Il mio paese   -   La mia comunità



Domenica 3/2/2019

IV del TO

Colore liturgico

Verde

Liturgia delle Ore:

IV sett


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Aiutaci ad esser profeti

Quant'è difficile essere profeta della pace! Se alzo il dito verso un futuro gonfio di speranze, i realisti mi trattano da idealista; e se lo abbasso sul presente affranto da sconfitte, gli utopisti mi tacciano di disfattismo. Signore, donami il coraggio di accettare solo da te la rude vocazione di profeta e di essere ogni volta un perdente tra gli uomini! Quant'è difficile essere pedagogo della pace! In mezzo alle tortuosità di un cammino scosceso, come far capire che un male minore anche se tollerato, rimane un male e che bisogna far di tutto per allontanarsi dall'orlo dell'abisso in cui a ogni istante l'umanità rischia di precipitare? Signore, donami l'abilità di spiegare chiaramente che la pace non è così semplice come se l'immagina il cuore, ma è più semplice di come stabilisce la ragione! Quant'è difficile accogliere l'evangelo della pace! Da qualunque parte ci si trovi, all'ovest come all'est. In una giungla di belve con missili per dentatura, come far capire che perdere l'anima è ancora più pericoloso che lasciarci la pelle? Signore, donami la forza di aiutare tutti quelli che attingono alla linfa delle beatitudini per spezzare l'assurda logica e l'infernale spirale della violenza! Signore, tutti questi tiri incrociati sulla pace non mi fanno paura, non mi scoraggiano. Al contrario, mi rivelano che il minimo strappo alla tunica della pace fa gridare l'uomo. Toccare la pace è più che toccare un problema, e ancor più che toccare l'uomo: è toccare Dio, colui che san Paolo ci presenta come la pace stessa. "E' Lui la nostra pace" (Ef 2,14). Signore, insegnaci a vincere la pace!

(Enzo Bianchi)

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Voglio te solo

Il mio cuore ripete senza fine che voglio te, te solo!
Tutti i desideri che giorno e notte mi distraggono sono falsi e vani fin nel profondo dell'anima.
Come la notte cela nelle tenebre la brama che ha della luce così nel profondo dell'esser mio un grido risuona: Voglio te, te solo!
E come bufera, che nella sua furia pure ha per meta la pace, così anche il mio spirito ribelle lotta con il tuo amore; e il mio grido è sempre quello: Voglio te, te solo!


(Rabindranath Tagore)

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  • Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, 
  • per questo mi ha consacrato con l'unzione 
  • a proclamare ai prigionieri la liberazione. 
  •  * * * * * * 

Profeti di Dio


Forse è il destino di ogni profeta: essere contestato, sminuito, o, semplicemente, ignorato. È ciò che avvenne a Geremia: perseguitato, incarcerato, punito come traditore, abbandonato persino dalla propria famiglia. Non fece eccezione Gesù: fu svalutato e cacciato da una comunità incredula, troppo abituata a ritenerlo semplicemente uno “normale”, il “figlio di Giuseppe”. Peccato, perché la comunità di Nazareth perse un’occasione per incontrare la Vita, per crescere nella fede e nell’amore.
Oggi dovremmo chiederci se siamo in grado di riconoscere i messaggeri di Dio tra le pieghe del quotidiano. Sono gli allineati alle parole e alle virtù di Gesù, comprese quelle scomode o radicali; sono coloro che operano concretamente per salvare i poveri e i prigionieri; sono quelli che non hanno timore di vivere il gratuito in un mondo che persegue il proprio interesse.
I profeti del mondo d’oggi sono più numerosi di quanto immaginiamo: svolgono il proprio compito facendo crescere l’angolo di mondo che gli è stato affidato; sono corretti, leali ed onesti; non sgomitano per mettersi in mostra, ma col loro silenzio possono farci vergognare di essere lontani da Lui. Hanno già messo in conto fraintendimenti, sberleffi e opposizioni. Ma sanno di non poter perdere, perché, come scrive Geremia, “Dio è con loro”.
Dovremmo ringraziare questi profeti, perché continuano a camminare anche quando noi ci fermiamo; sono colonne che “fortificano la nostra città” e ci ricordano che ciò che resterà per sempre è la carità: rispettosa, benevola, paziente e felice per il bene di tutti.


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Preghiera

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Succede anche a noi, Signore, di essere vittime di pregiudizi, invidie o malignità. Succede anche a noi di avere ottime intenzioni che non vengono capite, perché gli altri sono abituati a vederci in un altro ruolo. Succede anche a noi di portare una notizia positiva che qualcuno disprezza perché non ne è l’unico beneficiario.
Succede anche a noi di constatare l’inadeguatezza di chi ci sta accanto, avendo l’onestà intellettuale di farlo presente, in spirito di correzione fraterna, non di giudizio inappellabile. Succede anche a noi di trovare oppositori che vorrebbero usare ogni mezzo per toglierci di torno.
A noi, però, succede anche di reagire con rabbia, sdegno e violenza. Quantomeno decidiamo di troncare ogni ponte con chi ci ha fatto uno sgarbo, fino a quando si umilierà con le sue scuse. Siamo indietro, Signore, rispetto a te, e ti chiediamo perdono, insieme alla forza di cambiare.
La tua reazione è fatta di silenzio, di assenza di giudizio, di risolutezza nel riprendere il cammino. La tua scelta è la verità, le reazioni altrui sono secondarie. Passasti in mezzo ai tuoi nemici, né offeso, né irato. Avanti, la vita ci attende, altre persone hanno bisogno di noi.

Vangelo della Domenica

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In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Lc 4, 21-30

 


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La volpe ed il bramino


C'era una volta un bramino, un sacerdote dell'India, un po' ingenuo e molto buono. Il religioso si muoveva spesso per andare a celebrare cerimonie religiose in luoghi lontani e isolati. Un giorno decise di andare a predicare in un villaggio lontano, per raggiungerlo dovette passare attraverso una foresta. Lungo il cammino incontrò un leone rinchiuso in una gabbia. Il bramino provò pietà per l'animale e decise di liberarlo, nonostante sapesse che i leoni potevano mangiare gli uomini. Il leone gli disse: "Ti giuro che non mangerei mai il mio benefattore!" Così il buon bramino lo liberò. A quel punto l'animale disse: "Come hai potuto pensare che dicessi la verità? Ho fame e ti mangerò!". Allora il bramino gli chiese: "Prima di mangiarmi, sentiamo cosa ne pensa questo albero!". L'albero rispose: "Gli uomini sono cattivi. Io offro loro riparo e refrigerio, e loro per tutta ricompensa mi tagliano e mi uccidono. Per me lo puoi mangiare!". Il bramino decise di chiedere un altro parere: poco lontano, in una radura, c'era un asino che stava brucando... gli fecero la stessa domanda e l'asino rispose: "Gli uomini? Creature perfide! Ci sfruttano tutta la vita, e quando siamo vecchi ci abbandonano. Mangialo pure!". In quell'istante, videro che stava arrivando una volpe: "Chiediamo anche a lei, disse il bramino, e se anche lei dirà di mangiarmi, potrai mangiarmi!". La volpe guardò i due e disse: "Voi mi state prendendo in giro: ma come faceva un leone così ciccione a stare in una gabbia così piccola?". Il leone, un po' alterato, rispose che invece era possibile, e la volpe continuo': "Sì, e io vi credo! Figuriamoci un po'..., per me mi state prendendo in giro!". Arrabbiato, il leone entrò nella gabbia e immediatamente la volpe chiuse la porta di ferro e l'assicurò con la sbarra; poi si rivolse al bramino e disse: "Nella vita non basta essere buoni e bravi, ci vuole sempre un po' d'astuzia!". Quel giorno il bramino non andò al villaggio, ma ritornò a casa a meditare su quello che aveva imparato dall'astuta volpe.

(Fiaba indiana)

Fonte: Qumran2.net