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La nostra storia in un’opera d’arte


SS. Trinità e Santi del Cavagna - chiesa parrocchiale - Peia

In occasione del 450° anniversario della nascita della Parrocchia di Peia è stata restaurata, grazie al contributo della Fondazione della Comunità Bergamasca, una delle più importanti tele possedute dalla nostra Parrocchia: «SS. Trinità e Santi» di Gian Paolo Cavagna. L’opera è firmata ma non è datata: gli storici dell’arte propendono per una datazione intorno ai primi due decenni del 1600. Il contesto è quello della Controriforma, la risposta cattolica alla Riforma protestante, che portò al moltiplicarsi delle committenze di dipinti sacri e che vide il Cavagna operare da protagonista nella vasta diocesi bergamasca dal nono decennio del Cinquecento fino al 1627, anno della sua morte. Gian Paolo Cavagna, formatosi nella bottega di Baschenis il Vecchio, lavorò anche a Piacenza, Cremona, Brescia. Tra i suoi lavori più importanti vanno ricordati gli affreschi della cupola di Santa Maria Maggiore a Bergamo. Nelle opere del Cavagna si rintracciano influssi della scuola cremonese e di quella veneziana, mentre la severità e l’essenzialità che spesso le caratterizzano non possono che far pensare ad un influsso di Gian Battista Moroni.
L’opera va letta dal basso verso l’alto: in primo piano un Santo Vescovo (Sant’Ambrogio?) e Sant’Antonio Abate, tramite d’eccezione per il fedele,

infatti, tra i santi raffigurati, ad eccezione di S. Giovanni Battista, che spessissimo è rappresentato con il dito indice levato e proteso in avanti a significare la sua missione di annunciatore del Messia, solo Sant’Antonio è rivolto verso lo spettatore e gli indica verso cosa debba tendere. Il santo è rappresentato come un vegliardo dalla lunga barba, avvolto nell’ampio saio monastico e con i suoi attributi classici: il fuoco, perché fu venerato in modo particolare dal popolo che faceva ricorso a lui contro la peste, contro i morbi contagiosi e contro il cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”; il bastone, che in questo caso è un vero e proprio pastorale che, insieme alla mitria posta ai suoi piedi conferiscono al santo la dignità di Vescovo, nonostante fosse abate; infine il campanello, forse in memoria del suono di campanelli che annunciavano di lontano l’arrivo dei questuanti dell’ordine antoniano. In secondo piano sulla sinistra troviamo, aperta dalla Madonna, una schiera di santi uomini: San Paolo, rappresentato con la spada, strumento del suo martirio, e, in quanto autore delle Epistole e autore più antico e prolifico del Nuovo Testamento, il libro aperto; San Nicola da Tolentino, santo agostiniano venerato a Barzizza, raffigurato con i gigli e con una stella sul petto, in ricordo della stella cometa che apparve in cielo al momento della sua nascita; il santo a fianco di san Nicola, rappresentato come soldato, potrebbe invece essere Sant’Alessandro, patrono di Bergamo. oppure San Defendente, altro santo della tradizione bergamasca o ancora Sant’Antimo, di cui Peia conserva le reliquie; a chiudere la schiera troviamo un altro Santo Vescovo, probabilmente Sant’Agostino, autore del De Trinitate, un trattato che ha dato un contributo fondamentale alle riflessioni trinitarie. La schiera di sante sulla destra è aperta invece da San Giovanni Battista, in posizione privilegiata perché è l’unico tra i santi di cui si celebri la natività e il giorno della morte, come avviene per Cristo e la Madonna. Si tratta di sante martiri, tutte rappresentate con i simboli del loro martirio: S. Lucia, con gli occhi; Sant’Agata con i seni su di una patena: Sant’Apollonia con un paio di tenaglie che reggono un dente; Santa Caterina d’Alessandria con la ruota spezzata.
In alto la vera protagonista dell’opera: la SS. Trinità, nucleo centrale della fede cristiana. Tutto, le linee forza oblique e circolari della composizione, la simmetria nella rappresentazione dei santi, lo spazio vuoto centrale, la luce che emana dallo Spirito Santo, guida lo sguardo dello spettatore verso l’alto, verso Dio che, secondo le riflessioni trinitarie di Sant’Agostino, è colui che ama, verso Gesù, l’amato, verso lo Spirito Santo, che è l’Amore perfetto e divino tra il Padre e il Figlio, ma è anche l’amore che essi mandano ai discepoli per far loro comprendere e testimoniare le verità rivelate.

Autori: Linda, Giacomo, Luca
Tratto da “La Voce di Peia” gennaio – aprile 2011


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