SINTESI DELLA AUTOBIOGRAFIA TRATTA
DAI “QUADERNI DELL’AMORE” di_Luigi_Gaspari
“ ... Se sei buono, quando sarai più grande, ti
manderò dal Santo Profeta ” .
Queste parole spesso ritornano e rivivono
nel ricordo della mamma: quel Santo Profeta era Padre Pio che a me, suo decimo
figlio, la mamma insegnava a conoscere, per riconoscere e amare nel Profeta
l'inviato di Dio. I racconti meravigliosi dei prodigi e della bontà di Padre
Pio, per quelle amate parole, divennero argomento di colloqui. I colloqui
suscitarono interesse di conoscere da vicino quel Profeta che mia madre
prometteva di donarmi come guida alla conoscenza di Dio. L'interesse a
conoscere Padre Pio si accrebbe insieme al desiderio di far presto a diventare
grande. Sono nato il 9 aprile 1926 a San Felice sul Panaro (MO), dove i miei
genitori gestivano con altri soci un mulino. Mio padre, instancabile nel
lavoro, alla vita dello Spirito di Dio dava alimento continuo la fede di mia
madre. Del caro si ricordano le eccezionali prove di amore e umiltà al
prossimo. I doni di Dio in mio padre, lo portarono ad eccessi di generosità
verso persone che, ne approfittarono. Il comandamento di Dio “ Ama il prossimo
tuo come te stesso “ nel suo grande cuore finì per essere amore al
prossimo più che a se stesso.
*Per questo negli anni precedenti e
successivi alla mia nascita dovettero ricominciare dal niente dopo aver speso
una vita di lavoro pesantissimo e con ben nove figli a cui provvedere. La
Divina Provvidenza sempre amata, non tardò a tendere la sua mano. Il consiglio
dello Spirito Santo arrivò sotto forma di una lettera di Padre Pio, nella casa
di San Felice, umiliati dalla indifferenza degli uomini per la perdita del
frutto del loro lavoro.Lo Spirito Santo consigliò di attenersi alle parole
date dal Profeta, l'umile frate di Pietrelcina, allora poco riconosciuto come
uomo di Dio. Il consiglio dato da Padre Pio fu di trasferire la famiglia nella
frazione di Pavignane (MO). Padre Pio assicurava che il lavoro in quel piccolo
centro non sarebbe mancato e avrebbe ricompensato mio padre di tutti i
sacrifici.
A Pavignane andai all'età di due anni, e nei cinque anni di
permanenza ho udito i primi racconti sulla vita di Padre Pio. Mia madre
mantenne la promessa fattami nell'infanzia, di mandarmi dal Profeta di Dio,
così all'età di 14 anni incontrai Padre Pio per la prima volta. Non riuscivo a
comprendere quale fosse la misteriosa via che aveva data alla mamma, tanta
conoscenza, fede e amore, per lo strumento di Dio che non tutti gli uomini
riconoscevano tale. Mia madre non aveva avuto mai colloqui con Padre Pio. Una
sola volta, nell'anno 1949 si recò a San Giovanni Rotondo per una breve
visita, ma da pochissime persone, ho udito parole convincenti e sapienti come
quelle che sapeva dire la mamma, per fare conoscere e amare in Padre Pio, il
Profeta inviato da Dio.
*Questo mistero mi fu chiarito da Padre Pio stesso
molti anni dopo quel primo incontro con Lui. Il 15 marzo 1940 partii da
Bologna, diretto a San Giovanni Rotondo con il Sig. Tonino Tonelli e due mie
sorelle, Gabriella e Anna. Padre Pio che osservavo per la prima volta assistendo alla Santa Messa,
attirò tutta la mia attenzione di ragazzo. L'occhio penetrante e dolce del
Padre, nell'intimo del mio cuore, suscitò amore filiale. Arrivato il mio turno
per la confessione, mi sentivo attratto dall' amore del Cuore di Padre Pio, ma
avevo timore di non meritare di essere accolto come figlio del santo Frate,
che avevo amato da sempre. Fui improvvisamente invitato dal Sig. Tonelli ad
avvicinarmi al confessionale di Padre Pio. Padre Pio mi fece delle domande,
poi mi guardava e attendeva da me una risposta. Confuso gli dissi: “Non
ricordo bene se ho fatto questo peccato” - Egli con molta forza mi rispose:
“Vattene! Vattene! Che cosa vuoi da me? Preparati bene per la confessione!
Non ho tempo da perdere”. L'indomani dopo una preparazione più profonda e
seria ritornai al confessionale. Contrariamente alle aspettative trovai nel
Padre una dolcezza senza limiti, che mi fece dimenticare la sgridata del
giorno precedente. Padre Pio mi disse: “Si, ti accetto come figlio
spirituale...e tu comportati sempre bene”. Non mi fece domanda alcuna, né dei
miei studi, né della città da cui provenivo.
*Ritornai a Bologna, felice di
avere finalmente conosciuto il " Profeta ". Ripresi gli studi. Non amavo quel
genere di studi, studiavo pochissimo e nell'intimo pensavo di abbandonare la
scuola. La mia vita spirituale era abbastanza piena. Con amore seguivo le
pratiche di pietà. Ricevevo spesso la Santa Comunione, però pregavo con poco
fervore Gesú Ostia. All'età di undici anni, avevo sentito un mio maestro di
scuola che stimavo molto, dire: “Io non ho mai creduto che un pezzo di pane
possa trasformarsi durante la consacrazione nel Corpo e Sangue di Cristo”.
Non mi rendevo conto, ma ora sono certo, che proprio quelle parole
ritornavano nel mio pensiero ogni volta che ricevevo Gesú Ostia. Il 5 maggio
1940 ricevetti una lettera molto importante che mi rivelò un grande dono di
Padre Pio. Egli da San Giovanni Rotondo aveva potuto leggere i segreti più
intimi del mio cuore: l'intenzione di abbandonare gli studi e il poco fervore
nel pregare Gesù Ostia, che solo Dio conosceva. Partendo da Bologna avevamo
lasciato l'indirizzo alla signorina Olimpia. Con molta sorpresa mi giunse una
sua del 3/5/1940 :
- “Mio buon Luigi, è
tanto tempo che volevo scriverle…Adesso non posso più transigere a scriverle e
manifestarle il desiderio del Padre, tanto che lo debbo fare per obbedienza,
poiché come figlia spirituale non posso negargli niente, fosse anche il
sacrificio di morte. Giorni fa mi ha incaricato di dirle a nome Suo che
desidererebbe che Luigi di Bologna studiasse di più, perché nelle preghiere
vede che non studia, tanto che non sarà promosso se non glielo fa sapere di
ciò. Me lo disse dolcemente, sembrava che quelle parole dolci volessero dire
la pena che soffre il suo cuore per questa mancanza allo studio. Mi fece così
penare che non so esprimere, però mi disse che del suo andamento in quanto
alla Chiesa è contento e deve seguitare ma con un po' più di fervore pregare
Gesú Ostia quando scende nel suo petto. Mio caro Luigi, beato lei che il Padre
l'avvisa di quella che desidera Gesú da lei. Povero Padre ! Quanto soffre se i
suoi figli spirituali non mantengono le promesse che gli hanno fatto. Esso ne
è il responsabile davanti alla Maestà di Dio. Ma noi non facciamo, no questo ?
No e più di me stessa sono certa del mio caro Luigi che ha un animo tanto
buono che non vuole che il caro Padre, vittima nostra, soffra per non riuscire
agli esami. Esso vede il suo avvenire ed ha già stabilito della sua posizione.
Mi raccomando caro, faccia che da quando legge la lettera non possa più vedere
anche da qui ciò che il suo figlio Luigi gli addolora l'animo e fa gemere
dalle sue ferite tanto più sangue…mettete ognuno di voi una forte, fortissima
volontà in quello che desidera espressamente il caro nostro Padre Santo.
Cerchiamo uniti di consolare il suo amareggiato cuore, perché il suo è proprio
quello di Gesú.
Mi auguro…
A tutti la Santa Benedizione del Padre”-
- Vostra sorella in Gesú, Olimpia -
Le preghiere del Padre e le sue parole di incitamento allo studio mi
aiutarono a non abbandonare la Scuola Tecnica. Un giorno, nell'ottobre 1942,
l’Insegnante Dott.ssa Lia Ceneri mi disse: “Come mai tu Gaspari, non hai
scelto una scuola per studi classici?”. Risposi che sarebbe stato mio
desiderio ma dovevo rassegnarmi a prendere il diploma di scuola tecnica. La
generosa insegnante mi disse: “Sono sicura che riuscirai a superare l'esame
per il passaggio al Liceo Scientifico. In questo anno scolastico ti darò
lezioni di latino”. L'entusiasmo mi indusse a tentare l'impresa. La sera dopo
otto ore di scuola all'Istituto Aldini andavo a casa della signorina per
iniziare da zero gli studi di latino. Certamente furono le preghiere di Padre
Pio, offerte a Dio, a mia insaputa, a inviarmi la generosa insegnante e la
volontà di studiare, che non avevo. Nell'estate 1943 riuscii a superare
l'esame e l'anno dopo mi trasferivo al Liceo Scientifico "Augusto Righi" di
Bologna.
Mi laureai in Farmacia nell'anno 1950. Per ben 14 anni,
dal 1940 al 1954, non rividi Padre Pio. Nel settembre 1954 ritrovai in
soffitta fra i libri di scuola la lettera ricevuta da San Giovanni Rotondo il
5 maggio 1940. Rilessi con molta attenzione la lettera che credevo smarrita e
compresi meglio il significato di tante prove. Il mio amatissimo papà Augusto
era morto il 26 novembre 1953. La mamma, stanca e addolorata, aveva bisogno di
me. Mio padre aveva voluto vedere sempre uniti i suoi nove figli viventi. Per
questo desiderio d'unione, le cose in famiglia andarono benissimo fino a
quando papà rimase in vita, ma alla sua morte sorsero dei dissidi per le
difficoltà di mantenere unite le nuove famiglie, che i miei fratelli avevano
formato. Mio Padre aveva il culto della unità della famiglia e il suo cuore
pieno d'amore e generosità era incapace di allontanare dal suo focolare i
figli sposati e con aspirazioni diverse.
Nell'estate 1954 decisi di stabilirmi a San Matteo della Decima per
mettermi a disposizione della mia famiglia e per confortare, l'angelo della
mia casa. Non amavo vivere nei piccoli paesi e tanto meno occuparmi di mulini,
ma l'amore per la mamma mi fecero superare le difficoltà. Le sofferenze di
quel anno mi fecero capire il valore della lettera ritrovata in soffitta.
Decisi allora di ritornare a San Giovanni Rotondo.
Il mio pensiero ritornava a
quel lontano primo incontro con il Padre di ben 14 anni prima. Come mai non
avevo sentito il richiamo a ritornare a San Giovanni Rotondo durante 14 anni?
Non sapevo spiegarmi il perché. Giunsi a San Giovanni Rotondo molto
emozionato. Ascoltai la Santa Messa di Padre Pio al mattino alle ore cinque,
come tanti anni prima. Il tempo aveva lasciato le tracce della sofferenza nel
fisico e nello sguardo dell’amato Padre. Durante la Santa Messa, mi sentivo
quasi in colpa per essere stato lontano tanti anni e fui preso da una intensa
commozione che sfogai in un lungo pianto. Finita la Messa, mi misi in
sacrestia fra una grande folla di uomini. Il Padre passò davanti a me per
dirigersi alla sua cella. Ero sereno, senza alcun segno visibile dell’emozione
provata durante la Santa Messa. Grandissima fu la mia sorpresa nel vedere
Padre Pio arrestarsi davanti a me con la sicurezza di chi poteva vedere in me
il ragazzino pauroso di tanti anni prima. Non dubitavo affatto che il Padre
potesse riconoscere in me il ragazzino Luigi di 14 anni. Il dubbio era
solamente di non avere diritto di essere riconosciuto ancora come figlio.
Padre Pio, con voce di vero Padre, col gesto amoroso della mano tesa verso il
figlio, mi toccò con forza dicendomi: “Figlio mio, sei qui finalmente! Perché
hai pianto? Lo sai che non mi piacciono i pianti!”. Avvinto da tanto amore
paterno, si accrebbe l' amore mio verso il Padre. Nell’amore di Padre Pio
ritrovai, accresciuto, tutto l' amore del mio amato papà che era ritornato in
cielo. Capii in seguito che, rispettosissimo dell’autorità dei miei genitori,
Padre Pio voleva che nei quattordici anni, dal 1940 al 1954, io vivessi il più
possibile vicino ai miei cari genitori per donare loro tutto il mio amore di
figlio, nel rispetto dell’ordine di amore verso l’autorità del padre e della
madre. Solo dopo la morte di papà, Padre Pio mi fece le veci di padre nel
dirigere il mio spirito all’amore di Dio e alla conoscenza dei problemi della
vita terrena. Dal 1954 i miei viaggi a San Giovanni Rotondo divennero assai
frequenti. Nel mese di giugno 1956, esattamente il giorno 6, mi trovavo a San
Giovanni Rotondo. Dopo la Santa Messa Padre Pio mi vide in sacrestia, si
avvicinò e disse: “Che fai qui? Non perdere tempo, vai a casa subito”. Rimasi
molto turbato dall’invito a partire subito per Decima. Partii col primo treno
diretto a Bologna; arrivai a San Matteo il giorno successivo. Trovai la cara
mamma in fin di vita, ma ancora lucida di mente. Vedendomi accanto al letto la
mamma si illuminò di una gioia indescrivibile e mi disse: “Se qui Luigi! Ho
tanto pregato Padre Pio di mandarti a casa. Volevo rivederti ancora una volta
prima di morire. Sono grata a Dio ed a Padre Pio di avere esaudito il mio
desiderio. Ora muoio contenta, perché so....”. Poi la mamma mi chiese: “Luigi,
che festa è domani? Sento le campane suonare a festa, ma non so che festa è
domani”. Risposi che le campane non suonavano affatto: Volli accertarmi dal
calendario, l'8 giugno era dedicato al Sacro Cuore di Gesú. Le condizioni
fisiche di mia madre si aggravarono fin quando quasi cieca e senza possibilità
di parlare, fece segno di voler scrivere. Tutti i figli con alcuni amici,
assieme al parroco di Decima, Don Balestrazzi, e le suore eravamo vicini alla
mamma. In modo e con una forza soprannaturale, mamma riuscì a scrivere fino a
quasi gli ultimi momenti di vita.
Trascrivo
parte dei pensieri da lei scritti durante la sua gioiosa agonia e incontro con
Dio:
“Lascio con serenità
questa vita sapendo di non aver macchie davanti agli uomini e a Dio. La mia
fine si avvicina, le forze mi mancano, ma non la mente…Luigi ci lasciamo, sii
sempre buono e sereno con tutti - Pregherò per tutti - Così finisce la vita.
Sei tu Luigi ? Non piangere per me. Io sono con il Signore - Ti sarò sempre
vicina - La Provvidenza mi è vicina. Ho sempre sentito il suono a festa delle
campane. Vostro padre mi attende - Così finisce la vita di questa terra, non
con gli uomini, ma con Dio - Così sarà per voi .Lascio per voi tutti il
consiglio di seguire la mia strada: - carità e onestà - E' un passaggio - sono
finita. Lascio a tutti i conoscenti gli auguri più belli - Dio ha il mio
respiro - Pace e gioia a tutti - A Dio ! Mamma ”.
Le parole scritte dalla mamma
durante l'agonia non lasciarono alcun dubbio che un intervento straordinario
di Dio le aveva dato la grazia e la possibilità di scrivere. Il suono delle
campane a festa che la mamma udì, fino agli ultimi momenti, era la gioiosa
festa del Cielo per il rientro del cuore della mamma nel Cuore di Gesú. L'8
giugno 1956 le campane suonarono veramente per la festa del Sacro Cuore di
Gesú e per la mia mamma che ritornava in Cielo. Pochi giorni dopo i funerali,
partii per S. Giovanni Rotondo. Mi trovavo nel corridoio del convento alle
pareti erano appese numerose stampe.
*Padre Pio uscì dalla cella. Gli occhi del Padre, tanto
pieni di amore per tutti gli uomini, in quel momento, non seppero placare il
dolore del mio cuore. Riuscii a dire soltanto queste parole: “La mamma le
voleva tanto bene, Padre, aveva fede e sembrava che la conoscesse intimamente
nonostante non avesse mai parlato con lei”. Padre Pio camminava lentamente nel
corridoio per dirigersi al coro della vecchia chiesetta. Alle mie parole
sembrava non voler rispondere, mi guardava fisso coi suoi grandi occhi pieni
di bontà e d'amore. Si fermò improvvisamente, alzò la mano e col dito indicò
quanto era scritto ed io lessi insieme a lui. Stava scritto : "La comunione
dei santi". La Sapienza di Dio in Padre Pio trovò una maniera inconsueta di
spiegare un mistero che fin dall'infanzia, per i racconti della mamma aveva
suscitato in me interesse a conoscere. Per quel mistero rivelato ebbi maggiore
conoscenza dell'uomo per la conoscenza di molti divini segreti.
La prima promessa non compresa, mi fu rivelata in parte
dalla lettura di quelle parole scritte. Vidi più chiaro il significato della
lettera che Padre Pio mi aveva fatto giungere a Bologna tre mesi dopo il mio
primo incontro con lui. La fedeltà della mia mamma a volere accogliere,
mettere in pratica i consigli del divino Spirito, per le parole del fedele
sacerdote di Dio, Padre Pio, si fece promessa di fedeltà da parte di Padre Pio
nel volere essermi amoroso Padre spirituale, per insegnarmi a conoscere lo
spirito di Dio, insegnarmi a rigettare nell'uomo lo spirito che di Dio non è,
e vedere chiaramente quale è il vero spirito che diffonde il male tra gli
uomini. I consigli che giungono all'uomo dallo spirito ribelle a Dio, sono il
male del mondo. La promessa di vittoria sui suoi nemici, il Supremo Verbo la
donò per indicare la via del retto consiglio a tutti gli uomini che amano
accogliere nell'ascolto, solamente i consigli dati dallo spirito della Parola
di Dio.
La confusione delle idee create dagli spiriti del male,
ha diviso gli uomini in una lotta che è assenza di amore reciproco, per non
voler comprendere la Parola di Dio. L'assenza di amore alla Parola di Dio è
diminuzione di Grazia, di conoscenza che porta al dominio degli spiriti
infernali che, dividono gli uomini. Padre Pio ebbe in dono da Dio il
discernimento degli spiriti.
Gli spiriti del male che sanno nascondersi in veste di
agnelli non hanno mai confuso lo spirito di Padre Pio, che degli spiriti che
animano gli uomini sapeva riconoscere la provenienza. Apparentemente severo
Padre Pio curava con amore particolare le anime che non conoscevano la gravità
del peccato. Amava gli umili che, travolti dallo spirito del male, non
sapevano riconoscere l'origine dei loro mali. Padre Pio mi fece comprendere
che: “l'umile parla di Dio anche quando non sa niente di Dio”.
Nell'umiltà solamente si esercita la carità che Dio vuole. La vita di Padre
Pio offerta all'amore del Nome di Dio vuole offrirsi nello spirito d'amore a
tutte le anime che offrono il loro cuore all'amore di Dio. Conclusi il
soggiorno a San Giovanni Rotondo nel giugno 1956. Padre Pio, prima della
partenza, nel salutarmi m'indicò una immagine della Madonna nel corridoio del
Convento. Volle che pregassi assieme a Lui e poi mi disse “Va a Pompei la tua
mamma vive nel Cuore di Gesù; ora la Madonna è la tua mamma”. I fatti che
accaddero mi dimostrarono che la “maternità della Madonna è Verità”. L'amore
di Padre Pio seppe darmi tale certezza. La vigilia di Natale del 1956 tornai a
San Giovanni Rotondo. Alla stazione di Foggia incontrai un'anziana e gentile
signora, la baronessa Bianca Remy.
Dopo aver scambiato poche parole, la signora mi dimostrò
molta simpatia e ci avviammo insieme a San Giovanni Rotondo. Dopo la funzione
religiosa del 26 dicembre 1956, nei corridoi del convento un gran numero di
persone, faceva ressa intorno a Padre Pio. Compresi che da parte di una di
queste illustri persone era stato chiesto a Padre Pio di dare una spiegazione
di un quesito molto difficile e importante della Sacra Scrittura. Udii
chiaramente la risposta del Padre che, rivolto a quei Signori, disse: “
Voi intellettuali complicate troppo le cose! Io saprei darvi la risposta al
quesito degli Angeli. Però la tengo nel cuore e non posso dirla a voi ”.
Accanto a me stava un distinto signore: era un alto magistrato di Roma.
L'avvocato parlò con me per alcune ore, sempre ritornando al quesito tanto
interessante e difficile da risolvere. L'indomani mattina dopo la Santa Messa,
Padre Pio diede a me la spiegazione del quesito. Il Padre mi disse: “
Devi dare solo all'avvocato di Roma la spiegazione che ho dato a te del
quesito degli Angeli ”. Circa un'ora dopo rividi l'avvocato al bar
dell'Albergo. Tutto quanto stava a cuore di sapere di quel quesito
all'illustre avvocato fu da me riferito con le testuali parole dettemi da
Padre Pio. L'avvocato pianse di commozione e l'indomani, ripartendo per Roma
mi raccomandò di fargli visita nella sua città. Il primo dell'anno 1957
salutavo l'amatissimo Padre Pio per far ritorno a San Matteo della Decima.
Circa due mesi dopo, ai primi di marzo 1957, ero di nuovo nei corridoi del
convento di San Giovanni Rotondo. Incontrai il Padre intento ad ascoltare le
parole del Sindaco che diceva a Padre Pio che la richiesta fatta dal comune di
San Giovanni Rotondo alla Cassa del Mezzogiorno a Roma per ottenere
finanziamenti per lavori stradali ed altri urgenti era stata respinta. Padre
Pio si girò verso di me e mi disse “Tu devi andare a Roma e occuparti
di questa faccenda presso la Cassa del Mezzogiorno”. Rimasi sorpreso
ed allibito e risposi: “Padre io non
conosco Roma e non ho amici che mi possano aiutare per questo compito”.
Il Padre con dolcezza e sicurezza rispose: “Non devi attraversare
l'oceano per andare a Roma. Su via parti subito con la benedizione di Dio ed
io ti accompagnerò”. Il Sindaco ed il Padre Guardiano mi illustrarono
la situazione e richieste giuste da farsi alla “Cassa del Mezzogiorno”.
Partii per Roma accompagnato dalla sola fede nella guida di Padre Pio. Sul
treno per Roma incontrai un giovane avvocato, parlammo a lungo di vari
argomenti. Prima di scendere alla stazione di Roma, l'avvocato volle darmi
l'indirizzo. L'avvocato era espertissimo nelle pratiche riguardanti le
richieste alla “Cassa del Mezzogiorno”. Fui accolto a Roma, dalla baronessa
Remy. Mi recai alla “Cassa del Mezzogiorno” accompagnato dalle persone
autorevoli incontrate. Dopo un periodo di tempo ricevetti a Bologna una
lettera, dal Vice Presidente della “Cassa del Mezzogiorno”. Mi assicurava che
i finanziamenti per i lavori stradali per il piazzale del convento e altro
erano stati approvati. Dal 1957 fino al 1968 mi recai a San Giovanni Rotondo
quasi mensilmente. Dopo le confessioni Padre Pio mi diceva: “Vai a Roma!”. Non
comprendevo bene perché dovessi recarmi a Roma. Ubbidivo al desiderio espresso
dal Padre e a Roma mi recavo sempre con accresciuto entusiasmo. Tuttavia la
mia casa era a San Matteo della Decima.
Molti amici di Roma e di altre città venivano a trovarmi al mio paese. A
Decima mi ero formato un gruppo di ottimi collaboratori, fra questi Primo
Capponcelli che divenne poi il capo comitiva di gruppi di persone desiderose
di avere incontri e mantenere contatti spirituali con l'amato Padre Pio. Gli
abitanti di San Matteo della Decima con gioia accolsero l'invito mio e di
Primo di fare visita al santo frate cappuccino di San Giovanni Rotondo.Le
preghiere e le benedizioni del Padre diedero copiosi frutti di grazie a molte
famiglie e, per queste, a tutti gli abitanti di San Matteo della Decima.
Ricorderò a questo proposito che anche la mia famiglia ebbe un segno della
sollecitudine e dell'amore di Padre Pio e la prova che egli, anche a distanza
di molti anni, ricordava tutte le nostre richieste di preghiere e protezione.
Nei giorni fra Natale e Capodanno 1967 - 1968 mi trovavo a San Giovanni
Rotondo. La confessione con Padre Pio, in uno di quei giorni, fu più lunga del
solito; il Padre mi disse avrei dovuto recarmi a Bologna e aggiunse : “
Nell'anno 1968 dovremo lavorare molto…non abbiamo tempo da perdere ... etc. ”.
Per gradi mi fu fatta luce su quelle misteriose parole. Infatti nella notte
fra l'8 e il 9 aprile 1968 al compimento del mio quarantaduesimo compleanno
ebbe inizio la RIVELAZIONE, il Padre incominciò ad ispirarmi le
pagine del "Quaderno dell'Amore ".
A fine aprile gli feci recapitare una copia manoscritta del 1° Quaderno
dell'Amore, egli lo definì "Testamento promessa di Grazia" che si
doneranno, attraverso lo spirito di queste parole, allo spirito dell'uomo che
vorrà accoglierle con tutto l'amore del suo cuore . Mi raccomandò di
pubblicarlo al più presto e di farlo giungere al Santo Padre, alla gerarchia
ecclesiastica e al mondo. Il 25 maggio 1968 si doveva celebrare a St. Louis,
Stati Uniti, una grande festa in onore del Sacro Cuore di Gesú. Padre Pio
voleva farvi giungere per quella data il "Quaderno dell'Amore" e
ne aveva incaricato un suo fervente figlio spirituale, il celebre compositore
e direttore d'orchestra Alfonso D'Artega. Per motivi che non conosco il
Maestro non poté partire ed il "Quaderno" non giunse in America
per quella data. Il Padre ne fu molto addolorato perché affermava che le
parole del “Quaderno” erano una “Promessa di Grazia del Cuore
di Gesú” offerta al mondo senza pace. A Roma, nel mese di giugno 1968,
gli amici carissimi Ugo e Cecilia Ammassari e Michele Famiglietti stamparono
una prima edizione del "Quaderno dell’Amore" senza prefazione.
Questo mi fu molto utile perché Padre Pio mi aveva raccomandato di farlo
conoscere al più presto a Roma; il motivo di tale fretta lo capii ben presto.
Una sera fui invitato a casa dell'Ing. P. Gasparri e, mentre presentavo ad uno
scelto gruppo di persone la prima edizione del "Quaderno dell'Amore",
una signora molto addentro alla vita religiosa della capitale, esaminandolo,
si meravigliò del mio appassionato appello all'amore del Cuore Immacolato,
perché le risultava che, proprio in quei giorni, alcuni ecclesiastici avevano
proposto di togliere la devozione e le immagini del Sacro Cuore dalle chiese;
essi affermavano che tale devozione, nata all'epoca del giansenismo, non era
più necessaria. Poco tempo dopo anche un altro caro amico mio e devoto figlio
spirituale di Padre Pio, Primo Capponcelli, si era assunto l'incarico di far
stampare una seconda edizione del "Quaderno" . Io, nel
frattempo, avevo insistito presso Padre Pio di togliere alcune parole e
stampare anonimo; ma egli mi aveva risposto: “Non devi togliere parola
alcuna e poi perché stampare anonimo ? Devi stampare a tuo nome, metter le
fotografie e la prefazione”. Infatti la seconda edizione uscì
completa con una breve prefazione in un forte numero di copie, nell'agosto
1968, ad opera della "Casa Editrice Istituto Padano Arti Grafiche" di Rovigo,
in occasione del 50° anniversario delle sacre stigmate che ricorreva il 20
settembre. Don Primo Capponcelli organizzò un pellegrinaggio di giovani a San
Giovanni Rotondo per ringraziare e festeggiare Padre Pio. Prese con sé molte
copie del "Quaderno dell'Amore" per presentarle al Padre e
farle benedire; inoltre, nella sua semplicità di uomo di Dio, pieno di fede e
senza malizia, aveva iniziato a distribuirle ai fedeli che erano convenuti a
San Giovanni Rotondo; ma improvvisamente, senza alcun motivo gli fu vietato di
distribuirle e perfino di parlarne. Il Capponcelli, alla presenza di molti
testimoni, difese accanitamente, ma invano il desiderio espresso da Padre
Pio. Io invece il 20 settembre, per consiglio di Padre Pio, non mi ero recato
a San Giovanni Rotondo bensì a Chianciano Terme col caro amico Michele
Famiglietti di Roma. Prendemmo alloggio all'Albergo S. Antonio dove in quei
giorni si trovavano, fra altri frati e sacerdoti, Mons. Giuseppe Bo e Mons.
Leoncello Barsotti di Livorno. Al mattino del 21 alle Terme incontrai la Prof.
Letizia Mariani di Bologna, una delle insegnanti che mi aveva preparato, nelle
materie letterarie, all'esame di passaggio dalle Scuole Aldini al Liceo
Scientifico, nel lontano 1943; fui felice di vederla e le feci omaggio di una
copia del "Quaderno dell'Amore” ; ne fu sorpresa e commossa.
Verso le ore 18 di quello stesso giorno, mi trovavo alle Terme Sant’ Elena con
Michele; improvvisamente Padre Pio si fece presente a me, Luigi, e mi disse:
“Devo anticipare la mia partenza per il Cielo per salvare il salvabile.
Qui sulla terra non mi ascoltano più, neppure molti che si proclamavano a me
fedelissimi. Non piangere! Io ti seguirò dal Cielo; la fede non c'è stata
nelle parole a te date, parole che io ti dissi di chiamare: "Testamento
Promessa di Grazia ... ".
Quello che si poteva salvare per mezzo del “Testamento Promessa” nel
mese di giugno, ora ( settembre 1968 ) non si può più salvare. Gli scritti
serviranno ugualmente per beneficio dei singoli ”.
Il giorno successivo, 22 settembre, rimasi in albergo preso da una infinita
tristezza, verso le ore 17, mentre riposavo nella mia stanza, feci un sogno
profetico. Nel sogno mi apparve Padre Pio in mezzo ad un esercito
innumerevole di angeli bellissimi ; egli era tutto splendente di luce e di
amore. Si avvicinò e mi abbracciò affettuosissimamente dicendo : “ Figlio,
figlio, figlio mio! Non devi piangere per la mia morte che ti ho annunciato
ieri, rimani forte e coraggioso e sereno nella mia gioia : io metterò a tua
disposizione il mio esercito di Angeli, essi ti obbediranno in tutto ! Io,
Padre Pio, sarò sempre vicino a te, ti dirò quello che dovrai fare e dire per
il bene tuo e di tutti coloro che vorranno accogliere le parole tue e mie.
Porterò in Cielo il pensiero tuo, lascerò in Terra il pensiero mio! ”. Nel
dire queste ultime parole, mi strinse forte la testa fra le mani avvicinandola
alla sua; a quel contatto il mio cervello sembrò svuotarsi per riempirsi di
una sostanza nuova. “ Padre Pio è venuto ancora e mi ha lasciato una
meravigliosa promessa.. ”.
Passai la notte fra il 22 ed il 23 settembre quasi insonne; sentivo nel mio
cuore la voce dolcissima del Padre che mi chiedeva di leggergli il "Quaderno"
ed io lo lessi e lo rilessi fino all'alba. Verso le sette mi chiamarono da
Roma per dirmi che il grande cuore di Padre Pio aveva cessato di battere! I
Monsignori, i sacerdoti e vari frati ospiti dell'albergo fecero il possibile
per confortarmi e dovettero ammettere che quanto io andavo dicendo da due
giorni, era purtroppo accaduto. Andai subito a Roma perché l'arcivescovo di
Pittsburg, Mons. Nicholas T. Elko desiderava conoscermi e parlarmi di Padre
Pio e dei "Quaderni". Egli aveva parlato con Padre Pio a San
Giovanni Rotondo due giorni prima della morte. Insieme all'amico Michele
partii per Roma. Da Roma, assieme alla baronessa Remy, proseguimmo per San
Giovanni Rotondo. Rividi per l'ultima volta il Padre amatissimo nel riposo del
suo corpo Santo. In pochi attimi rivissi tutta la mia vita, difesa e diretta
dalle ali dell'aquila del Cielo, venuta sulla terra a difendere i deboli: il
Padre amato aveva donato come pegno i "Quaderni dell'Amore",
dono d'amore al suo Luigi e a tutti i figli suoi che attendono di
riabbracciare il loro amatissimo Padre in Cielo. Ricordavo il Cantico di Mosè:
"Porgete orecchio, o Cieli, e Io parlerò; ascolta o Terra, ciò che la mia
bocca proferirà. Scenda come pioggia la mia dottrina, stilli come rugiada il
mio discorso, come pioggerella in sull'erbetta, come acqua sopra il prato,
perché celebrerò il nome del Signore! Date gloria al nostro Dio! Egli è la
roccia, perfetto è il suo operare. Tutte le sue vie sono diritte. Un Dio
fedele, senza iniquità, tutto rettitudine e giustizia ".
Stavo piangendo sulla salma del Padre, quando mi sembrò di riudire le sue
dolci parole dettemi tanti anni prima: “Perché hai pianto ? Lo sai
che non mi piacciono i pianti !”. Mi asciugai le lacrime e
ritornai subito a Roma. Il 17 ottobre 1968, il "Quaderno dell'Amore"
e altri quaderni che stavo scrivendo in una maniera che aveva del miracoloso,
giunsero nelle mani di eminenti teologi romani che mi ricevettero ed
interrogarono, meravigliandosi che io sapessi tante cose segrete. Così si
avverò quanto il Padre aveva predetto : “I Quaderni dovranno giungere
al più presto nelle mani di Sua Santità e della gerarchia ecclesiastica, il
Papa e molti altri capiranno tutto”.
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"Io forse sono l’unico a capire meno di tutti però ho scritto in obbedienza
a Padre Pio, per fede e amore a Dio, al Papa Paolo VI ed alla Santa Chiesa".
Con l'aiuto di Padre Pio e della divina provvidenza il "Quaderno
dell'Amore" è stato pubblicato in francese, tedesco, spagnolo,
inglese, polacco, russo, portoghese, greco, croato, rumeno, arabo, braille;
tradotto in fiammingo, cinese, albanese, ungherese, armeno e olandese.
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(Sintesi riassuntiva dell’autobiografia “Quaderni dell’Amore”)
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Testo completo e
links su:
http://www.archiviogaspari.it/html/biografia_ita_1.htm
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