segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

Trascrizione di Mirto Sardo  

 

 

 [segue 1801]

 

Primo [giugno 1801]

Questo è il mese memorabile dell’ingresso dei Francesi a Verona nel 1796, e della battaglia di Marengo nel 1800. Quest’epoche saranno imperdibili per le enormi conseguenze apportate allo Stato Veneto, e per una storia morale delle vicende umane succedute in una maniera straordinaria.

 

4 [giugno 1801]

Non si fece né rua, né pallio, né opera. Il solo spettacolo della tranquillità ci occupa. La miseria è grande, il pane si fa aspettare: il raccolto solo ci provvederà. Si sparge che il Papa abbia abdicato il temporale, e sia fugito a Napoli. Si vuol Sardegna in Roma. Il re d’Etruria, che sembra il povero re Teodoro si dice ritornato in Spagna. Si vuole i paesi Bassi destinati al Gran Duca di Toscana; nulla si sà, né si può comprendere come tanta posta verrà manipolata. Sembra che l’imperatore dimostri l’atteggiamentto il più veracemente pacifico. Un democratico venuto da Milano esaggera il suo sdegno sulla tirannia con cui dai Francesi vien diretta la Cisalpina. Infine noi vediamo il barlume d’un ordine sociale che sembra voler diffondersi, ma siamo immersi in tante tenebre che fanno temere di vederlo a spegnersi.

 

10 [giugno 1801]

Niente si traspira delle nuove generali. Alcuni democratici ritornati da Milano dicono che niente si sorprenderebbero nel sentire che scoppiassero i Vesperi Siciliani in Cisalpina. Il motivo per cui si prolunghi tanta distruzione e tanta anarchia non si conosce. Si crede che ridotta esausta sarà ceduta, o che qualche piano conservatore le ridonerà la vita. Noi siamo qui senza precipizii, ma neppure senza tanti fasti. Si vede un turno di cose deplorabili, nulla si fà, ma molto si vuole attendere.

L’organizatore è arrivato e si dice a Venezia in suo riguardo moriran questi bambini mai latte poverini. [gioco di parole col nome Mailath]  Infine il giro delle cose non conforta, ma la speranza non abbandona. In mezzo all’universal miseria il lusso e la gioia vanno a gara sorprendendosi. Siamo ridotti in dei tempi, in cui le creature, le massime e gli andamenti fanno perdere la tramontana d’ogni ragionamento.

 

18 [giugno 1801]

Siamo qui in mezzo alle insurezioni contro i fornai che lasciarono mancare il pane. La pulizia non è scusabile d’esser tanto dolce. Il Tedesco poi calcola che fin che i prezzi sono eccessivi il genere sussistendo questi paesi sono molto ricchi. Si parla di guerra lontana. Gl’Inglesi rivolgono il nord contro la Francia. L’Imperatore rimarrà neutrale, ma oh Dio qual tempesta si prepara! Di già alcuni successi c’ingolferanno ad un precipizio. Bonaparte che ha dei gran talenti, ma che non è capace di ultimar mai nissuna cosa incontrerà la guerra e soccombendo al primo urto sarà egli sagrificato, e la Francia unita rivoluzionerà il mondo intero e la vittoria delle sue armi diventa certa stante il ragionamento che si fa dai scorsi avvenimenti.

 

21 [giugno 1801]

Si dice che venghi della truppa e che sia intavolata una nordica guerra, noi saremo neutrali e Dio sa cosa. Frattanto queste pause politiche non tranquillizzano. Documentati dall’esperienza si teme tutto.

Mailat è a Venezia e non fa nulla.

La Cisalpina non ha forma di governo, e vien comandata provvisoriamente dai Francesi. Si dice che dovrà esborsare 60. millioni o alla propria sistemazione militare, o alla Francia. L’Italia non ha più numerario, né nulla, e la pazienza è quasi consumata. O neutralità, o alleanza, o guerra, si finirà per roderci quando non ci distruggono. Io ci vedo un certo giro che mi fa veder negro. Tutto è indicato, tutto è scosso, niente può ridursi allo stato di prima, sicché niente di buono è sperabile per l’età nostra.

Somariva duro e serio si porta bene per la disciplina de’ propri soldati. Gli Uffiziali avviliti girano pacatamente e parlano in aria.

Il paese è misero, ma le mode adornano i caffè. Qualche viaggiatore barbaro e scarmigliato trascorre con poco soldo. Il buon umore dura sino a tanto che vien promosso da qualche leggerezza, passata la quale ognuno pensa a’ casi suoi, e le risa non passano le porte.

Il vero buon tempo era il retaggio d’altri tempi.

 

30 [giugno]

Ieri Somariva partì per il Tirolo per disarmare. Qui si vuol guerre nordiche, esibizioni dei Francesi all’imperatore per l’alleanza fino all’Adda, e per la neutralità sino al Mincio. Chi ritiene che si dirocano le porte di San Zeno e la Porta Nuova di Verona, affare che assicurerebbe l’evacuazione francese. Ma io non so vedere che una caldaia che bolle assai e in cui il ragionamento vorrebbe decidersi a una composizione di pace generale. Se poi il fatalismo dei tempi ci strascina anche da lungi una guerra. Addio riposo e speranze.

La Francia ha messo in moto tante passioni, l’Inghilterra ha tanto danaro che tra questi due appoggi noi crolleremo in tutti i sensi. Ma se poi succede la pace qual squarcio si farà mai dell’Italia? e già deciso se questa succede che l’Italia servirà ai compensi. Il Gran Duca di Toscana pare che non si voglia in Germania, lo Statolder, Sardegna e altri miseri principi di cui si ha ingojato il principato converrà indennizzarli: e noi siam qui per esser giocati al lotto dalla generosità, dalla lealtà francese e germanica, dalla magnanimità inglese, e dalla barbara forza del nord.

Qui il signor Mailat pare un cavadenti e non fa nulla, verrà colla scimia di suo figlio a passeggiare costì ed eccederà al solito in alloggio. Il governo va come va il resto, ora non c’è pane, ora non c’è consiglio, e pare che la confusione sia la sovrana del mondo attuale.

 

 

 

 

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Primo [luglio 1801]

Arresto del giovine Stecchini con sbaglio prodotto dal capriccio d’un uffiziale. Tutto fa vedere che noi siam vittime d’ogni cosa.

Chi dice guerra, chi vuole stabilita la Pace di Luneville.

 

9 [luglio 1801]

Non si parla che di blochi e piraterie inglesi. Si vuole guerra nel nord, e avvanzamenti dell’Imperatore in Italia, ma tutto è immobile, si potrebbe travvedere una lusinga della pace generale, ma l’immensità degl’interessi e delle passioni spaventa.

Qui si gode molta quiete e per averla maggiore non bisogna internarsi in qualsisia cosa che abbia rapporto al governo, alla miseria generale, all’incertezza delle cose, e al calcolo che continuamente si fa per maggiormente impoverirci.

 

14 [luglio 1801]

Si dice blocchi, arrivo di alcuni inglesi a Venezia, di un brick, ma nulla si verifica. Si mette in dubbio l’andata a Firenze del re d’Etruria, perché non è preparato il palazzo per riceverlo. Ma a me sembra che i discorsi son vari, ma che la pace sembra certa almeno in Italia. Voglio sperare altresì che i nordici movimenti, l’affar del Portogallo e dell’Egitto devono terminare per una negoziazione di pace generale. I tiranni dei mari, e quelli del continente dovrebbero sagrificare un poca di vanità sulle reciproche conquiste per consolidare la grandezza delle loro nazioni, e far respirare il rimanente dell’Europa vittima d’un calcolo detestabile.

I Cisalpini si lagnano di non aver governo, la sinistra dell’Adige non vorrebbe confessare altrettanto. Mailat è in viaggio, frattanto si bastona invece di torture e di prigioni.

 

19 [luglio 1801]

Ai 10 vi fu una tempesta, che non v’è ricordo dal 72 in qua, si assicura che questa fu una linea perfetta da Genova a Venezia sicché si può dire dal Mediterraneo all’Adriatico.

Il re d’Etruria si dice arrivato a Parma ai 17.

Si dice gran piani, e per verificarli si scioglie la Cisalpina.

Nulla si penetra, ma tutti i politici ministri d’Europa sono in moto, e si vuol sperare che tante negoziazioni avranno una volta l’effetto bramato d’una pacificazione generale. Certo è che non si può attribuire che alle angustiose incertezze dei tempi nostri il miserabile abbandono, che tanto in Cisalpina, quanto da noi si soffre dai rispettivi padroni.

 

20 [luglio 1801]

Mailath annunzia alla regia deputazione che arriverà da Treviso il palatino arciduca Giuseppe che viaggia per distrarsi della morte della moglie. Tutti commentano perché non si vuol credere che questi sieno paesi da venir a cercar consolazioni. Per me io credo che sarà una delle solite lusinghiere speranze. Dio voglia che una stabile sistemazione d’Italia ci ridoni almeno la calma. Ma si vive in un tempo che non si sa cosa credere.

 

23 [luglio 1801]

Giunto ier sera alle 9 l’Arciduca trovò tutta la truppa sull’armi, e andò a letto allo Scudo di Francia. Questa mattina visitò la collina accompagnato da Volpe e Anguissola, accolse la deputazione, e dei memoriali con somma clemenza. Fu al Campo Marzo a visitar la truppa sull’armi. Spettacolo brillante e per la situazione, e per il concorso; poi fu dal Thiene dove alloggia il Somariva a veder il Pallio. Fu sospeso alla ricerca d’onorare il teatro, ma il dolor di vedovanza privò il pubblico della compiacenza di veder dopo tante vicende la faccia d’uno della Casa d’Austria. Vi si fece vedere Bellegarde e il corteggio, ma non ricevettero applausi. Domani il palatino passerà a Verona per pranzarvi, non volendo oltrepassare la trista linea dell’Adige. Si dice che dopo Padova, e Venezia andrà a Pietrobourgo al Congresso di pace, o a un nuovo sposalizio.

 

28 [luglio 1801]

Gira il palatino per tutto l’ex Stato Veneto come un buon ragazzo afflitto senza voler spettacoli, noi si affrettiamo di spedirgli memoriali per Vienna, e sarà quel che a Dio piace. Mailath non istà bene, ma si esprime che verrà a Vicenza a goder del suo buon umore e che farà conversazione ec. Noi godiamo la mista comedia di alcune goffe rappresentazioni senza effetto. Qual debba essere il nostro finale destino in materia di sistemazione non si sa vederlo.

Il re d’Etruria sarà giunto a Firenze, la Pace di Luneville si adempie in tutte le sue parti con gran esatezza. Par certo che l’imperatore si ostini nella pace come ha fatto nella guerra. L’esperienza e la necessità sono due gran scuole. Pare che Alessandro I sia destinato ha comporre le deplorabili querele della Francia e dell’Inghilterra senza la di cui pacificazione il mondo intero non potrà aver bene. Si van diseminando ora voci di pace ora di guerra, ma non ci son più opinioni discordi. Tutti son stomacati del proprio partito, sicché si può dire quel che si vuole il mondo è documentato abbastanza per non aggiungervi il proprio interessamento.

 

31 [luglio 1801]

Ogni giorno si attende Mailath, ma questo non verrà che dopo la partenza del palatino il quale gode Venezia, e Mocenigo si distinse con un ondeggiante edifizio e sontuoso rinfresco fatto in suo onore.

Qui si vive molto tranquilli nel nostro mondo nuovo, dove le decorazioni parlanti suonano all’orecchio, ma svaniscono quando si vuole realizzarle. Tutto maturerà col tempo, ma come la vita è breve, così un tal conforto è melanconico.

 

 

 

 

 

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2 [agosto 1801]

Somariva assicura per lettere di Vienna che l’Imperatore disse alla dieta di sbrigarsi sull’articolo delle indennizazioni mentre egli vuol sollecitare l’accompimento dell’articolo segretto d’innoltrarsi sino all’Adda. Ciò è credibile s’è stabilita la pace generale, altrimenti sogni e follie.

Il re d’Etruria non è ancora partito da Parma, ad ogni passo si vuol vedere che ritroceda, e che la Toscana non sia per lui, ma la Francia non ha ancor fatto comedie di tal natura.

Spira un tal giro di placide opinioni, e si osserva negli andamenti militari, e politici una calma tanto decisa che si può ragionevolmente lusingarsi di una pace sicura. Si vuol amareggiarla in proposito di durata, ma che si faccia intanto. Per me la spero nell’avvilimento, nella stanchezza, e nell’esaurimento immenso in cui si vede il Continente per quel che a rapporto a noi.

Son passati 30 patrioti, che venivano a loro dire dalla Siberia Veneta.

 

15 [agosto 1801]

Oggi è partito Somariva per Verona, dovendo venir qui Latterman che si dice ai bagni di Baden. Tutti si disperano di lasciar Vicenza, e noi siamo tanto buoni onde deplorare quando veniamo privati del minor male.

La scena di Mailaht giunge ad esser ridicola, dopo avere atteso questo ingoiator di notte, egli passa a Verona, e a Legnago paesi però che non esigeranno gran tempo, quando il ministerial lavoro di note e contranote e perdita o smarrimento di carte, ovvero asiatiche esposizioni non lo facessero guadagnarvi qualche mese.

La calma in cui sembra l’Europa ad onta dell’interno fermento degli interessi denota in qualche guisa una trattazione di pace generale.

L’affare dell’Egitto è contingente, la data d’Inghilterra lo vuole per se favorevole, la data di Francia egualmente, pare però che ai Francesi sia riuscito il sbarco di Gantaume. Ma questo punto è un affare di diversione alquanto straordinario per occupar i politici.

Quel che si lavora a sorda voce pare la spedizione di Bonaparte sulle coste. La sua fortuna, la bravura se il punto gli divien favorevole, la grandezza dei piani di Carnot fa credere che l’Inghilterra non sarà senza inquietudine. Pitt che ne è sempre l’anima saprà calcolare se conviene azzardare il riposo dell’Inghilterra e quello dell’Europa tutta a un’ambizione che potrebbe venire umiliata, invece d’una pace sicura e stabile ormai necessaria tanto ad essa come alla Francia.

Quanto a noi rovinati ed avviliti non temiamo certo per ora la guerra. L’orgoglio ben fiaccato la nomina per prender fiato, ma niuna apparenza lo comprova. L’imperatore disse ad un degno soggetto l’anno scorso: s’io giungo a fare una volta la pace vi accerto che vi metterò tanta fermezza, quanto ne ho posto per il passato a continuar la guerra. Si dice che si può fidarsi al suo carattere, mentre sin da fanciullo quando fissava una cosa mai se ne dipartiva. Eppoi la bisogna va a precipizio. Il re d’Etruria è andato a Firenze, il Gran Duca ha datto la sua rinunzia, e ancor non si sa le sue indennizzazioni, ancor questo è ben umiliante. Io non ci vedo scampo per un po’ di gloria, che nella pace generale.

 

25 [agosto 1801]

È arrivato il commissario Mailath che si fermerà tre giorni. L’organizzazione va passeggiando. Si fa mille lunari, le chimere son molte, ma i fatti miserabili. La pace tra la Francia e l’Inghilterra non par vicina. I Nelson e i piani di Carnot sono gli argomenti delle Gazzette. L’imbroglio è sommo e gli affari sono talmente intriccati, che nemmeno le migliori intenzioni saprebbero trovarvi un esito assolutamente felice. Due gran nazioni dominano l’una il mare, l’altra la terra, a noi non resta che l’aspiro alla Provvidenza.

 

28 [agosto 1801]

Maillath fece due conversazioni e il casino gli diede una festa di ballo, l’apparenza del padre e del figlio è molto curiosa, non si sa se a figura, a contegno, a distribuzione di tempo, e a cognizione di lingua si possa sperar nulla da questa ungarica scelta. Certo è che la cosa sembra assai comica. Il Cielo in una dose però di quiete distribuisce delle gran umiliazioni al nostro fu governo, e a noi poca felicità, e niuna speranza.

Mi fu fatto un discorso curioso sulle andate cose politiche, e per la sua singolarità lo trascrivo: l’Inghilterra mossa per il suo maritimo ingrandimento e per la gelosia dei talenti della Francia sua natural rivale che promettevano dei slanzi [slanci] in sfera politica, promosse essa colle sue ghineee un dissidio rivoluzionario, sperando che delle coalizioni smembrassero ed abbattessero un così vasto Regno. La bisogna andò al contrario, e l’Inghilterra colla sperata coalizione austro-russa vide un momento decisivo. Ma i nordici ingrandimenti risvegliarono in essa dei nuovi timori, cosa fece ella. Spesò dei nuovi agenti in Francia per un nuovo cambiamento e protesse il distacco dall’Egitto del fortunato Bonaparte, collocandolo alla testa della Francia, poi distaccò il Russo dall’Austria già resa sospetta di troppe pretese, Bonaparte fu a Marengo, ma contemporaneamente l’armata russa fu per invadere i Stati imperiali sicché Vienna dovette scrivere a Melas di far una pace qualunque. Paolo I s’avvide in progresso di essere stato giocato dall’Inghilterra, e comprese che l’Europa doveva soggiacer tutta nel suo comercio da questa fiera e sagace nazione. Egli si unì d’interessi colla Francia ma le ghinee lo strangolarono sul più bello. Cosa seguirà, chi ha denaro fà tutto, e l’esistenza stessa di Bonaparte non sussisterà che fin che sarà necessaria. La stessa spedizione sulle coste che si dice verrà animata dalla presenza stessa di Bonaparte si crede un ultimo colpo per avvilir la Francia, ingrandir se stesso, o venir in qualche strana guisa annientato.

 

 

 

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11 [settembre 1801]

Oggi si è fatta la solita Accademia in Teatro Olimpico sull’argomento degli animali. Ciò produsse alcuni riflessi sul vestire indecente della moda corrente: ma come queste sono conseguenze di altre cause, così riesce inutile la correzione.

Non si sa nulla di affari politici. Le flotte girano sui mari e a vicenda si sente qualche vantaggio. Pare che in Egitto le cose vadino bene agl’Inglesi, ma s’essi avessero apportate tante forze sin sul principio non si avrebbe perduto tanto tempo, e forse una tal diversione non avrebbe tanto influito. Ma sembra che il calcolo sulla Francia sia stato sempre di crederla minore di quel che pur troppo è. Si parla della spedizione sulle coste dell’Inghilterra, da essa dipenderà il destino dell’Europa.

Qui la calma sembra profonda, ma noi sudditiamo senza governo.

 

 

 

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Primo [ottobre 1801]

Non abbiamo nessuna disgustosa novità, e non è poco. Li regimenti si cangiano un mese a Verona un mese a Venezia: non si sa di aver soldati, ma l’affar degli alloggi annoia l’universo.

Di Mailath si parla come d’una favola, d’una organizzazione come tra i possibili, e d’una restituzione di danaro o soccorso imperiale come chi dovesse assicurarsi come da una fallisione.

Si parla dell’evacuazione dell’Egitto, ma i veri termini non si sanno.

Si accenna una spedizione ma niente si fà; si vorrebbe giudicar una pace generale, ma i giudizi fin ora sono stati sempre fallaci. Il mondo è scosso e le spalle di Pitt e di Bonaparte e di Syeyes non si sa se saranno qual novello atlante per diffendere la totale caduta.

 

4 [ottobre 1801]

Vi è un certo sordo movimento di cose il quale potrebbe spiegarsi in nostro danno, stante il solito. Si sente delle sollevazioni nella Turchia Europea, dei progressi di Pairran Oglù, e si scorge appieno la decadenza di quel vasto paese in materia di governo. Quali suste venghino mosse e da chi non è dato a noi di saperlo. Quali conseguenze ancora Dio sa. Certo è che la pace generale pare intavolata, ma i preparativi di guerra fra la Francia e l’Inghilterra prosieguono, non vorrei che succedessero prima dei gran cambiamenti. Il tenore dei tempi mi par modificato, ma non cangiato.

Si attende Bellegarde per l’esercizio a foco, vengono generali, ma la nausea dei soldati fa che non si presti più tanta attenzione ai loro movimenti: fa spezie il rigor dei passaporti tanto alla Verona Cisalpina, quanto in Germania, c’è chi crede il ritorno della Republica Veneta, chi dei movimenti per avanzare, chi dei altri imbrogli.

Non si vuol più alcun pessime monete che sono in giro, ecco un imperial decreto che le proibisce, ma che non le commuta. Sicché si dice colle cedule fu fatto punto, coi Kraitzer una fallisione.

Se le cose non cangiano si va a precipizio. Miseri paesi, una volta tanto quieti, e felici!

 

11 [ottobre 1801]

Oggi si dà per certa una gran nuova, ed è la pace della Francia coll’Inghilterra. Il generalissimo Murat l’ha spedita a Bellegarde da Legnago, e i Francesi apportatori di tali dispacci passarono di qui ieri, e lo raccontarono al T.C. Beccar, affermando che fu sottoscritta il primo di ottobre. Si può figurare la curiosità di aver gli articoli, le congetture, le speranze e i timori della povera Italia. Quel che tutti si uniscono a dire è che il Turco indennizzerà tutto.

 

22 [ottobre 1801]

Oggi si son letti i preliminari di pace fra la Francia e l’Inghilterra, ancora si vuol dubitarne, ma la carta pare autentica. Non si parla che dell’Italia meridionale, e si attenderà angustiosamente la deffinitiva sentenza del congresso d’Amiens. Chi vuole che il mare dia decisamente la legge al continente, chi crede che la forza si eguaglierà. Se la Francia cederà le sue Republiche e particolarmente i Paesi Bassi, Bonaparte sarà certamente dichiarato re, mentre non sarà che per un ingrandimento privato che la Francia cederà tutte le sue conquiste, particolarmente quelle tanto vagheggiate al Reno.

Corre a Venezia che           

                      Del 1801 non saprà niente nissuno.

                      Del 1802 tutti andranno alle case sue.

                      Del 1803 in Francia vi sarà un rè.

Vi è altresì una satira: gran abbondanza del 1801 di due PP. due LL. e due SS.: si ebbe dapoi il loro significato.

                      Pitocchi, e pute...

                      Ladri, e libri.

                      Soldini, e soldati.

È arrivato Latterman colla moglie egli si espresse che abbiamo pochi soldati, e molte ricchezze. Si conosce dalle loro espressioni la differenza dell’italico giardino in confronto dei loro paesi.

 

 

 

 

 

 

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30 [novembre 1801]

Tutte le apparenze di pace. La città piena di soldati. Buona annata, ma un tetro avvenire.

 

 

 

 

 

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22 [dicembre 1801]

Congresso d’Amiens e di Lione lusinghe di pace, sostenendosi che tali congressi non saranno che cerimonie, stante ché i punti essenziali sono fissati. Gran cose dicono alcuni ritornati da Parigi di Bonaparte, questo a passi di gigante s’incammina alla monarchia sotto al velo di denominazioni differenti; ha gran nemici, ma la sua fortuna miracolosamente lo sostiene.

Qui siamo addormentati in materia governativa, si vive di speranza, e se la pace, e le annate favoriranno italianizzeremo anche il resto.

Abbiamo il maresciallo Latterman, e il generale Vincent. Il commissario ha proposto varie ricerche sul gusto francese, e tutto il giorno convien combattere o con lo spirito umano troppo sviluppato, o con la materia non si sa dire se vivificata.

 

25 [decembre 1801]

L’affar dei Kreutzer è un orrore per il commercio. Vi è una pasquinata di due barcajoli che s’incontrano a Rialto dicendo l’uno dove sei stato sin ora? Io ho girato dacché successero le disgrazie del nostro paese e che abbiamo perduti i nostri padroni. Che dici soggiunse l’altro noi ne abbiamo acquistato uno che fa tutto per noi sino a far moneta falsa.

 

 

31 [decembre 1801]

Oggi termina un anno dei più memorabili per noi. Noi l’abbiamo cominciato con angoscia, abbiamo sofferto un’invasione delle più distrugitrici. Nell’orror delle disgrazie abbiamo però avuto la consolazione di una pace che quantunque stabilita in un immenso caos di cose ci ha però confortata. Ora le speranze sono decise per la pace generale. Dio la formi per il bene dell’umanità qualunque sieno i mezzi di cui la sua Providenza si servi. Noi abbiamo bisogno di pace poi di tutto quello ch’è necessario per viver ragionevolmente: mentre la posizione nostra non è delle più fortunate. Abbiamo più di 400 soldati a carico d’alloggio, e di tranquillità. Il governo è un punto enigmatico; le conseguenze però fatali in tutti i sensi. Si racapriccia in pensare come si possa diriggere dei stati in simil guisa. Non giustizia, non commercio, non fede pubblica, non moneta differente dall’antica Sparta, molte buone intenzioni però i decreti consolanti per una settimana l’altra. Essi si contradicono, però non essendovi nemici più non si sente guerra, onde c’è della quiete.


 

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