.
(Don Angelo Saporiti)
Signore, facci ricordare
che il tuo primo miracolo,
alle nozze di Cana,
lo facesti per aiutare
alcuni uomini a fare festa.
Facci ricordare
che chi ama gli uomini,
ama anche la loro gioia,
perché senza gioia
non si può vivere...
Fammi comprendere, Signore,
che il Paradiso è nascosto
dentro di noi.
Ecco, ora è qui,
nascosto dentro di me.
Se voglio, domani stesso,
comincerà a brillare veramente
per me
e durerà tutta la vita.
(Fëdor Dostoevskij)
Ho intravisto la speranza
tra le lacrime, i dolori,
le angosce di un carcere,
nella fame di un bimbo,
nel dolore di una madre,
in un volto pieno di rughe.
L'ho intravista,
ho accettato questa scommessa,
ho insistito
e tutti i pianti, i dolori, le angosce
si sono tramutate in danza.
(Ernesto Olivero)
Iniziando questa fase dell’anno liturgico che chiamiamo “tempo ordinario”, la Chiesa ci propone il primo miracolo che Gesù ha compiuto, almeno secondo il racconto di Giovanni. L’evangelista si affretta a chiamarlo “segno”, pur rendendosi conto dell’eccezionalità dell’evento. Egli ha ripensato a lungo al senso della venuta del Figlio di Dio tra gli uomini, e ha concluso che la sua “gloria” è stata manifestata nei modi più vari, in ogni “terzo giorno” di vittoria sul male; ma quotidianamente realizza il suo regno quando gli uomini, credendo in lui, diventano capaci di amare.
Anche in questo racconto ci sono vari segnali indicatori del limite e dell’incompiutezza della nostra realtà umana. Una festa attesa da una vita, sciupata nel momento più bello da un errore di valutazione sul vino necessario; anfore di acqua stantia da rivitalizzare per un nuovo scopo; il numero 6, per la Bibbia simbolo di imperfezione e manchevolezza; i dubbi di Gesù, non ancora convinto che fosse il suo momento. Le parole piene di gioia e di speranza di Isaia, sentite tante volte in sinagoga, erano bellissime, ma declinate al futuro. Parlavano di una promessa sposa, in un tempo in cui la donna diventava benedetta quando era accolta da un marito.
Forse ci voleva proprio la saggezza di una madre, allenata a vedere i bisogni degli altri, per smuovere Gesù. “Ora” è il tempo giusto, perché Dio ha già risposto, inviando suo Figlio. “Ora” è il tempo per risolvere i problemi, per restituire il piacere di ciò che è veramente “buono”, per riempire fino all’orlo la vita che ci è stata regalata.
Vale anche per noi, troppo spesso incapaci di vedere e di godere delle bellissime potenzialità della vita, la cui realizzazione è ora nelle nostre mani… purché sappiamo costruire il bene comune, nella varietà dei doni dello Spirito di cui ci parla San Paolo.
Signore, forse il vino non è indispensabile,
ma cosa sarebbe la vita senza piacere e letizia?
Per questo ci rimettiamo alla tua bontà:
regala alla nostra vita ciò che le sta mancando.
Signore, oggi abbiamo finito il vino
della certezza sul presente,
della speranza nel futuro,
della misericordia sul passato.
Signore, donaci questo vino.
Oggi abbiamo smarrito
l’allegria dell’amicizia,
la capacità di incontrarci,
la gioia delle cose semplici ed ordinarie.
Signore, donaci questo vino.
Oggi abbiamo esaurito
il senso della pausa e della festa,
la voglia di celebrare i grandi momenti,
il gusto di ricordare le tappe della vita.
Signore, donaci questo vino.
Oggi abbiamo scordato
l’ebbrezza davanti alla tavolozza dei colori del cosmo,
la compagnia del canto dei grilli nella notte stellata,
il gusto del cibo insaporito dalla fame.
Signore, donaci questo vino.
Oggi abbiamo svenduto
la bellezza di ogni tua creatura,
la gioia di una nuova scoperta,
il calore di un gruppo affiatato.
Signore, dissetaci con il tuo vino.
Oggi abbiamo scambiato
l’oblio per il divertimento,
l’illusione per la soluzione,
le scorciatoie per la via maestra.
Signore, donaci il vino buono.
E se malauguratamente abbandonassimo
la fiducia in noi stessi, negli altri e nel domani,
indicaci il luogo dove tu ci attendi
e continui ad offrirci il tuo vino.
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Gv 2, 1-12
C'era una volta un saggio molto conosciuto, che viveva su una montagna dell'Himalaya. Stanco della convivenza con gli uomini, aveva scelto una vita semplice, e passava la maggior parte del tempo meditando.
La sua fama, però, era così grande che la gente era pronta pronta ad affrontare strade anguste, ad arrampicarsi su colline ripide, a oltrepassare fiumi copiosi solo per conoscere quel sant'uomo, che tutti credevano fosse capace di risolvere qualsiasi angoscia del cuore umano.
Il saggio, essendo un uomo molto compassionevole, elargiva un consiglio qui, un altro lì, ma cercava di liberarsi subito dei visitatori indesiderati. Essi, comunque, si presentavano a gruppi sempre più numerosi, e un giorno una folla bussò alla sua porta, dicendo che sul giornale locale erano state pubblicate delle storie bellissime su di lui, e tutti erano sicuri che lui sapesse come superare le difficoltà della vita.
Il saggio non fece commenti e chiese loro di sedersi e aspettare. Trascorsero tre giorni, e arrivò altra gente. Quando non ci fu più posto per nessun altro, egli si rivolse alla popolazione che si trovava davanti alla sua porta.
"Oggi vi darò la risposta che tutti desiderate. Ma voi dovete promettere che, non appena i vostri problemi saranno risolti, direte ai nuovi pellegrini che mi sono trasferito altrove, così che io possa continuare a vivere nella solitudine cui tanto anelo. Gli uomini e le donne fecero un giuramento solenne: se il saggio avesse compiuto quanto promesso, essi non avrebbero permesso a nessun altro pellegrino di salire sulla montagna. Raccontatemi i vostri problemi", disse il saggio.
Qualcuno cominciò a parlare, ma fu subito interrotto da altre persone - poiché tutti sapevano che quella era l'ultima udienza pubblica che il sant'uomo avrebbe concesso, temevano che non avrebbe avuto il tempo di ascoltarli. Qualche minuto dopo, si era creata una grande confusione, con tante voci che urlavano nello stesso tempo, gente che piangeva, uomini e donne che si strappavano i capelli per la disperazione, perché era impossibile farsi sentire.
Il saggio lasciò che la situazione si prolungasse per un po', finché urlò: "Silenzio!". La folla si azzittì immediatamente. "Scrivete i vostri problemi e posate i fogli di carta davanti a me".
Quando tutti ebbero terminato, il saggio mescolò tutti i fogli in una cesta, chiedendo poi: "Fate passare tra voi questa cesta, e che ciascuno prenda il foglio che si trova sopra e legga ciò che vi è scritto. Potrete scegliere se cominciare ad avere il problema che vi troverete scritto oppure potrete richiedere indietro il vostro problema a chi gli è capitato nel sorteggio".
Ciascuno dei presenti prese uno dei fogli, lesse e rimase terrificato. Ne conclusero che ciò che avevano scritto, per peggiore che fosse, non era tanto serio come il problema che affliggeva il vicino. Due ore dopo, si scambiarono i fogli e ciascuno si rimise in tasca il proprio problema personale, sollevato nel sapere che il proprio problema non era poi tanto grave quanto immaginava.
Tutti furono grati per la lezione, scesero giù dalla montagna con la certezza di essere più felici degli altri e, rispettando il giuramento fatto, non permisero più a nessuno di turbare la pace del sant'uomo.
(Paolo Coelho)
Fonte: Qumran2.net