Il mio paese - La mia comunità
Domenica 17/3/2019
II di Quaresima
Colore liturgico
Liturgia delle Ore:
II sett
Signore,
ti ringrazio,
perché adesso sento dentro di me
che tu ci sei
e che è bello stare con te.
Fa' che non ti lasci mai.
Fa' che mi ricordi di questo momento bello
anche quando sarò immerso
nelle cose brutte di tutti i giorni.
Tu, Signore, sei l'immenso che mi abita
la luce che mi illumina,
la bellezza che mi rasserena.
Resta con me,
resta con noi, Signore!
Resta con la tua bellezza
e rendimi capace
di lasciare nella mia vita
impronte di bontà e di armonia,
di dono e di sorriso.
Rendimi capace di scoprire la bellezza
che si svela nel saper perdonare
chi mi ha fatto soffrire.
A te, Signore,
che sei lo splendido,
il bellissimo in assoluto
chiedo solo che tu mi costringa alla bellezza,
che tu mi costringa a tirare fuori
tutto il bello e lo splendido che c'è in me.
Io ti lascerò fare, Signore.
E ti riscoprirò vivo.
E ti ritroverò risorto.
Amen.
(Don Angelo Saporiti)
La bellezza salverà il mondo.
Al mondo esiste un solo essere assolutamente bello, Cristo, ma l'apparizione di questo essere immensamente, infinitamente bello, è di certo un infinito miracolo".
(Fëdor Dostoevskij)
Posso benissimo sapere molto a proposito della fede, e anche condividere molto questa conoscenza con altri, senza mai compiere il passo decisivo della fede, che implica sempre un abbandono esistenziale a Gesù.
(André Louf)
Per comprendere pienamente l’episodio della Trasfigurazione, occorre riprendere i fatti che lo precedono nel vangelo di Luca. Gesù si rendeva conto di essere nella stretta finale della propria vita e voleva far intravedere ai seguaci più vicini il senso della sua missione. Sarebbero stati loro a proseguirla, purché fossero capaci di rinnegarsi, prendere la propria croce, amare il prossimo come se stessi. Parole forti e difficili da realizzare. Così Gesù aveva deciso di tornare a incoraggiare gli Apostoli annunciando la sua passione, morte e risurrezione. In realtà loro si erano fermati allibiti e riluttanti alle prime due e stentavano a collegarle con la terza. Come biasimarli? Di fronte alla notizia di una morte “prematura” non avremmo lo stesso atteggiamento?
Forse per questo Gesù intuisce di dover dare un segno più incisivo di sé, che manifesti senza equivoci la gloria che attende quel Maestro, nonostante ogni incomprensione, perfidia e persecuzione. Niente e nessuno avrebbero potuto impedire che il progetto di Dio si manifestasse in tutta la sua potenza. I testimoni erano addirittura Mosè (secondo la tradizione ebraica, l’unico ad aver visto il Signore faccia a faccia) ed Elia (il profeta che non era morto, ma salito direttamente in Cielo, il luogo di Dio): i più autorevoli nella storia del popolo eletto. La voce dalla nube era il sigillo di Dio stesso.
Questa domenica ci ricorda che in certi momenti della vita le difficoltà sembrano avere il sopravvento… ma nella preghiera possiamo avere, per intuizione o illuminazione, la certezza che ogni pezzo della nostra vita non sarà stato inutile, ma prezioso e indispensabile per costruire un bellissimo puzzle, che comprenderemo interamente solo alla fine.
Quando ti sento, Signore,
e ti scopro a me vicino, resto, come Pietro,
con il cuore appagato in tutti i miei sogni più belli
e, come lui, cerco di fermare quel tempo
così da scavalcare la fatica del quotidiano.
Anch’io, come lui,
fantastico sulla stagione del riposo
più che impegnarmi in ciò che la vita mi chiede oggi.
Anch’io, come lui,
cerco i sogni di gloria o di evasione
anziché affrontare le asprezze del Calvario.
Sono davvero fuori strada,
proprio come Pietro sul Tabor.
Non ho ancora capito,
o faccio di tutto per non capire,
che la fede non è un approdo riposante,
ma una navigazione;
non è un restare a guardare il cielo,
ma un fissare gli occhi per terra
al fine di scoprire i segnali della tua presenza
ove gocciola il pianto dell’uomo,
oggi specialmente cosi abbondante
anche vicino a casa mia.
(Averardo Dini)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Lc 9, 28-36
Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi.
Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.
Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all'acqua, più che alle parole. Non c'è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un "linguaggio a lunga conservazione".
È difficile, per esempio, sottrarsi all'urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un'autentica martellata quel richiamo all'unica cosa che conta: "Convertiti e credi al Vangelo". Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d'ulivo benedetti nell'ultima domenica delle palme. Se no, le allusioni all'impegno per la pace, all'accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione. Quello "shampoo alla cenere", comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.
Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell'acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l'abbiamo "udita con gli occhi", pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l'offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.
Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.
Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell'attesa di Cristo? "Una tantum" per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni!
Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.
La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l'ardore, mettiamoci alla ricerca dell'acqua da versare... sui piedi degli altri.
Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
Un grande augurio.
(Tonino Bello)
Fonte: Qumran2.net