segue il Giornale di Ottavia Negri Velo
Trascrizione di Mirto Sardo
[segue 1801]
Primo
[giugno 1801]
Questo è il mese memorabile dell’ingresso dei Francesi a Verona nel 1796, e della battaglia di Marengo nel 1800. Quest’epoche saranno imperdibili per le enormi conseguenze apportate allo Stato Veneto, e per una storia morale delle vicende umane succedute in una maniera straordinaria.
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[giugno 1801]
Non si fece né rua, né pallio, né opera. Il solo spettacolo della tranquillità ci occupa. La miseria è grande, il pane si fa aspettare: il raccolto solo ci provvederà. Si sparge che il Papa abbia abdicato il temporale, e sia fugito a Napoli. Si vuol Sardegna in Roma. Il re d’Etruria, che sembra il povero re Teodoro si dice ritornato in Spagna. Si vuole i paesi Bassi destinati al Gran Duca di Toscana; nulla si sà, né si può comprendere come tanta posta verrà manipolata. Sembra che l’imperatore dimostri l’atteggiamentto il più veracemente pacifico. Un democratico venuto da Milano esaggera il suo sdegno sulla tirannia con cui dai Francesi vien diretta la Cisalpina. Infine noi vediamo il barlume d’un ordine sociale che sembra voler diffondersi, ma siamo immersi in tante tenebre che fanno temere di vederlo a spegnersi.
10
[giugno 1801]
Niente
si traspira delle nuove generali. Alcuni democratici ritornati da Milano dicono
che niente si sorprenderebbero nel sentire che scoppiassero i Vesperi Siciliani
in Cisalpina. Il motivo per cui si prolunghi tanta distruzione e tanta anarchia
non si conosce. Si crede che ridotta esausta sarà ceduta, o che qualche piano
conservatore le ridonerà la vita. Noi siamo qui senza precipizii, ma neppure
senza tanti fasti. Si vede un turno di cose deplorabili, nulla si fà, ma molto
si vuole attendere.
L’organizatore è arrivato e si dice a Venezia in suo riguardo moriran questi bambini mai latte poverini. [gioco di parole col nome Mailath] Infine il giro delle cose non conforta, ma la speranza non abbandona. In mezzo all’universal miseria il lusso e la gioia vanno a gara sorprendendosi. Siamo ridotti in dei tempi, in cui le creature, le massime e gli andamenti fanno perdere la tramontana d’ogni ragionamento.
18
[giugno 1801]
Siamo qui in mezzo alle insurezioni contro i fornai che lasciarono mancare il pane. La pulizia non è scusabile d’esser tanto dolce. Il Tedesco poi calcola che fin che i prezzi sono eccessivi il genere sussistendo questi paesi sono molto ricchi. Si parla di guerra lontana. Gl’Inglesi rivolgono il nord contro la Francia. L’Imperatore rimarrà neutrale, ma oh Dio qual tempesta si prepara! Di già alcuni successi c’ingolferanno ad un precipizio. Bonaparte che ha dei gran talenti, ma che non è capace di ultimar mai nissuna cosa incontrerà la guerra e soccombendo al primo urto sarà egli sagrificato, e la Francia unita rivoluzionerà il mondo intero e la vittoria delle sue armi diventa certa stante il ragionamento che si fa dai scorsi avvenimenti.
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[giugno 1801]
Si
dice che venghi della truppa e che sia intavolata una nordica guerra, noi saremo
neutrali e Dio sa cosa. Frattanto queste pause politiche non tranquillizzano.
Documentati dall’esperienza si teme tutto.
Mailat
è a Venezia e non fa nulla.
La
Cisalpina non ha forma di governo, e vien comandata provvisoriamente dai
Francesi. Si dice che dovrà esborsare 60. millioni o alla propria sistemazione
militare, o alla Francia. L’Italia non ha più numerario, né nulla, e la
pazienza è quasi consumata. O neutralità, o alleanza, o guerra, si finirà per
roderci quando non ci distruggono. Io ci vedo un certo giro che mi fa veder
negro. Tutto è indicato, tutto è scosso, niente può ridursi allo stato di
prima, sicché niente di buono è sperabile per l’età nostra.
Somariva
duro e serio si porta bene per la disciplina de’ propri soldati. Gli Uffiziali
avviliti girano pacatamente e parlano in aria.
Il
paese è misero, ma le mode adornano i caffè. Qualche viaggiatore barbaro e
scarmigliato trascorre con poco soldo. Il buon umore dura sino a tanto che vien
promosso da qualche leggerezza, passata la quale ognuno pensa a’ casi suoi, e
le risa non passano le porte.
Il vero buon tempo era il retaggio d’altri tempi.
30
[giugno]
Ieri
Somariva partì per il Tirolo per disarmare. Qui si vuol guerre nordiche,
esibizioni dei Francesi all’imperatore per l’alleanza fino all’Adda, e per
la neutralità sino al Mincio. Chi ritiene che si dirocano le porte di San Zeno
e la Porta Nuova di Verona, affare che assicurerebbe l’evacuazione francese.
Ma io non so vedere che una caldaia che bolle assai e in cui il ragionamento
vorrebbe decidersi a una composizione di pace generale. Se poi il fatalismo dei
tempi ci strascina anche da lungi una guerra. Addio riposo e speranze.
La
Francia ha messo in moto tante passioni, l’Inghilterra ha tanto danaro che tra
questi due appoggi noi crolleremo in tutti i sensi. Ma se poi succede la pace
qual squarcio si farà mai dell’Italia? e già deciso se questa succede che
l’Italia servirà ai compensi. Il Gran Duca di Toscana pare che non si voglia
in Germania, lo Statolder, Sardegna e altri miseri principi di cui si ha
ingojato il principato converrà indennizzarli: e noi siam qui per esser giocati
al lotto dalla generosità, dalla lealtà francese e germanica, dalla magnanimità
inglese, e dalla barbara forza del nord.
Qui
il signor Mailat pare un cavadenti e non fa nulla, verrà colla scimia di suo
figlio a passeggiare costì ed eccederà al solito in alloggio. Il governo va
come va il resto, ora non c’è pane, ora non c’è consiglio, e pare che la
confusione sia la sovrana del mondo attuale.
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Primo
[luglio 1801]
Arresto
del giovine Stecchini con sbaglio prodotto dal capriccio d’un uffiziale. Tutto
fa vedere che noi siam vittime d’ogni cosa.
Chi dice guerra, chi vuole stabilita la Pace di Luneville.
9
[luglio 1801]
Non
si parla che di blochi e piraterie inglesi. Si vuole guerra nel nord, e
avvanzamenti dell’Imperatore in Italia, ma tutto è immobile, si potrebbe
travvedere una lusinga della pace generale, ma l’immensità degl’interessi e
delle passioni spaventa.
Qui si gode molta quiete e per averla maggiore non bisogna internarsi in qualsisia cosa che abbia rapporto al governo, alla miseria generale, all’incertezza delle cose, e al calcolo che continuamente si fa per maggiormente impoverirci.
14
[luglio 1801]
Si
dice blocchi, arrivo di alcuni inglesi a Venezia, di un brick, ma nulla si
verifica. Si mette in dubbio l’andata a Firenze del re d’Etruria, perché
non è preparato il palazzo per riceverlo. Ma a me sembra che i discorsi son
vari, ma che la pace sembra certa almeno in Italia. Voglio sperare altresì che
i nordici movimenti, l’affar del Portogallo e dell’Egitto devono terminare
per una negoziazione di pace generale. I tiranni dei mari, e quelli del
continente dovrebbero sagrificare un poca di vanità sulle reciproche conquiste
per consolidare la grandezza delle loro nazioni, e far respirare il rimanente
dell’Europa vittima d’un calcolo detestabile.
I Cisalpini si lagnano di non aver governo, la sinistra dell’Adige non vorrebbe confessare altrettanto. Mailat è in viaggio, frattanto si bastona invece di torture e di prigioni.
19
[luglio 1801]
Ai
10 vi fu una tempesta, che non v’è ricordo dal 72 in qua, si assicura che
questa fu una linea perfetta da Genova a Venezia sicché si può dire dal
Mediterraneo all’Adriatico.
Il
re d’Etruria si dice arrivato a Parma ai 17.
Si
dice gran piani, e per verificarli si scioglie la Cisalpina.
Nulla si penetra, ma tutti i politici ministri d’Europa sono in moto, e si vuol sperare che tante negoziazioni avranno una volta l’effetto bramato d’una pacificazione generale. Certo è che non si può attribuire che alle angustiose incertezze dei tempi nostri il miserabile abbandono, che tanto in Cisalpina, quanto da noi si soffre dai rispettivi padroni.
20
[luglio 1801]
Mailath annunzia alla regia deputazione che arriverà da Treviso il palatino arciduca Giuseppe che viaggia per distrarsi della morte della moglie. Tutti commentano perché non si vuol credere che questi sieno paesi da venir a cercar consolazioni. Per me io credo che sarà una delle solite lusinghiere speranze. Dio voglia che una stabile sistemazione d’Italia ci ridoni almeno la calma. Ma si vive in un tempo che non si sa cosa credere.
23
[luglio 1801]
Giunto ier sera alle 9 l’Arciduca trovò tutta la truppa sull’armi, e andò a letto allo Scudo di Francia. Questa mattina visitò la collina accompagnato da Volpe e Anguissola, accolse la deputazione, e dei memoriali con somma clemenza. Fu al Campo Marzo a visitar la truppa sull’armi. Spettacolo brillante e per la situazione, e per il concorso; poi fu dal Thiene dove alloggia il Somariva a veder il Pallio. Fu sospeso alla ricerca d’onorare il teatro, ma il dolor di vedovanza privò il pubblico della compiacenza di veder dopo tante vicende la faccia d’uno della Casa d’Austria. Vi si fece vedere Bellegarde e il corteggio, ma non ricevettero applausi. Domani il palatino passerà a Verona per pranzarvi, non volendo oltrepassare la trista linea dell’Adige. Si dice che dopo Padova, e Venezia andrà a Pietrobourgo al Congresso di pace, o a un nuovo sposalizio.
28
[luglio 1801]
Gira
il palatino per tutto l’ex Stato Veneto come un buon ragazzo afflitto senza
voler spettacoli, noi si affrettiamo di spedirgli memoriali per Vienna, e sarà
quel che a Dio piace. Mailath non istà bene, ma si esprime che verrà a Vicenza
a goder del suo buon umore e che farà conversazione ec. Noi godiamo la mista
comedia di alcune goffe rappresentazioni senza effetto. Qual debba essere il
nostro finale destino in materia di sistemazione non si sa vederlo.
Il re d’Etruria sarà giunto a Firenze, la Pace di Luneville si adempie in tutte le sue parti con gran esatezza. Par certo che l’imperatore si ostini nella pace come ha fatto nella guerra. L’esperienza e la necessità sono due gran scuole. Pare che Alessandro I sia destinato ha comporre le deplorabili querele della Francia e dell’Inghilterra senza la di cui pacificazione il mondo intero non potrà aver bene. Si van diseminando ora voci di pace ora di guerra, ma non ci son più opinioni discordi. Tutti son stomacati del proprio partito, sicché si può dire quel che si vuole il mondo è documentato abbastanza per non aggiungervi il proprio interessamento.
31
[luglio 1801]
Ogni
giorno si attende Mailath, ma questo non verrà che dopo la partenza del
palatino il quale gode Venezia, e Mocenigo si distinse con un ondeggiante
edifizio e sontuoso rinfresco fatto in suo onore.
Qui
si vive molto tranquilli nel nostro mondo nuovo, dove le decorazioni parlanti
suonano all’orecchio, ma svaniscono quando si vuole realizzarle. Tutto maturerà
col tempo, ma come la vita è breve, così un tal conforto è melanconico.
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2
[agosto 1801]
Somariva
assicura per lettere di Vienna che l’Imperatore disse alla dieta di sbrigarsi
sull’articolo delle indennizazioni mentre egli vuol sollecitare l’accompimento
dell’articolo segretto d’innoltrarsi sino all’Adda. Ciò è credibile s’è
stabilita la pace generale, altrimenti sogni e follie.
Il
re d’Etruria non è ancora partito da Parma, ad ogni passo si vuol vedere che
ritroceda, e che la Toscana non sia per lui, ma la Francia non ha ancor fatto
comedie di tal natura.
Spira
un tal giro di placide opinioni, e si osserva negli andamenti militari, e
politici una calma tanto decisa che si può ragionevolmente lusingarsi di una
pace sicura. Si vuol amareggiarla in proposito di durata, ma che si faccia
intanto. Per me la spero nell’avvilimento, nella stanchezza, e
nell’esaurimento immenso in cui si vede il Continente per quel che a rapporto
a noi.
Son passati 30 patrioti, che venivano a loro dire dalla Siberia Veneta.
15
[agosto 1801]
Oggi
è partito Somariva per Verona, dovendo venir qui Latterman che si dice ai bagni
di Baden. Tutti si disperano di lasciar Vicenza, e noi siamo tanto buoni onde
deplorare quando veniamo privati del minor male.
La
scena di Mailaht giunge ad esser ridicola, dopo avere atteso questo ingoiator di
notte, egli passa a Verona, e a Legnago paesi però che non esigeranno gran
tempo, quando il ministerial lavoro di note e contranote e perdita o smarrimento
di carte, ovvero asiatiche esposizioni non lo facessero guadagnarvi qualche
mese.
La
calma in cui sembra l’Europa ad onta dell’interno fermento degli interessi
denota in qualche guisa una trattazione di pace generale.
L’affare
dell’Egitto è contingente, la data d’Inghilterra lo vuole per se
favorevole, la data di Francia egualmente, pare però che ai Francesi sia
riuscito il sbarco di Gantaume. Ma questo punto è un affare di diversione
alquanto straordinario per occupar i politici.
Quel
che si lavora a sorda voce pare la spedizione di Bonaparte sulle coste. La sua
fortuna, la bravura se il punto gli divien favorevole, la grandezza dei piani di
Carnot fa credere che l’Inghilterra non sarà senza inquietudine. Pitt
che ne è sempre l’anima saprà calcolare se conviene azzardare il riposo
dell’Inghilterra e quello dell’Europa tutta a un’ambizione che potrebbe
venire umiliata, invece d’una pace sicura e stabile ormai necessaria tanto ad
essa come alla Francia.
Quanto a noi rovinati ed avviliti non temiamo certo per ora la guerra. L’orgoglio ben fiaccato la nomina per prender fiato, ma niuna apparenza lo comprova. L’imperatore disse ad un degno soggetto l’anno scorso: s’io giungo a fare una volta la pace vi accerto che vi metterò tanta fermezza, quanto ne ho posto per il passato a continuar la guerra. Si dice che si può fidarsi al suo carattere, mentre sin da fanciullo quando fissava una cosa mai se ne dipartiva. Eppoi la bisogna va a precipizio. Il re d’Etruria è andato a Firenze, il Gran Duca ha datto la sua rinunzia, e ancor non si sa le sue indennizzazioni, ancor questo è ben umiliante. Io non ci vedo scampo per un po’ di gloria, che nella pace generale.
25
[agosto 1801]
È arrivato il commissario Mailath che si fermerà tre giorni. L’organizzazione va passeggiando. Si fa mille lunari, le chimere son molte, ma i fatti miserabili. La pace tra la Francia e l’Inghilterra non par vicina. I Nelson e i piani di Carnot sono gli argomenti delle Gazzette. L’imbroglio è sommo e gli affari sono talmente intriccati, che nemmeno le migliori intenzioni saprebbero trovarvi un esito assolutamente felice. Due gran nazioni dominano l’una il mare, l’altra la terra, a noi non resta che l’aspiro alla Provvidenza.
28
[agosto 1801]
Maillath
fece due conversazioni e il casino gli diede una festa di ballo, l’apparenza
del padre e del figlio è molto curiosa, non si sa se a figura, a contegno, a
distribuzione di tempo, e a cognizione di lingua si possa sperar nulla da questa
ungarica scelta. Certo è che la cosa sembra assai comica. Il Cielo in una dose
però di quiete distribuisce delle gran umiliazioni al nostro fu governo, e a
noi poca felicità, e niuna speranza.
Mi
fu fatto un discorso curioso sulle andate cose politiche, e per la sua
singolarità lo trascrivo: l’Inghilterra mossa per il suo maritimo
ingrandimento e per la gelosia dei talenti della Francia sua natural rivale che
promettevano dei slanzi [slanci] in sfera politica, promosse essa colle sue
ghineee un dissidio rivoluzionario, sperando che delle coalizioni smembrassero
ed abbattessero un così vasto Regno. La bisogna andò al contrario, e
l’Inghilterra colla sperata coalizione austro-russa vide un momento decisivo.
Ma i nordici ingrandimenti risvegliarono in essa dei nuovi timori, cosa fece
ella. Spesò dei nuovi agenti in Francia per un nuovo cambiamento e protesse il
distacco dall’Egitto del fortunato Bonaparte, collocandolo alla testa della
Francia, poi distaccò il Russo dall’Austria già resa sospetta di troppe
pretese, Bonaparte fu a Marengo, ma contemporaneamente l’armata russa fu per
invadere i Stati imperiali sicché Vienna dovette scrivere a Melas di far una
pace qualunque. Paolo I s’avvide in progresso di essere stato giocato
dall’Inghilterra, e comprese che l’Europa doveva soggiacer tutta nel suo
comercio da questa fiera e sagace nazione. Egli si unì d’interessi colla
Francia ma le ghinee lo strangolarono sul più bello. Cosa seguirà, chi ha
denaro fà tutto, e l’esistenza stessa di Bonaparte non sussisterà che fin
che sarà necessaria. La stessa spedizione sulle coste che si dice verrà
animata dalla presenza stessa di Bonaparte si crede un ultimo colpo per avvilir
la Francia, ingrandir se stesso, o venir in qualche strana guisa annientato.
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11
[settembre 1801]
Oggi
si è fatta la solita Accademia in Teatro Olimpico sull’argomento degli
animali. Ciò produsse alcuni riflessi sul vestire indecente della moda
corrente: ma come queste sono conseguenze di altre cause, così riesce inutile
la correzione.
Non
si sa nulla di affari politici. Le flotte girano sui mari e a vicenda si sente
qualche vantaggio. Pare che in Egitto le cose vadino bene agl’Inglesi, ma
s’essi avessero apportate tante forze sin sul principio non si avrebbe perduto
tanto tempo, e forse una tal diversione non avrebbe tanto influito. Ma sembra
che il calcolo sulla Francia sia stato sempre di crederla minore di quel che pur
troppo è. Si parla della spedizione sulle coste dell’Inghilterra, da essa
dipenderà il destino dell’Europa.
Qui
la calma sembra profonda, ma noi sudditiamo senza governo.
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Primo
[ottobre 1801]
Non
abbiamo nessuna disgustosa novità, e non è poco. Li regimenti si cangiano un
mese a Verona un mese a Venezia: non si sa di aver soldati, ma l’affar degli
alloggi annoia l’universo.
Di
Mailath si parla come d’una favola, d’una organizzazione come tra i
possibili, e d’una restituzione di danaro o soccorso imperiale come chi
dovesse assicurarsi come da una fallisione.
Si
parla dell’evacuazione dell’Egitto, ma i veri termini non si sanno.
Si accenna una spedizione ma niente si fà; si vorrebbe giudicar una pace generale, ma i giudizi fin ora sono stati sempre fallaci. Il mondo è scosso e le spalle di Pitt e di Bonaparte e di Syeyes non si sa se saranno qual novello atlante per diffendere la totale caduta.
4
[ottobre 1801]
Vi
è un certo sordo movimento di cose il quale potrebbe spiegarsi in nostro danno,
stante il solito. Si sente delle sollevazioni nella Turchia Europea, dei
progressi di Pairran Oglù, e si scorge appieno la decadenza di quel vasto paese
in materia di governo. Quali suste venghino mosse e da chi non è dato a noi di
saperlo. Quali conseguenze ancora Dio sa. Certo è che la pace generale pare
intavolata, ma i preparativi di guerra fra la Francia e l’Inghilterra
prosieguono, non vorrei che succedessero prima dei gran cambiamenti. Il tenore
dei tempi mi par modificato, ma non cangiato.
Si
attende Bellegarde per l’esercizio a foco, vengono generali, ma la nausea dei
soldati fa che non si presti più tanta attenzione ai loro movimenti: fa spezie
il rigor dei passaporti tanto alla Verona Cisalpina, quanto in Germania, c’è
chi crede il ritorno della Republica Veneta, chi dei movimenti per avanzare, chi
dei altri imbrogli.
Non
si vuol più alcun pessime monete che sono in giro, ecco un imperial decreto che
le proibisce, ma che non le commuta. Sicché si dice colle cedule fu fatto
punto, coi Kraitzer una fallisione.
Se le cose non cangiano si va a precipizio. Miseri paesi, una volta tanto quieti, e felici!
11
[ottobre 1801]
Oggi si dà per certa una gran nuova, ed è la pace della Francia coll’Inghilterra. Il generalissimo Murat l’ha spedita a Bellegarde da Legnago, e i Francesi apportatori di tali dispacci passarono di qui ieri, e lo raccontarono al T.C. Beccar, affermando che fu sottoscritta il primo di ottobre. Si può figurare la curiosità di aver gli articoli, le congetture, le speranze e i timori della povera Italia. Quel che tutti si uniscono a dire è che il Turco indennizzerà tutto.
22
[ottobre 1801]
Oggi
si son letti i preliminari di pace fra la Francia e l’Inghilterra, ancora si
vuol dubitarne, ma la carta pare autentica. Non si parla che dell’Italia
meridionale, e si attenderà angustiosamente la deffinitiva sentenza del
congresso d’Amiens. Chi vuole che il mare dia decisamente la legge al
continente, chi crede che la forza si eguaglierà. Se la Francia cederà le sue
Republiche e particolarmente i Paesi Bassi, Bonaparte sarà certamente
dichiarato re, mentre non sarà che per un ingrandimento privato che la Francia
cederà tutte le sue conquiste, particolarmente quelle tanto vagheggiate al
Reno.
Corre
a Venezia che
Del 1801 non saprà niente nissuno.
Del 1802 tutti andranno alle case sue.
Del 1803 in Francia vi sarà un rè.
Vi
è altresì una satira: gran abbondanza del 1801 di due PP. due LL. e due SS.:
si ebbe dapoi il loro significato.
Pitocchi, e pute...
Ladri, e libri.
Soldini, e soldati.
È
arrivato Latterman colla moglie egli si espresse che abbiamo pochi soldati, e
molte ricchezze. Si conosce dalle loro espressioni la differenza dell’italico
giardino in confronto dei loro paesi.
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30
[novembre 1801]
Tutte le apparenze di pace. La città piena di soldati. Buona annata, ma un tetro avvenire.
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22
[dicembre 1801]
Congresso
d’Amiens e di Lione lusinghe di pace, sostenendosi che tali congressi non
saranno che cerimonie, stante ché i punti essenziali sono fissati. Gran cose
dicono alcuni ritornati da Parigi di Bonaparte, questo a passi di gigante
s’incammina alla monarchia sotto al velo di denominazioni differenti; ha gran
nemici, ma la sua fortuna miracolosamente lo sostiene.
Qui
siamo addormentati in materia governativa, si vive di speranza, e se la pace, e
le annate favoriranno italianizzeremo anche il resto.
Abbiamo il maresciallo Latterman, e il generale Vincent. Il commissario ha proposto varie ricerche sul gusto francese, e tutto il giorno convien combattere o con lo spirito umano troppo sviluppato, o con la materia non si sa dire se vivificata.
25
[decembre 1801]
L’affar dei Kreutzer è un orrore per il commercio. Vi è una pasquinata di due barcajoli che s’incontrano a Rialto dicendo l’uno dove sei stato sin ora? Io ho girato dacché successero le disgrazie del nostro paese e che abbiamo perduti i nostri padroni. Che dici soggiunse l’altro noi ne abbiamo acquistato uno che fa tutto per noi sino a far moneta falsa.
31
[decembre 1801]
Oggi
termina un anno dei più memorabili per noi. Noi l’abbiamo cominciato con
angoscia, abbiamo sofferto un’invasione delle più distrugitrici. Nell’orror
delle disgrazie abbiamo però avuto la consolazione di una pace che quantunque
stabilita in un immenso caos di cose ci ha però confortata. Ora le speranze
sono decise per la pace generale. Dio la formi per il bene dell’umanità
qualunque sieno i mezzi di cui la sua Providenza si servi. Noi abbiamo bisogno
di pace poi di tutto quello ch’è necessario per viver ragionevolmente: mentre
la posizione nostra non è delle più fortunate. Abbiamo più di 400 soldati a
carico d’alloggio, e di tranquillità. Il governo è un punto enigmatico; le
conseguenze però fatali in tutti i sensi. Si racapriccia in pensare come si
possa diriggere dei stati in simil guisa. Non giustizia, non commercio, non fede
pubblica, non moneta differente dall’antica Sparta, molte buone intenzioni però
i decreti consolanti per una settimana l’altra. Essi si contradicono, però
non essendovi nemici più non si sente guerra, onde c’è della quiete.