segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

 

Trascrizione di Mirto Sardo

 

 

 

 

[segue 1797]

 

 

Primo [luglio 1797]

Fu posto in arresto per tre giorni, il cittadino Lodovico Caldogno, per aver detto soldato della dottrina cristiana al cittadino Angelo Bissaro, ufficiale della Guardia sedentaria dei 80 e si eseguì senza venir ascoltato.

Questa Guardia Civica, sembra troppo piena di esclusive e di multe, pare che si voglia cambiarne il metodo prima dell’organizzazione della Guardia Nazionale.

La Municipalità era seduta ed era un’ora di notte, nel momento, che aveva preso [(la parte) =deliberato] di sopprimere  l’Inquisitorato di Santa Corona; quando improvvisamente le fu presentato la nomina della nuova Municipalità fatta da Joubert. Si sciolse dunque al momento, con molta confusione, e vari ne dimostrarono la dispiacenza di esserne esclusi nella futura.

Bassano e i Sette Comuni annessi a Vicenza cercano di sottrarsi, per divenire indipendenti e Joubert ebbe la vista di prenderne il maggior numero da tali luoghi, per combinar le cose.

Beillard installerà nel giorno 4 questi municipali e non conoscendoli, vedremo l’esito.

Si pagano i campatici anticipati, e imprestiti secchi e requisizioni a capriccio e senza discrezione.

 

2 [luglio 1797]

Partirono Joubert, Beillard, Blondeau e molti ufficiali a Poiana per farvi una caccia di Lepri, la Municipalità spedì per fornirvi la casa, mentre fu da essa arbitrariamente ed odiosamente spogliata.

Vi sono in Vicenza da un mese e più circa 7 milla: uomini della divisione Joubert.

 

3 [luglio 1797]

La vecchia Municipalità agisce con calore: ha abolito il Pensionatico progetta di far saltare in aria i fideicomissi se ha tempo e molti conventi.

Inquisisce l’arciprete di Altissimo, il qual fu torbido per le sottoscrizioni della Republica Grande.

Ha mandato un espresso a Joubert a Poiana, colle rimostranze: che Bonaparte, avendo contemplato nel suo ordine, tutti i distretti, furono perciò negletti Arzignano, Montebello, Lonigo e altri luoghi, e che le popolazioni di Bassano e 7 comuni sono inferiori alle nostre e però troppo esorbitante il numero dei loro publici funzionari: aggiunse ancora, che Guzzan con Castellan sono parentissimi e non possono per legge della Costituzione dell’anno III° esercitare il loro incarico. Vedremo quello, che seguirà. Si dice ancora che alcuni di Montebello sieno andati a rappresentar queste ragioni al general Bonaparte a Milano. In fondo tutte queste riflessioni nascono da chi vorrebbe esaltarsi o rimpiazzarli.

Iersera venne la nomina della Municipalità amministrativa di 11 individui, la qual essendo la maggior parte tolti dalla vecchia Municipalità non incontra in essi tanti obbietti.

È partito Pietro Bissari col legno Porto per portare all’Eroe Bonaparte le sottoscrizioni alla Grande Republica in n° di 20 milla:, come si decanta.

L’aver mandato per le ville degli energici non troppo ben intesi, ha fatto nascer delle scene fra i cittadini villani, i quali non intendono materie e garbugli di governo particolarmente da chi non sa spiegarle che con violenza. I villici la sanno più lunga di alcuni.

Domani si deve installare questi 34 funzionari pubblici; vedremo se le rimostranze avran luogo, e se si accetterà dispense, mentre Joubert si è espresso di non volerne.

Venezia è avvilita, dopo l’occupazione imperiale dell’Istria e della Dalmazia seguita ai 6 del passato e che ancora non si vorrebbe creder, né riflettere, dopo il ritorno del Mengotti da Milano, e la non accettata fraternizzazione della terraferma. Vedremo col tempo cosa seguirà, anche in questo.

 

4 [luglio 1797]

Stante dei susurri seguiti a Valdagno per le famose sottoscrizioni, si ha dovuto dalla Municipalità spedirvi 50 soldati della nostra colonna mobile, per aquietar tali tumulti e ripiantarvi l’albero della libertà. Ciò si vuol al solito minorare. Gran ingegni!

I Bassanesi eletti municipalisti, non essendosi fissata l’ora, arrivarono qui molto tardi e così quei dei Sette Comuni. Il general Beillard giunse da Poiana per installar la Municipalità e lo fece alle 19 ore unitamente al Corpo Centrale, ossia legislativo.

La Società Patriotica si sostiene per impegno, ma non vi va quasi nessuno; dopo quattro decadi, hanno eletto per presidente l’abate Cerato, ma essendosi esentato, si fece di nuovo per acclamazione l’abate Velo. Il centrale si unì dalle 19 fino alle 5 della notte, componendo fra di essi i loro comitati. Il general Beillard disse: questa Municipalità eletta da Joubert dev’esser rispettata e noi la faremo rispettare. Li vecchi municipalisti sono dolenti e pieni di astio. Il centrale Stecchini, bassanese è a Milano per ottener da Bonaparte l’indipendenza del suo paese, annesso ai Sette Comuni. Alcuni di Montebello e Lonigo parimenti per venir ammessi nel Corpo Centrale. Bonaparte suol guardar la carta geografica e risponder, per quanto osservi non rimarco i paesi, che mi nominate: così certo rispose ai colognesi.[abitanti di Cologna].

Frattanto gli ufficiali francesi, si divertono alla caccia a Poiana [località a circa 35 Km a sud di Vicenza] e vi fanno continuamente delle nuove partite.

 

5 [luglio 1797]

Il centrale ha stampato un manifesto della sua stimazione che piace universalmente e la defonta [Municipalità] non ne aveva, o quel che è peggio non ha mai osservato un ordine immaginabile.

Tutto furie, capriccio, violenza e quei pochi buoni, che v’erano dovevano abbassare la testa o finger di esser ammalati.

Stampi quell’altra [Municipalità] è il detto comune. Vedremo in seguito.

L’abate Velo col giovine Fusiniero è andato misteriosamente a Milano col pretesto di fraternizzar per strada tutte quelle comuni, ma si crede per cozzar [contrastare] colle elezioni di Joubert. Gran ignoranza!

La festa funeraria, che doveva esser fatta tante volte, lo sarà ai 14 di luglio.

Niente si sa delle nuove che tanto interessano. Oggi è di quì passato il marchese Dal Gallo negoziatore proveniente da Milano.

Venezia cerca di fraternizzare colla terraferma, ma questa insiste di non voler fraternizzar col suo debito di 44 millioni.

Il pretesto, che si decanta è questo, ma il tempo farà vedere il destino d’ogni cosa. Oh quanti piani delusi!

 

6 [luglio 1797]

Il Centrale dopo di aversi organizzato, ha pubblicato i suoi comitati e le loro mansioni. Ha concentrato però tutto in sé stesso ed è quello di cui si lagna la nostra picciola Municipalità dei 11 la quale dice che non gli è rimasto che la sciarpa. Il Centrale però discerne che prima di dar legge agli altri, conviene ponersene a sé stessi, e i loro modi sono più fraterni, meno torbidi e riscaldati. Non v’è governo senza difetti, ma quello, che più si accosta al bene riesce più grato, mentre anche l’apparenza soddisfa. La vecchia Municipalità aveva per verità avuto il momento più critico, la novità, il caos delle cose e le esiggenze francesi; ma l’unione di troppe teste violenti, la confusione e la spezie di vanto di opprimere, la resero universalmente odiosa. Tantoppiù, che avendo in sé alcuni galantuomini, questi erano ridotti al silenzio e dovevano sottostare a tutte le innovazioni senza esame e che un governo provvisorio, non divorato dal desiderio di dominare, doveva lasciare all’organizzazione generale futura.

 

7 [luglio 1797]

Oggi il Centrale, essendo venerdì, ha dato la sua prima sessione publica; tutti rimasero sorpresi dell’ordine e della decenza dei suoi membri. Il cittadino Zuccato ha fatto un solito bellissimo discorso.

Le critiche non finiscono mai in chi particolarmente sente più l’amor proprio di esserne esclusi, che il bene publico.

I possidenti, su cui tutta la faccenda sta a cadere, son umiliati dalle povere lingue democratiche.

La Società Patriottica, si tiene aperta dal vice presidente Panozzi che nasalmente pronunzia libertà e eguaglianza, ma non si sa nemmeno ch’essa esista.

 

8 [luglio 1797]

Oggi il generale Beillard, per ordine di Joubert, ha fatto la revvista della nostra colonna mobile, mezzo stropiata anche nel vestito, e degli 80 volontari civili; dopo aver detto d’esser rimasto contento, loro disse: voi fazionerete tutti, con l’armata francese, il qual onore produsse in tutti un gran bisbiglio di paura, gli uni per timor della guerra, i civili perché tale non era il loro impegno: quantunque abbiano sulla spada il motto, o vincere o morire, essi non intendono di metterlo in esecuzione, ma intendono di rimanere dentro le mura della città. Beillard complimentò il cittadino Francesco Arrigoni, che gli rappresentava tali cose dicendogli: capitanio, tenetevi i vostri discorsi ed io mi terrò i Rolli [l'organizzazione degli arruolati]. Oh che comedie!

I Francesi galanteggiano molto e piacciono. Sembra che le donne impazziscano per essi. I Francesi ricercano di andar a diporto per stazionarvi, i più bei luoghi di campagna vicini alla città.

Tutto è però in moto nelle truppe francesi, esercizi giornalieri, ordinazione di un magazzino immenso termine otto giorni. Nulla si rileva al solito, ma tutto dimostra, che in poco tempo si delucideranno le cose.

Frattanto il paese s’incammina alla più gran rovina in proposito di animali, generi, dinari e consumo. I cittadini sensati compiangono la inevitabile necessità e conoscono l’affare in tutta la sua estesa; gli altri non contemplano che il loro interesse, o la loro vanità, offesa anche per non venir impiegati e si sfogano con scandalo del buonsenso e della causa comune, il di cui oggetto è già per essi, più un pretesto, che altro.

 

9 [luglio 1797]

Li magazzini per l’armata francese, essendosi ritrovati vuoti, dal Comitato alle Provisioni Militari per mancanza dell’anterior governo provvisorio; ora si trova alla circostanza, di dover fare un fondo, per li accidenti imprevvisibili; ma questo è talmente forte, volendosi anche farne uno di risserva, che fa congetturare oltre le ciarle, che forse la pace non sia sottoscritta coll’imperatore. Certo sono tre mesi, dacché si dice sottoscritti i Preliminari, e che non si è veduta niuna ostilità.

Contuttociò il profondo silenzio, sugli articoli secreti e diffinitivi della medesima, lo stabilito congresso vocifferato in Udine, l’esercitazione delle truppe: il mormorio delle voci, fra gli ufficiali fa temere una rottura. Dio faccia, che non succeda per non ultimare le rovine di questi paesi e per il bene dell’umanità. Le cose poi sono coperte da un tal mistero, che inquieta gl’interessati e fa nascere mille argomenti, onde ragionarvi.

Mai più il tempo mi ha sembrato tanto lungo, quanto in questa ansietà di sapere il nostro destino, e la diffinitiva decisione delle cose.

I più furiosi democratici infuriano di questi dubbi, ma la gente di buon senso e di carattere, non può a meno di riflettere alle cose, almeno per minorare la circostanza presente del proprio paese e a una buona sistemazione di tutto ormai resa impossibile.

I Francesi soggiornati qui, nel solito numero di circa 7 milla:, se riescono a carico e a noia per le somme inquietudini, requisizioni, e alloggi nelle case, sono altresì necessari alla tranquillità del paese in dei momenti, in cui il cambiamento di governo e le teste pazze e la malintesa intelligenza come dev’essere della parola libertà potrebbe produrre dei gran disordini. Quando mai potremo ottenere di non avere più tali bisogni, e fruire d’una calma totale!

Venezia è avvilita. Mengotti e Sanfermo sono di ritorno da Milano; ma in loro luogo vi anderà il cittadino Francesco Battaia ex proveditor in terraferma, del quale soleva dire Bonaparte. C’est un homme comm’il faut.

 

10 [luglio 1797]

Ier sera sono arrivati più di 15 cannoni di campagna in Campo Marzo: chi dice per servire alla festa dei 14 chi per progredire alla volta di Udine per il congresso, o per il scioglimento delle trattative. Frappoco si dovrebbe spiegar qualche cosa.

Frattanto il Campo Marzo sembrava un Parigi iersera: una superba gulia, che si sta facendo e dipingendo da Boldrini, gli esercizi militari, la banda e i tamburri facevano zuffolare e rallegrare anche senza voglia e il nostro mondo galante progredendo al passeggio formava un bel spettacolo.

Il Centrale fa tutto e sembra impossibile, che possa reggere alle fatiche, essendo 6 notti, che veglia continuamente essi hanno fissato le 4 ora italiana per il termine e la chiusa delle sessioni.

La Municipalità dei 11 inquieta di non poter figurare e aver più poteri, ha stampato un lenzuolo di organizzazione per sistemarsi. È arrivato da Milano il cittadino Giuseppe Rubini ignaro di lingua e di modi, però inviato dalla vecchia Municipalità a Milano, il quale in un mese non poté mai avere udienza dal sultano Bonaparte, finalmente essendo stato ricevuto per congedo, esso gli disse: risponderò alla lettera della vostra Municipalità fra pochi giorni in persona. Contuttociò i pazzi continuano ad adorare ogni cosa.

 

11 [luglio 1797]

Continuano a venir dei cannoni e delle munizioni, che si diriggono verso Treviso: chi dice di nuovo la guerra; chi per più presto conchiuder la pace: altri ancora per un’alleanza coll’Austria. Il tempo deciderà ogni cosa, frattanto per noi le spese e i disturbi non finiscono mai.

Il general Bonaparte, scrive una lettera di già stampata al cittadino Francesco Battaia, che cerca di riabilitarlo dalle maldicenze, con mille elogi e l’espressione, che in qualunque incontro egli si presterà a quanto gli fosse per piacere, stante la lealtà del suo carattere, la purezza delle sue intenzioni e la sua vera filosofia, conosciute anche prima dell’attual ordine di cose. La Municipalità veneta pensò di nominarlo con Mengotti per spedirlo a Milano. Il primo ebbe 29 voti, l’altro 20 sicché è partito Battaja solo per Milano passando per Este, per ischivar l’odiosità Patavina. Alla terraferma democratica non ha piaciuto questa scelta. Si diffida continuamente della veneta astuzia.

 

12 [luglio 1797]

Oggi fanno, a quel, che i Francesi dicono, la repetion [sic! prova generale]della festa dei 14 a ore 8 italiane.

Gira da due giorni continuamente fra l’armata d’Italia una carta stampata del club di Clichy, tendente a disorganizzare l’attual governo francese, da principio la cosa era misteriosa, ma in adesso l’armata d’Italia apertamente vi risponde con forza e risoluzione; è per altro curiosissimo il modo e di già incostituzionale    [in quanto i militari non possono occuparsi di politica]. Dio sa qual garbuglio si prepara!

Vien fatto un magazzino per le truppe e uno di riserva di 300: carra di fieno. Però si fanno requisizioni a capriccio, io l’ebbi di 90: carra in tre giorni. Ciò succederà sempre, quando le cariche saranno riempite da persone, che non sanno, o non vogliono calcolare le cose, mentre ricercano quel che non è né possibile, né fattibile.

La Municipalità dei 11 non può passarsi, d’esser limitata a poche cose. Gli ambiziosi fremono di tutto.

Oggi mandano 40 camicie per casa da cucire, non si finisce mai e tutto va in fumo, ma ancor si grida, che non c’è energia.

La Guardia Civica dei 80 ha avuto la consolazione di venir esentata da fazionare coi Francesi; le scene ridicole che ha fatto nascere la paura, sono state indicibili, il Brogliati disse, chi si ha pensato di dire che ha dello spirito? Veramente poi il loro impegno è stato sempre di servire dentro le mura della città. I Francesi mostravano di tenerli assolutamente arrollati, ma poi il giorno dopo il rilasciarono ridendo in libertà.

Alcuni Francesi non contenti del solo alloggio, ricercano qualche casino di campagna per diporto. San Bastiano, Campagna e la Rotonda sono di già ricercati. Vedremo quanto si estenderà. V’è sempre chi cerca di metter tutto in vista per far inquietare tutti s’è possibile.

 

13 [luglio 1797]

Ieri sono arrivati dei Tirolesi a parlare con Joubert e tutti i Patriotti li guardano con gelosia e niuno può far loro ricerche.

Il Centrale continua le sue funzioni con applauso per la dolcezza dei modi, ma l’articolo finanze è sospetto. Non si pensa più di estraere il Castellan.

Nemmeno non si motiva più l’indipendenza di Bassano, né di quella dei Sette Comuni. Tutti cominciano a sentire il proprio interesse e la sanno più lunga dei Vicentini. I pastori conducono le pecore.

Il Bassanese Stecchini, ritornato da Milano racconta che la festa federativa della Repubblica Cisalpina fatta ai 10 del corrente è stata oltremodo magnifica, ma freddissima.

Il Consiglio di guerra di Verona ha condannato a morte gli ex-patrizi Contarini, Giovanelli, e Erizzo colla confisca dei loro beni: sono venuti quì due poveri deputati di quella città i quali sperano di ottener tal confisca a profitto del loro paese.

Era ier sera un bel vedere il Campo Marzo, cogli esercizi successivi della fanteria e cavalleria francese; la gulia, che riesce sorprendente con iscrizioni dei nomi dei morti nelle battaglie e fatti d’arme eseguiti in pittura da Boldrini, con una circonferenza praticabile, su delle scalinate, in cui saliva tutto il bel mondo.

Tutti dicono che dopo la festa dei 14, si decifreranno le cose; per me, il sentire che gli ufficiali ricercano in requisizione, varie case di campagna, e che dicono, che vogliono aprir il teatro facendo delle comedie francesi e l’interminabile flagello di questa guerra rivoluzionaria, non mi lusingano gran fatto.

La elezione fatta da Venezia del Battaia a Milano e di Rocco Sanfermo a Parigi ingelosisce la terraferma. Per me credo che quel che sarà stabilito seguirà, e che le rimostranze riescono assai frivole in questa imperiosità di circostanze. Contuttociò si discorre e si dispone come se tutto ciò dipendesse da noi. Si vuol perfino che i Francesi mantenghino la parola in ogni cosa.

In oggi il Campo Marzo, mi ha sembrato di ricordar la Grecia. Il più bel giorno, tutto il paese in moto, le sinfonie, il tamburro all’affacciarsi al portone di esso tutto coperto di trofei. Il genio, l’Italia e Bonaparte, coll’iscrizione fatta dal cittadino Lorenzo Tornieri

 

L’Eroe riposa e il Franco Genio intanto

Mostra libera Italia e il ceppo infranto

 

La gu[g]lia poi, che domina il vago Campo, piena d’iscrizioni ai soldati morti all’armata coi loro nomi e il contorno della sua altezza e circonferenza, la prima, coronata di trofei militari, la seconda ornata di 8 pittoresche vedute, delle più segnalate battaglie vinte in Italia. La verità dei fatti, la semplicità delle esposizioni elettrizzavano l’anima commossa da uno spettacolo popolare del tutto nuovo. Ma gli uomini non son fatti per realizzar simili chimere e la prova della nostra attual miseria lo dimostra.

I nostri soldati ebbero a quel che dicon i Francesi l’onore di funzionar con essi per esaltar domani il fatto della giornata, ma la loro imperizia e paura somministrarono varie storielle ridicole.

 

14 [luglio 1797]

Oggi è seguita la gran festa funeraria.

Si diede principio la mattina per tempo. Tutte le truppe francesi, la nostra colonna mobile, la Guardia Civica coi suoi generali, e i 34 funzionari publici arrivarono a suono d’istromenti in Campo Marzo. I municipalisti si posero con ombrellini sul piedestallo della gulia. La Guardia Civica a custodirli e la nostra colonna mobile a guardar un fosso e il popolo a fuggire di qua e di là l’inconsideratezza della polvere de’ fervidi moschetti e vari cannonamenti. Li Francesi poi si divisero in 2 armate vagamente situate con tutti i generali ed ufficiali alla testa figurando un campo di battaglia, anzi decisamente simboleggiando la famosa battaglia di Rivoli succeduta tra i Francesi ed Austriaci, dove gli Austriaci, vicini a vincer, e concentratissimi furono alla gulia dai Francesi circondati in modo che dovettero precipitosamente ritirarsi. Gli spari, gl’istromenti, i canti, la vivezza e destrezza della truppa, la bellezza della situazione formarono un quadro assolutamente nuovo per noi alla vista degli spettatori.

Le colline, che contornavano il Campo Marzo ripiene di gente e di vaghe ninfe erano un colpo d’occhio superbo e indescrivibile.

Il caldo era eccessivo e la durata annoiò tanto più che per mancanza di polvere terminò al solito comicamente mentre il carattere francese è d’intraprender molto senza aver la pazienza di ultimare niuna cosa, benché leggiera. Fui al Sasso di Donna Berta, dove si vede tutto per esteso, poi fui a vedere a rientrare la puzzolente truppa in città a casa Valmarana del Castello. Oh che abiti laceri, ad onta che ad essi se ne facciano tutti i giorni! I nostri civici erano rovinati dalla fatica e dal sole.

Dopo pranzo i Francesi andarono come se niente fosse a cavallo fuori della porta di Padova, avendo invece invitato a vedere una corsa vi furono vari legni di Francesi e tutta Vicenza, poi si andò in Campo Marzo dove c’erano giochi di scherma e tutto a capriccio, come il loro solito.

Vi fu in tal giorno pranzo da Joubert di 60 coperte e vi furono invitati diversi Municipalisti e il capo di battaglione Bissaro, si stette allegri cantando e sussurrando.

La sera alle due italiane vi fu al Teatro Grande la rappresentazione fatta dai Francesi, della morte di Cesare, quelli, che si distinsero furono il collonnello Millot che faceva da Bruto e il comissario Audibert, che rappresentava Cesare. Al momento della ferita di Cesare, si calò il sipario, mentre dopo la rivoluzione più non si soffre le parlate di Antonio, che sono favorevoli alla monarchia. Invitarono anche per il giorno dopo; ma l’immensa affluenza di Francesi, nel mio palco erano 34, il caldo e il non esservi più modo per gli abitanti farà si che niuno vi anderà; pregano però i proprietari di lasciare aperto il palco, ma già essi aprono o vi passano da un palco all’altro come gatti.

Le vociferazioni d’oggi fra i democratici sono state curiose; si si lagnò del Bassanese Stecchini, il quale venendo da Milano e grandemente patriota, disse certamente, che Mantova è ceduta all’imperatore, e che li Mantovani attendono a momenti gli Austriaci. Si barbottò ancora che Rovereto e Trento son pieni di Tedeschi pronti a discendere. Ma non è lecito ad alcuno di far riflessioni, né ricerche su tali argomenti. Infine tale è la confusione e la contradizione delle cose, che tutto sembra falso e tutto possibile. Si dice ancora che Joubert abbia fatte in oggi delle grandi requisizioni, almeno per due mesi. Eppoi si voleva che dopo tal festa dovesse terminar tutto. Poveri infelici!

Nella battaglia d’oggi, che si corresse dicendo esser tra Francesi e Inglesi, restarono in 4 feriti e i nostri Cispadani ammazzarono un francese, ma essi dissero che tali disgrazie sono inevitabili in simili divertimenti, ma si ha tremato.

 

15 [luglio 1797]

A 22 ore fummo in Campo Marzo, dove vi furono varii tiri di moschetto e di cannone au sibre. Bel spettacolo e nuovo per noi. Indi i generali Joubert, Maurier, e Beillard, con molti ufficiali a cavallo, girarono di trotto a fair place sul listone della cavallerizza, per la gran corsa a piedi di molti Francesi ad arbitrio, senza abito, con un fazzoletto legato alla testa e ciò riuscì un divertimento ridicolo e di niun riflesso.

Più non si rappresentò il Cesare atteso il disordine con cui la truppa si comportò ier sera in teatro.

I Francesi in oggi se la discorrono di andare a Napoli per rivoluzionar quel Regno. A sentirli hanno il mondo in pugno. Ma il fatto è, che né noi, né essi nulla sappiamo. Sembra però che Joubert sia presto di partenza. Oggi si ha distrutto il cosidetto corpo di città e territorio, cosa che non poteva reggere che per la massima politica: divide et impera, che avevano i Veneziani. Il centrale ha commissionato tre soggetti per esaminare legalmente l’argomento dello scioglimento dei fideicommissi, la prima Municipalità li ha lasciati intatti per interesse, come pure i feudi e le commende, quando si giunta del proprio si riflette.

Li Sette Comuni continuano ad usare decisamente le insegne di San Marco, e vien detto che San Marco è passato dal mare alla montagna. Vedremo se questi popoli si addatteranno al destino degli altri, mentre c’è del gran fermento.

 

16 [luglio 1797]

Superbo Campo Marzo. Gioco di scherma e altre greche istituzioni. Epiteti, epiteti, ma pochissime cose e solo accennate. Gran discorsi dei torbidi che sono in Francia. V’è un proclama di Bonaparte, che li autenticano, mentre dice che l’armata d’Italia deve essere pronta a passare le Alpi, se occorresse, per mantenere in Francia la Costituzione dell’anno III°.

Questa sera, bellissima festa di ballo in teatro, data dal governo in riconoscenza ai Francesi: vi fu lo steccato, poche ballerine ma molte cuoche francesi, di cui gli ufficiali stessi arrossivano. Durò fin dopo le 8 italiane senza disordini, detratto un Pirani che voleva passar per forza nello steccato e che l’ufficial francese disse ai nostri, se insiste dategli fuoco.

 

17 [luglio 1797]

Oggi i Francesi sembrano pensierosi e inquieti, hanno fatto un consiglio militare e delle sottoscrizioni; ma non si rileva nulla, chi dice: che si rinnova la guerra e vi son dei pazzi, che la desiderano, perché sospettano che la repubblica non venga tanto grande, come desiderano: chi dice che sia guerra intesa, e par probabile; chi crede una spedizione a Napoli; e chi suppone dei gran movimenti in Francia. Qualunque cosa sia, noi si esauriamo, non sappiamo mai il nostro destino e per conseguenza si vive angustiosamente alla giornata. Il tempo invece di delucidar le cose, le ingolfa maggiormente nel caos. La Repubblica Cisalpina fu organizzata, si è installato un Direttorio diretto, si ha fatto ai 10 del corrente la festa federativa; magnifica, comica e quasi luttuosa.

Il Comitato Criminale è composto di terroristi, di giovinastri pieni di vizi e totalmente ignari delle leggi necessarie a un posto di tanta importanza si è riunito per la prima volta ed ha sentenziato pena di morte, contro due assassini di alta Villa. Si son essi subito fucilati. Se peraltro la giustizia ben amministrata si facesse sentire istantaneamente si ovvierebbero le gran scelleraggini.

Si vuole che l’abate Velo e un giovin metafisico Fusiniero, sieno andati a Milano per rappresentar a Bonaparte dei lagni per le elezioni centrali di Joubert, come se le cose non passassero fra d’essi intese. Si dice però che Joubert irritato voglia darci compenso. Le gran feste false e le grandi imprudenze se mai è vero. Siamo di già arrivati a non conoscer più né uomini, né le cose.

 

18 [luglio 1797]

Oggi corre che alcuni prigionieri di rango Austriaci sieno stati riccondotti, non essendosi verificato il cambio e per conseguenza contrassegno di guerra; si dice ch’è sciolto il congresso di Udine e che Palma è fortificata in modo dai Francesi, che sarà più inespugnabile di Mantova. Si dice dai prigionieri, che vi è un furor di Tedeschi particolarmente Ungaresi e 25 milla: Francesi. Il solo nome di guerra ci fa tremare.

Oggi Giacomo Breganze voleva far la mozzione di toglier l’uso delle carozze. Bella prova di democrazia! il vero bene, che si dovrebbe ricavar da essa sarebbe il poter far tacere tutte le teste riscaldate, intriganti e prosuntuose.

Quei, che mangiano a più potere le sostanze della nazione e dei particolari, che sono vani, dispotici, torbidi, si chiamano i decisi e pronunziati democratici, gli altri, che sono a detto universale, il rovescio della medaglia e che sarebbero il vero bene possibile del paese, si discatena per denominarli aristocrati, cioè decapitarli. Esaminiamo le azioni degli uomini e non atteniamoci a quattro vocaboli imparati a mente per corbellare il genere umano. Oh quanti di questi temerari arrossirebbero, nel vederne ad annoverar solo una parte?

Bellissimo Campo Marzo coi generali francesi a cavallo e vi fu una ridicola scuola di cavallerizza.

Vi son continui esercizi militari. Sembra che i Francesi disciplinino la loro truppa, o per una nuova guerra, oppure per ritornare in Francia con tutto il buon ordine possibile.

Ier sera, si lesse tanto in francese come in italiano un manifesto di Joubert alla sua truppa dicente:

il Realismo rialza la testa in Francia, il Sacerdozio riscalda le teste, le Autorità costituite contengono dei membri che vogliono il trono. Si denigra li serviggi segnalati resi alla nazione dal cittadino Buonaparte. Giuriamo dunque di mantenere la Costituzione dell’anno terzo e ritorniamo in Francia, se bisogna, o riceviamo fra noi, chi è del nostro partito. Seguono a tal Manifesto 10 milla: sottoscrizioni.

Dall’inquietudine dei Francesi si arguiva molto, ma queste decise dichiarazioni di un’armata sorprendono generalmente. Dio sa qual’imbroglio è questo; non si può mai vedere le denudee cartes.

I democratici però assicurano, ch’erano giunte ier sera, notizie ufficiali, che in Francia tutto va tranquillo e che il partito realista era stato massacrato. Sentiremo in seguito, frattanto di noi nulla si dice e le rovinose circostanze del nostro paese, si fanno sempre più serie.

Sul rapporto di alcuni torbidi nei 7 Comuni, sono partiti segretamente a quella volta due distaccamenti in tutto di 1200 uomini spediti da Joubert. Dio faccia che tutto si acquieti mentre è ben doloroso, di sentir tali cose nel nostro circondario in cui almeno la tranquillità e l’accordo, sarebbero necessari.

Sono venuti due ex-patrizi, Piovene e Angaran non potendo portar seco per sortir da Venezia, che sole 300 lire.

 

19 [luglio 1797]

Oggi Camillo Chiericato per ordine di Joubert fu condotto da due ufficiali francesi alle carceri. Fu però ottenuto dalla famiglia di riaverlo verso sera nella propria casa, guardato però a vista e furono sigillate le sue carte da due municipalisti. Si crede che sia una calunnia per il suo preteso genio Austriaco, ma non si sa niente e si spera cosa di poco momento. La compassione è generale e l’agitazione degli ex-nobili è infinita. Ogni innocente trema, mentre questo buon uomo è una perla.

Altri 3200 uomini sono andati verso i Sette Comuni, per aver argenterie, armi e obbedienza da quei poveri montanari.

Si sta facendo il piano di 6 millioni di lire da contribuirsi alla Cassa Pubblica col titolo di imprestito forzato.

Un ufficiale francese mi disse che i torbidi a Parigi sono acquietati, che il male è che sono entrati in Francia molti emigrati, i quali sono divenuti membri del Consiglio dei 500. Vincendo, com’è il solito, il feroce partito repubblicano si avrà una decisione. Soggiunse che questo è il motivo dei ritardi per la pace e della permanenza delle truppe nello Stato Veneto per conseguenza.

 

20 [luglio 1797]

La vedova Arragona è stata posta in arresto, si crede per un discorso imprudente riguardo a un francese.

Restò parimenti chiusa una bottega del Sermondi.

Si son arrestati molti dell’ex-plebe e molti chiamati, si suppone per aver essi parlato con un caporale Tirolese, che fu qui giorni sono, per i torbidi dei Sette Comuni e per il sospetto, che si vive continuamente in un imbroglio di governo di tal natura. Si dimostra ancora delle intenzioni rigorose, e terroriste. Queste cose turbano la quiete delle persone, che amerebbero e vorrebbero tutto tranquillo.

 

21 [luglio 1797]

Sono partiti altri 1200 uomini con 3 cannoni verso i Sette Comuni per il fermento di Lusiana, che è disgraziatamente in piena insurrezione. Il resto di quei paesi, ha mandato i respettivi araldi in contrassegno di ubbidienza. Questa fatal combinazione, mette nell’animo di tutti un manifesto turbamento, anche nel vedere l’astio altrui e l’acciecamento, l’imprudenza e la rovina di una popolazione tanto singolare nella sua semplicità e posizione.

Tutti gli arrestati in casa vi rimangono per esser partito il generale Beillard, senza lasciar ordini. Si spera però bene e si credono generalmente falsamente accusati di reità, non così di qualche imprudenza.

Avremo qui in tutto 8200 uomini, si esaurisce ogni cosa e non si sa come si potrà supplire in seguito a tante spese e sussistenze. Si dice che Verona non ne possa più e che perciò quel governo provvisorio, ha dimandato la sua dimissione.

Bassano è nell’istesso caso, e lo sappiamo noi putroppo, mentre la destrezza di quei rappresentanti fa collar tutto nel loro paese, viceversa dei Vicentini.

Si voccifera la rettifica della pace coll’Austria, Dio lo voglia, per veder anche a darsi un nuovo turno alle nostre calamità e una decisione al nostro destino, s’è possibile.

 

22 [luglio 1797]

La Società Patriotica sembra terminata col pretesto della calda stagione.

Sembra che vi sia molta perquisizione sopra i pensieri e i discorsi delle persone, e mai più fu tal proposito tanta inquietudine. Si pretende che verrà agito con del vigore, almeno i democratici lo vanno dicendo nell’orecchio per atterrire e forse per versare in altrui il loro timore di qualche strano cambiamento.

Il centrale è indefesso nelle sue fatiche. Ma il Comitato provvisioni militari, dà luogo a somme lagnanze per la sua avidità, imperizia, cattivi modi. Il far delle requisizioni, quando per l’opportunità del momento si potrebbero aver le cose con dei contratti, senza aggravar dei singoli, che per lo più è una vendetta privata, mentre si danneggia parzialmente quel tale, senza voler ascoltar ragioni e sempre ingiustamente e a capriccio. Mi sorprende che le grida universali non li contengano e mai si parla di una mozione utile. Sempre traviamenti e riscaldi e mai una cosa buona.

La Municipalità dei 11 fa anch’essa degli sforzi di fatiche sempre gelosa, e indiavolata del centrale. Quando si sente le reciproche lagnanze, trionfa l’innocenza degli aristocrati galantuomini.

Questa mattina cattive nuove dei Sette Comuni, ossia di Lusiana, essi tumultuano con una temibile fermezza, non ascoltando proposizione di sorta alcuna, dicesi che vanno ritirandosi, rovinando quel che trovano sul loro cammino di case sospette di democrazia. Il capo battaglione Mario Bissaro fa la scorta ai Francesi in quei alpestri diruppi. Si aspetta questa sera le nuove con ansietà.

Le nuove venute sul tardi dalla parte di Bassano sono che i Francesi sono entrati in Lusiana, senza uno sbarro di fucile. Si sentirà poi come si son passate le cose, e se è vero che i Francesi vogliano democratizzar quella democrazia, come qui spargono alcuni, che amerebbero di vederli oppresso e diviso a brani il loro territorio.

Thiene e le montagne son tutti all’ubbidienza e arrivano le loro armi e i pochi villici arrestati.

Rapporto agli arrestati Chiericati, Ragona ec.: vien sparso che sieno seguite le sottoscrizioni date ad un tedesco premesso un pranzo o una cena, ma che la carta è perduta e si spera l’accusa anche falsa e che la cosa finirà in bene.

Sempre vien predicato la vigilanza, l’energia e il paese non può esser più buono, ma l’inquietudine, le spese, la mala maniera, l’orgasmo di alcuni, che si fanno tutto lecito o che governano, il velo impenetrabile delle cose politiche, rendono generalmente in qualche conto gli animi agitati e sospesi; che venga almeno resa la giustizia dovuta alla probità, ai talenti, che si renda amabile, s’è fattibile, il nuovo governo e allora si riconoscerà veramente se i cittadini son buoni o cattivi, energici o indifferenti.

Circa all’attual situazione delle cose che devono formar il nostro destino, sembra piuttosto un caos, che altro. Si vuole firmata e ratificata la pace con l’Austria e molti buoni indizi per una luce generale. Si vede la Repubblica Cisalpina organizzata, ma dall’altro canto, preparativi di guerra, dei torbidi a Parigi, che ora si dicono esistere, ora acquietati, ora rinnovati. Niente di buon umore nei Francesi, indagini, incertezze, inquietudini, permanenza somma di truppe. Gran magazzini allestiti. Parole lusinghiere ed esagerate di grandezze immaginarie e nulla più. Ecco il quadro presente. Per me spero che le cose non possano durare in questa violenza e che da un giorno all’altro si svilupperanno ed avremo forse il bene di veder ormai a rinascere quella tranquillità, che da tanto tempo ci vien tolta.

 

23 [luglio 1797]

La Arragona liberata, dall’arresto per discorsi imprudenti. Tutto è arbitrario e niuno può viver quieto.

 

24 [luglio 1797]

Si contava che dovesse in oggi passar Bonaparte e si allestiva l’appartamento in casa Trissino, perché Joubert non vuol lasciar libero il suo a casa Cordellina e tutto risuona l’eroe, il radiante e mille stravaganti titoli, che i travviati proffondono a questo fortunato generale.

Si discorre che verrà posta una gran vigilanza per l’andamento delle persone e il loro civismo.

La prudenza è necessaria e anche la politica, ma su di ciò l’accanimento fuori di proposito, mi pare più una vendetta privata, che il bene pubblico, solo movente, che dovrebbe interessare un vero patriota, anche nel loro modo d’intendere e non delle vessazioni e persecuzioni inutili e solo atte a far nascere del male.

Li generali francesi stampano dei manifesti decisi e forti sui torbidi interni della Francia, ma dai fogli publici è lasciata in bianco ogni cosa. Si spera però vicina la pace, quantunque non si possa fare che delle congetture. Sembra gli stessi Generali Francesi, non sappiano nulla e che il segreto sia gelosamente guardato dai interessati e negoziatori e più di tutto, che ogni cosa dipenda dagli avvenimenti.

 

25 [luglio 1797]

Le nuove di Lusiana sono che i Francesi vi sono entrati pacificamente ad onta di qualche resistenza, et non hanno danneggiato gran fatto quell’infelice paese. Si conta però dei disordini in quei contorni, soliti effetti della insurrezione popolare. Alcuni vogliono che i Francesi gireranno nei Sette Comuni per sistemar le cose anche colla forza.

Ma il General Joubert sembra animatissimo in questo proposito dall’umanità e rettitudine, come lo è anche nel resto. La circostanza di questi popoli aggresti, mi ha penetrato infinitamente ed ho deplorato il loro acciecamento di non addattarsi alla forza, ma le cose sono raggirate. Se vengono sedotti ed acciecati degli uomini politici, convien figurarsi come l’ignoranza, dev’esser soggetta all’abberramento e all’inganno.

 

26 [luglio 1797]

Ieri si diceva che Bonaparte arrivava, ma richiestone per la terza volta il General Joubert dai Municipali, loro non rispose nulla e andò a mangiar del formaglio. Erasi preparata l’illuminazione di tutta la città per il gaudio della libertà e una festa da ballo in teatro.

Vien detto che alcuni dispacci l’abbiano trattenuto in Milano; ma avendo in Vicenza un generale di divisione si potrebbe attender da lui tali notizie, senza far tante confusioni. Sembra che impazziscano e che credano che Bonaparte non abbia altro in testa che lo Stato Veneto e in cambio egli non cura di esaurirlo.

L’abate Velo, il cittadino Pietro Bissari e altri ritornati da Milano, scoprono vicendevolmente, che non hanno potuto aver certe aperture, che ambizionavano di avere presso Bonaparte, o quel sinedrio. È troppo naturale che la farragine degli affari e degli oscuri progetti non lascia luogo ad una inutile e riscaldata eloquenza. Le baionette comandano sino ai pensieri.

Nessun può asserire come sieno le cose interne della Francia e se sia decisamente ratificata la pace o no.

Il centrale fa ancor egli dei misteri, come è anche naturale negli affari, questo inquieta i curiosi e gli ambiziosi se ne lagnano. Si ha sedotto i semplici anche in ciò, col voler lor far credere che la politica non avrebbe più misteri e che tutti saprebbero tutto. Massima non esigibile come tante altre.

La Municipalità dei 11 è sempre agitata di non aver tanta autorità quanto il centrale. Ella ha presentate le sue lagnanze per iscritto al general Joubert, che il medesimo ha inviato al centrale dicendone: Ridete ancor voi, come ho fatto io.

Nella società patriotica, sono nate delle scissure tra l’abate Velo e Panozzi; il primo si lagnava del poco numero e voleva obbligare i soci a intervenirvi, l’altro gli disse delle cose piccanti e personali e riscosse un bravo dal popolo, si finì quasi coi pugni. L’abate vuol rinunziare a tal presidenza. Sembra che in generale, queste tumultuarie e intriganti società popolari, ossia club, vengono chiuse. Degli uomini stimabili e che si attenghino alla sola istruzione sono rari, e tali patriotiche non li comportano.

Si è saputo questa sera che furono esentati dalla pena di morte l’Erizzo, il Giovanelli e il Contarini dal general Bonaparte.

Sono partiti per Thiene 2000 Francesi con un generale per stazionarvi sin che i Sette Comuni portano le loro argenterie, armi, come sono convenuti. Questo è quanto si sa.

Senza l’acciecamento di quei poveri villani, quella porzione di territorio aveva almeno la fortuna d’esser esente dalle truppe e passaggi.

Joubert assicura che per oggi, né per domani, arriverà Bonaparte. Tutto è arcano, suspizione e aspettativa.

Vengono dei Francesi dalla parte di Verona. Gli energici sperano per ciò, che non sia fatta la pace coll’imperatore, ma chi ama l’umanità, il termine delle disgrazie e la quiete la sospira.

Regna il solito silenzio sulle rilevanti negoziazioni, ossia sull’andamento delle cose, che tanto interessano queste esaurite contrade.

 

27 [luglio 1797]

Joubert diede ordine ieri che si allestiscano 500 uomini di truppa di linea da diriggersi intieramente dai Francesi; questo pare indicar che la pace non è fatta.

Si aprono tutte le lettere, e la nostra libertà è in tutto illusoria.

Bonaparte è rimasto sempre a Milano.

Il giusto chiericato continua a star in arresto in casa e gl’invidiosi gli fanno delitto se i suoi parenti e amici vanno a ritrovarlo. Si vedono cospirazioni e sospetti in ogni cosa che urta il loro antico e nuovo amor proprio.

Vari Municipali domandano la loro dimissione per rabbia di non esser centrali. La sete del dominio li accieca.

Furono eletti da Joubert li 7 soggetti ricercati dai Sette Comuni, due per esser dell’amministrazione centrale, Fabris d’Asiago e Cantele da Lusiana. Gran maneggi e gran imbrogli. I pastori guideranno le pecore della città.

È venuta una lettera dall’energica Brescia che dice che i Bresciani hanno richiesto a Bonaparte 1000 Francesi a loro spese per acquietar con essi le valli che sono infuriate contro la rigenerazione e Bonaparte loro li ha concessi. Gli han poi ancora richiesto di unirli alla Repubblica Cisalpina, al che rispose che aspettino e che non è ancor tempo.

Ancor qui si vaneggia per esser Cisalpini, ma i Francesi ci mangiano tutto, lasciano fare i pazzi, e non promuovono mai niuna cosa, anzi la sopiscono.

Si conta che a Venezia gli Arsenalotti, nello spiegar le promesse bandiere di San Marco abbiano gridato amaramente evviva, e che sia nato dei susurri; che tutti i Francesi andarono ad armarsi e montarono i cannoni, ma che tutto sia acquietato. Venezia è per noi argomento di grandi riflessioni, mentre ella agisce come se la terraferma, l’Istria e la Dalmazia fossero in suo potere, ed avesse dei fondamenti di contar su di essa. Ma l’odio sussiste nella prima e la cessione all’imperatore nelle altre. La miseria la circonda. Ha una Municipalità che agisce diabolicamente come tutte le altre e in essa si lacerano, per i soliti sospetti, di aristocrazia, di concessione, di ragiro. Ella proibisce ai ex-patrizi e proprietari di sortire. I suoi ministri a Milano, ottengono delle parole da oracoli. Infine ella è a questo contatto o ella si trova sicura d’un destin favorevole e stabilito, o Venezia è alla circostanza d’una aberrazione che formerà la sua rovina. Misteriosamente si vocifera a Bassano di un piccolo congresso dei deputati della terra-ferma per cercar il modo di diriggersi contro Venezia e stabilir la libertà su delle solide basi particolari. Per me confido che le cose, si stabiliranno da se stesse e che avremo una volta il bene di saperle e di viver tranquilli, senza tante sciocche inutilità.

Labate Velo ha fatto un manifesto della Società Patriottica, che invita il popolo sovrano a frequentarla, gli dice che i cattivi lo frastornano e che la prima sessione sarà sui veri nemici del popolo, e s’intende già ex-nobili: questi pazzi non conoscono sé stessi; per istruire bisogna sapere, aver sistema, esser stimabili, e ragionevoli, quando si combineranno tali cose la società si rimonterà e verrà frequentata.

 

28 [luglio 1797]

D’ordine di Bonaparte, si deve qui complettare il battaglione di 500 uomini, e forse un altro simile per incorporarlo nella division Joubert. Devono questi esser comandati da due Francesi e il terzo grado d’ufficialità da un Vicentino. Chissà che Mario Bissari non diventi almeno in questo posto, perdendo sul momento il suo, che sollecitamente gli hanno conferito a battimani per essere giovine capo di battaglione...

Qui vien ordinato di cangiar sulla divisa verde le mostre rosse in bianche, uniforme alla Cisalpina, indizio, che opprime di gioia i nostri energici. Si dicono reciprocamente il Cisalpino.

Manifesto d’elogio fatto da Joubert ai due negoziatori delle vertenze dei 7. Comuni con la Repubblica Francese fatte felicemente da due abitanti di quei paesi mercé le argenterie e le armi. Non si han protratte le cose, perché non v’era oggetto di cupidità, e perché i Francesi mostravano timore di un pericolo, senza guadagno.

Pacificazione dell’abate Velo con Panozzi e ripristinamento della patriotica, quantunque in deperimento di spettatori.

Spese e requisizioni somme per le truppe, nissun indizio di cessazione. Gli ammallati degli ospitali partono continuamente: ne muoiono però quattro o cinque al giorno. Gran continuazione di cose; gran caos! Tutto si riduce a ragionare sulle congetture e per conseguenza contraditoriamente. I mali sono estremi, dunque si spera esserne al fine.

La circostanza degli uomini, che una volta era uno studio e una cognizione di poche persone capaci, adesso si rende evidente in modo che rende angustiosa la vita.

Stante l’abuso dei titoli, e che l’assuefazione o qualche debolezza faceva correre, si volle da Giacomo Bologna di Schio e Pietro Pedrazza da Thiene ponervi una penale e la cosa fu rimessa ad altro giorno. Le leggi devono essere eseguite, ma queste piccole cose formano com’è naturale, la democrazia di molti e forse i talenti. L’esenziale è sempre l’ultimo che si cerchi e si conosca.

Giacomo Bologna propose per ridicolo degli ex conti di preparare un casotto illuminato in piazza, di mettervi un ex nobile e di fare per tre giorni la plebe sovrana gli dica sempre signor conte padrone.

Leonardo Bissaro voleva dopo piantato l’albero, che si facessero 12 matrimoni di povere ragazze che fossero vestite di bianco, e colla sciarpa tricolore, dando ad esse il primo luogo e formando uno spettacolo in piazza della depressa nobiltà.

Ecco i pensieri dei legislatori moderni. Non un nuovo ordine di cose, non uno studio severo, è atto a difendersi da ogni artiglio, non a deplorare e scemare la rovina del proprio paese, ma bensì a dileggiare gli oggetti della propria invidia, a innalzarsi sulle rovine altrui ed aproffittare delle sostanze ed esimere se stessi da ogni peso.

Oggi il centrale ha tenuto aperta la sua sessione al popolo sovrano per esser venerdì e molti fecero applauso al loro contegno e discussione. Ivi si va col capello in testa, non si saluta alcuno ed è una comedia.

La picciola Municipalità fece un decreto, dove sardonicamente scioglie le cosidette Fraglie: Cocchio fece una rimostranza per esse e il centrale a pieni voti le conservò più per ispirito di farla tenere, che altro; ciò dispiacque agli 11 i quali puerilmente si vorrebbero arrogare delle autorità, di cui è solo depositario il centrale. Sembra una pazzia la gara, che palesemente regna in questo corpo ed indica la sua ignoranza e genio di un dispotismo illimitato. Non potendo esso mai conseguir nulla s’arrabbia, e i membri cercano la dimissione. Girolamo Milana, che non aveva affari, quand’era nella prima Municipalità; protesta adesso che suo padre e il suo negozio abbisogna di lui: progetta continuamente di far venir tele e grani dalla Romagna, ma li meglio informati lo ringraziano. Li mercadanti non possono conoscere altra cosa negli affari, che il loro interesse.

Lorenzoni nel centrale avendo affaticato esuberantemente nel piano dell’imprestito forzato, che si crede di 9 millioni di lire, da versarsi nella cassa, oltre quello, che passerà per le mani, ha ricercato di aver 20 giorni liberi e gli furono accordati, tanto più che i suoi talenti lo rendono miticoloso e d’una sottigliezza in qualunque discussione incomodissima; oltre di ciò la fatica e il riscaldo debilita il suo genio in modo che ha avuto altre volte il bisogno di restare tranquillo. I popoli devono sottostare alle debolezza di chi loro comanda.

Le scelte dei cittadini eletti dal centrale, vengono criticate, come scelte aristocratiche dai buoni democratici, che vorrebbero alla rovina di tutto, per esser essi soli i despoti, onde figurare, senza aver né talenti, né conosciuta probità.

La società patriotica ritornò ad aprirsi, ma non si sente più a motivarla, sicché poco concorso.

Chiericato continua ad essere arrestato in casa, e Joubert ricercato di liberarlo disse: Ha troppa buona compagnia perché debba trovarsi male. Ciò è derivato perché, con rabbia degli energici tutti i suoi parenti e amici vi concorrono come il solito, quando non viene ciò vietato.

Si spera però che la cosa non sia rilevante, ma però è lunga. I democratici ne parlano con mistero e con falso timore che la cosa sia seria.

 

29 [luglio 1797]

I Francesi nascono dalla terra, popolano la città e presto tutto il territorio. Avendosi fatte di 25 milla: braccia di tela altrettante camicie per i Francesi, questa tela e la loro forma essendo riuscita scelleratissima hanno fatto di nuovo una simile requisizione. Si fanno le cose senza esame, né si sa né provvedere né combinare giustamente ai commissari se le cose vadino a dovere e così tutto va alla diavola e v’è sempre qualcuno in nomina d’un complicato profitto.

Oggi si ha di nuovo posto in vigore la rassegna di tutte le armi, sicché la città e il territorio soffrono molto e per la propria difesa in tali tempi e per il discapito. I democratici, che non vogliono mai scorgere la tirannia, che ci rende schiavi a catena, vogliono attribuire il motivo ai torbidi dei Sette Comuni e alle dicerie del Chiericato.

Si credeva appunto che il cittadino Camillo Chiericato dovesse esser libero e sciolto. Quando dopo dieci giorni di arresto in casa fu improvvisamente dato ordine questa sera di nuovamente ponerlo in prigione, con un oste e si vocifera che domani possano uniti passare alla fortezza di Mantova. Questa notizia afflige la sua povera famiglia e tutto il paese. Si spera però che vadano ostaggi e che le cose non abbiano ad essere rilevanti come indicano. Si tiene che abbiano parlato imprudentemente con un Tirolese, ma in fatto nessuno sa niente.

Era sparso oggi e faceva della confusione, che a Padova spianassero i bastioni per fortificarla; si seppe poi che non spianarono che un piccolo tratto per fare gli esercizi militari. Si trema però sempre di tutto e si ringrazia il cielo tutte le sere di tutto quel male che non è succeduto, essendo le cose poste in maniera, da render ogni cosa possibile.

La Municipalitadella è sempre inquieta e disperata della sua poca autorità. Il terzo però poco gode. Il centrale continua con qualche maggior dignitosa apparenza le sue funzioni.

Il Campo Marzo sulla sera è un Parigi: tutta la truppa si esercita. Il suono degli istrumenti e il continuo tamburro richiamano tutto il paese.

Li comissionati per esaminare i fideicomissi avevano lentamente fatto il loro piano per scioglierli; ma essendo venuto il metodo della Cisalpina, preso e già sanzionato dal general Bonaparte, si cerca che sia ripportato come di norma a questo.

Si spera di veder Thiene presto esentata dalla truppa ivi stazionata per oggetto dei Sette Comuni.

Succedono sulla strada per Verona delle aggressioni e svaliggi, però i Francesi con della cavalleria pattuglieranno quella strada.

Non si rileva nulla dalle nuove correnti, solo si sa che il general Bonaparte non è ancor partito da Milano e che la pace possa essersi deffinitivamente conclusa a Udine il 14 corrente.

 

30 [luglio 1797]

Il Chiericato con l’oste Corradino sono partiti a 8 ore per Mantova. Chi tiene che vi sia un calunniatore, chi che vi sia delle imprudenze. Ma il fatto è che si osserva che il general Joubert contro il suo solito prende questa cosa con molto calore. Certo, dicono i Francesi che il Chiericato è fortunato di non aver avuto un testimonio di più, mentre lo facevano fucilare, e che così in Mantova si sbrigherà la cosa in poco tempo. Tutta questa scena fa compassione e sensazione. Speriamo bene e non ascoltiamo tutto perché niuno è mai al fatto di nulla, e tutti gli affari passano con una massima segretezza.

Vanno succedendo delle aggressioni e degli omicidi speriamo almeno che, posta in vigor la giustizia, cessino questi orrori.

Vari picchetti francesi vengono mandati per il territorio per la rassegna delle armi, delle quali il destino è di venir sottratte le migliori dai nostri cupidi patrioti e le altre vendute e rivendute dai Francesi. La scena di ogni cosa non è descrivibile.

Tutto il giorno si esercitano le truppe e di già questo spettacolo è venuto a sazietà.

Dai Sette Comuni arrivano le argenterie e le armi, e tutto passa per delle mani novizie, ma che imparano a meraviglia la dottrina moderna di approfittar sull’altrui. Vi son delle case divenuti santuari per le lampade ec., Ma i nemici dei Sette Comuni, dicono, ch’essi si esentano possibilmente da un tal peso; che non si vogliono democratizzare e che i generali francesi temono di penetrare in quelle montagne, vantandosi col dire che, per loro, questa spedizione riuscirebbe di nessuna gloria e di niun profitto, che starà ai Vicentini a farlo. Ma i democratici, spaventati dell’odio aperto delle montagne vorrebbero ridurli senza soldo e senza animali per profittarne e per avvilirli.

Se almeno si raddolcisce la pillola facendo del bene e se si può, si rendesse amabile il governo, che si predica, allora non si discernerebbe tanta antipatia e tanta indifferenza. Ma si fa il male, si rovinano tutti, si distrugge ogni cosa e poi si declama che non v’è energia.

Si critica il centrale che faccia tutte le sue cose con gran secretezza, per me credo per verità che gli affari non possano mai condurli altrimenti e che in un governo provvisorio e col popolo non istrutto e della gente furiosa per figurare, non potrebbe nascere che delle confusioni maggiori.

Si sentono per altro degli orgasmi, dei ragionamenti, e delle pazzie che stancano e inquietano le persone oneste e di buon senso. Un pugno di schiavi incatena degli schiavi, per far rinascere alla perfine una barbarie raffinata dai lumi.

 

31 [luglio 1797]

Gran confusione oggi per gli alloggi, stanteché alcuni Francesi avevano due alloggi, uno per la tavola, l’altro per il letto o altre viste. Il comandante ha ordinato di far cangiare alloggio a tutti per riordinare il metodo, ma vi fu nel farlo un tal bisbiglio tra essi e il comitato sopra gli alloggi, che gli eroi Braganze, Battaini hanno dovuto fuggire dall’orrore delle questioni e minaccie. I rappresentanti della nazione ricevono dai Francesi tutti quegli epiteti meritati, che il paese deve tacere per non rovinarsi ed hanno la sciocchezza di lagnarsene apertamente. Gran ignoranza e gran ebrezza!

A Thiene i Francesi trovandosi a un pranzo Patriottico con 24 giovinotti della nostra Guardia Civica, hanno violentemente tagliato a diversi i capelli alla terrorista, rompendo bichieri e piatti come il lor solito. La virtù e la frugalità republicana si scorge nelle più piccole cose.

Bonaparte aveva ordinato giorni sono, che tutti gli ufficiali che volessero ritornar in Francia, loro fosse dato il passaporto, ora un nuovo ordine dice che tutti debbono rimanere al loro posto. Essi però stanchi di guerra e di orrori, condannano anche apertamente ogni delirio del loro sistema, ma la gente cauta si diffida d’ogni cosa, che sorta dai loro labbri. Non così i patrioti, i quali chiamano aristocrati tutti i Francesi che non impazziscono.

Tutte le cose combinano per atterrar le congetture, il male solo è evidente e reale e questa povera provincia si va esaurendo radicalmente: mentre la scarsezza delle carni è ridotta a segno, che le requisizioni, che tanto e tanto si vogliono, cadono sui di già bersagliati animali di aratro. Fieni, grani, numerario è alla loro potestà, e tutto viene disposto senza cognizione, né giustizia. Guai a chi parla di Francesi, di funzionari, di Patriotti: essi fanno e disfanno alla mussulmana, e ancor si lagnano se lo spirito pubblico degli onesti non si entusiasma. Possibile ch’una filosofia tanto distruggitrice acciechi gli uni e faccia gli altri apertamente sfoggiare i loro vizi, senza che la disperazione non faccia qualche gran colpo! Quel ch’è certo però che un tal sistema, o deve distruggere il mondo o venir sterminato, mentre non è umanamente così eseguibile.

 

 

            

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 Primo [agosto 1797]

Oggi è sparso che le negoziazioni per la pace generale sieno tutte stabilite a Lilla, per conseguenza le truppe francesi stazioneranno quì sino all’ottobre vegnente.

La società d’istruzion publica ha eletto a pieni voti per suo presidente il cittadino Iseppo Gastaldi, e segretario il cittadino Luigi Novello.

Il quadro politico è coperto da un denso velo e a noi non resta che a sospirar con danno ed esaurimento quel momento in cui delucidate le cose e sistemate si possa compensarsi di tante dilapidazioni e agitazioni sofferte.

2 [agosto 1797]

Mario Bissari ha dovuto fare la sua rinunzia di capo di battaglione, dovendo subentrarvi uno della gran nazione, che ingoia tutto. La truppa è di 340 uomini, ma la maggior parte di essi disertano e sono della feccia la più orribile. Adesso si va cercando di complettare questa colonna, che dev’esser di 500. Sarà però difficile una tale intrapresa, dovendosi fare in un paese che non sa da tanti secoli cosa sia guerra, ed atterrito dal dispotismo e disprezzo dell’energia francese. Sino i più bisognosi birbanti non vogliono accumunarsi coi Francesi.

Nel vicentino-bassanese abbiamo più di 8000 uomini da mantenere, e continui andarivieni, con una tale profusione, e disordine che porterà certamente seco la rovina totale del nostro paese quando le cose, in qualche modo, non cangiano.

L’unione poi con Bassano diventa quella la povertà; oltre il suo debito nazionale di un millione e più, quel paese è talmente esausto o i suoi lo fan comparir tale, che convien, che Vicenza supplisca a tutto. Vi è in Bassano Enrico e Pietro Bissari i quali professano di organizzarvi una patriotica Municipalità ma in fatto ivi si vanno misteriosamente vari deputati della terraferma per unir insieme le proprie idee per la maniera di dirigersi e contro Venezia e per essere Cisalpini dipendenti da Milamo, e ciò maneggiare a Parigi. I soggetti che compongono questo congressetto fanno scrosiar dalle risa.

Joubert voleva pagar la piramide del Campo Marzo, ma il centrale ha ricusato per adempire adeguatamente il nostro destino di dar tutto, e di transiggere quando ci viene per miracolo esibito.

Oltre la rivoluzione, si ha combinato una scarsezza di buone teste in questo secolo, che non saranno comprensibili nel venturo. Sembra che la molezza e la leggerezza formi il carattere universale, e che l’uno e l’altro partito non si lagni che quando sono attaccate due passioni.

Anche il secco viene a distruggere la speranza d’un necessario raccolto.

 

3 [agosto 1797]

Molto si parla di ripristinare i dazi e dicono alcuni fra i democratici più avveduti che quattro o cinque imprudenti e furiosi energici hanno senza consiglio stampato l’esenzione totale nei primi momenti della rivoluzione. Nell’esaurimento della provincia quasi ridotto totale, bisogna venir ad un tal tirannico espediente per necessità, avendo perduto circa un millione, così inconsideratamente, e al qual si avrebbe supplito insensibilmente, e non si darebbe luogo, alle novità sempre dispiacenti quando cambiano a discapito. Ma i Patriotti gridano ai ricchi e Pedrazza Pietro si distingue, pensano ancora di poterne far a meno.

Si sa da Venezia, che quel generale Bareguai d’Hilliers colla sua divisione parte a momenti, e si dice diretto a Lione per aquietar dei torbidi insorti.

Qui pure si vocifera che il nostro general Joubert colla sua divisione possa esser destinato ad una simile spedizione.

Si conta senz’alcun dubbio la pace fatta coll’Austria, ma se ne ignora al solito di tutto gli articoli.

Immense sono le requisizioni francesi; 7 in 8 mille uomini vaganti per le nostre contrade, spesati di tutto, vestiti. Tutte le case ripiene di ospiti; esercizi militari continui. Tamburramenti perpetui, ma a ragione di tanto numero non grandissimi disordini, che sembra un prodigio, e in pieno tutto il paese e sodisfatto dei propri ospiti e la piazza fa tesori; quel che rubano spendono.

 

4 [agosto 1797]

Oggi nella publica sessione centrale si ha parlato impoliticamente della necessità di riprestinare i dazi. Zuccato dolcemente espose la materia, ma Pietro Pedrazza, gran energico si appellò imprudentemente al popolo di queste insidiose mire e non nacque una gran scena, che, perché il nostro popolo quantunque sedotto, in fondo non ama un tal sistema, di cui ne va giornalmente provando le amare conseguenze.

Si hanno di nuovo proibiti i tanto invidiati titoli, colle penali di lire 25, 50, 300, secondo i casi di maggiore ambizione e malizia.

Si ha dichiarata benemerita della patria la casa Tornieri per aver dato in servizio il suo bosco avanti la rivoluzione, col patto di aver per sé 200 roveri, il centrale glieli ha accordati, come era di dovere. Gran bisbiglio nei così detti Patriotti, che si dia un onore ai galantuomini, e che si abbia fatto un tratto di giustizia. Pietro Bissari esclamava, la patria è perduta, non c’è più tempo. Fracanzani presidente si regola con le viste di privata amicizia, l’uomo publico deve scordarsi di aver sangue e sentimenti.

Il professor Stratico di Padova è destinato come deputato del Congressetto della terraferma, di andare a Parigi, per negoziare i suoi vantaggi. Chi sa, che il nostro destino sia stabilito e maturata ancora la sua esecuzione prima che questo greco arrivi a Parigi.

Non si fanno più gli esercizi militari in Campo Marzo da alcuni giorni, atteso che l’eccessivo caldo fa ammallare i soldati.

Se il cielo non manda la pioggia, questa provincia è rovinata. Si porterà il piano dei fideicomissi al centrale mentre quello decretato dalla Cisalpina, non piace.

Per l’elezione del presidente nella sala patriotica, il giovine Fusiniero salì l’arringo e disse Io ho riflesso, e ne’ miei studi, e nel mio viaggio a Milano, che un tal presidente non è necessario, che sia dotto, anzi dev’essere un uomo, che non parli mai e che non faccia che la figura della rapresentazione. Io nomino dunque il cittadino Iseppo Gastaldi, che fu eletto poi a pieni voti. Sembra che i patrioti continuino con vigore a voler repristinata questa comica Sala.

Tutti i giorni vi è un club all’osteria di Tondina, dove i più scioperati, tra i becchieri trattano del ben generale.

Qual conforto alla misera popolazione!

Vi è stata una gran caccia sulla risara delle monache di San Pietro col generale Joubert, promossa dai Bissari, che declamano il rispetto ai diritti dell’uomo ed alle proprietà.

 

5 [agosto 1797]

Oggi sono partiti verso Verona 700 uomini della division Joubert e si dice che insensibilmente molti soldati, si diriggono a quella volta. Si cangiano spesso le guarnigioni di Thiene e di Malo, ed altre spedizioni in territorio per non lasciar luogo da poter riflettervi: se parte Joubert il paese perderà molto per la sua umanità, giustizia e probità, cosa rara nella sua spezie e i generali delle vicine comuni ne faranno risaltar il preggio.

Oggi è sortito il gran lenzuolo dell’imprestito forzato di 6 millioni di lire. Il paese si lagna che anche questo piano sia stato diretto da un solo, dovendo il peso cader su tutti. I talenti non bastano e si avrebbe stimato maggiormente Lorenzoni, se avesse ricercato i lumi degli altri, come sogliono fare gli uomini capaci, i quali non suppongono mai molto di sé stessi, e non amano una responsabilità giustamente criticata in una democrazia. Ma lo scopo è di opprimere e la nobiltà e la ricchezza sono i perni, su cui si aggira il moderno ordine di cose per innalzarsi e per acquistare. La scala di Lorenzoni, esclamano tutti i galantuomini, che non sono forensi.

Nella sala la patriotica l’abate Velo ha fatto un discorso assai significante contro il ripristinamento dei dazi, accusando il centrale al popolo e dando una mozione, che non voleva, al solito, che fosse aggiornata di far cader simile imposta, sui ricchi, sulle carozze, sulle cere, sul cioccolato, sulla cipria ec. Oggi faranno una riduzione straordinaria, ma credo che le potestà costituite non soffriranno di venir attaccate così apertamente.

I bisogni del paese sono grandi, le risorse quasi esauste ed uno sciocco furore ha levato tutto ad un tratto li dazi ed ha fatto perdere alla cassa della nazione 200 mille ducati che sarebbero stati pagati quasi insensibilmente. Non mancando con dei migliori provvedimenti in progresso di far godere al popolo dei vantaggi solidi e reali. Chi non conosce né gli uomini, né le cose, né i mezzi, né la maniera, né i tempi procura al popolo delle rovine e dei discapiti. Ma purché si conti per qualche cosa, purché venga battuto le mani, purché si abbia un partito, che non manca mai ai pazzi, si rovinerebbe in fondo l’universo intero. Oh cuori veramente umani e giusti e talenti veri quanto disgraziatamente siete rari in questi tempi. Ambizione, entusiasmi, ubbriachezze, pessimi costumi, formano il carattere dei sedicenti pronunziati democratici. Oggi 6 agosto il lenzuolo dell’imprestito secco, viene esaminato da tutti; esso in mezzo ad una facile eloquenza democratica non ottiene nemmeno l’intento prefissosi di 6 millioni, bensì quello di veder rovinate nove o dieci famiglie al più, che vi sono di ricche nel nostro paese.

Se in una rivoluzione scevra di armate e di armate di tal natura, si dovessero caricare i maggiori possidenti, a tenor della francese rivoluzione, nella nostra attuale, in cui il peso del total mantenimento delle truppe è incalcolabile, è ben ridicolo e odioso, che in un flagello così universale, il maggior numero non concorri al sollievo reale, ed insensibile della patria. Finché vi sarà mondo si vedranno padroni servitori, e non si avrà di che vivere senza pagare. La Francia ne dà l’esempio dopo aver inghiottito le nazionali ricchezze e quelle delle sue conquiste. Tutto denota che si vuol andar sul cammino della distruzione e soddisfar le proprie tiranniche passioni a costo di restar senza pane. Perché certo si sarà contento, se si vedrà qualcuno a prosperare.

Ieri sera al teatro di San Servolo fuvvi la commedia della Bottega di Caffé degli ex nobili, dove contraffecero il Lampredon, il Lillon, ec. con biasimo dei Francesi stessi.

In oggi alcuni energici fecero correre gli sposi Chiericati-Gelsomini, che passarono da Gallo col torcio avento gridando, smorza quel torcio aristocratico.

E con tali disposizioni si vuol stabilire una morale, un governo, e una libertà pura. Tutto è passione, malizia e proffitti.

 

7 [agosto 1797]

Si va vociferando che la nostra divisione Joubert possa partire tra 8 giorni. Ma oltre l’esser ciò incerto, ecco i soliti gran lumi, che abbiamo delle cose. Chi dice che vanno a Lione per aquietar quei torbidi che sempre risorgono, chi a Parigi, dove c’è fermento nei 500; chi spera, che la pace con l’Austria non si faccia e che perciò si dirigano verso Udine, chi tiene una secreta spedizione contro Napoli.

Da Venezia intanto partono i Francesi e vi subentrano i Cispadani che addottrinati dai gran maestri, rubano a più potere a segno, che non avendo com’essi una tale impunità, ne vennero nelli primi due giorni fucilato quattro.

Dio ce la mandi buona, mentre è un gran caos. Mi sembra di veder a girar tanti pazzi. Chi parla da politico, e ne sa meno d’una talpa, chi entra negli affari, e non ne conosce i principi, chi vuol esser militare e impallidisce di tutto e appena in più mesi sa fare l’esercizio. Tutti moralisti, tutti legislatori, chi grida degli aristocratici, ma fra democratici stessi si roderebbero per invidia e rancore. Tali personaggi nemmen hanno l’arte di coprir la loro cattiveria con dei modi e parole plausibili. Quel che sarebbe desiderabile è che a forza di disordini si rientrasse nell’ordine e che gli uomini conoscessero una volta la chimera della perfezione, o almeno non fondassero, che le passioni sole possono governare il mondo. Certo è che le passioni del democratismo attuale riporrebbero il mondo nella barbarie.

La Sala patriotica si scatena orribilmente contro il centrale, che non la calcola, né mai cura le sue mozioni, e quel ch’è peggio non impiega nessuno di quella classe. Essa però a uso dell’antica e nuova Municipalità, somministra coi suoi soci una vera comedia, gridano, si strapazzano, fanno rapacificazioni ridicole. Infine il criterio è molto raro.

 

8 [agosto 1797]

Gran bisbiglio sul piano dell’imprestito secco. Si vuol far delle mozioni sulla sua diffettibilità anche per non esser atto a ottener l’intento contemplato di 6 millioni. Povero paese! una volta si stancava a far una strada, al solo progetto di liberar il paese dall’acqua, che quasi lo rovina, non si sapeva come pronunziarne la summa, ora che si tratta di millioni, di cui l’Italia appena conosceva i migliaia, vi son dei scioperati, che trionfano degli acquisti immaginari, e godono la depauperazione universale.

I nostri energici Bissari ed altri incitano i Francesi a far delle cacce sulle risaje per non lasciar nulla d’intatto. Il disarmo generale fa che gli uccelli abbondano ed essi privilegiati di arme, non di giustizia e vero amor patrio, si prevalgono dell’altrui vietata difesa, coll’esercitar l’ingiustizia, la vessazione e lasciar campo ai ladronecci, che ne vengono in conseguenza.

Si attende 50 ufficiali, si cercano alloggi e che i cittadini a tal oggetto facciano venire i letti dalle loro campagne.

Il cittadino Giulio Porto diede un pranzo agli energici e Francesi alla sua villa ottaviana, dove ebbe il vanto l’ubbriachezza e si fece saltar in aria tutto l’inserviente alla tavola. I gran compagnoni dei nostri giovinotti sono: monsieur Blondeau e monsieur Plader detto Mustacchina, siciliano.

La cittadina Franzana è passata in convento per ricercar divorzio. Non si fanno più esercizi militari in Campo Marzo per l’eccessivo caldo. Son delle settimane che si sospira la pioggia. La piazza sulla sera è un vero Parigi.

Avendo ricusato il prof. Stratico, greco di Padova di passar a Parigi, come inviato dal Congressetto, si elesse in suo luogo Polfranceschi di Verona e Stecchini di Bassano. Spedizione inutile. Sarebbe stato meglio avendo dei soggetti capaci di tenerne due a Milano per maneggiare e indagare le cose per il meno inganno e discapito della nazione, mentre da Bonaparte dipende molto la sorte dell’Italia ed è vantaggioso di star al fatto delle progressive novità.

A momenti si attende lo sviluppo delle cose, ma fino a questo momento, non v’è niuno che ne travegga solamente una parte. Dal congresso di Lilla e dal movimento delle armate si dovrebbe comprendere qualche cosa. Le vantate negoziazioni di Udine sono divenute adesso un chimerico discorso dei gazzettieri e dei caffè.

 

9 [agosto 1797]

Si ha stampato dal centrale, che non verrà fatto alcuna modificazione al piano dell’imprestito secco. Vedremo cosa sarà per risultare da una tal mostruosità.

Oggi quasi a pieni voti si sono ripristinati i dacj, detratte alcune modificazioni. Ritornami Rugger dove mi hai tolto. Il mondo non è più perfezionabile, in mezzo ai lupi, che lo divorano. Si sparge che la division Joubert parta a momenti e che verrà rimpiazzata da quella di Bernadotte. Nella società patriotica regna una gran scissura tra i soci ed è quasi ridotta al suo termine con disprezzo e indifferenza di tutti. Pietro Bissari ha fatto l’ingegnosa mozione di riballottarsi fra soci, onde con ciò scacciare uno o due soggetti che la rovinano, e la sala possa riprender vigore.

Si presenterà due piani al centrale sopra i fideicommissi, stati appoggiati con commissione a tre soggetti, che non furon tutti d’accordo. Ceroni e Testa vogliono recitar tutto. Zuccato vorrebbe dolcemente far delle risserve. Qual umiliazione per chi fa con tanto stento la fortuna delle proprie famiglie, il vedere le rivoluzioni umane: e dove va a terminar l’oggetto di tante premure?

 

10 [agosto 1797]

Oggi in Campo Marzo i Francesi fecero tre scariche di artiglieria in commemorazione della giornata 10 agosto 1792, in cui l’ultimo infelice re di Francia, si diede in braccio alla convenzione nazionale, indi fu posto al tempio, circostanza gettò la prima pietra della nostra attual gloriosa rigenerazione. Il Campo Marzo però era bellissimo; colla truppa francese e nostra sull’armi e vi fu una corsa di cavalleria sullo stradone. Nella spianata della gulia era un superbo spettacolo da vedersi.

A Milano sul Campo della Federazione si erigeranno 8 piramidi di pietra in riconoscenza del dono della libertà alle 8 divisioni francesi; Bonaparte, Massena, Augerau, Joubert, Serrurier, Bernadotte, Baruguai d’Hilliers e Victor.

Gran ladri nel nostro territorio, anche dei nostri, vi vaha quasi da per tutto dei picchetti francesi per tener a dovere la gente.

 

11 [agosto 1797]

Antonio Sitoni ha fatto mercantilmente una mozione perché le donne vestano di seta e non di mussoline e linon.

Si ha mandato il Polfranceschi e lo Stecchini a Milano per passar a Parigi. Ma prima questi deputati sono stati incombenzati dal nostro centrale di rappresentar caldamente al general Bonaparte l’esaurimento quasi totale di questa provincia, la quale certamente non può più sostenere il carico di tanta truppa, che si calcola di 11 milla: uomini che dai 28 aprile, compreso Bassano la spesa solo a tal oggetto ascende a quasi 40 milla: lire il giorno, ma non computando gli aggravi di ospitalità e danni nei particolari. Si aggiunge a tal flagello una stagione ardentissima, e quasi un mese e più che la pioggia vien sospirata, e che la campagna inaridita presenta il quadro d’una vicina carestia. I viveri sono ridotti ad un prezzo insopportabile e la povera gente non ne può più. Se il cielo non provvede e che queste diaboliche negoziazioni non abbiano ad avere un pronto effetto, noi siamo radicalmente rovinati.

Ier sera si trattò in centrale di unir i Sette Comuni a noi chiamandoci Vicentino-Bassanese-Cimbrico. Già la barbarie s’incammina e tutto è selvaggio fuori che la politica, la quale approfitta dell’abberrazione degli energici. Si vocifera il matrimonio della contessa Attilia Porto col francese capitanio Foret, il quale alloggia a cà Cerchiari e a cà Porto, nel primo per il letto, nel secondo per la tavola.

Tutti i cittadini esaminano l’asse delle respettive facoltà sempre già intatte per prestarsi per accidente all’imprestito forzato vedremo l’esito d’un piano bizzaro, rovinoso ed inetto all’effetto.

 

12 [agosto 1797]

I giorni scorsi il centrale si è stabilito 30 lire al giorno, e perché no di più? pel suo onorario, ma sui riflessi di uno d’essi si sono contentati di 22 lire cedendo con dignità il di più per formar una squadra di gente, in luogo di birri, pel mantenimento della propria e pubblica sicurezza. Mentre la libertà voglia o non voglia mangia tutto e lascia agli illusi i nomi della virtù o il loro esempio da seguire.

La Municipalità dei 11 vedendosi frustrate le idee di comando dispotico come lo avrebbe ambito, si contesta ad esso attesa la paga e l’eguaglianza di opinione di far le sue operazioni in silenzio e più non se ne parla e cessa in essa ogni rivalità col centrale.

Al solito nulla si sa delle nuove politiche, chi tiene per certa la pace, chi perfin desidera la guerra e sta per questi le apparenze nei sommi approvisionamenti di Mantova, Palmanova ec. Nell’attitudine delle truppe non si scorge nulla: ma anzi tutto serve per maggiormente imbrogliar tutte le congetture. Si ciarla e si legge le gazzette e nulla razionevolmente si può combinare. Questo aggravante enigma si svilupperà col tempo e sempre si riporta al venturo mese. Frattanto si esauriscono i modi e l’incertezza e l’inquietudine rendono la nostra esistenza infelicissima.

 

13 [agosto 1797]

S’era aggiornato l’esame dei due piani sopra i fideicommissi a domani, quando repentinamente il centrale mandò a ricercar il Testa e Ceroni commissionati di venir all’improvviso il loro piano in confronto del terzo, Zuccato Centrale. I primi sostenevano il taglio totale delle pendenze, il mondo vuole per le loro private convenienze, il Zuccato le risservava come causidico, i primi perdettero l’opinione trattandosi il punto da un dei forensi, in confronto di voti 6 a 15. Zuccato vinse, ma non se ne seppe la ballottazione. Lorenzoni fece su ciò una disputa appoggiandosi sulla legge cisalpina segnata dell’eroe, dall’incolpabile, dal divino Bonaparte: ma dopo di aversi sostenuto con queste grandi autorità, propose, contradicendo sé stesso delle rilevanti modificazioni. Le dispute durarono 6 ore, ma già l’affare era preso molto prima.

Gli avvocati avranno un bel panno da tagliare! Niun possidente totalmente esente, non potrà essere più tranquillo e li compratori dovranno soggiacere agli antichi esami. Ecco dunque per due mesi concessi di notifiche e cinquant’anni da esaurirli, un seminario immenso di litiggi, e quel che è ridicolo sommamente si è che non si ha ancora creato dei giudici. Si sta con un misto vecchio e nuovo, che dimostra chiaramente il caos delle cose, e la confusione e ignoranza dei nostri nuovi legislatori.

L’aridità della campagna presenta un quadro affligente per le future conseguenze. Il complesso dei nostri mali è orribile. La fatalità di una rivoluzione e la mancanza visibile degli uomini capaci, fa giungere al colmo le nostre disavventure. L’irreligione e la baldanza, l’improbità trionfano. Non v’è lusinga di buoni ripieghi e si prenderanno estremi, quando non vi sarà più tempo, per maggior rovina dei galantuomini.

Per il grand’imprestito secco non vi sarà che solo 150 numeri notificati, la cosa ricerca degli esami, che si dovevano provvedere. La fiducia publica perde ogni giorno com’è naturale con uno spoglio così filosoficamente decisivo. Si doveva almeno soleticare i possidenti coll’inserire subito, i loro anticipati esborsi alla nazione, come a loro si aveva formalmente promesso, indi dare il cinque per cento, a quel che importerebbero al nuovo carico. In tal guisa tutti concorerebbero e per ragione e per interesse, si formerebbe un debito nazionale che quando si sarà annessi, come credono, alla Cisalpina, si porrebbe in cumulo cogli altri, e non saressimo scioccamente esposti soli a pagare i debiti degli altri, avendo esausto così inconsideratamente il proprio paese. Ma non si ha mai il colpo d’occhio sulle cose purché si opprima e si salvi l’interesse proprio e il proprio dispotismo si manderebbe tutto il resto al diavolo.

Parimente si pongono in requisizione tutti i generi e di mano in mano i bovi, i quali sono restati dalle sussistenze e dalla infezione, quasi il puro necessario alla campagna atteso il solito piano di eccezioni, e si vuol far di tutto, i prezzi a capriccio e le ordinazioni in modo da far disperar chi possiede e chi ha una poca di cognizione di campagna. Se invece si facessero i prezzi della giornata e si stabilissero ponderatamente le direzioni, di far arrivare quando conviene l’occorrente in città; tutti si presterebbero per ragionevolezza ed annuirebbero al soccorso evidente della patrie indigenze, ma così vedendo, il maggior numero sacrificato, e per malizia, e per una sciocca direzione, tutti vivono agitati, e cercano ripieghi in danno della causa publica. Che si facciano adunque i prezzi della piazza, che si dieno esattamente le ricevute, che sia sacro il credito dei particolari, che si gastighi i contravenitori con giustizia, e allora la nazione potrà contare su tutte le rissorse possibili. Che non si creda di perdere in tal guisa, mentre resta intatta la fiducia nazionale e il vantaggio soleticante rimane in paese. Si potrebbe poi comprendere questo debito nei pesi che avranno i particolari, ed a poco a poco come volontieri sottostarebbero ognuno estinguerlo intieramente. Ma tutto viene ingoiato senza veder né il come né un probabile risarcimento.

Partono dei soldati e dei cariaggi verso Bassano, questa direzione farebbe sospettar la guerra, ma tutte le altre apparenze la smentiscono. Qui si si muove e di anima e di corpo in una gran tortura e v’è chi gode della rovina universale.

 

14 [agosto 1797]

Il paese grida la risserva delle pendenze nel taglio fatto dei fideicommissi. Il cittadinoTesta, che ha perduto l’opinione in confronto degli avvocati centrali Zuccato e Lorenzoni, vuol satiricamente far affiggere domani sui cantoni. Che, attesa la maniera pietosa con cui si sono tagliati i fideicommissi, egli pensa di far l’avvocato per cinque anni, tempo prefisso all’esaurimento di tutte le pendenze.

Si attendono 3000 uomini da Verona i quali ricercano, a desiderio degl’irreligionari 3 conventi. Gran bisbiglio per tutti i monasteri. È quì il general Cervoni, Corso, che passa per Padova.

Si vocifera che domani si publicherà la pace, ma non mi par probabile.

I Bissari, che han dato tante prove di energia repubblicana, non si credeva, che in proposito di caccia dovessero alterarne i principi di democratica equità. Essi soddisfano il loro genio, lo comunicano e suscitano i Francesi e favoriscono le proprietà altrui, andando sulle risare, per cui è stato necessario di presentare un memoriale a Joubert. Si assicura che sulla loro propria né il genio né la democrazia li ha giamai spinti a far altrettanto, quantunque essi curino, che non ne fanno danno alcuno.

Ieri a Verona sono state chiuse le porte per 6 ore, e il corriere di Brescia dovette attendere. Chi dice che i Francesi erano ammutinati e volevano partir tutti, altri, e par più credibile, si suscitarono non senza risse per aver la paga, la di cui speranza vien sempre frustrata, per non ispender danaro fuori della Francia e perché forse il soldato si provvedi.

A Padova ci sarà nella truppa da 3000 Francesi ammalati. Tutti gridano le febbri di Mantova.

Quì a tal oggetto hanno tralasciato di far gli esercizi, anche per l’eccessivo caldo.

 

15 [agosto 1797]

Gli affissi fatti dal cittadino Testa come dissi di sopra, ebbero l’universale applauso, si scossero alcuni centrali che furono del maneggio, ma difficilmente accozzeranno.

È arrivato il general Serruier, alloggiato in casa Trissino, da noi hanno destinato Bonaparte, che dicono, verrà a momenti per passar a Udine.

Si ricercano tutti i resti di gravezze e campatici, termine un mese, circostanza, che mette in desolazione un’infinità di famiglie. Questa misura è però giusta di far pagar chi deve, prima di aggravar gli altri, ma ci vuol discrezione nella maniera dell’esecuzione.

Gran aridità e niuna apparenza di pioggia. Fino l’atmosfera combina a precipitarci.

Immensa incertezza per la guerra, o per la pace: molti temono la prima e varie congetture lo dimostrano.

Dio ponga un termine a tante calamità: l’incertezza e la remora in cui siamo è il peggiore di tutti i mali. O pace o guerra, ma che le cose si sviluppino.

Si attende della truppa e vari conventi ballano al solito sul cordino. Tutto il mondo è inquieto e l’unico sollievo ai mali, che si cerca anche di toglierci, si è di sfogarsi limitatamente in parole.

L’unione, che sempre si brama e si cerca dagli energici, dei Veneziani coi Cisalpini, è remorata con lusinghiere espressioni. Il loro Sanfermo a Parigi scrive che come si forma di Genova una Repubblica Ligure, così anche dello Stato ex Veneto si potrebbe formar altra Republica e che perciò si rende necessario di sapere la vera origine della rivoluzione di Bergamo e Brescia. Misteri già facili a rilevarsi, da chi non conosce, da chi deriva tali avversioni. Ma non si sa cosa credere. Ogni cosa è complicatamente inviluppata.

 

16 [agosto 1797]

Questa mattina gli energici Pietro e Luigi Bissari, Baldisserotto e altri furono alla porta del cittadino Vicenzo Caldogno a distaccar con schiamazzo un falcone, che i cacciatori sogliono puntellar per memoria di una caccia; lo posero su di una picca coll: Avvanzo d’aristocrazia Caldogno, girarono con tal stendardo le strade e si prepararono la sera un bel divertimento tagliando la testa all’aquilone, dicendo emblematicamente: morte a tutti gli aristocratici, ma fortunatamente i Francesi si mostrarono più giudiziosi e alcuni ufficiali levarono l’uccello dalla picca e dissero varie espressioni di biasimo sopra una scena così rivoltante verso un pacifico padre di 14 figli; sicché gli energici restarono svergognati, arrabbiati e in sommo timore di un processo del Comitato di Pubblica Vigilanza e Sicurezza.

I democratici si vantarono che a Parigi ne nacquero delle scene più grandi, come se i contrasti fossero dapertutto eguali o noi si dovessimo far le scimie d’ogni cosa anche senza proposito.

Si diceva ch’era difficile nella nostra provincia di svegliare il genio militare stante l’educazione, l’uso, e l’indolenza, ma dicendo alcuni; bisogna dunque farne per forza? Al che paccatamente soggiunse un francese, e fuggiranno essi per amore.

La piazza sulla sera sembra un roccolo, tanto la quantità delle donne e i Francesi volano di quà e di là.

Oggi Mario Bissaro ha ceduto la bandiera di capo di battaglione al cittadino David francese. Tutti i conti si fanno senza l’oste. Ma simili lezioni non proffittano mai.

È partito Serrurier per Udine, avendo prima voluto vedere il Teatro Olimpico e la Rottonda, dove abita Beillard, per il quale tutte le case han dovuto dar porzione dei mobili per rimontare quel desolato palazzo.

Oggi si scioglie un convento, domani un altro, si lascia per un momento, poi si ripiglia, purché venga accomplito il destino di render inquieta ogni e qualunque classe di persone.

Si spende, si spande, si agita e tutto senza conoscer mai un raggio di speranza e di confine.

Si hanno eletto dodici soggetti, la maggior parte galantuomini aristocrati per esaminare il modo di provveder la provincia di grani atteso l’aspetto fatale della stagione.

Girolamo Milana e Giacomo Piovene fanno dei progetti grandiosi ma non piacciono per il marcio ordinario di simili democrati.

 

17 [agosto 1797]

Nacque una giusta sfida di Luigi Bissaro con un Francese, ma 15 Francesi si sfidarono per esso, sicché in mezzo a tanti concorrenti tutto finì con un pranzo pacificatorio.

Le vociferazioni di oggi sono che Max con 4 milla: Austriaci si trova in Tirolo, ma non ben si discerne se a difesa dei confini o cessione o guerra o pace. Gli aristocratici sperano, ma i democratici delirano.

Si sparge intanto l’integrità democratica dello Stato Veneto. Tutti sono sospesi ed li più energici agiscono e ragionano in un modo compassionevole. I sospetti grandi cominciano e si vuol repubblica o morte. Il mal sta perché non v’è niuno, che voglia confessare la propria ignoranza, quantunque gli avvenimenti sempreppiù la fanno scorgere.

Una delle prove sono i spasimi di chi non è in carica e si sfogano col lacerare chi è impiegato o è in vista di esserlo, così puerilmente che fa pietà il loro acciecamento. Le legislative direzioni sono per le maggior parte cattive, imbecilli e condannabili, ma si sfoga la passione sull’individuo sull’interesse, e mai vien proposto disinteressatamente un buon progetto, e correttivo.

Noi abbiamo adesso quasi 11 milla: uomini di truppa fra Bassano e Vicenza. Tutte le case piene ceppe di Francesi, di cui le esigenze e l’ospitalità giungono a renderli essi i padroni, piuttostoché i proprietari. I campatici anticipati, gl’imprestiti forzati e secchi le gravezze e i resti; legni e cavalli, che non si può star certi di averli dalla mattina alla sera, affittuali rovinati e aggravati da imposizioni. Requisizioni perpetue di animali grani fieni, tutto a prezzi fatti a capriccio. Maniere insultanti e dispotiche e ricerche anche irrragionevoli. Appena si può giunger ad aver la ricevuta, tanta è la somma confusione dei Comitati; spropositi di grani e di direzioni; incertezza immensa in ogni cosa, oltre a tutto questo quindici o vinti pazzi che declamano contro il poco civismo e l’energia figure di cui si arrossirebbe di aver fatto la millesima parte delle loro azioni, che spiano, imbrogliano ed alterano le parole ed i gesti dei maggiori galantuomini, i quali oppongono a così strane vicende e a tante calamità, solo un dignitoso degli esborsi continui ed una esimia rassegnazione. Questo quadro è appena abozzato. Anche il Cielo combina a flagellarci d’una aridità che unita alla scarsezza del raccolto, dei frutti e del consumo, minaccia una carestia quasi inevitabile. Non v’è che la Provvidenza che possa rimediare a tanti mali, fisici e morali; quasi la fantasia non ha più la rissorsa di potersi immaginare dei beni futuri, anzi totalmernte risseccata, non può più figurarsi che ve ne possa più essere al mondo.

Questa sera le monache di Santa Maria Nuova passano in San Rocco: vennero fatte delle rimostranze, ma tutto fu villanamente inutile; si dice però che siano stati veramente i Francesi che l’hanno ricercato. Tutti i conventi, che hanno mercatesse ne furono esenti.

Gli Scalzi si sono salvati da molte cose colla protezione del ministro francese a Venezia Lallement, il quale tenendo le sue conferenze nel loro convento a Venezia, diffonde a tutti gli altri dei riguardi.

Si grida che in poco tempo non vi saranno più conventi di sorte alcuna per sollevare coi loro beni la nazione e che si toglieranno tutte le loro rinunzie per non pensionarli.

 

18 [agosto 1797]

Nella sessione aperta dal centrale si è parlato con calore sul modesto vestire delle donne. Vien in mente tutto il morale, ma la perfidia trionfa.

Si è preso di far andar gli orologi alla francese.

Sulla sera si vociferò una nuova strepitosa che a Parigi suia entrata per tre porte tutta l’armata di Sambra e Mosa, la quale ha posto in arresto cinque del Direttorio e i 250 tutto il consiglio di 500 del Corpo Legislativo ed ha trascurato i realisti e dà la caccia agli emigrati. Tutte queste voci provengono dai Francesi. La verità dunque non è sperabile.

 

19 [agosto 1797]

Niente oggi corre, che confermi la nuova di ieri. Il foglio di Zurigo con sorpresa universale e somma curiosità porta la pace diffinitiva coll’Austria, cedendo la Francia all’imperatore la terraferma veneta sino all’Olio e Mantova. I furiosi democratici vogliono ridere come d’una facezia, ma fremono.

 

20 [agosto 1797]

Il foglio di Zurigo, quello di Venezia, il Contarini di Ferrara membro del Direttorio Cisalpino al cittadino Milana confermano la notizia della pace sottoscritta coll’Austria, la quale occuperà l’ex terraferma veneta fino all’Oglio. I Francesi pure dicono che la pace è fatta: ma ricercato Joubert dicendogli general, on debite la paix: egli rispose: Ie ne le sais, nous verrons. Frattanto domani egli parte, e si dice che non verrà alcuno in suo luogo, egli va a Milano e forse a Parigi.

Li gran democratici sono avviliti e cercano la loro risorsa nella speranza della guerra. Adesso gl’indiavolati contro Venezia vorrebbero come dicono, unirsi con essa e coi suoi agenti in Parigi, per ottenere una famosa Republica democratica, di cui fosse Venezia il centro, una volta tanto detestato con l’espressione, ch’è impossibile una democrazia in un fondo aristocratico.

Da quel che si vede noi siamo finalmente vicini al gran momento dello sviluppo di tante strane vicende. Vi saranno da 60 mille Francesi nello Stato Veneto, si fortifica e si approvvigionano le piazze: molte cose dinotano la guerra: le vociferazioni poi vogliono certa la pace. In Francia deve esser nato delle gran cose, ma nulla si può mai rilevar di preciso. Il tempo però non può celarle. Noi siamo rovinati e rassegnati ad ogni cosa, purché si ristabilisca la religione, il buonordine e la quiete, fondamenti senza cui la vita è un tormento.

Si dice che Joubert voglia riordinare il piano dei fideicomissi, per me credo che abbia tutt’altro in mente.

Per suo ordine si è sfrattata una parte della casa del cittadino Vittorio Porto, di cui se ne parlava disdicevolmente: ma la cittadina Franzana va col matrimonio di società in casa di requisizione, senza che uno scandalo sì grande venga impedito e che la sua degna famiglia venga ascoltata.

La Municipalità ha fatto un manifesto sopra la quiete popolare, in proposito dell’aquilotto Caldogno. I Bissari si lagnano di non poter fare il più minimo movimento energico e così si soffoca la democrazia; s’essa dovesse consistere in tali cose, converrebbe darla al diavolo.

Ma con tali teste non si potrà mai ragionare. Li 12 sopra la Piave ad oggetto di allontanare la carestia hanno esibito del proprio e invitano i cittadini coll’esibire il 6 per cento a far lo stesso: così si agisce e si rendono soffribili le novità. I precipizi, le oppressioni e la mancanza di ogni virtù morale non richiamano che i soli birbanti.

Sull’incertezza del nostro destino, vorrebbero più acuti e sagaci democratici segnalar la loro irreligione e cupidigia collo sciogliere tutti i conventi che possedono col pretesto di pagare colle loro rendite tutti i debiti nazionali, dando perciò una porzione di terreno a tutti. Si vuol farne la mozione. Scola e Leonardo Bissari ne sono riscaldatissimi.

Quelli che si battezzano per aristocrati fanno dei sacrifici anche spontanei per la patria, supliscono a tutto, non si esentano da nulla. I democratici invece si esentano da tutto, non imprestano gratuitamente, non hanno che pochi militari in casa, vanno soggetti a pochissime requisizioni, ma si sfogano assai nel comandare e coll’opprimere gli altri. Il buono è che si mangerebbero fra loro e si sforzano di elleminarsi scambievolmente: Oh che orrori! La loro rabbia è un conforto per le persone oneste. Si accusano e se ne sente di ogni genere.

 

21 [agosto 1797]

Continuano le voci della cessione di questi paesi all’imperatore, ma guai chi mostra il loro sentimento. Si vuole che molta truppa tedesca sia già arrivata a Valsugana e che i Francesi si ritirino di mano in mano tranquillamente dapertutto. I democratici credono tutto facezie, ma sono contraffatti e schivano ogni discorso.

Fu sparso oggi forse per esplorare, che i Bresciani abbiano spedito a Bonaparte un avviso, ch’essi sulle vociferazioni d’una invasione straniera, vogliono a tutto costo difendersi e che Bonaparte abbia loro risposto col mandare 2000 Francesi a impadronirsi del loro castello. (forse perché abbiano a sottostare al loro destino.)

Quel che gli energici non si possono dar pace si è Mantova restituita all’imperatore. Anzi decantano per star sempre in costituto, che l’Istria e la Dalmazia verranno evacuate dagli Austriaci e, che si uniranno col Levante a Venezia formando una Republica democratica denominata l’Adriatica.

In quindici giorni si svilupperà ogni cosa. Il tempo frastorna assai attesa l’aridità, per cui le truppe angustierebbero in marcia. Tutti i generali stazionati nell’ex terraferma veneta si sono portati sotto vari pretesti di salute anche a Milano. Verso Bassano v’è un andarivieni perpetuo di truppe e munizioni, cariaggi, legni con bauli e femmine. Arrivò oggi da 800 prigionieri francesi cambiati che requisizionano di esser vestiti e si vuole che occorrano perciò fucili e munizioni. Si dice che molti ufficiali s’imbarchino a Fusina, e che molta truppa vadi verso Ferrara. La pace sembra indubitata, sicché presto vedremo lo scioglimento d’una tal scena, che ad onta però di tante apparenze, niuno potrebbe assicurare qualsisia cosa.

In generale il paese rovinato esulta segretamente per il dominio austriaco in confronto di un’anarchia insopportabile, insultante, e che non ha confine. I Patriotti sono sbalorditi, ma quelli che non hanno potuto arrivar ad avere quelle cariche che ambivano, si fingono geniali Tedeschi per vendetta.

Che il Cielo provvedi a delle province esaurite, derubate, devastate, bersagliate, vilipese e giocate come burattini e ridoni almeno quella calma interna, di cui le persone oneste erano giunte a non più averne lusinga.

Si parla di riordinar il piano dei fideicommissi. Tutti poi presentano lo stato delle loro rendite per l’imprestito secco.

Vengono eccitati i cittadini a concorrere alla provvisione dei grani per evitar la carestia.

È sortito uno sciocco manifesto sopra il modesto vestiario, e la decenza delle donne.

Monsieur Mader detto Mustachina partito ieri per Milano ne ha preso 40 copie per diffonderlo sardonicamente per tutta la Lombardia.

I cittadini Polfranceschi e Stecchini inviati della terraferma, destinati dal congressetto di Bassano a Parigi per agire ai suoi interessi di libertà furono dal centrale imcombenzati di fermarsi a Milano, per rappresentare al general Bonaparte l’esaurimento quasi totale del Vicentino Bassanese, locché rende impossibile il mantenimento di tanta truppa e spese. Scrivono dunque essi da Milano, che stettero sei giorni prima di poter vedere Bonaparte, il qual sembra un monarca colle sue guardie che democraticamente chiama guide, che finalmente ad esso presentati li riccolmò di pulitezze, ma loro non lasciò mai l’adito di parlar d’affari; gl’invitò a pranzo dove parimente loro profuse le gentilezze. E ancora questi sciocchi s’illudono, oppure da perfidi godono di veder distrutto in tal guisa il loro paese, volendo trovare in tutto nei spazi immaginari un gran compenso. Vi fu in tal pranzo un ufficiale francese non ancora ristabilito da due ferite avute nell’ultima campagna, Bonaparte complimentandolo gli disse: bisogna guarire per poter di nuovo ritornar in campo. Ecco quel che rilevarono di sommamente significante e che hanno sempre rilevato i nostri inviati e ancora non si è ridotti al disinganno, e si spende senza proposito i dinari di questa misera provincia per divertire i buffoni.

Adesso si spedisce il prete Trecco a far meridiane alla francese per tutto il territorio. Ancor questi migliaia di ducati son dati al diavolo e si rise perché sulla mozione degli orologi il sensato centrale Carlesso, aveva detto, che non bisognava aggravar in questi momenti la Cassa Publica; un bravo machinista come lui non poteva dire una sciocchezza, se non avesse calcolato la real spesa.

Vien riflesso assai l’odio gratuito della terraferma con Venezia, aizzato e lodato dai Francesi per trarne vantaggio. Venezia ha però conservato sempre una specie di rappresentanza politica. Un suolo imperante non si cangia istantaneamente e gli uomini vi conoscono gli affari; ha continuato quasi dapertutto i suoi ministri ed ha conservato in sé quei pure delle estere corti. Ha fatto la sua pace coi Francesi, annessa all’integrità di tutto lo Stato Veneto, ma non l’ha mai pubblicata, sia per un mistero non mai penetrato, oppure per il malconsigliato aborrimento della terra-ferma. Tutto l’obbietto si faceva consistere apparentemente nel non voler fraternizzare coi suoi debiti di 46 millioni. Ebbene si poteva trattar a parte questo punto d’interesse; ma aprire le sue lettere d’invitazione, accogliere i suoi deputati, trattare, conoscer le cose, spogliarsi di un odio parziale che non avea più ragione di sussistere in un totale cangiamento di governo, e cercar di stabilire l’interesse nazionale; smascherare le viste politiche di chi ha un interesse di gabbar le nazioni. Ma s’insisteva a disprezzar i Veneziani, si credeva divenuta la loro politica tutto ad un tratto puerile e sciocca, si ammattiva per non vederla centrale, calcolando ch’ella non contemplasse che di far collar tutti i tesori della terraferma nel suo seno, come in passato; e invece si doveva vederla più calcolata dai Francesi, stimata e rispettata dai ministri esteri. Diretta possibilmente con miglior ordine municipale di tutte le altre Repubbliche nate in Italia. O doveva essa sparir dalla superficie della terra, come si lusingavano tutti gl’Italiani, invidiosi almeno della sua irrefrenabile gloria passata, o doveva, com’è ragionevole, sussistere una capitale imponente con 120 milla: abitanti con un arsenale dei più considerabili e dei porti di mare, che l’unione complettata alla terraferma non avrebbe forse dato luogo a dei momentanei cambiamenti. Ecco anche in questo un saggio della nostra perfetta imbecillità ed egoismo. Questa seduzione francese divide et impera può dar ad essi delle ragioni, onde disponere della terraferma come tante pecore a loro piacere. Non credo che si possa ovviare nella nostra debolezza qualunque destino, ma non vorrei vedere tante teste a riscaldarsi senza conoscere almeno la possibilità dei raggiri. Confesso che, avendo sentito a parlare su tale argomento per più di tre mesi, con un astio e delle viste chimeriche infinite, niuna cosa mi ha mai persuasa. L’antico attaccamento a quel bel paese, la conoscenza della nostra somma piccolezza, la necessità almeno d’una unione qualunque, mi rendeva sorpresa, come non si doveva almeno, sentire, trattare, conoscere e sviluppare, una materia di tale importanza per noi: ma gl’intrichi e le sorde voci degli accorti Francesi avevano invaso la testa d’una Republica universale e che Venezia sarebbe annientata e non si poteva nemmeno parlare. Per me avrei voluto vedere possibilmente i miei interessi, smascherare le astuzie, le sedizioni, e discerner tutta la chiarezza possibile per poter servirmi d’una qualche direzione, e al caso, che le proposizioni fossero non addattate, rigettarle o accettarle in faccia all’Europa. Ma i Francesi lavorano col cuor umano, e pur troppo l’indovinano. Son però persuasa, che la forza, una risoluta volontà respingerebbero facilmente questi moderni Romani, tutto il loro segreto, è di assopire il coraggio, né v’è Francese, né alcuno del loro partito che non sparga terrore e non cerchi di persuadere l’impossibilità di loro resistere. Quando la molle Europa si riscuoterà dal suo letargo, conoscerà quali nemici ha da combattere. Pertanto adesso la ciurma dei democratici si mordono le dita e forse non vi sarà più tempo o si avrà in perpetuo il rimorso d’una condotta imbecille e in fondo scellerata.

 

22 [agosto 1797]

Si ha fatto per prodigio funzione in Duomo per la pioggia, forse per la puerilità di alcuni impiegati, che ambiscono di figurarvi, come facevano una volta li nobili deputati. Fanno da piangere le suste, che devono diriggere una rigenerazione universale, se le risa non potessero essere combinabili ad una così orribile tragedia. La Municipalità dunque col vescovo aveva concertato da per sé il suo cerimoniale, quando il centrale gli ha mandato un contrordine, pretendendo di aver esso la primaria in ogni cosa, come in fatto dev’essere. Gran accanimento fra questi due corpi. Il primo con ragione vuol essere supremo e si fa giuoco del desiderio di dominare della Municipalità; questa dice che i primi formano una unione d’imbecilli e di ladri, i quali gli ordinan delle cose, poi le ritirano, le sue mozioni non vengono mai ascoltate; sicché Scola, arbitro della Municipalitadella è di opinione di non far più cosa alcuna e se vien riflesso a questo, di produrre le proprie ragioni. Quante miserie in questi rappresentanti d’un popolo libero. Ma frattanto le sostanze e la quiete dei poveri cittadini vanno al diavolo in molte guise e le direzioni politiche non si dipartono mai dall’origine di un evidente interesse particolare.

Oggi le nostre truppe Cispadane hanno fazionato colla direzione francese; prova indubitata della nostra unione futura colla Cisalpina.

Oh che comedie! Non è però descrivibile il raggiro francese, non si potrebbe fondar su nulla: tutto par possibile; tutto verificabile; e se si esamina bene tutto pare venir spontaneamente dagli energici.

Le vociferazioni continuano sulla cessione dei nostri paesi agl’imperiali, ma però con diminuzione. I democratici arrabbiano, non possono credere che i Francesi abbandonino le loro massime, neppur per prender fiato.

Non è vera l’occupazione francese del castello di Brescia, bensì che si stabilisce all’Olio la demarcazione dei confini colla Cisalpina.

Frappoco si saprà ogni cosa. Certo la pace sembra stabilita e non v’è movimento in contrario.

 

23 [agosto 1797]

Si parla molto male del centrale dove detratti alcuni, che sentono onore, ma che sono o inerti, o senza credito, il rimanente è un caos di raggiri e di ruberie. Si dice che Joubert abbia detto prima di partire: Mi rincresce di essere stato ingannato in simili scelte.

Questo è in adesso il linguaggio della Municipalitadella e di quelli che arrabbiano di non esser centrali per poter in fatto far altrettanto, e più.

Quel che pare però universalmente e che si prova, è che il Comitato Militare è un orrore di direzione e di ladronecci e che il centrale ribalti troppo spesso le sue determinazioni prese, prova evidente del poco esame e delle poche viste.

Si stabilisce in Vicenza un congresso stabile di vari deputati per l’ex terraferma veneta, per esaminar inutilmente i propri interessi. Ormai quel ch’è stabilito non si altera più.

Si sparge in oggi che il confine della Cisalpina sia all’Oglio. Che si unirà tutta la terraferma a Venezia, si fraternizzerà di debiti e di esborsi; poi gli energici dicono che saremo alla perfine uniti alla Cisalpina: credo però falsissimo un tal ragionamento, quando i confini di quest’ultima sembrano attualmente di già stabiliti.

Intanto noi siam quì disarmati e non si permette nemmeno uno schioppo per la caccia: i nostri 300 soldati Cisalpini sono incorporati nella division Joubert comandati per conseguenza dai Francesi e spesati di tutto da noi. Incerti del nostro destino, esauriti, e stanchi all’eccesso, non ne possiam più.

Non v’è che quei che rubano e amano i mali degli altri, che sieno contenti. Sfido un galantuomo a scorgere un solo raggio di bene nella nostra attual situazione, che sia reale e voglio anche imaginabile, tanto siamo oppressi in tutti i sensi.

Improvvisamente è arrivato questa mattina a terza il generalissimo Bonaparte col generale Berthier e pochi altri è andato sopra un bellissimo cavallo bianco in Campo Marzo a far come il solito, una revista delle truppe di Joubert e delle nostre Cispadane, che per parentesi volevano tutte disertare questa notte, per essersi vedute di buoni a comandar dai soli Francesi. Dopo di ciò Bonaparte fece una delle solite parlate infiammabili ai suoi soldati e a tutto il popolo dicendo in sostanza: In Francia tutto è tranquillo ed il partito repubblicano è il dominatore. Io vado a Udine a costringere l’imperatore a fare in quindici giorni o la pace o la guerra, senza qualsiasi altre dilazioni.

Il nostro centrale si è presentato nei cittadini Iseppo Remondini ed Enrico Bissari, esponendogli l’imminente carestia di questo paese se non vien permesso il libero commercio dei grani e Bonaparte rispose graziosamente: Scriverò. Esso andò ad alloggiar da Cordellina. Enrico Bissari gli disse: cittadino generale, noi vi abbiamo esposto i nostri desideri nell’unione nostra colla Cisalpina, al che Bonaparte rispose: Nous souviendrons vos intérëts: nel discender però che fece le scale per partire, insistendo il Bissari, su di ciò, Bonaparte rispose: nous le soutiendrons tant que nous pourrons, ed è partito a mezzogiorno per Udine.

Ferdinando Gualdo presentando un memoriale per le monache di Santa Maria Nuova, Bonaparte rispose: Queste figlie saranno in breve tranquille, perché le truppe partiranno. Tutti raccontano mille detti del medesimo, i quali tutti combinano come gli oracoli a non significar nulla e a render equivocamente tutti sodisfatti.

Oggi corre che non saremo né Cisalpini né Tedeschi, ma che faremo parte d’una Republica democratica con Venezia. Mantova si crede restituita all’imperatore.

I democratici sperano la guerra, per allontanar sempre più gl’imperiali. Il maggior numero però spera la pace e desidera una volta il vantaggio della tranquillità e del buon ordine sotto qualunque aspetto, che fosse per presentarsi. Il male e i disordini rendono indifferenti a tutto, quando arrivano al colmo, così dicono i galantuomini, mentre l’anarchia, la confusione è il peggiore dei mali possibili.

Oggi si comincia a organizzare la Guardia Civica, ma con un piano singolare e proprio dell’imperizia in ogni cosa.

La società patriotica è quasi sciolta; il presidente Gastaldi vi va con il suo segretario Giovanni Battista Branzo e non andandovi alcuno il presidente si cuopre e parte. Li cinque, che rimasero soli per la ballottazione e che si acclamarono per sbrigarsi, pensano di rinvenirne sei per cadauno, onde rimontare la cosa. Questi trenta ancora non si trovano, mentre tutti ricusano.

 

25 [agosto 1797]

È arrivato l’aiutante generale Kellermann con la Salle e domani arriverà 2000 uomini di cavalleria dalla parte di Treviso, la terza parte rimarrà quì come appartenente alla division Joubert, le due altre passeranno a Verona.

V’è chi sostenta ancora la guerra, ma niente la indica. Niun movimento nella truppa francese, né qualsisia concentramento.

Augerau e Joubert partiti per la Francia. Bonaparte negoziator giulivo con pochissimo accompagnamento a Udine. I Tedeschi in Tirolo e alla Chiusa senza contrasto. Infine tutto presenta l’indizio della pace. Quali sieno poi le condizioni, si si perde nelle congetture, ma sinora niuno nemmeno fra Francesi può vantarsi di saper nulla. In una guerra rivoluzionaria e di tal fatta, non v’è occhio penetrante, che non debba tremar di tutto. Si dice oggi che a Padova ricercando Bonaparte a Savonerola, se il popolo è contento della rivoluzione, questo abate che per saper il francese faceva da presidente dell’ignorante centrale, che non conosce, che il linguaggio dei delitti, rispose: Veramente il popolo sarebbe contento se in mezzo alle disgrazie, che accompagnano le conseguenze della guerra, potesse almeno sapere il suo destino, al che si dice che Bonaparte rispose: Voi sarete Cisalpini, e non vedo perché ne dubitate? Qui si crede falso tal discorso, mentre Bonaparte è difficile che dia una risposta decisiva in questi momenti, eppoi s’invidia perché a noi ne abbia fatto un mistero; si potrebbe dare che qui non si avesse saputo ricercarglielo, oppure non si abbia avuto la prontezza di spirito o l’opportunità d’inventarselo. Mentre gli energici hanno la proprietà di non intender mai le cose, che a norma dei loro desideri, essi brigano e fanno e i Francesi non si compromettono mai, e profittano di tutto. Per me da quel che vado travvedendo credo che ci voglia ancora un poca di pazienza e che in pochi giorni si saprà tutto.

Vanno venendo i soggetti comici dell’ex terraferma veneta per formar costì un Congressetto, o almeno attender le risposte di Polfranceschi e Stecchini, che si dicono a Parigi, per poter comunicarle alle rispettive comuni.

 

26 [agosto 1797]

Oggi è arrivato il generale Violis con 1700 uomini di cavalleria da Treviso. Questo indica la pace. Egli ha fatto disporre questi cavalli intorno a tutto il confine del circondario del Campo Marzo, che formava un bellissimo colpo d’occhio. Questa notte devono partire per Lonato. La Municipalità col Comitato degli alloggi sono fuggiti per il gran sussuro e diavolezzo dell’esigente di questi ospiti e come il solito de’ Francesi vennero onorati coll’ordinario titolo agl’impiegati, di briconi furfanti, e che meriterebbero d’esser fucilati. In fatto la maggior parte degl’individui delle nostre fatali potestà costituite hanno così poco mondo e capacità, che aggiungendo ad altri delitti la mancanza di non saper la lingua francese, fanno una figura miserabile, presso della gente, che non fa consister solo nell’ignoranza, e nella rozzezza, la democrazia. I Francesi dunque, che hanno buon naso, sanno diststrivere [sic] salvo sempre il loro interesse, di che si tratta.

 

29 [agosto 1797]

Si vive sempre nella solita penosa incertezza, che sembra formar base di questi ultimi tempi. Niun movimento nelle truppe, sennon la perpetua vicenda dei cambi di Thiene, Arzignano ec. Con questa dispersione si rende meno rimarcabile sotto gli occhi la permanenza di 8 mille uomini che esauriscono maggiormente, con ciò in fatto questa povera provincia.

C’è quì il Congresso stabile dei deputati delle comuni ex venete dove seriamente si dicono e si progettano delle ridicolaggini. C’è un Trevisano che dice, andarave, farave e così discorrendo. In sostanza, nulla si fa, nulla si può fare, e nulla si saprebbe fare, quando non si è convinti della nostra piccolezza e del nostro vero giogo. Il centrale si rende sempre più un oggetto di critiche e di odiosità, per altro esso schiva di offender personalmente come la prima Municipalità, i di cui membri sembravano di fucilare quando incontravano, col cuore e cogli occhi; così non vien aspramente lacerato sennon da quelli che vorrebbero esservi per spiegare il loro orgoglio, dispotismo e interesse, e fare certamente peggio. Il Comitato Militare poi è unanimemente conosciuto come un abisso di mangerie, di violenze e di disordini. Due membri di esso, Piovesan e Basso sono andati col legno di Fabrizio Franco, posto finalmente in requisizione, con gran carico di denaro a far delle provviste di grani in Romagna e forse in Valacchia. Gran discorsi su ciò.

Della società patriotica più non se ne parla e i suoi primi istitutori più non si vedono.

Si voleva sopprimer conventi di monache, ma il generale Beillard, che adesso fa le veci di divisionario, si mostra moderatissimo nelle sue direzioni e non vuol permetterlo.

Tutto balla sul cordino. Tutto è precipizio ed esagerazione. Tutto vien mangiato e nessun sa come le cose andranno a finire.

È una vera comedia se si potesse separar dal tragico, il vedere tutti in moto per dire, per fare, per sciogliere, per edificare, in un governo totalmente militare e provvisorio. Il centrale comanda: la Municipalità arrabbia per non poter far lo stesso: i Francesi ridono delle follie e ne approfittano e una cinquantina di energici vorrebbero essere dominatori, agracchiano più delle potestà costituite.

I poveri galantuomini titolati di aristocrati, su di cui ricade certamente la tempesta, quando arrivano a contar un giorno terminato passabilmente fra l’incertezza e il timore sono felici.

Non so quanto potrà durar questa babilonia e anarchica situazione; so bene che non si sa più in che mondo si sia, tanto le cose, gli uomini, e i principi cangiati e anche i vocaboli e che ci vuol fatica a star sodi in tutti i sensi. L’uomo ha un intelletto molto capace se non arriva per soprappiù a impazzire. Tutte le sere ringrazio il Cielo di tutto il male che poteva accadere e che per vero miracolo, non è accaduto.

Tutto è in confusione nel governo; si passa da un Comitato all’altro e, o non si trova alcuno, o non sa nulla di quel che gli compete, e la giustizia e la legge vanno come gira il tempo. Se non ci fosse perciò la truppa francese, poveri noi! Lo sbalordimento e il timore tengono in freno, altrimenti se ne sentirebbe di tutti i colori.

La campagna presenta un quadro desolante coll’orrida aridità, che la consuma. Non v’è uno spiraglio onde scorgere il minimo bene futuro, ma molta dissipazione, molta leggerezza, e delle bottiglie di rhum rendono molto pleusibile in alcuni l’attual circostanza, ciò però si combina con quel carattere di cuore inseparabile dalla moderna filosofia.

Si è poi costretti ad ascoltar un linguaggio nuovo di morale. Tutto è fantastico e chimerico, senza persuasione di chi lo tiene e in fondo di chi esige una conformità di pareri. Li beni che potrà mai produrre questa babilonia, il Cielo lo sa, per noi l’affare è finito, e i nostri tardi nipoti se avranno del bene, compiangeranno, o rideranno della sua origine.

Il centrale si è stabilito da sé con voti segreti una paga di 30 £. al giorno, summa, di cui tutti gridano. Alla Municipalità di Vicenza £. 8, e a quelle di Villa £. 4.

Quest’ultime vogliono versare nella cassa nazionale questo misero conforto alla loro avidità pretestando l’esaurimento del paese, ma in sostanza per essere offesi, della diversità col centrale. Per me raddoppierei anche questi onorari, se le direzioni fossero migliori ed essi si limitassero a questo solo profitto, considerando anche, democraticamente alcuni non ne possono far a meno, negligendo per la patria le scarse lor facoltà o negozi.

 

30 [agosto 1797]

Oggi corre questa notizia. Rocco Sanfermo, ministro della comune di Venezia a Parigi, ha parlato con il ministro francese degli affari esteri Tayllerand, il quale a suo dire accolse il voto di Venezia, per la sua unione colla Cisalpina, dicendo: l’Italia sarà libera e formerà una o al più due Republiche bastantemente forti per resistere a qualunque nemico. Volle Tayllerand che Sanfermo mandasse di quest’oracolo un espresso a Venezia, piuttostoché per la posta. Il figlio di Sanfermo arrivò dunque da Parigi a Venezia in 6 giorni e 6 ore. Dai dispacci, che portò si diffuse una somma allegria in quella Municipalità, colla sicura speranza del ricupero dell’Istria, della Dalmazia e delle Isole del Levante, ma tutto è gioco di parole, né niente si sa mai di preciso sicché le voci sono: o Cisalpini, o Adriatici, o guerra. Oggi sembra impossibile, che l’imperatore abbia ad avere un palmo di terra in Italia. Gli energici vogliono stare alle prime voci sparse dopo la segnatura di Leoben, aggiungendovisi anche il loro odio costante per l’antica dominante. Sassi all’imperatore e paludi a Venezia, frappoco vedremo la politica cosa dispone e chi ha ragione.

Intanto quì le voci della pace si vanno illanguidendo, quantunque niente contrassegni la guerra, se non la Vanguardia molto ben montata di Bonaparte, ch’è passata a Udine. Ma la lentezza delle negoziazioni fanno perder le lusinghe a chi si trova impazientato dai mali d’ogni specie.

È di qui passato il figlio di madame Bonaparte chiamato Bournais, il quale per bocca del suo aio disse che fra pochi giorni sua madre, passerà a Udine, per le feste che si farà per la pace.

Gli ufficiali francesi bramano la pace: essi si sono avvanzati e arricchiti, e non vorrebbero azzardi; i soldati poi sono pronti ad ogni evento: l’ulivo, o la spada, tutti esclamano.

Li generali però vanno spargendo, né mai si dice sillaba senza perché: che dopo i Preliminari di pace fatti a Leoben; se l’Austria avesse continuato, come doveva, le sue negoziazioni con nitidezza, noi saressimo stati esenti da questa rovinosa permanenza di truppe ancora nel maggio passato: ma tanto l’Austria che l’Inghilterra hanno molto atteso e nei torbidi di Parigi per far meglio i loro affari. Questa condotta irrita a questo momento i Francesi, sicché se si scioglierà le trattative ricomincierà una guerra delle più formidabili e si rivoluzioneranno sino i sassi.

Se poi si concluderà la pace tra pochi giorni, i Francesi passeranno a Roma, o in Francia, e non rimarrà nell’Italia superiore che 25 mille uomini, per guernir le piazze dei paesi rivoluzionati. Questi sono i discorsi, diversificati e ampliati, secondo i desideri d’ognuno, ma quel poi che soffriamo non è descrivibile e nemmeno le chimeriche idee, colle quali ci pascolano i Francesi, in compenso di tutto quello, che sacrifichiamo.

 

31 [agosto 1797]

Oggi è seguito il matrimonio del capitanio Foret mercante di Lione, con Attilia ex contessa Porto. V’è stato soupé e festino nella Sala del teatro. Questo matrimonio è compassionevole e d’un ridicolo universale.

In materia galante molte se ne dicono, i Francesi piacciono, vari matrimoni, diverse spose condotte in Villa e varie ragazze ricercate o fugite.

Nulla si è detto in oggi di rilevante sugli affari correnti. Sono venuti 160 uomini di fanteria dalla parte di Verona, l’andarivieni è continuo e non si capisce nulla. I fogli sono parziali e usatamente fallaci. Le lettere si scrivono con politica e vanno tutte soggette ad esser aperte dalla Publica Sicurezza. Infine il nostro destino si sta combinando e bisogna far di tutto di allontanare un pensiero tanto angustioso, del come e del quando, per non aggravar la forma dei nostri mali.

Per la società patriotica non v’è più calore, anzi nemmeno adesso tentano di farla risorgere, essendo interamente annientata.

La stagione continua ad essere aridissima e a togliere anche in questo una lusinga di bene.

Vi sono varie malattie e le strade rissentono di odori incomodissimi.

 

 

 

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Primo [settembre 1797]

Oggi il centrale, dopo diverse parlate, e due mesi d’irresoluzione, si ha stabilito per onorario invece di £. 301.012. 

Il governo centrale oggi dunque ha ribassato il suo onorario per annui T. 146.510.

Sicché ogni individuo ha un ribasso annuo di T 6.370

Il centrale nonostante costa annui T. 100.640

La Municipalità di Vicenza T. 32.736

Cantoni per Onorario T. 150.380

Spesa annuale pei rappresentanti T. 283.756

Ministero del Solo Comitato Finanze T. 31.200

Altri ministri del Centrale, Comitati T. 310.000

Municipalisti di Vicenza e Cantoni

si calcolano almeno T. 624.956

truppa nazionale T. 372.000

costa almeno in tutto annui T. 996.956

Se si potesse calcolare sulle buone direzioni e che altri profitti non potessero correre, si potrebbe ancor contentarsi.

Si è preso parimenti in oggi la buona risoluzione di aggiungere quattro soggetti al rovinoso e orribile Comitato alle Provisioni Militari onde poter una volta sopravegliarlo e aver s’è possibile, un rendimento di conti. Questo è il primo giorno che si è pensato radicalmente al bene del proprio paese, o almeno nel cercare di frenar il male nel vero senso del civismo. Vedremo anche in ciò se tali misure saranno efficaci e se il male sia negli uomini, o nel governo. V’è qualcuno a cui dispiace anche in questo criticar il centrale. Ma almeno tutto il paese respira sulle lusinghe delle buone intenzioni. A che siamo ridotti!

Nulla si sente rapporto al decisivo Congresso di Udine. Tutti si lusingano della pace, ma v’è chi teme, e perfin chi desidera la guerra.

Dal giro delle cose umane conosco, e discerno, che tutto ha fine, e vedo, che ancora l’attual nostra dolorosa situazione, non potrà certamente durare: contuttociò mi sembra impossibile di giungere a tanto di veder a verificarsi questo giorno.

Abbiamo a Vicenza il ridicolo, insulso, Congressetto stabile, di cui mai non se ne parla. Si radunano però, ed essi stessi dicono che non fanno, che comunicarsi lettere del Polfranceschi, e Stecchini, inviati a Parigi, acciocché ogni comune sappia gloriosamente lo stato delli suoi poveri affari.

 

2 [settembre 1797]

Vi sono delle scissure nel centrale per il ribasso delle 30 lire a 12. Si dice che tre o quattro membri abbian dimandato la loro dimissione, ma non so con qual esito. Per me credo che tutto si accomoderà con l’accrescimento della paga.

I due viaggiatori carichi di denaro Piovesan, e Basso, che si dicono arrivati a Cento, per provveder tele e grano, per le requisizioni, rimarranno sorpresi dell’aggiunta a loro fatta, e non so come si difenderanno dalle accuse che si sono sparse generalmente sul loro avido democratico contegno, in materia così delicata, e che tutti per necessità vedono il danno e la rovina.

Arrivano dei corrieri dalla parte di Udine, ma nulla si traspira. Non si sa come il centrale, in una cosa di tanta rilevanza, non tenghi un suo deputato per esser notiziato delle cose che vi seguono. Forsi si avrà conosciuto l’inutilità assoluta e la spesa arbitraria di quelli che una volta spediva a Milano. Contuttociò una curiosità che decide il destino della nazione, meritava di essere appagata. Gli energici vi mantengono certo democratico avventuriere detto Santuzzi, ma o che le cose non si penetrino, o che non piacciano nulla si sa.

Continuano i Francesi instigati dai nostri democratici cacciatori a danneggiar le risare, sicché si dice che siamo persin ridotti a pianger sui risi.

I Francesi non si muovono sennon nel cambio delle truppe per il territorio ogni 15 giorni, per far che tutti i corpi, abbiano campo di cangiar aria per oggetto di salute, e per distrar in tutto le riflessioni generali.

Oggi finalmente la pioggia ci ha consolati, quantunque forse non vi sia più tempo, con tutto ciò è sempre una cosa buona, dopo due interi mesi di aridità.

 

3 [settembre 1797]

Alcuni centrali, colla intromissione del general Beillard hanno ottenuto l’accrescimento dell’onorario sino a 22 lire. Con un tale espediente si sono acquietate tutte le scissure e quel corpo ha ripigliata tutta la buona armonia.

Nulla si sa rapporto a Udine, vengono continui espressi a Beillard, ma di notte tempo; alcuni spargono delle voci di pace, altri che sia stabilito 24 giorni d’armistizio.

Questo tempo non passa mai e se ne sospira il termine, e già conosco che si temerà anche di sentir lo sviluppo, tanto la cosa è interessante; la ragione vuole però di veder decise le cose, perché lo stato attuale diventa insopportabile di giorno in giorno, e radicalmente rovinoso. Sarebbe vano l’annoverar le somme requisizioni in tutti i generi: la cosa è portata all’eccesso e da chi esige, e da chi profitta nella somministrazione. L’inquietudine di questi ospiti militari, che dove loro piace comandano come padroni; è bensì vero che sono parimenti un miscuglio indescrivibile di autorità, di docilità, di spirito, di forza, e di maniera. Tutto in complesso un’armata simile la credo unica in tutta la storia, in tutti i riflessi, in tutti i rapporti e conseguenze. Ma non lascia che tutto insieme non siamo infelici di sottostare a tanti ladronecci e furberie. Di tanto in tanto va venendo del soldo dai 16 maggio in qua diretto al nostro tesoro [=tesoriere] M. Sargent di Dunkerche che alloggia da noi. Si ha però il dispiacere di veder sovente affissa sulla porta una cartaccia: Il n’y a plus d’argent dans la caisse. Il soldato semplice, che solo soffre questa decisiva ineguaglianza a tale avviso non dice nulla e balbotta alcune parole poi tutti cantano al solito un’arietta. Sono essi di già provveduti di tutto dalla nostra quasi esausta provincia, contuttociò, il non dar loro la paga potrebbe produrre dei tumulti, che quasi mai hanno succeduto.

In tutti i riguardi i Francesi hanno un carattere ch’è a loro proprio. Tout n’est égal; nelle loro massime stesse vivono di contraddizioni e di leggerezza.

 

4 [settembre 1797]

Oggi si dice un affar serio nel centrale per rapporto alla richiesta autorizzata da Bonaparte dai Veneziani riguardo ai resti delle riscossioni dell’antico governo. Bonaparte volle tutta l’argenteria delle chiese di tutta la nostra provincia. La prima Municipalità l’aveva ricevuta a sacchi senza incontri, fusa una porzione e nascosa una buona dose già per il bene pubblico come il solito. Bonaparte che sapeva come vanno tali facende la richiese tutta per intero, per fare in grande, il suo solito mestiere, allora la Municipalità si scosse, fece valere le sue ragioni, ma non valsero e convenne supplire a tale defraudo. Si dice che venne fatto in un istante un giro di sete rimarcabile coperto di tutto il zelo democratico come l’ordinario. Bonaparte però sui riflessi del nostro esaurimento donò in compenso tutti i resti del fu governo, che si proposero con gran destrezza quasi inesigibili.

Si stampò una lettera in tal donazione ma alcuni imbrogliatori fecero che realmente non si seppe se fosse di Bonaparte ovvero una emanazione di un suo discorso tenuto a qualcuno dei nostri deputati a Milano. Il fatto è che la lettera di tale importanza non si trovava e che si racconta che di simili lettere rilevanti quasi tutte si sono smarrite, alcuni vogliono per trascuragine, mancanza grande nei legislatori, ma conoscendo il giro delle cose si può credere monopoli sopra monopoli e impianti sopra impianti.

Adesso Bonaparte accorda ai Veneziani i loro antichi resti stante ch’essi fanno vedere che senza i loro crediti, o chi sà mai qual altro giro, non posson supplire alle contribuzioni attuali. Dunque il centrale si è occupato a cercare la lettera che finalmente si dice trovata dell’anterior donazione e non ci volle meno di tutta la memoria del paese, e esame degli immensi scarabocchi legislativi per ricordarla ad alcuni centrali ch’erano di già stati della prima Municipalità. Muniti di questa partiranno domani con tal preziosità, per Udine, Zuccato e Todero. Si vedrà anche di questo l’esito, se mai niente può esservi visibile di tali imbrogli sopra imbrogli, e profitti sopra profitti.

Si dice che i Francesi abbiano preso tutti i panni di Thiene, Schio, Valdagno, Arzignano. Bisogna aver cento occhi e convien chiuderli sempre attesa la forza che ci circonda.

Nessuna nuova di Udine, non v’è però niun movimento, che contrassegni guerra; ma queste lentezze accrescono maggiormente il nostro tormento in tutti i sensi. Molti ufficiali vanno a Bassano e a Treviso dicendo: S’incamminiamo per andare a celebrare la pace. Dio lo voglia, ma una rivoluzione di tal fatta non lo comporta, o almeno non può essere che un’abbaglio di chi vi confida. Pertanto noi non sappiamo mai nulla e siamo divorati da tutti i lupi e le tarme possibili. Muove moltissime persone in città e territorio, la stagione e le riflessioni in tutti i generi non cooperano alla salute di molti.

 

5 [settembre 1797]

Oggi si è parlato decisamente delle immense ruberie e monopoli, nei vari comitati. Venne escluso dalle Provvisioni militari Carlo Basso e da quello delle finanze Bortolo Guzzan. Questa rivoluzione ha sviluppato degl’imbecilli, dei fanatici e dei ladri nel ceto mercantile, la cui fremente oscurità giovava molto, almeno nel senso delle persone oneste.

Il finanzier Haller ha scritto che stante il civismo palese dei poveri Vicentini vien loro donato i resti del fu governo. Tanto e tanto Todero e Zuccato hanno progredito il loro viaggio per Udine.

 

6 [settembre 1797]

Questa mattina Beillard ha tenuto consiglio di guerra in relazione a delle lettere di Udine, poi ha proclamato in Campo Marzo a tutte le truppe di soprannumerari la libertà di poter andare in Francia con del soldo per il viaggio o di rimanere come volontari. Dichiarò parimenti di far gli espurghi che in tali circostanze si accostumano nell’uffizialità. Queste cose indicano certamente le pace. Si sono ordinati in requisizione cinquanta carrettoni da viaggio. Ancor questo sembra di buon augurio.

Beillard per ordine di Joubert ha risarcito la cassa nazionale dell’imprestito fatto di ottantacinque milla ducati, miracolo tanto più grande, quanto supera e sorprende i generali Francesi stessi.

Siamo ansiosi di notizie tanto interessanti per noi: ma in breve si dovrebbe saper qualche cosa.

Si assicura che a momenti deve passar madame Bonaparte per partecipare a delle feste della pace a Udine.

 

7 [settembre 1797]

Somma è la sospensione e la quiete nel paese e molto a ciò concorre l’incertezza quasi assoluta della pace e maggiormente delle gran conseguenze che ne potessero arrivare. I fogli ciarlano, ma niente v’è di sicuro.

L’unione alla Cisalpina, tanto sollecitata dagli energici viene politicamente diferita, anzi si racconta che a Milano tutti i democratici dicono: Noi vi ricevessimo di tutto cuore, ma noi non possiamo muoversi.

Tanto la loro libertà è bambinella!

Vi sono dei ladri sparsi per il territorio attesa l’inibizione delle armi. Ciò riesce ancora più inquietante. Ma se in questo la giustizia continua a essere in vigore, si spera bene. Il Comitato criminale è amministrato da delle persone inesperimentate, ma gli antichi abusi vi vogliono ritrovar dei mali, ch’io non saprò mai comprendere in tali materie di sicurezza personale e di sostanze dei galantuomini. Pochi esempi necessari e solleciti possono frenare una popolazione che col denaro passeggiava le strade con quattordici omicidii.

La libertà delle nuove massime, e il tumulto per distruggere conventi e far girare monache, rendono palesi e suscitano dei sentimenti compassionevoli.

L’ex nobile Franzana è notata a dito per il suo matrimonio di società con un Francese con orrore di tutte le persone oneste, mentre quando si distruggono le prime basi della vita civile, si passa necessariamente in un abominevole abisso di cose.

Si attende in breve madame Bonaparte, e si ha ordinato per essa una festa in Teatro Nuovo. L’adulazione non ha cambiato che di oggetti, come tutto il resto e a parola rivoluzione spiega l’enigma.

 

8 [settembre 1797]

Madame Bonaparte si dice che anderà a Udine dalla parte di Legnago.

Nulla si traspira delle negoziazioni d’Udine; il solo foglio di Zurigo scrive in data delli 27 dello scorso, che stante l’attual penosa circostanza del Direttorio, esso non può a meno di aderire alla restituzione di Mantova all’imperatore e che stante tale cessione le pace rimane conclusa.

Qui non si osserva alcun movimento di guerra, bensì vanno dei cannoni alla volta di Bassano, si fanno dei forni, e si pensa ai loro quartieri, come se essi non dovessero mai partire, le requisizioni sono continue, e il cercar d’aver l’occorrente dei grani con tutta l’energia e quasi certezza che potessero occorrere, mettono in riflesso. Non si parla che di ladronecci nei Comitati e s’individua con tutta libertà. Si fa attualmente il processo a Carlo Basso, ma come questi affari sono imbrogliatissimi il paese avrà il danno e il dispiacere di veder tutti i delinquenti impuniti. L’eccesso del soldo, delle argenterie e delle requisizioni in nuova foggia, senza esser quasi mai pagato alcuno, formano un totale da stabilire presso i derubatori delle fortune incalcolabili, se si vuol aggiungere le domande francesi ai quali non si nega nulla, quantunque l’esaurimento della nazione potesse farne alcuna, o diriger meglio le ordinazioni: ciò apporterebbe un fondo che solo questi amministratori sono alla portata di saperne l’estesa. In mezzo ai nostri mali non è il minore, il considerare e il provare la birbanteria dei nostri stessi concittadini, che rivolgono la democrazia nel solo senso che possono intendere della gente priva d’onore, interesse, ambizione, invidia!

Adesso i pretesi aristocratici si conosce chi sono. Il galantuomo in questi tempi si battezza per aristocratico e il discorso è finito. Quando mai verrà il momento che si riordinerà le cose, almeno allora si saprà di vivere. Sono annoiata di sentir sempre birbanterie in ogni genere e prego il cielo di qualunque cosa, purché cessino.

 

9 [settembre 1797]

Richiamato il centrale dalla Municipalità di Venezia ossia dal ministro Haller a spedir persona onde trattar affari di grani o altro che non si sa: furono eletti a tale oggetto Nicolò Bissari e Luigi Sale, il quale si disimpegnò per salute, ma Bissari partì subito. Oggi si diffusero notizie di guerra, ma senza niun fondamento. Il nostro general Beillard è partito improvvisamente per Venezia.

Si conta che madame Bonaparte non s’è nemmeno sognata di partir da Milano. La maggior parte delle notizie da alquanti mesi a questa parte sono di tal calibro e per lo più le dannose unicamente si verificano.

Domani la Comunità di Camisano ossia Municipalità assiste alla Fiera del Zocco col [membro del Governo] centrale Enrico Bissari.

Oggi ha cominciato l’uso dell’orologio pubblico alla francese.

       

10 [settembre 1797]

Oggi si sparge la guerra per tutti i versi. Il generale Beillard che ha fatto una gita di 24 ore non si sa dov’è ritornato questa mattina, e di già quattro espressi gli hanno portato le notizie di Udine. Interrogato su tal argomento rispose: le notizie non sono troppo buone e non c’è che l’intervallo di 12 giorni che possa decidere della pace o della guerra; ma esso lo disse però in modo giulivo e tranquillo: dispiegò poi un ordine che dava a tutta la sua truppa di esser da qui in otto giorni in marcia per Bassano. Le requisizioni che subito si fecero furono sommissime. Ricercò l’imprestito di 60 mille lire. Ha ordinato i forni termine 24 ore; infine tutto sembra in moto, ma a chi osserva il contegno non indica la guerra. Ecco quello che dicono i geniali della pace e quelli che vorrebbero la guerra. I primi vedono che i due generali Joubert e Augerau sono assenti: che il Tirolo e la Chiusa non sono guardati dai Francesi; che la miglior loro cavalleria è partita dal campo verso Brescia: che Bonaparte non starebbe colle mani alla cintola a Udine in tal urgenza: che la Francia vuol la pace, che il governo non può superar tali dimostrazioni, e che i contrassagni di tranquillità sono evidenti. Se si vuol poi credere alle gazzette, unico incerto fonte di notizie, avendo i Francesi ceduto qualche cosa all’imperatore in Italia, il loro contegno guerriero non dovrebbe esser altrimenti e per la truppa e per la facilitazione dell’occupazione dei paesi soggetti ai compensi.

Gli energici amanti della guerra per consolidare le cose fanno altri calcoli. Dicono che l’imperatore ha delle pretese incompatibili; ch’egli insiste di aver Mantova e di non evacuar la Dalmazia, ch’egli sperava nei torbidi suscitati in Francia, e che perciò fosse nella sua ostinazione avendone dato dei saggi fino nella sua infanzia non vuol cedere a dette pretese, che i preliminari precipitosi dei Francesi gli han dato luogo di credere nell’aprile passato a Leoben. Infine suppongono che i Francesi prendino in questo momento a cuore di difendere gl’interessi della povera Repubblica grande d’Italia e già se li figurano a Vienna e bramano la guerra con tutta quell’energia di cui è solo capace il loro cuore.

I Francesi possono tutto: l’Europa non ha più né uomini né risorse, e si parla di tutto con una facilitazione ridicola. V’è alcuno che dice che i picchetti Tedeschi si vedono sulle sime distanti di qui sessanta miglia.

Ricercato il c3olonnello Miltox sul proposito della guerra disse ridendo: guerra, guerra, ma la pace è fatta: vedrete dei cannoni, delle truppe, tutto l’apparato militare, sentirete persino delle scaramuccie e se occorre una battaglia in forma; che con tutto ciò la pace sarà fatta. Oh vedrete una repubblica grande, grande! Egli è un uomo di spirito; fu palpitante di Robespierre, quantunque il moderatismo lo faccia arrossire, e che non suol esternarsi molto.

Io vado considerando tutte queste cose e cerco di confortar le mie speranze. Sino a questo momento per verità non ho veduto che a succeder il peggio per noi. Vedo che tutte le cose han termine, ma mi par che questa sia nel numero di quelle così straordinarie onde non vederlo così presto verificato. Ma finalmente tutto il mondo non ne può più. L’orgasmo va cedendo. I galantuomini desiderano pace e il partito moderatore in Francia la raggira e cerca evidentemente.

Non posso a meno di non inquietarmi nel vedere certuni a desiderare una calamità unicamente per mettere il nostro paese e tutti nell’ultimo confine dell’eccidio. Mai riflettono al male attuale, ma là van discorrendo di tiranni in mezzo alla più orribile delle tirannie. Sempre si sta ansiosi di notizie e per lo più non se ne ha che di inquietanti.

Il centrale ha avuto ier sera una torbida sessione, perché Piovesan degno compagno di Carlo Basso alle Provvisioni Militari, rimasto in quel Comitato, non intende li 4 aggiunti che il centrale a pubblica acclamazione ha dovuto fargli.

Quattro dei nostri dottori ex nobili si portano a Bassano per giudicare due importantissime cause: Capello e Contarini. I Bassanesi sono smaniosi d’interesse per la loro patria: denaro, generi, esenzioni, raggiri, favoriscono il loro paese, lo vorrebbero il centrale di tutto. I nostri non hanno nemmeno la capacità, non di amar Vicenza, ma nemmeno d’influire al suo bene, e di conoscer questo evidente disordine.

 

11 [settembre 1797]

Il gran sussurro in centrale per Piovesan il quale ha irritato tutti colle sue offensive parole prodotte anche dal vino. Ricercò la sua dimissione dal Comitato Provvisioni militari che fu accolta con trasporto e venne posto in istato d’accusa insieme col suo socio Carlo Basso. Tutti pronosticano che verranno assolti per mancanza di prove in tali immensi imbrogli. Hanno eletto quattro per far il processo ma il raggiro fa che la Municipalità si mostra gelosa de suoi pretesi diritti e reclama a sé questa forse temuta elezione.

Oggi si è fatta la rassegna di tutti i soldati in Campo Marzo. Si discorre di guerra ma molto più di pace. Tutti i soldati si mettono in ordine di partire a momenti.

I Tedeschi hanno i loro picchetti in tutte le nostre montagne ma la loro truppa si dice allontanata. Si discorre ancora che i Francesi abbandonino le bocche del Tirolo e concentrino la loro forza a Ferrara, cosa, che se fosse vera dinoterebbe apertamente il paese di compenso.

Vedremo la cosa che piega prenderà, mentre in fatto non si sa nulla.

 

12 [settembre 1797]

Sono arrivati da Udine Todero e Zuccato, i quali portano che le negoziazioni continuano pacificamente ma che nulla si traspira. Comunemente però si tiene che seguirà la pace. Si vuole che madame Bonaparte sia stata in questi giorni di passaggio per Padova; s’è vero che ella abbia proseguito per Udine sarebbe un buon segno per la pace.

Si vocifera che due del Direttorio di Francia, l’uno sia fuggito, l’altro arrestato, e che i tre altri Direttori abbiano ordinato l’arresto del Consiglio dei Cinquecento e quello degli Anziani 250. Una notizia tanto strepitosa se fosse vera sarebbe più avvalorata. Tutto collima a immergerci in un caos di congetture e d’incertezze. Il tempo solo decifrerà tanti diabolici enigmi.

Mentre i 4 ch’erano destinati al processo di Carlo Basso e Piovesan si presentarono al centrale, arrivò un reclamo della Municipalità di voler a sé devoluto un tal carico. Sembra però all’universale che in un affar tanto geloso convenga una commissione totalmente scevra di esser giudice a parte, e molti la vorrebbero appoggiata al Comitato di Pubblica Sicurezza, come ributtante delitto di lesa nazione. Ma si farà tanto che le perfidia trionferà.

Nicolò Bissari è ritornato da Venezia e impetuosamente porta la notizia del libero commercio di ogni cosa; racconta che i Veneziani sono allegri che hanno delle notizie a loro favorevolissime, è impossibile che una capitale non si lusinghi in qualche senso di figurare ancora. I richiamati possidenti Veneti nella terraferma pongono supplica onde restare a Venezia fino alla decisione del comune destino: si dice che quella Municipalità ve li costringa per una politica ben naturale. Se volessi descrivere tutto quello che si dice non basterebbero dei volumi e ogni cosa che va succedendo altera tutti i piani che possono formare tutte le migliori teste, tanto gli affari stessi hanno un non so che d’alternativa onde non poter mai far fondamento qui di niuna cosa.

 

13 [settembre 1797]

Il centrale ha deciso di far rispettare la sua elezione dei 4 sopra il processo a Piovesan e Basso in confronto dei reclami di diritto della Municipalità, la quale fa nuova protesta e si crede che fra simili dibattimenti l’interesse nazionale di scoprir la verità sarà deluso, oggetto che si contempla e si raggira da alcuni. Un’imputazione di tal natura non dovrebbe andar soggetta a cerimonie se si volesse davvero il ben pubblico. Non v’è che l’interesse privato che faccia agire il governo provvisorio!

Todero arrivato da Udine ier sera, ha riferito che durante tutta quella strada vi è un andarivieni perpetuo di truppe, di munizioni, talché questi movimenti fanno perdere qualunque idea decisa per la pace o per la guerra. Bonaparte si tratta come un monarca a Passeriano, in casa Mani. Alle 14 ore egli passa dalla Galleria al déjeuner ed ivi riceve tutti i memoriali che suol leggere quando son brevi e laconicamente rispondere: al nostro diede risposta: Scriverò. Dopo déjeuner cominciano le conferenze un giorno a Passeriano, un giorno a Udine, un giorno vacanza.

Cinque o sei sono i soli oggetti che compongono il congresso e tutto cammina con una tale impenetrabilità che l’umore istesso non dà mai qualsisia contrassegno. Vanno e vengono continuamente dei corrieri, ma niente e poi niente si rileva: solo pare che le cose camminino con buon ordine. Trattamenti poi e magnificenze continue. Gli Udinesi poi sono rimarcabilissimi: essi sono di genio decisamente imperiale: non v’è una coccarda in tutto Udine, e Todero e Zuccato stessi erano la sorpresa di tutti e furono costretti a riponerla per passeggiare sulle strade. I soli 23 centrali la portano e vengono essi detestati da tutti.

Sembra che i Francesi vedano di mal occhio questa decisa genialità e pesano in tutti i generi sul paese, e individualmente perché le contribuzioni continue e nelle case, si fanno servire di tutto senza che vi sia alcuno che faccia le spese. (Come se qui fosse altrimenti). Ma gli Udinesi concordemente prendono tutto con somma indifferenza e dicono che vadi tutto, ma finché avremo respiro saremo di genio austriaco.

Corrono i titoli e sulla sorpresa dei nostri inviati dissero: Noi non abbiamo le teste calde che voi avete a Vicenza. Ricercato, un mercante assai avveduto da Todero come fosse possibile un tal contegno negli Udinesi, questo rispose: Gli Udinesi sono accorti, e come son persuasi di dover essere imperiali così vogliono passar sotto l’imperatore senza macchia e senza rimorsi e così dovrebbero fare tutti quelli che sono incerti del loro destino. La maggior parte dunque d’Udine crede che tutto sarà imperiale sino all’Oglio ma i più assennati certamente sino alla Piave. Non v’è un albero di libertà, si è bensì sciolti per necessità i fideicommissi. Si odia Venezia, ma per contraddizione si conserva tutte le venete istituzioni. Vi è a Udine la divisione Bernadotte e un gran numero di generali. Ecco la curiosa situazione d’un paese unico nei democratizzati, e Bernadotte lascia correre prudentemente ogni cosa. Prova evidente che i Francesi, detratto le piraterie, non ordinano mai nulla in materia politica: dicono le cose per suscitare i malvaggi, e lasciano fare per trarne profitto. Ma gli Udinesi li servono e li lasciano cadere. Gran situazion critica però per gli uomini onesti, mentr’essi restano in balia delle trame di quelli che non son tali, e che naturalmente abbondano in tutti i paesi, e alla gente onesta non resta che il partito del sacrifizio, e della prudenza, eppoi non si dirà che siamo atomi raggirati dagli avvenimenti.

Non si sa più qual sia pazzia o giudizio: staremo a vedere. Intanto qui siamo in mezzo a somme requisizioni: sonosi ordinate oggi 40 carrette per Legnago, molte farine e munizioni vanno verso Udine. La truppa poi non si muove nemmeno nel territorio. Molti uffiziali però dicono di allestirsi per partire in breve. Tutti combinano nel dire che ai 22 del corrente si sentirà decifrate le cose. Sembra però che non si metta in dubbio la pace; tutte le apparenze però sono contrarie.

Quando mai terminerà il martirio d’una situazione tanto incerta e rovinosa! Siamo arrivati quasi a una perfetta impassibilità su di tutto, purché termini. Siamo tormentati da tutti i versi e quel che affligge maggiormente si è che i nostri stessi concittadini collimano al nostro precipizio colla loro direzione e gioia di opprimerci.

Si dice che verranno posti in requisizione tutti i cavalli di città; oh, se fosse l’ultima glieli regalerei. Si farebbe di tutto per veder terminate tante calamità!

Oggi i Francesi han fatto un funerale d’un ufficiale dello Stato Maggiore, accompagnato da Beillard, e da tutta l’ufficialità: l’han sepolto sotto la gulia di Campo Marzo con arie patriottiche e schioppettate. Questo è morir da eroi!

Un certo Breda vedendo Minio al Londrino esclamò che puzza, l’altro si schermiva; ma Breda soggiunse: oh Dio che puzza, da Provvisioni Militari!

 

14 [settembre 1797]

È sortito l’ordine di pagar in pochi giorni le prime due rate del Taglion di cui più non se ne parlava.

Le requisizioni sono eccessive e si pretende che non bastino 40 milla lire al giorno per il Vicentino Bassanese.

In mezzo a tali disgrazie si è aperta con sottoscrizione di 88 il Teatro Grazie  per cantarvi da Carcano 6 recite del Pigmalione, come eseguì eccellentemente questa sera. Si dice che si aveva destinato di farle interpollatamente, ma pressentindo che la truppa sen vadi in otto giorni si farà dopo domani le cinque recite di seguito. La Galatea era assai mal vestita. Il teatro tranquillissimo attento e il generale Beillard si ha dato somma premura che le cose vadino con buon ordine. A questo si può dire è meglio una volta che mai.

Si dice che Madama Bonaparte colla Visconti Sopranzi di Milano sia a Venezia. In San Crisostomo Teatro Patriotico si recita Orso Ipato III, Doge di Venezia, opera di Giovanni Pindemonte, in cui recita egli stesso.

Il suo sonetto "Ecco la face" fatto nel suo reggimento di Vicenza, quello dell’anno scorso viceversa "Ma son cenere ed ombra un Fabio, un Scipio" come la rappresentazione attuale provano di quali contradizioni sono impastati gli uomini.

Tutto è in movimento e nel tempo istesso tutto è immobile e niuno potrebbe arguire nulla da un avvenire tanto per noi interessante: siamo ridotti a creder tutto fattibile.

 

15 [settembre 1797]

Gran preparativi di guerra, e tutto il contegno che indica la pace, ma il fatto è così amalgamato che non si discerne qualsisia verità detratto quella della rovina del nostro paese, la quale adesso viene considerata per tale attesa l’incertezza d’ultimarla dagli stessi caporioni democratici, anche per l’odio che hanno verso il centrale, il quale fa loro il torto di non impiegarli mai in nessuna carica forse per gelosia d’impero.

 

16 [settembre 1797]

Gran notizie di Parigi: 71 membri deportati, due del Direttorio uno arrestato, l’altro fuggito. Li altri tre trionfanti. Tutto echeggia i 18 fructidor. Il partito repubblicano ha superato tutto. Tutto però sembra incostituzionale. Vedremo quello che sarà per influire tale strepitoso avvenimento sulle trattative della pace.

Qui sembra tutto in moto per il giorno 22. Allora tutti i soldati devono essere in pronto. Vengon tutte le brigate che sono a Thiene, Schio, Arzignano, e 800 uomini da Verona. Tutta questa truppa oltre la nostra deve restar qui fino ai 22. Allora dunque vedremo se marcieranno o faranno qui terribilmente i quartieri d’inverno, di cui i forni ed altre fatture lo indicano assai. Gran enigmi e sommamente pesanti e opprimenti per noi. Madama Bonaparte è a Venezia dove se gli fa una esuberante accoglienza, vien servita dalla Amadori, dal Zorzi, e dal Dandolo. Si dice ch’essa abbia detto di passar in breve a Udine. Qui si crede che ritornerà Joubert ma senza fondamento.

Infine tutto denota la guerra, ma tutti son persuasi della pace. Quali terribili combinazioni agitano la vita degli uomini in questi tempi deplorabili. Tutto combina a intralciare e sciogliere le cose in una maniera ben diversa da quel che la ragione s’immagina. Il destino pare fissato di scuotere tutta l’Europa, sicché a ogni individuo si renda sensibile il terminar di questo secolo. A niuno è dato di calcolar la maniera con cui saranno stabilite le cose in progresso. La nostra vita morale è appoggiata sulle accidentalità, e vi vuol un gran fondo per non naufragare in dei tempi dove non v’è più né basi, né principii solidi in niun rapporto.

Si sussurra molto perché il centrale s’impossessi di tutti i beni ecclesiastici a vantaggio della nazione.

Si dice del centrale tutto il male possibile e che i sette Bassanesi che ne formano il corpo divorano Vicenza.

Tutto è complicato in maniera che la verità non si potrebbe decifrare: solo il contegno del centrale, men torbido e meno irritante della passata Municipalità lo rende meno odioso all’universale.

La città sembra posta in un stato d’assedio tanto le requisizioni in ogni genere inquietano i particolari, e girano per le strade.

Tutti si sorprendono che si possa reggere a tanto, quando in passato per liberare il paese dalle acque ed altre fatture si lambiccava sulla mancanza del soldo e delle spese.

 

17 [settembre 1797]

Le nuove di Parigi, in cui si accerta che il Direttorio abbia scoperta la congiura del realismo, fa temere che tali novità possano influire sulle trattative di pace: vien scritto da Udine ch’esse siano state sciolte e spedito il conte di Meesfelt a Vienna con delle decise proposizioni di pace assai svantaggiose all’imperatore ovvero che s’abbia subito a dichiarar la guerra dovendo esso Meesfelt riportarne la risposta infallantemente il giorno 23 del corrente a Udine. Tali misteri non sono a portata di tutti e ciò fa sperare, ma il giro politico di moda fa tremare.

Qui frattanto si riunisce in città tutta la division Joubert con tutti gl’indizi di guerra e di prossima partenza.

È stato ordinato che dimani tutti gli ufficiali debbano cangiar alloggio, cosa incomodissima per tutti e di somma confusione tanto più ch’essi stessi dicono che non val la pena per tre o quattro giorni.

Noi siamo in una vera ansietà per tutti i rapporti. Dopo cinque mesi d’una lusinghiera speranza della pace si andava soffrendo tutti i mali, colla prospettiva del termine; ma se si vede di nuovo ricominciata la guerra, noi vi vediamo il totale nostro eccidio, perché quantunque la vittoria sembri inseparabile dalle armi francesi, contuttociò i pesi arrivano a un grado insopportabile e, se la vicenda non si cangia, noi siamo annichilati. Con tutte però le apparenze contrarie si sente una lusinga, che non sa abbandonarmi, di veder le cose terminate e che la pace debba infallantemente seguire. Ma quante speranze fin ora deluse!

Oggi si vuole che Bonaparte abbia donato decisamente i resti dell’antico governo ai Veneziani, dopo averne scritto a noi la donazione. Lorenzoni è partito a tal oggetto per Venezia. Vedremo l’esito anche di questo nuovo e pesante imbroglio.

Non si sa più in qual mondo si sia e per l’universale confusione in materia politica e per le interne indecise imbecilli e scelerate condotte, sicché altro non ci resta da sperare che i mali quando son giunti al colmo debbano cessare.

Carcano recita il Pigmalione, altra contradizione che diverte la nostra frivolezza.

Lo stato nostro morale è diventato un punto il quale cangia ad ogni istante, e non potrebbe essere in niun modo descrivibile.

Le nostre carrette che sono andate a Legnago a trasportarvi le armi di cui s’è spogliato il nostro paese, vennero dai Francesi vendute strada facendo; così si disperde le nostre sostanze in maniera compassionevole.

V’è chi dice che tutto deve produrre un gran bene, ma, esso nascerà certo da dei gran mali. Ciò vien declamato da chi più profitta.

 

18 [settembre 1797]

È arrivato il Bassanese Stecchini, nostro inutile inviato a Parigi col Polfranceschi, per l’ex-terraferma veneta. Confessarono essi stessi ch’ebbero una freddissima accoglienza dal ministro degli Affari Esteri e che li consigliò di persuadere a tali provincie l’unione con Venezia per una Republica democratica. Cosa che non piace ai nostri fanatici, ma che tutti piegheranno il collo, come nel resto, di questa libera rigenerazione. Analizzando poi questi nostri inviati, questi non stettero che pochi giorni in Parigi e in quel gran vortice loro si niega tutte quelle cognizioni impossibili da acquistarsi da degli uomini totalmente nuovi. Furono anche presenti alla sovversione dei 18 fructidor avvenimento strano che portava la confusione in tutto e pretendere dai deputati di poche zolle di terra di sapere di conoscere le suste di una massa sì complicata, sembra ogni cosa che avessero potuto fare ridicola. Per altro, il Stecchini non ha parlato che col centrale, il di cui mistero è sommo in tutte le cose.

L’abate Fortis scrive ch’egli ha più conosciuto il mondo in poco tempo a Parigi che in tutto il resto della sua vita e che il quadro d’ogni cosa fa discernere la possibilità che ogni evento è probabile all’uomo. Qui si sta osservando che in mezzo alle nostre miserie se si possa travvederne il termine, ma a niuno è dato di calcolar qualsisia cosa con fondamento. Tutto fa credere la guerra, ma ancora la speranza fa lusingare della pace.

Sono arrivate in città le brigate ch’erano per il territorio e parimente ier sera, il generale Killmaine. Beillard è andato a fare un giro verso le montagne dei Sette Comuni.

Madame Bonaparte si è molto divertita a Venezia servita da Dandolo, Zorzi, e dalla Avadori. Se gli diede dei spettacoli proprj solo di quella singolar città; si dice che contenta di una tal accoglienza abbia detto: Io vado a Udine per ritornare in breve col mio sposo a Venezia, apportatrice della nuova pace.

Si dice parimenti che il conte di Mensfeldt sia andato colla pace sottoscritta a Vienna, per la ratifica, ma si vuole ancora che le novità del 18 fructidor ricerchino una nuova ratifica da Parigi, da quel rinnovato Direttorio.

Vedremo con ciò se l’influenza degli avvenimenti riuscirà come il solito dannosa per noi. Si teme oltre la guerra un armistizio che potesse stabilire le truppe tra noi tutta l’invernata, affare anche questo incalcolabile.

È arrivato un ordine di Bonaparte dei più precisi che si abbia sentito di dover lasciar tranquilli tutti i conventi, luoghi pii e che se i Governi Provvisorj (che si vogliono sempre credere dittatori) avessero alterato alcuna cosa in tali propositi, si debba tutto reintegrare. Eran scene per i nostri sovvertitori di ogni ordine e per quelli che già unicamente si formavano un capo d’interesse. Parimenti è osservabile la cosa in varj sensi, tantoppiù che si continuano a vessare inesorabilmente le provincie, e se gli leva ogni rissorsa, anche questo è un enigma e fu anche detto sto a vedere anche beatificato Bonaparte. In seguito a tal ordine vi è la donazione ch’egli fa ai Veneziani dei resti delle decime, gravezze, campatici del fu governo veneto.

Infine tutto concorre ad alterare qualsisia piano interno ed esterno delle cose. Se gli uomini fossero ragionevoli e che i parvenuti conoscessero i limiti di un governo provvisorio non si vedrebbero costretti ad ogni momento a veder con forza, con autorità e disprezzo depennati i loro ordini e ad essi non rimarebbe la faccia di imbecilli e di scellerati, perché in quasi tutte queste arbitrarie disposizioni il marcio del loro cuore si è fatto vedere evidentemente, ma come non sono questi tali né uomini d’onore, né di capacità, così se la passano con quella disinvoltura propria di tali caratteri.

È però singolare l’estesa che abbiamo in un governo che si dice libero; se non venisse abusato della libertà in delle cose cattive si potrebbe dire allora apertamente quanto siamo neonati in tutte le cose, ma così bisogna ringraziare il cielo che venghino posti degli argini, e lasciar correre la chimera del resto. Molto si discorre del 18 fructidor, ma io lo credo nel numero di quelle cose di cui non si conosceranno mai le vere suste.

 

23 [settembre 1797]

I Francesi ordinano collari [=basti], poi carriaggi, indi i cavalli, e mai prevenindo le cose per sempre più imbarazzare i nostri inabili ministri, le di cui esecuzioni unindosi alla quasi comune malafede abissano il paese nella total rovina.

Si ha spedito di nuovo 300 soldati a Thiene e Arzignano prova che la loro partenza non è più imminente.

Di Udine non se ne sa nulla. Bonaparte ancora vi si ritrova. I corrieri volano continuamente, ma le novità di Parigi avranno alterato le cose: con tutto ciò non si dispera ancora della pace, ma si teme l’armistizio protratto.

Qui intanto la Municipalità sempre inquieta per l’autorità del centrale offre continue scene per le sue agitazioni sempre fomentate e mai acquietate. Li generali francesi vanno ammonindo e strappazzando questi virtuosi rappresentanti del popolo, come si fa coi ragazzi di strada. Ma la sete dell’oro e del dominio non si tranquillizza con tanta facilità. La democrazia vien meno in confronto di tali suste. Oh che orrori!

Chi direbbe mai, dice taluno, che i più violenti ex nobili, che non respiravano che la cabala, il ragiro, le bastonate, le morsicature, che per un ucello preso su le cacce riservate, o per riavverne i diritti mettevano sottosopra il mondo e pesavano i quadri della nobiltà nei ordini più cospicui, sieno in oggi divenuti le balie del popolo?

Oh santo entusiasmo di libertà, quanti vizj il tuo fuoco ritrova da consumare prima di esser purificato e i galantuomini devono tacere e soffocare nel silenzio perfino i lumi dell’intelletto che discernono tali verità in confronto di tanti piani chimerici ed entusiasti, solo immaginati per opprimer l’innocenza e l’umanità, rese il bersaglio di tanti uomini immorali i quali ergono sulle loro rovine l’edifizio delle loro fortune e della loro fama.

Noi si troviamo nella più perfetta incertezza di tutto, contornati da 7 mille uomini e un influsso e reflusso da mantenere, consunti in tutti i rami di rissorsa, bersagliati dall’irrequieta fantasia dei birbanti e dei fanatici, rovinati dalle pessime direzioni, dall’abuso delle sostanze, dalle ruberie decise, affare in cui non v’è confini, e di cui non è permesso che con pochi, di fare un sincero sfogo di tante e così complicate calamità, che si vogliono tutte grazie, sublimità conducenti al più bel sistema della terra.

Non si ha più testa nemmeno di ridursi alla filosofia, tanto tutto in complesso è ridotto un caos non affrontabile dal pensiero.

Ieri si è fatta la festa in Campo Marzo e in teatro, del primo giorno dell’Anno Francese Repubblicano.

 

24 [settembre 1797]

Oggi il centrale ha soppresso il Consolato [Magistratura veneta]. Vedremo quali leggi criminali si potrà stabilire in suo luogo.

Lettera da Udine al Todero porta che ai 2 del venturo si proclamerà la pace, ma gli energici sostengono che si farà la guerra. Infatto tutte le apparenze la indicano. Lettere di Venezia portano che tutto quel paese è baccante con delle lusinghe fondate sulla sua centralità e altri vantaggi. La terraferma giacobina non partecipa di tal gioia, anzi un gran numero ne freme.

Si dice unita Brescia alla Cisalpina, malgrado i limiti dell’Oglio sui quali si ha fatti tanti piani diversi.

Qui non si parla che di miserie ridotte visibilmente reali. Non v’è fiato per qualsiasi energia e gli energici dicono che i Francesi stessi cercano di soffocarla.

A Verona si fa un lotto di beni e danari di 200 mille viglietti a 2 lire l’uno. Essendo questi beni ecclesiastici, non so se sosterranno al proclama di Bonaparte che li vuole intatti, vedremo il risultato e in qual senso si debba considerare quest’ordine. Di già non si sa più quali principj si deve ragionare.

Si sollecita i pagamenti del Taglione ch’erano stabiliti a farsi in sei mesi. Le spese sono enormi e già si cammina al total esaurimento, sino al qual termine non si spera cangiamento di pesi. Il ladroneccio è inarrivabile. I nostri patriotti si sottraggono alla vista del pubblico dicendo che vengono impedite le strade per agire.

La società patriotica è totalmente estinta e non vi è niuna attività per farla risorgere.

La Municipalità s’impiega nel contrastar tutto al centrale non ottenendo mai niente, e non si sente sennon ora declamazioni, ora avvilimenti immensi. Bel spettacolo per chi è oppresso in tutte le guise. La situazione nostra non è descrivibile, come pure la pazzia universale, in tuttissimi i generi.

Il centrale cammina col massimo mistero: si critica le sue determinazioni che si calcolano sempre o imbecilli o interessate.

Il Ministero assorbirebbe quasi le vendite nazionali. Tutto il giorno se ne aumenta il numero e vien pagato come se si fosse nell’abbondanza ad onta di un’industria loro propria, mentre le scielte sono di uomini incapaci e di una abilità e probità non conosciuta.

Il paese è curiosamente suddiviso. Chi comanda è felice,chi spera di arrivarvi ancora, chi non vi può arrivare freme e delira di tutto: gli altri pagano, sospirano, vengono epitettati nuove aristocrati, e se la passano deplorando sulle miserie immense de’ tempi e non si permettono che delle brevi espansioni che riescono altrettanto giuste quanto inutili. Se a questo quadro si unisce l’universale incertezza d’ogni cosa sino a non saper se si avrà un letto la sera, si avrà un breve abozzo della nostra miserabile situazione.

I Francesi intanto si maritano con quante abbiamo giovani cameriere di abilità, ovvero vecchie disgraziate ma dinarose. Essi la contano a tutte e non fanno distinzione né di età né di figura questo argomento l’intrattiene e di già si calcola che pochissime passeranno le Alpi senza pericolo coi loro legittimi sposi.

Carcano termina il Pigmalione con gran concorso, ma poco applauso mentre essendo stato di Guardia Civica, gli ha fatto discapito nella voce.

 

25 [settembre 1797]

Si sta discorrendo sulla pace e sulla guerra, ma niente di preciso si sa e Dio sa quando lo sapremo. Delle piogge continue minacciano una delle solite alluvioni, e perciò tutta la soldatesca che abita le contrade soggette all’acqua si concentrano e forma una somma confusione. Parimenti i magazzini che già colla solita irreflessione si sono collocati in tai siti si trasportano e tutto va alla diavola.

Se con undici milla uomini di truppa che manteniamo sino al superfluo da quattro in cinque mesi in qua si avesse potuto impiegare una quarta parte per liberare questa povera comune dalla brentana, avressimo almeno ottenuto qualche cosa. Ma già il destino sembra fissato più per distruggere che per edificare. Vi sarebbero state ancora le strade o altre fatture le quali come solevano fare i Romani col mezzo dei loro soldati in tempo di riposo, ma adesso si si vanta sui proclami di eguagliarli e di superarli in parole e in pratica poi solo una tortuosa politica inceppa e rende incerta ogni cosa.

Certo Acher ha fatto la mozione di esaminar la condotta in materia di finanze di tutti quelli che in Municipalità e centrale ne hanno avuto ingerenza. Io rimasi sorpresa dello scompiglio in cui tutti si posero, mentre non so come un uomo d’onore possa brigare ed entrare in tali funzioni senza prima riflettere al dovere della responsabilità e anche a una certa tal qual incertezza delle cose. Vedo evidentemente che il figurare ha una grande attrattiva, ma l’uomo di intendimento e di probità deve anche vederne tutte le conseguenze. Riflesso che ribatte assai una passeggiera decorazione. Sempreppiù mi confermo che tali uomini sono rari e piuttosto il bersaglio che l’oracolo di tutti i tempi.

Si farà dunque un tal processo o sia esame, non so con quali avvedutezze, per sviluppare o vieppiù nascondere dei disordini di già proclamati. Qualunque debba esserne l’esito sarà sempre bene che vi venga fatto un riflesso, e si avrà acquistato anche perdendo il vantaggio di conoscer degli uomini.

Questa rivoluzione ne ha fatti conoscer diversi: possa una tal conoscenza rendersi utile piuttosto che dannosa.

La Municipalità col centrale sempre in contrasto ha fatto un manifesto dove spiega tutti i disordini che vi rimarca; simile passo ha prodotto dei scismi per cui fu necessario l’intervento del general Beillard, il quale ammonindo questi due corpi sulla tranquillità e concordia, ha eletto due individui in ognuna di queste rappresentanze per rilevare la verità delle accuse. Anco questa è spedita bene a lume del vero.

Qualche volta mi pare che viviamo in mezzo ai bambocci, se le conseguenze fatali non ci facessero discernere la profondità della nequizia. Si dice che il general Bonaparte abbia ordinata la continuazione dell’Università di Padova, ma come hanno dimostrato che questa non poteva più sussistere atteso che era fondata sull’Erario Publico già dedicato ai sublimi liberatori, hanno avuto in risposta di mantenerla con delle imposte sul lusso. Questo declina in proporzione della rigenerazione dei lumi sicché le Scienze vi perderanno assai.

In mezzo a tante agitazioni il cittadino Carlo Vicentini fa mozione di metter in musica tutto il paese: vorrebbe teatri sempre aperti, sale, e che dappertutto si distraesse la mente coll’armonia come canarini, e di già si fa progetti onde eseguirlo. Poi vorrebbe che tutto il paese non avesse che una spezieria sola, sì, soggiunse uno, già il male è uno solo. Che vasto campo i diversi talenti hanno onde svilupparsi! Poi vorrebbe dei palazzi publici ora esistenti, che detratti i luoghi di publica riduzione, se ne facesse delle belle case d’affittare. Quale idea per le finanze e per l’aumento della popolazione! Finalmente si vedrà che tutto sarà ridotto a profitto. Quanto ignoranti erano gli uomini nei secoli passati! alla scuola temeraria e puerile dei nostri impallidirebbero i Licurghi e i Temistocli e i Colberti arrossirebbero nonché i Turgot.

Ma si decanta che tutti i sacrifizi che facciamo produrranno la felicità di quelli che ancor devono nascere che ciò deve produrre un entusiasmo che minori la cosa, e che dovrebbe rincrescere di non veder questo sistema così universalmente abbracciato come meriterebbe! Gran cosa esclamano gli uomini paiono solamente nati per il presente e pochissimi si astraggono un futuro tanto apprezzabile, oggetto delle sole anime grandi. Evviva i pazzi che colla infame condotta smentiscono quel che predicano. Sembra la rivoluzione delle prediche, ma i Francesi e i partigiani fan molto bene i fatti loro colla forza e coi gonzi.

Qualche volta mi par di venir dalle nuvole, tanto mi si sconvolgono tutte le idee, nel sentire a ragionare e ad agire della gente, di cui convien perdere tutte le nozioni per star sodi. Vado osservando se sono essi, o delle macchine secondarie che li fanno agire e quasi m’stupidisco a tante stregherie. Propriamente il quadro della società in tutti i sensi riesce d’una osservazione penosa. Vedremo dove tali convulsioni avranno a terminare. Vado sperando anche bene, finché si declama che tanta follia non possa mantenersi.

 

26 [settembre 1797]

Si sparge che a Venezia tutti i patrioti sono baccanti per la lusinga dell’imminente decisione del loro destino, il quale arriva a nient’altro che a creder non solo Venezia Centrale, ma centro della Republica Cisalpina, sostenendo che il patriotismo di Venezia superi di gran lunga quello di Milano e di tutte le città libere a cui i Francesi dicono che non si discerne di democratico che le sole sciarpe. Ciò lo scrive precisamente Gaetano Onesti da Venezia.

Lettere di Treviso portano che il general Cerroni abbia detto di aver avuto lettere dal generale in capo di essersi firmata la pace e che fra otto giorni verrà proclamata.

Oggi l’inondazione è delle più alte che si abbia vedute. Nuova sciagura per questa popolazione! I Francesi si sono possibilmente trasportati nelle case esenti da questa disgrazia; gran confusione anche nei magazzini. Del resto poi i Francesi se ne formano un oggetto di sorpresa e di divertimento come dei ragazzi, giocolandovi continuamente.

Si dice che sulle riferte da Parigi del Polfranceschi e Stecchini di conciliare la terraferma con Venezia si voglia continuare il congressetto di questa città, e che Treviso e Padova ne siano alienissime. Io non so comprendere come si possa recredere a dei destini tanto complicati e tanto imperiosi. Gli energici temono del raggiro di Sanfermo deputato di Venezia a Parigi che potesse far dei giochi ma questi imbecilli non considerano ch’egli è un ben picciolo atomo a Parigi per poter farne alterare i misteriosi piani!

Sembra di nostro interesse l’unione con Venezia, e se questa divenisse anche centro, queste provincie non potrebbero che guadagnarvi, mentre le Republiche del Dolo e di Strà non potrebbero mai esser qualche cosa. Ma i pazzi amano meglio per odio di Venezia di sottostare alla forza, che di discernere la ragionevolezza. In breve se non c’è guerra si dovrebbe sapere alla perfine qualche cosa; ma non so concepir termine in delle cose tanto complicate.

 

27 [settembre 1797]

Gran discorsi sui maneggi dei Veneziani per l’unione della terraferma: essi vorrebbero superare i Francesi in furberia. Ma non sanno che libero vuol dire schiavo. La terraferma energica che non conosce che l’unione fa tutto, si diverte puerilmente a sfogarsi in odj e resistenze. (Opera dei Francesi). Vien creduto che si faràn due Republiche i cui due centri saranno Milano e forsi Venezia, ma già niuno sa nulla. I nostri miseri e cuppidi democratici, per cui Vicenza è il mondo intero, borbottano di crederla centro e così le pazzie e i mali reali formano la nostra attual situazione.

Si spera la pace e in fatto niun movimento che adesso si dovrebbe veder sensibile, lo indica.

I Francesi hanno disordinato i collari. Hanno ordinato la partenza dei soprannumerari dell’armata che ascendono a 200 ufficiali, per la riviera di Genova. Si doveva effettuare questa partenza, ma la brentana lo ha impedito. Monier dovette ritrocedere per ciò da Bassano, ma domani vuol esservi a tutto costo. Si vocifera che i Francesi debbano partir a momenti, ma non lo credo.

Questa provincia ha danni incalcolabili per l’inondazione e rotte. Non si sa più in qual senso possa esser flagellata.

 

28 [settembre 1797]

Tutto denota dal moto nelle truppe che indica una vicina partenza, ma realmente niente può contestarla sicura, e certamente nulla si può asserire sulla direzione che potranno intraprendere. Vi è chi crede la guerra, e in fatto tutto par che si dirigga verso Bassano. Una sorda voce però tien fermo per la pace. Anzi ieri il politico generale Dessais giunto da Udine la tien per certa attesa però a suo dire delle sole infallibili congetture.

Si vuole adunque che avverandosi questa sospirata pace il punto di unione delle truppe francesi possa esser a Ferrara per indi passare alla conquista dell’Italia Meridionale, pretestando i Francesi che il Papa e Napoli abbiano avuto parte nell’ultima congiura del realismo a Parigi. Soliti impianti da attribuire al debole delle cose vaghe per divorarlo con delle apparenze che abbagliano i pazzi. Noi intanto in mezzo alle devastazioni d’ogni genere attendiamo il nostro destino, che con ragione non si può riguardarlo tuttora che come un anigma dei più inesplicabili. L’impenetrabilità dei Francesi è inarrivabile. Sempre si prolungano i giorni, i mesi e si passa tutte le epoche nella solita incertezza. Se almeno un avvenir felice coronasse tanti sagrifizj e tante angustie si sarebbe ben compensati.

Si dice intieramente sciolto il congresso dei deputati dell’ex-terraferma veneta essendosi rigettata l’unione di Venezia per cui solo i veronesi furono sospesi, ma nel centrale di Vicenza vi erano molti favorevoli. Anche questa comediola è terminata ed avrà catato al solito.

I Francesi non vogliono più stare nei luoghi soggetti all’acqua, perciò molta combustione. Si vuol sciogliere degli altri conventi, infine si rovina tutto senza proposito, senza prevvisione. Mentre sin da principio si doveva aver tali viste, troppo fatalmente ordinarie le inondazioni. Ma par che tutto combini alla distruzione e alla agitazione di ogni individuo.

Vien scritto da Padova che vi sono in Vicenza cinque clubs aristocratici. Questo lontano spione ne indica i luoghi e le persone. Se le disgrazie si epitetassero col nome di aristocratico ne abbiamo una buona dose, del resto non credo che vi sia cosa a ridire. Tutti gl’ingredienti son posti in opera per agitare, mai per fomentare la concordia e la tranquillità. Le anime perverse pascolano assai in questi tempi da comune infortunio, e anche questo accresce la dispiacenza nei galantuomini i quali in ogni incontro sono i più alti d’ogni governo.

L’esperienza fa vedere che i patrioti di parole son pochissimo coerenti in fatto e che il loro patriotismo è la maschera del loro interesse, ambizione,e vendetta, unici oggetti dei loro andamenti. Oh i veri patriotti farebbero amare sino i loro falli; ma un tale patriotismo è ben raro e chimerico!

 

29 [settembre 1797]

La sessione aperta del centrale ha discusso sulla mozione dei Sette Comuni per il tolto pensionatico, il qual privilegio levato, minacciano di darsi ad altra potenza. L’affare fu aggiornato ed essendosi presentato il general Beillard dagl’interessati si vedrà da dove nascerà la sentenza. Si sostiene di non negare i pascoli, ma che convien pagarli per non cadere sulla proprietà altrui, ma a ciò rispondono che tali beni furono comprati con un tal aggravio.

Nulla si sente di decisivo in proposito di Udine, anzi tutto collima per farci vivere nella solita angustiosa incertezza.

Da più di 400 ufficiali soprannumerari dell’armata dei Pirenei dovevano partire un mese fa, ma fu contromandato l’ordine. Ora si è di nuovo pubblicato e si dice che vadano a Genova. Pare che ci sieno delle mosse, ma già mai non partono; anche le alluvioni si framettono per eternar la miseria dei tempi e per aumentarla.

 

30 [settembre 1797]

Li Francesi si fermano qui come impiombati al destino. O le negoziazioni devono essere estreme o conviene che ci sia un armistizio fissato. Qualunque ne sia, non si penetra mai nulla. Passano corrieri continuamente. Tutti dicono che in breve si sentirà qualcosa di decisivo ma non si crede più a nessuna epoca.

Il nostro paese sembra un mercato continuo, tutto si consuma e non v’è di buono che una sorprendente tranquilità ossia impassibilità.

L’anagramma curioso della parola Municipalità si è: capi mal uniti.

Si continua con perpetue requisizioni.

Si accelera il pagamento del Taglione in pochi giorni invece che in sei mesi, come si aveva stabilito.

Si vuol far pagare la totalità dei piccioli possidenti che vennero dapprima favoriti, massima con la quale s’incassa assai senza pregiudicar alcuno.

Ma pare che i mezzi odierni non vogliano sorridere che alla malignità e non al bene reale e universale. A forza di far male si dovrà ritroceder e far bene.

 

 

 

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Primo [ottobre 1797]

Oggi il general Beillard ha mandato al centrale l’ordine del general Bonaparte di sciegliere 26 Ussari nella gioventù vicentina più facoltosa, accio ché ognuno possa allestirsi a proprie spese e in caso di non poter accettar tal commissione, somministrar 6.000 franchi. Questa cosa pone in gran scompiglio tutte le famiglie, tantoppiù che non si accettò poi i cambi e anche perché le scelte si credettero fatte da degli intriganti ed intaressati. Oggi quanti giovani si devono presentare al generale Beillard. Sentiremo l’esito.

Si dice che ne venghino scelti anche nel territorio. Non si sa se questi Ussari debbano servire di guarnigione nei paesi, ma già tutti dicono che saranno incorporati nell’armata francese. Questa è una tortura di nuovo genere e propria solo dei Francesi così sui due piedi.

Non vorrei ciò anche vedere per un certo indizio di guerra. Noi siamo al solito all’oscuro di tutto, onde tutto può accadere in una così magica rivoluzione; il nostro esaurimento totale è all’ordine del giorno in tutti i riguardi.

Si continua a ragionare compassionevolmente dagli energici e con i soliti sofismi di ritrovar tutto eccellente, sembra una vera stregheri, bisogna arrivare però a concludere che siamo in un gran caos, e che quanto a me la guerra colla solita francese fortuna vi porrebbe l’ultimo colmo.

La speranza non abbandona mai, ma le apparenze e le congetture la distruggono.

Si parla che il centrale voglia ripristinare la sala dell’Istruzione Publica per animar il civismo, ma la vuol nei suoi veri limiti, non manca che gli uomini che ne siano capaci. Si aspetta tutto dal tempo, finché questo ci consuma e noi non potremo lasciar che degl’incerti bei giorni in eredità ai nostri posteri.

I Padri Riformati sloggiano a furia per i soliti precipizzi e vanno dove a Dio piace. Essi hanno una libreria di 7 mila volumi, che si ha dovuto trasportare in case particolari.

Domani le monache di San Francesco si crede che passeranno in Santa Chiara. Il movimento è continuo; si sospende, si ripiglia, si termina con l’esterminar ogni cosa. Santa Corona fece una gran musica per il Rosario; si criticò questo piccolo ressiduo di lusso religioso.

La Municipalità si lagna che gli 80 volontari della Guardia Civica si siino intiepiditi, e che la maggior parte ricerchi la sua demissione. Il regime militare è totalmente nuovo per noi e fino a questo momento tutti intraprendono delle cose senza preventivamente calcolarle. I disordini vengono in conseguenza della spensieratezza.

 

2 [ottobre 1797]

I 26 scelti Ussari furono per molte ore dal general Beillard, ma nessuno poté ottenere dispensa. Vi sono però diversi che per salute, per i modi, e per esser unici della loro famiglia l’implorano.

Oggi i discorsi son tutti di guerra. Speriamo che non si verifichino.

 

3 [ottobre 1797]

Le monache di San Francesco in oggi sono passate a Santa Chiara.

Il general Beillard ha dispensato diversi Ussari per maneggio, e tutti in una volta della classe non nobile, che già s’intende, e si vanno nominando chi li rimpiazzerà, che sarà certo dove l’invidia e l’inquietudine potrà sfogarsi. Si tiene che questi Ussari non debbano servire che per ostaggi: ma l’incertezza della fede francese desola tutti i parenti dei medesimi particolarmente in un paese dove il militare riesce quasi un vocabolo nuovo.

Oggi si parla molto di pace, di unione con Venezia, e di evacuazione della Dalmazia, ma già fantasticamente, come il solito. Il nostro stato è più che ansante e rovinoso: si si distrae colla varietà delle cose di cui quasi sempre vi entra del dolente e del comico e si fanno e progettano matrimoni per sottrarsi di non divenir Ussari.

 

4 [ottobre 1797]

Tutti i discorsi son diretti a questi nuovi Ussari. Bonaparte ne ordina 20 dei più facoltosi, ma Turcimani indegni che noi abbiamo ne accrescono il numero e fanno delle scielte diretti al solito dall’interesse e dalla cattiveria.

I discorsi poi sono sopra delle lettere di Venezia che pretendono che Dandolo abbia riportato da Udine che tutto lo Stato Veneto sarà unito, che i deputati di ciascheduna città si riuniranno a Venezia per decidere quale debba essere il Capo Luogo, ma Bonaparte vi cerca tali requisiti che essi non possono che ritrovarsi solo in Venezia. Dandolo dà per sicura anche la pace.

V’è chi asserisce che questa unione non vien fatta che per unire le forze dello Stato onde soccorrer al solito l’armata durante la guerra con più profusione, che poi saremo dichiarati Cisalpini, non essendo tutto che provvisorio, onde si può esser quel che comandano a mio creder. In sostanza noi siamo incerti di tutto e in uno stato angoscioso. Le requisizioni sono infinite, il consumo inarrivabile. Se v’è poi la guerra, come molte cose la indicano siamo precipitati.

Non partono mai li soldati soprannumerari. Tutte le case devono dare esatta nota delle camere e letti. I carrettoni sono sospesi. Li collari disordinati. Tutto diventa un enigma indecifrabile perché non si possa fondar da nulla qualsisia ragionamento.

Gli Austriaci sulle nostre frontiere si moltiplicano giornalmente e vi sono molte diserzioni.

I Francesi cominciano a rubare dell’uva e altro più del solito nel territorio a piccole partite.

Ieri ne furono varj centinaia alla Costa [oggi Costabissara] affare che sorprese quei patriotti [=i Bissari] che la supponevano per il loro civismo privilegiata anche nell’attual ladra forma di governo. Oh quanti pochi democratici a proprie spese. Tutta l’energia consiste nel veder con gioia rovinar gli altri e sorrider con indifferenza a tutto quello che non ha rapporto al proprio interesse e che serve di base a dominare e a sfogar la propria invidia.

I Padovani caricano di dazj i loro generi in una maniera che la fraternità nostra ne soffre assai. Quando non viene almeno proveduto per il futuro da chi pare abbia le più gran viste politiche e che da cui dipende il nostro destino, noi viviamo in una gabbia di pazzi terribile e rovinosa. Non si vuol questo, non si vuol quello, non si può, ne si sa governarsi. Oh deficienza e ignoranza, perché siete conosciute in tutta la vostra estesa! Ci abbiamo inceppato il commercio fra noi, ne abbiamo ricercato la libera circolazione, poi l’incateniamo, vediamo gli esteri a rubarci scientificamente e sublimemente ogni cosa, a farsi gioco di noi in tutte le guise, e solo alcuni scioperati, a cui non par vero di esser qualche cosa, trionfano sull’innocente proprietà altrui.

Sotto altra denominazione abbiamo tutto il cattivo e anche la sbiraglia, il di cui capo è Lavagnolo [capo della polizia durante la R. Veneta. Rimasto in carica]. Ma il cittadino Segala fa in tal genere dei prodigi di valore, e si può dire che la rivoluzione in Vicenza non ha sviluppato che questo solo talento.

Vien sperato da alcuni che il centrale possa terminare in breve: per me credo tutto immobile e tremo d’ogni cambiamento, perché fino a questo momento non siamo passati cha da un male a uno peggiore. Ci vuol pace e una organizzazione, e forse allora fra i possibili si potrà sperare, ma certo queste provvisorietà compare la maggior parte di gente iniqua, riescono d’un precipizio universale e quelli che ambiscono di rimpiazzarle a questo momento si conosce di qual calibro sono. Siamo arrivati a desiderare almeno la sola maschera di galantuomo.

 

5 [ottobre 1797]

Gran confusione per questi nuovi Ussari: vennero dispensati diversi per mancanza di facoltà, salute e molto raggiro; ma un Trissino e un Verlato, figlio unico, ch’esibivano un cambio e ogni cosa furono dispensati, ma poi di nuovo arrolati, mentre gli energici nuovi militari espressero che se non c’è il Trissino vogliono tutti la loro demissione. Tale in fondo è lo spirito della rivoluzione.

Continuano i misteri di Udine in maniera inquietante. Gli Austriaci in molto numero sono sino sulle nostre montagne e dicono di discendere per occupar l’ex-Stato Veneto. Gran scene fra i patriotti, ma gran incertezze e veramente non si può mai fondar su nulla.

Più non si parla né di Augerau né di Joubert generali di divisione necessari se succedesse la guerra. Beillard va e viene continuamente da Bassano e si dimostra moderato. La truppa resta immobile detratti i cambi per Thiene e Arzignano.

Anche l’energica Brescia è compresa nella coscrizione degli Ussari e nissuno sa a qual destino sieno per esser preparati. Chi teme per la guerra, chi per ostaggi. Pare che i misteri si moltiplichino in un tempo in cui si vuol aborrire la vecchia diplomazia.

Oh sotto altri termini quante cose eguali infinitamente peggiori e più rilevanti. Nei tempi antichi i fatti almeno servivano di base, ora un gioco di parole scioglie tutte le costituzioni e ci fa girare come tante bandirole.

 

6 [ottobre 1797]

Oggi dopo pranzo è arrivato un corriere Francese da Udine che andò con dispacci dal nostro general Beillard, il quale si portò subito al centrale, indi immantinente partì subito per Thiene. Tutto questo successe senza aver potuto rilevar nulla. Si dice che gli Austriaci avanzino verso le nostre montagne. Questo movimento vien creduto per guerra intesa, gli energici suppongono la vicina apertura della campagna. Infine molto denota la guerra, ma il contegno della truppa e una sorda voce mantiene la lusinga della pace e dei compensi.

Si dice che a momenti piomberà la notizia di questa angustiosa lotta d’incertezze e di raggiro e che sapremo se la pace o la guerra potrà delucidare il nostro velato destino.

La stagione è cattiva; nell’anno corrente tutte le disgrazie sono all’ordine del giorno.

I Francesi sono irremovibili nel non licenziare nessuno degli eletti per Ussari di case cospicue. Gran commozione che fanno i loro genitori. Gli energici godono anche di questo, ma hanno fremuto e possibilmente si sono esentati da tal strana requisizione.

 

7 [ottobre 1797]

C’è un ordine del general Beillard di mandar due deputati a Venezia con plenipotenza. Gli eletti sono Bologna e Zuccato. Si dice che l’ex Stato Veneto verrà riunito durante la guerra per venir consunto dai nostri liberatori. Ecco per altro uno di quei conti senza l’oste che i nostri inabili politici non hanno mai immaginato. La chimera è un idolo e la realtà un accidente. Ma essi vivrebbero di ghiande per vederle a mangiar dagli altri. Quanto i Francesi, conobbero il cuore umano! e quanto questa esperienza ci umilia.

Oggi le nuove sono di pace, ma già al solito veniamo addormentati da mille illusioni e si prosegue il precipizio del nostro paese e di tutte le comuni rese libere.

Beillard è ritornato da Thiene ma nulla si può dire in proposito degli Austriaci che sono sui confini nostri e dicono di presto discendere. I discorsi sono nel mondo della luna.

Pare che in caso di guerra si abbandoni affato la difesa del Tirolo.

Veramente ogni avvenimento sembra probabile e realmente non si può ragionar su di alcuno fondamento.

Tutti i pensieri sono rivolti alla decisione del nostro destino e il sentimento generale è sospeso nell’incertezza, e nella prudenza; perché guai che i nostri pazzi indovinassero solo il pensiero.

Frattanto i Francesi popolano tutte le nostre case, girano dappertutto, e vivono allegramente con tutta l’indifferenza provvisti di tutto a nostre spese, piene di ciarle che pare all’uniformità di esse che s’abbiano data la parola. Fanno esercizj militari tamburano, dicono di partir tutti fra quattro giorni e nissun più crede nulla e così si discorre, si soffre e si arriva a terminar e giorni e mesi senza mai poter sapere una decisione alcuna. I patrioti ora sono conturbati, ora esultano, in ogni caso fucilano cogli occhi.

 

8 [ottobre 1797]

Sono arrivate le guide, ossia guardie monarchiche di Bonaparte, con due cannoni e un obizzo. [obice, sorta di cannone a canna corta]

Oggi si riaccende la voce di guerra, nonostante il niun movimento della truppa ci riassicura.

Qual sorprendente e inesplicabile enigma? Io spero sempre la pace, con tutto ciò non posso levarmi il presentimento che noi siamo alla vigilia di cose grandi attesa la forma in cui si farà da della gente, la più diabolica che abbia infantato il destino.

La pace che consolarebbe l’universo offrirà nelle sue parti un nuovo quadro sempre a noi nuovo, attese le vecchie abitudini. La guerra diventarebbe un affare incalcolabile nelle sue immense conseguenze. Noi che ci troviamo in balia di questi gran risultati, abbiamo quel sentimento penoso che accompagna una simile posizione. La situazione nostra geografica collima ad accrescere i pensieri. La somma lentezza ci rende alle volte decisi di veder in un modo o nell’altro pronunziati gli affari. Ma il pensiero non può affrontarne più niuno.

Il general Beillard non dispensa alcuno da Ussaro. Non v’è che la salute, e i modi nei bassi raggiratori a cui venga accordata la dimissione. Diverse case sono inconsolabili per aver scielti i loro figli unici, timidi, inesperti e per le loro facoltà che negli aggravi presenti a cui non si vede confine, non si possono calcolar come prima. Sembra che le primarie famiglie sieno lo scopo contemplato. Qual debba poi essere il loro destino, tutti congetturano, ma niuno sa nulla. I Francesi ridono di queste smanie, ma la porzione sana del paese è di mal umore per i rapporti! No! e il nostro buon popolo trema di essere alla vigilia di venirne in seguito più liberamente compreso, affar, che in uno stato che da secoli non ha tradizione militare non può riuscir indifferente.

Si dice che i nostri deputati centrali con plenipotenza partano oggi per Venezia: ancor questi vanno orgogliosamente senza saper per qual cosa. In verità che il personaggio di marionetta è molto nuovo e pesante per noi: se si trattasse di poco, ma in tutto ci vuole e vita e sostanze, due gran cardini in questo mondo maneggiati da dei mercanti, che vendono il panno per 10 quando costa 5, e da dei mangia carte raggirati da dei profondi calcolatori e animati da dei sciocchi Giacobini, che calcolano la vita e la roba altrui colla leggiadria d’una crudel eloquenza in una maniera inusitata e comica. In tal guisa la distruzione di tutto è all’ordine del giorno.

 

9 [ottobre 1797]

Il general Bonaparte ha dichiarato con suo proclama (di cui ne abbiamo profusione) che i nostri 30 Ussari di nuova invenzione li lascia disponere liberamente di portarsi o alla Piave o a Milano montati in tutto punto. Questo forse spiega chiaramente che non debbono temer di andare alla guerra. Tutti dicono di volersi unire alla division Joubert che si dice destinata alla Piave.

Regna in ogni cosa la solita incertezza.

Non si può più star ai caffè dai canti, balli, giochi, ponch, rhum e pippe dei Francesi, che a estri esibiscono tutto, ma non si familiarizzano mai con alcuno dei nostri zotici Giacobini.

 

10 [ottobre 1797]

Un giorno corre pace, un giorno armistizio, un altro guerra e tacitamente compensi. Gran enigma!

Si dice che la division Joubert parta presto, ma ciò è stato detto tante volte, che non si crede più.

Domani devono arrivare delle truppe francesi e bresciane. Si vede sempre un giro perpetuo, ma le cose sono immobili.

I dragoni e cannonieri di Bonaparte son partiti per Padova, le sue superbe mule che portano le vivandiere ed altri attrezzi per far sul momento la cucina di 70 coperte son andate per Bassano, ciò indica guerra oppure che Bonaparte non passi più da queste parte. Si dice che sarà o guerra oppure che una porzione dell’armata avrà il suo rendez vous a Ferrara per agire un po’ più in là nella Romagna.

Gli energici dicono restituite a Venezia l’Istria e la Dalmazia, ma ancor questo è un mistero, mentre gl’imperiali non le evacuano.

Quando mai arriveremo al termine di saper qualche cosa: mi sembra che un destino distruttivo agisca sopra noi e che la cessazione di un male ce ne produca uno di peggiore.

Si allestiscono questi nuovi Ussari con sollecitudine e i Francesi continuano a dire quando non c’è qualcha cosa: Ci deve essere.

Molti vogliono che possa ritornar qui da Parigi Joubert.

Veramente i politici credono la guerra, molti indizi lo sostengono, ma altresì una infinità dall’altri lo distruggono. Non credo che si possa metter le cose in una più singolare parità per render vana qualunque preponderanza di giudizio. Le cause nel Foro notificate in questi due mesi stante la legge ascendono a più di 700. Altro malore accumulato per incamminarsi alla libertà.

Si dice fatto il piano del Foro in quasi 200 capitoli e se ne sente di bello.

Non so qual influenza arrecchi alle persone l’attual nostro stato, per me mi si sconvolgono tutte le idee anteriori. La scena del mondo offre dei quadri inusitati e a tutti gli uomini si è tolta la maschera anche di convenzione. Nella nostra città si vede agire senza cognizioni, senza onestà o in un modo impassibile proprio dell’abbandono alla corrente. Si vede rovinar radicalmente il proprio paese, ma il timor di mali peggiori ne rallenta la sensibilità. Tutti incerti del proprio destino si vive alla giornata, si vede a prefligar le proprietà e a metter la miseria e la disperazione all’ordine del giorno. Niun ha un credito costante nemmeno fra i Giacobini ma di mano in mano uno giornaliero che rende variabile ogni argomento di cose. I Francesi si consumano, ma gli energici ciò riguardano come un nulla e le persone sensate son costrette a desiderar di non vederli a partire per timor di peggio nei nostri. Si sospira la pace e si teme delle irrequiete conseguenze. Si teme la guerra mentre la sorte par decisa e nella nostra critica situazione si considera anche un altro anno d’incertezze angosciose. Si dubita l’armistizio fatale nelle spese e per l’indecisione.

Infine alterati di sentimento rovinate di sostanze, si troviamo in un bivio, di cui manca i termini per descriverlo.

 

11 [ottobre 1797]

Oggi è arrivata la cavalleria bresciana benissimo montata comandata da Lecchi ussaro. Sembra che varie truppe sieno in moto, ma sussiste la voce di pace con l’Austria. Si parla d’una prossima spedizione a Roma e a Napoli.

Niente si sa a rapporto nostro, nemmeno al solito dai nostri inviati a Venezia. Siamo condannati a tutte le tenebre possibili e a delle tempeste incalcolabili in ogni genere.

Si dice che al casotto austriaco nostro confine vivano amicabilmente i Tedeschi coi Francesi, ma in questo caso fra i due briganti il terzo pena. Se arrivano tutti da tanto di stabilirci la pace, vivremo almeno tranquilli. Tutti i cavalli da tiraglio di città e campagna sono posti in requisizione, questo almeno indicherebbe partenza. Ma l’incertezza è in ogni cosa all’ordine del giorno.

Tutti i paesi si lagnano dell’estrema cupidigia dei generali e commissari francesi, ma noi per verità vessati solo dalle circostanze possiamo asserire che in quanto all’arbitrario della division Joubert non possiamo lagnarci di qualsisia irregolarità di ricerche, e generalmente possiamo vantare la loro puntualità e umanità.

Un’armata che domicilia nelle case, che passeggia il territorio a suo piacere, che sta i 3 o 4 mesi senza paga, i di cui comandanti sono in arbitrio di ricercar soldo, imprestiti e requisizioni, ad onta di tutto questo non si può come gli altri lagnarsi egualmente e forse dobbiamo in molte cose più lagnarsi dei nostri che dei Francesi.

 

12 [ottobre 1797]

I Bresciani partiti questa mattina lasciarono per la solita negligenza acceso del foco nel convento dell’Araceli, che fece però poco danno, ma che intimorì per due ore di campana a martello. Questi Bresciani si mostrarono ferocemente energici e i Francesi stessi dicono che sono tanti fanatici.

Quest’oggi si compì le sei decadi della notificazione delle dimande fideicommissarie attesa la legge; queste ascendono a più di 2000. Sulla sera varie petizioni ricercarono di protrarre il tempo sino a mezzanotte, e la decisione del centrale Lorenzoni fu che il giorno civile francese termina a mezzanotte, sicché in altra stanza fuori dell’Archivio si continuò le notifiche. Calcolando 2000 liti divengono 4000 tra attive e passive, molti individui compongono le famiglie, sicché si può calcolare una guerra civile fra 20 mila persone.

Continuano le notizie politiche a essere incertissime e per me credo che l’inverno ci farà restar le truppe per satollarle. In Francia le finanze van male, sicché il sollievo de’ nostri liberatori viene appoggiato alla nostra riconoscenza. V’è chi sostiene la guerra dicendo che l’armata francese va a sottoscrivere la pace a Vienna e che altre divisioni vadano alla conquista di Roma e Napoli. Per la pace per verità non vi è che il contegno delle truppe, il quale non sembra posto militarmente. Il solito andirivieni è scarsissimo.

Le gazzette sono insoffribili e d’una estrema incoerenza.

Li 30 o 60 Ussari presi in ognuna delle città dell’ex Veneto vien detto che si riuniranno a Padova.

Si cerca di vivere colla più possibile impassibilità, ma il genere di fortuna è nuovo.

Pare che il centrale sia spirante dal mal umore di chi lo compone. I nostri inviati a Venezia dovrebbero presto notiziarci di qualche cosa. Ma il mistero è in tutti i riguardi all’ordine del giorno come pure il dissipamento di ogni cosa.

 

13 [ottobre 1797]

Oggi nell’aperta sessione del centrale Carlo Vicentini fece la mozione di far inibire tutti i salumi, come un commercio aggravantissimo e come qualità di cibi dannosi alla salute: a poco a poco a forza d’imaginative e di progetti ci faranno restare senza pane. Oh quanti talenti che non meritavano l’occasione di svilupparsi!

Di nuovo si sussurra per i conventi di monache e sembra che il piano di concentrarli in pochi si verifichi. Le monache dell’Araceli, vittime della rabbia e del raggiro, hanno dovuto passare in giugno alle dimesse. I soldati francesi non si trovavano bene in quell’umido e tetro locale. Il mercantile voleva farne un negozietto. Ma l’ordine di Bonaparte fece ritirare questa lusinga e diede campo alle monache di ripeter dipendentemente il loro convento. Questa ricerca riaccese la questione dei monasteri. Per la politica vile e oscura abbiamo dei maestri inimitabili.

Oggi si credette di sentire il cannone dalla parte di Bassano. Nissuna nuova né di pace né di guerra, né qualsisia movimento delle truppe.

Molti monopoli del mercante Rossi per il vestiario dei nostri Ussari. Alcuni di questi sono esuberanti, altri rassegnati e Torniero disperato.

La fanteria bresciana è partita ma la cavalleria è rimasta. Quasi tutta bellagente, buon vestiario, cattivi cavalli. I Bresciani si distinguono coi loro discorsi energumeni e colla loro insolenza. Mi sembra che si vada sempre di male in peggio.

Venezia si riscalda e accresce il suo militare.

 

14 [ottobre 1797]

Da un mercante che andava a Venezia si seppe confusamente che non poté proseguire il suo viaggio, atteso ch’erano insorte delle novità in quella città che ne impediva l’ingresso: le voci erano che la sera venne comandato di chiudersi in casa e serrar le botteghe e che vennero arrestate da 60 persone. Meglio si saprà in seguito, e ne siamo ansiosi mentre il carattere della rivoluzione fa tremare tutti gl’innocenti e galantuomini. Gran disgrazie!

Al Teatro Gripia [ o Grazie?] si sta facendo da alcuni giorni da certo Paglietti dei giochi e la Tombola gioco gustato assai dai Francesi.

Rapporto alle notizie politiche per la pace o la guerra siamo ridotti a non più ricercarle, tanto riesce lunga e dubbiosa la cosa.

 

15 [ottobre 1797]

La trama di Venezia, o apposita, vien raccontata in vari modi; ma precisamente niente si sa. V’entra 9 municipalisti, vari parrochi, ed ex patrizi, sono arrestate più di 60 persone. Si assicura che la calma è ripristinata e ciò succede sempre quando i cattivi trionfano in questa rivoluzione. Chi dice che vi fosse una congiura contro la Municipalità veneta. Ma in sostanza par che prenda piede il terrorismo e che Giuliari e Gallino vadano a gara per superarsi l’un con l’altro.

I nostri Ussari si vanno allestindo e vanno sperando di servir per formalità.

Niente si sa delle nuove d’Udine, sembra però che non vi sia alcun movimento nella truppa e su questo si fonda la lusinga della pace. Ma v’è argomento per creder ogni cosa e fallar sempre.

I nostri deputati a Venezia attendono Berthier.

Quelli che abbiamo a Parigi sono in caso di divertirsi molto meglio. Noi non sappiamo mai nulla se non che tutto serve per esaurirci. Qui regna la più perfetta calma, ma non v’è, ne vi può essere allegria e tutto è incerto, torbido e tutto va alla malora.

Si sta esaminando il piano di concentrar tutte le monache nei quattro conventi uniti di Santa Chiara, San Tomaso, Santa Caterina, Ognissanti.

I Bresciani partiti hanno ben rubato ed erano tutti scelti dal mazzo in ogni conto. V’è qui il Lecchi magnifico colla sola cavalleria.

Il nostro passeggio a San Felice è un Parigi e quasi un fenomeno, in questi tempi di militare e disgrazie.

 

16 [ottobre 1797]

Oggi hanno cominciato i lavori pubblici in Campo Marzo i condannati una volta alle prigioni e alle gallere.

Il centrale ha rigettato il piano d’innovazione nei monasteri.

 

17 [ottobre 1797]

Fu ordinato dai Francesi 200 pagliaricci, questo significa oggetto per ospitali oppure di permanenza durante l’invernata.

Si vocifera che son disertati 4 o 50 Francesi, ma saranno invece partiti: stan troppo bene per disertare. Corre voce che i nostri deputati a Venezia abbiano significato al centrale ch’essendosi presentati al commissario francese che fa le veci di Berthier gli ha avvertiti che di tutto quello che si tratterrà coi deputati di tutte le provincie tutto debba passare colla massima segretezza, e che nemmeno il centrale e le municipalità ne possano essere consapevoli. Se ciò è vero si potrà ben dire che se ne sente ogni giorno di nuova stampa. La nostra sorte riposerà dunque nel seno di Zuccato e Bologna.

Delle trame di Venezia chi le fa serie e dipanate, chi no. Il fatto è che sono imbrogli di nuovo genere in mano della forza. Le buone anime dei tempi, immaginano i mali, che non vi sono per cercar di renderne di reali, come desidera le loro esaltate passioni. Tanto che si stia mai tranquilli, alcuni sono felici. Non ho mai veduto caratteri di malvagità più spiegati. Oh amor del popolo e di patria sei molto mal trasformato ed esaltato da chi non è nemmen suscettibile d’idee tanto dolci e sublimi.

Il Thiene francese, capitano dei nostri Ussari, si dice ch’è stato richiamato a Venezia. Per la sua carica fu molto inquietato e calunniato da suoi compagni.

Oggi corre la razione di pane e fieno ai nostri Ussari, si dice anche che vogliano farli stare in una caserma.

Oggi c’è stato un orribile monopolio del Comitato sopra i cavalli che la patria dona a questi giovani.

Beillard li ha scartati e il comitato dovrà provvederne buoni o doppiamente pagare ogni cosa.

Fra l’imbecillità, la birbanteria, il deciso ladroneccio si vive come si può viver. Tutti attendono dei tempi migliori, ma il cielo non si rasserena mai. Non si parla più d’Udine. Un giorno si crede fatta la pace, un giorno si dubita, poi si ritorna a sperare. Oh che vita rivoluzionata in tutti i sensi!

Qui si vedono con sospetto dei disertori Tedeschi. Quasi tutto il mondo diserterebbe da dove si trova ma niun angolo sembra tranquillo. Pare che gli uomini impazziscano e che le chimere tengano maggior volume della più decisa realtà.

Credo che se la Provvidenza non porrà un qualche limite si troveremo nel vacuo che si cerca in ogni senso e con tutto l’aberramento possibile.

Molti asseriscono che in breve si saprà il nostro destino, per me di già lo credo fissato all’incertezza, all’esaurimento e che siamo divenuti il giocolino della follia della fortuna e delle circostanze, e che ormai gli atomi non hanno più voce in capitolo.

 

18 [ottobre 1797]

Oggi improvvisamente hanno fatto la requisizione di 6 giovani per parrocchia per completare la Legione Vicentina che doveva esser di 500 per esserne disertato più della metà.

La Gran congiura di Venezia è terminata con un bel discorso del general Balland agli ostaggi degli ex patrizi, chiamandoli vittime della melevolenza, esortandoli a perdonar tutto e assicurandoli di protezione li rilasciò in libertà. Il nodo della scena si coprirà sul numero delle sole iniquità. Su ciò nemmen si fa parola, prova incontrastabile d’un cattivo governo.

Si voleva che questa congiura potesse diramarsi sopra tutti i galantuomini della terraferma che aveano un nome e delle facoltà, e che ciò venne cercato da alcuni dei nostri, particolarmente da Bortolo Guzan e Braganze. In questa malintesa democrazia si sospira più il male che il bene.

Domani si fucilerà in Campo Marzo tre ladroni: questo sarebbe uno dei pochi beni della delle rivoluzione, se i giudici qualche volta non precipitassero per ignoranza del mestiere. Ma tutto si spera nella futura organizzazione, come se per fatalità si potesse cambiar di veste e di soggetti.

 

19 [ottobre 1797]

Si dice che sortirà a momenti il piano del Foro. Tutto manca e niente si sa fare. Ogni cosa indica che le truppe si fermeranno per l’invernata. Sembra che la pace si sostenga da alcuni giorni con costanza.

20 [ottobre 1797]

Questa mattina sono passati vari corrieri che portarono la nuova della pace, sottoscritta ai 17 corrente coll’Austria.

Il general Beillard ebbe una lettera, che gli dice che la pace è firmata, e che gl’incombe di diramar tutte le sue truppe per il nostro territorio per poter dar luogo alla sopravvenienza di quelle della Piave, cui le somme alluvioni ci portano ancora il discapito di vederle tutte transitare per quella parte. Questa notizia non ha eletrizzato nessuno per il silenzio degli articoli decisivi; o sia che la lunga stalia delle cose ci abbia resi indifferenti a tutto. V’è chi dubita d’un tal bene per i preparativi che si vede, e anche persino a chi dispiace un tal evento.

A quel che a me sembra non si può dar pace con la Republica Francese, e temo che l’Austria sarà sagrificata. Per noi non saprei cosa credere.

Gli Austriaci ci circondano da tutti i versi, le truppe francesi sono tutte disperse in luoghi non adattati per difendere una discesa. Ma sarebbe un delitto il dire che non saremo Cisalpini: frappoco almeno sapremo qualche cosa.

Nissuna nuova dei nostri deputati a Venezia.

Son posti in requisizione tutti i fieni.

Il centrale è scompaginato, e parimenti molti patrioti sull’incertezza delle cose. Pietro Bissaro va a cercar a Venezia il Dandolo che ne saprà quanto noi.

Staremo a vedere il risultato d’una guerra di 8 anni, complicata e meravigliosa in tutti i sensi e distruttrice, e rovinosa per l’innaddietro neutrale Stato Veneto.

Se dopo tanti mali, tante vicende, e tante angustie la modalità della pace ci ridonasse almeno la nostra antica calma, ci crederemo abbastanza compensati.

La notizia della pace quantunque contraria in una sana politica mi riesce tanto dolce che non oso indagare su quali fondamenti sia stabilita: abbiamo contratto una tal abitudine di disavventura, che sempre temo che anche il primo spiraglio di bene dopo 12 mesi non possa che aver in se stesso delle gran conseguenze.

 

21 [ottobre 1797]

Questa mattina si fece dal general Beillard la rassegna di tutte le truppe. Fecero la rassegna di tutte le truppe. Fecero la loro prima comparsa i nostri 35 Ussari. La brillante gioventù, gli abiti e i cavalli colpirono tutti gli occhi. Sembrò pertanto in via militare una sfarzosa mascherata. Tutto il paese ansioso fu a vederli. I Bresciani ammessi alla divisione Joubert comparvero più istrutti, avendo essi qualche mese di esercizio. Domani i nostri comincieranno a fer altrettanto

Dopo pranzo il generale Beillard partì per Udine.

La pace si conferma da tutti i versi. Vi son però degli increduli in tutti i partiti. Ma i patriotti sono sbalorditi non mancano però di sperare. Gran comedia però tragica.

Non vedo gran ansietà per saper gli articoli. I democratici per timor di essere ingannati. Gli aristocratici per timor che non sia di loro genio. Ma di già siamo da lungo tempo educati alla pazienza.

La sola nuova della pace riempie di gioia che ama la tranquillità e l’umanità. Di noi già seguirà quel ch’è scritto, e saressimo poco in stato di eleggerlo, mentre i tempi attuali son troppo calamitosi per sperare bene di nulla.

 

22 [ottobre 1797]

I nostri Ussari si lagnano contro l’espressa promessa del general Beillard ch’è partito per Udine venne loro ordinato di esser incorporati colla truppa di linea bresciana, esenguendo le guardie e le ordinanze come i semplici soldati. Data la direzione sempre variabile temono anche di non saper mai a che sono destinati. I Bresciani dall’altro canto sono insoffribili, e in molti canti ben diversi dai Francesi, ed essendo truppa pagata vi è una genia di gente ben facile a congetturarsi in un primo espurgo d’un paese.

Si va contando gli articoli della pace, ma come s’è già stabilita la guerra sociale, così niente fa sensazione, overro niuno la dimostra per sicurezza personale. Oggi entra tesoriere il cittadino Sannazzaro, e nella cassa nazionale si dice che non v’è che 16 mille lire, e qualche debito.

Si va dicendo che si stia formando una società patriotica per sopravegliare al governo. I mercanti Milana ne sono promotori. Molti si fidano della prudenza altrui. Queste società in fondo nascono perché alcuni che hanno assaporato il comando, e che se ne vedono delusi, e che non travvedono nell’avvenire gran risorse nella sperata formal organizzazione, dovendosi restringer in allora a pochi soggetti, e non più, e non più così arbitrari a loro dire come per il passato anarchico semestre tentano un contraltare, che non ha mai avuto buon esito nel governo di Francia formato e stabilito, mentre l’istruzion pubblica in generale non ammettendo progetti d’ingrandimento non se parla nemmeno. Già il popolo la sa più lunga, e conosce la birbanteria si simili legislatori, e non cura qualunque loro opera. Questa però sarebbe la sola che potrebbe essere protetta da un governo ben sistemato. Non un piazza in cui i ragiratori, i ladri e i bevoni dicono in nome della libertà quel che sognano per ingrandirsi.

Le truppe francesi vanno diramandosi lentamente per il territorio, anche questa è una nuova rovina per noi. Non si sente però che ne siano per discender di nuove.

Si dice che dopo la pubblicazione della pace seguirà il movimento. Vien detto che la sapremo da Parigi, dove è andato Berthier per la sottoscrizione.

Siamo tanto accostumati a tutto che possiam dire di esser resi quasi impassibili.

 

23 [ottobre 1797]

Il generale Murat proveniente da Udine porta ch’egli fu presente alla sottoscrizione della pace, ma che è del tutto ignoti gli articoli. Gran enigma!

Oggi i nostri Ussari fanno il servizio delle ordinanze. Lodovico Trissino destinato per guardia del general Valentin dal cittadino Orazio Porto. Verlato e Chiericato a casa Cordellina. Temono molto questi giovani delle destinazioni istantanee e dei ragiri dei propri compagni che cercano appostatamente le famiglie una volta distinte per mortificarle. Il contegno dei Francesi almeno nelle maniere è umano e gentile e i nostri non imitano che il peggio che ponno.

Molti Francesi hanno la marcia, molti dicono per Palma Nuova, ma in fondo nissun sa niente.

In breve si farà la festa funeraria del celebre generale Hoche morto di trent’anni al Reno.

Io temo che saremo imbarazzati quest’inverno assaissimo, e che si tenga segreti sugli articoli per mangiarci sull’ansietà. Tutto quello che si fa è buon per gli altri e mai per noi. Il solo articolo delle segne è un affar serio.

Si può dire che detratto il terreno che per fortuna non è asportabile l’Italia non può contar sopra il resto.

 

24 [ottobre 1797]

Sembra che i Francesi siano tutti in moto: molte brigate si disperdono per il territorio, e domani deve partire la 14a composta di 200 uomini dicono per Palmanova. Niente si sa né di queste marcie né mai gli oggetti che contemplano. Ricercano di tutto, lo esigono, fanno a metà con chi li serve e noi siamo totalmente esausti.

Le vociferazioni son varie rapporto gli articoli della pace; viene anche asserito che i patriotti rimarranno malcontenti, ma il più alto segreto capire ogni cosa. Si dice anche che i Francesi partano prima di proclamare gli articoli: che la pace sarà gloriosissima per i Francesi, vantaggiosissima per l’imperatore, e rovinosa per il Papa. Con tutto ciò, fatta com’è certissimamente la pace, in poco tempo si deve sviluppare il gran mistero.

Io credo che dalla tessitura della conclusion della pace, si arguirà molte cose che la complicazione, e l’accortezza dei Francesi han fatto sospettare ma mai conoscere con evidenzia.

Gran quadro che si presenta alla nostra immaginazione nel nostro incerto futuro destino. O noi siamo dati in compenso, e questo darebbe al ragionamento un vasto campo; o siamo liberi e il caos delle cose renderebbe oscura qualunque congettura. Sin adesso se la siamo passati nella convulsione della rivoluzione, mille accidenti benché rovinosi distraevano la mente col pensiero della cessazione, e lo stesso cangiamento di governo ci ha più sbalorditi che persuasi d’una durata. Ora che il nostro destino si determina vi andiamo incontro coll’ansietà, e speriamo che sodisfatta che sia, non troviamo di peggio di quel che abbiamo lasciato. Non vorrei che il buon tempo fosse passato, e che fossimo per l’età nostra al caso di darci un angustioso addio.

Non è per i galantuomini un picciolo riflesso quello di veder la potenza in mano a della gente di cui l’educazione, le cattive massime, e l’indelicatezza anche in materia d’interesse formano le basi del loro vantato patriottismo.

I democratici si mostrano molto inquieti dell’incertezza, e dicono: i goghi magoghi vanno sussurandosi nell’orecchio che ci sono delle buone novelle. In fatto il partito opposto è più tranquillo e spera assai. In un secolo tanto corrotto una democrazia spartana è ben difficile e la chimera di felicità che possono formarsi della anime fatte per sentirla non è verificabile in questi tempi e forse mai. Il trionfo sembra deciso per la mala fede e per i scellerati.

 

25 [ottobre 1797]

Questa mattina doveva partire la quattordicesima brigata ma l’escrescenza delle acque a Lisiera l’ha impedito: due ore dopo venne l’ordine che questa si porti in domani per la strada di Padova e l’ottantottesima per Milano. Ma è tutto dubbioso.

È arrivato il general Beillard da Udine dove dice che Bonaparte ha partecipato la pace ai soldati. Gli articoli sono però coperti dal più alto mistero. Notificò esso al centrale che fra poco passerà di qui Bonaparte. I nostri Ussari vennero comandati di esser a cavallo alla punta del giorno per andarci incontro.

Si vocifera che i nostri deputati a Venezia ritornano per esser stato sciolto quel congresso che già doveva durare per le provvisioni durante... bello..

Siamo qui sospesi e inquieti del nostro destino mentre non si sente una parola onde tranquillizzarci.

I patrioti dicono che a Udine si dice che formeremo una Repubblica aquilina. Chi ne dice una, chi un’altra; il fatto è che nemmeno le congetture hanno una base tanto tutto è complicato e coperto da un velo impenetrabile.

I condannati ai lavori pubblici fuggono ogni giorno né si sa ponervi quelle discipline che sarebbero necessarie.

Chi vuole che l’imperatore non abbia un palmo di terreno in Italia, chi per poco sino all’Oglio, chi meno. Se viveremo arriveremo a saper qualche cosa. Quel che è certo però si è che noi non siamo più riconoscibili in nessun senso, e che tutto va alla diavola.

Si dice che v’è un grand’abbattimento a Venezia. L’Istria e la Dalmazia son di già imperiali. Quel paese in tutti i modi cangia totalmente d’aspetto. La rivoluzione in Italia sembra che abbia preso di mira il povero Stato Veneto. La posizione decide di tutto.

Ah se fosse fattibile, in mezzo alle più indescrivibili disgrazie di travvedere almeno una lusinga di giorni sereni, si avrebbe un gran conforto nel sopportarle, ma le cose son poste in modo che farebbero perderne la speranza.

 

26 [ottobre 1797]

Il general Beillard ha pubblicata la pace in piazza in questi precisi termini: Je vous annonce la paix, et les places fortes de la ci-devant Belgique restent a là République Francaise; e non disse altro. Questa maniera succinta fa credere che vi siano molti compensi all’imperatore in Italia.

Sono arrivati tre ufficiali Austriaci di rango, i quali si dice che passino a Verona sul momento.

Camillo Chiericato fu liberato dalla prigionia in Mantova ed oggi la sua casa ne ha avuto la notizia.

I nostri Ussari si portano dal Contarini a Slesica per attender Bonaparte. V’è chi sostiene ch’esso non passi più per qui, anzi che per Legnago sia andato a Verona. Oggi corre comunemente che siamo dati in compenso all’imperatore. Molti ufficiali lo asseriscono con queste parole: Temo che voi siate sacrificati, l’imperatore ha troppo ceduto al Reno per non aver dei compensi in Italia.

Frattanto si balla rovinosamente.sulla nostra sala, si si gioca di noi, e vediamo a sacrificar a un tempo e l’interesse e l’amor proprio.

I Francesi son tutti in moto. Ora sembra che tutti siano per partire, ora fanno dei progetti per tutta l’invernata. Beillard però, discorrendo coi suoi ufficiali fu sentito a dire: Enfin on nous fait ésperer que nous iron tout a faire le carneval en France. In verità che chi volesse riflettere sopra tutte le congetture si avrebbe di che impazzire.

Pietro Bissari è partito per Venezia a rilevar dei lumi dal celeberrimo Dandolo che ne saprà quanto noi.

Oggi si è fatta la ballottazione della società patriotica. La comedia è ben curiosa.

Nulla si sa dei nostri deputati a Venezia. Molti asseriscono che il Congresso sia sciolto.

Tutti sono incerti e inquieti e nel massimo silenzio perché ognuno teme del suo partito, speriamo che qualunque sia per esser il scioglimento d’una tal scena esso si faccia con calma, e che mettiamo una volta un termine alle angustie e ai dispiaceri. I galantuomini saran sempre riguardati come tali alla perfine. Del resto noi siamo il gioco degli avvenimenti, e conviene accettare in pace qualunque destino attesa la nostra debolezza.

Beillard ha dato pranzo già preparato per Bonaparte, e fece un’accademia la sera con cinque cittadine.

 

27 [ottobre 1797]

Questa sera giunsero da Venezia i nostri Plenipotenziari Bologna e Zuccato dicendo che tutto è andato, che gli Austriaci saranno padroni di Venezia, che i Francesi spogliano ogni cosa mentre i Veneziani sono nel più massimo abbattimento. Io credo ciò una esagerazione della disperazione energica.

Qui tutti sono attoniti d’un tal scioglimento e gli aristocratici stessi non credono ai propri occhi. I democratici bestemmiano Bonaparte, il Direttorio, la Francia intera.

Gli affari politici sono sempre stati maneggiati colle rispettive convenienze. Le nazioni difficilmente si distruggono ed è ben una chimera il formarsi l’idea che la Francia diretta com’è, dovesse derogar sola ai suoi interessi e sagrificar se stessa in una guerra incerta per soddisfar la credulità dei sciocchi.

Veramente il contegno dei Francesi poteva far colpo solo a delle teste riscaldate. Mentre mai si è sentita una precisa decisione. La guerra è un gioco di scacchi. Il vostro stato è incerto, ricordatevi che siete provvisori, disse il generale La Hoz nel stabilire la prima Municipalità. La ragionevolezza doveva ricordarsi queste parole.

Si attende Bonaparte che si dice sia a Padova; i nostri Ussari fanno la loro prima campagna a Slesica per incontrarlo. Qui non si ha ordinato dal centrale come il solito né illuminazione né feste a una tal eroe. Esso riderà nel veder un simile contegno, e conoscerà appieno che il maggior numero gli tributa col cuore dei ringraziamenti maggiori dei trofei democratici.

Le vociferazioni della cessione di questi stati all’imperatore sembra che si rinforzino sempre più. Ma niente in tal proposito venne pubblicato e niuno è al fatto degli articoli della pace.

I Francesi sono tutti in moto. Chi dice che ne vadi una portione a Palma [Palmanova], fin che vien consegnata la piazza di Magonza, e che quelli che si trovano in Palma vengano qui per esser vestiti. Chi crede che s’imbarchino per le isole del levante, ma in sostanza niente si sa.

Preghiamo il cielo che tutto debbe passar con calma. Molti temono nella partenza delle truppe ma io spero che le piazze cedute non debbano temer di nulla. Contuttociò si cerca sempre d’inquietare e i discorsi sono molti, speriamo che sieno dei partigiani della confusione.

Si continua la tombola al Teatro Gripia dove c’è un susurro insopportabile.

 

28 [ottobre 1797]

Oggi arrivò Bonaparte con sua moglie. I nostri Ussari si presentarono, e gli ricercarono se saremo liberi, al che rispose ridendo, lo spero.

Appena giunto in Vicenza, si presentarono ad esso, Fabris e Chiminello centrali. Il primo gli fece un discorso molto energico ed inutile in proposito della promessa fatta della libertà, e che questo era il momento di accertare il paese. Al che Bonaparte rispose: Io sono esecutore degli ordini del Direttorio, e v’assicuro che la Francia calcola Vicenza, ma gli articoli non sono ancora palesi. Fabris e Thiene esibirono li nostri danari e le nostre fortezze per ottenere l’onor d’esser liberi, ma esso non diede che risposte da oracolo, di cui però i democratici si gonfiarono. Momenti dopo si portò a far la solita revista alle truppe in Campo Marzo dov’era tutto il mondo.Terminata che fu, disse: vi annunzio la pace. Noi abbiamo Magonza e tutta la linea sinistra del Reno, e in Italia noi abbiamo conservato tutto sino all’Adige, e stabilita in essa la Republica Cisalpina; ora passiamo in Francia, poi si rivoglieremo all’unico inimico che ci resta l’Inghilterra, e gl’invaderemo il suo commercio, e le sue ghinee. Indi passò a pranzo in casa Cordellina con tutta l’ufficialità.

Lo sbalordimento dei patriotti, le loro imprecazioni di tradimento, di vendita non si possono esprimere, essendovi per mezzo l’unica verità di aver esausto il paese: ma il popolo e i galantuomini sono felici. Quando i Francesi promettevano bene, lo abbiamo poi esperito, adesso che ci dicono sagrificati noi siamo esuberanti.

Si trattò di dar festa o illuminazione a Bonaparte, ma il centrale non riscosse che un sol voto. Credo che la storia del nostro Stato Veneto succeduta in pochi mesi farà un’impressione non indifferente anche sulla posterità. Venezia sotto al dominio!

Si dice che quei patriotti facciano delle scene. Ma v’è 11 mila Francesi e i cannoni montati.

Si conta per arrivate le ratifiche della pace, e si stabiliscono i generali Austriaci che verranno a prender possesso delle nostre piazze. Dio ce la mandi buona come speriamo, mentre stanchi di cambiamenti ed esausti, non si sa più qual debba essere il nostro meglio.

 

29 [ottobre 1797]

Bonaparte è partito per Verona questa mattina dopo aversi espresso ancora ambiguamente sulla nostra libertà e ridendo assai che vi sieno ancora dei creduli, ma gli oracoli abbracciano l’avvenire. Non ha richiesto nulla, e fu cortesissimo ancora coi nostri Ussari, disse però loro che fanno assai bene a seguire il mestiere delle armi (come se fossero volontarj) piuttosto che di oziare in un Caffè.

Questi giovani speravano di venir dispensati, ma nulla di nuovo.

Si dice che il nostro battaglione di 500 uomini passerà decisamente al servizio della Cisalpina.

Ancor questa è bella, in un paese ceduto. Ma nulla può più sorprendere.

Si discorre che Venezia sia tumultuata, per vedersi dopo 14 secoli costretta a sudditare. Hanno nelle parrocchie emesso i loro voti in bossoli segreti se si debba o restar liberi o sottomettersi.

Da noi tutto è tranquillo e si spera di veder questo grande avvenimento sviluppato, e terminato con quella calma, che repristinerà in questi paesi la speranza di viver bene dopo aver conosciuto in pochi mesi quel che la storia non potrà descrivere.

I Francesi vanno partendo insensibilmente. Si dice che a Udine siano arrivati i Tedeschi. Preghiamo il cielo che non vi sia interregno, mentre tutto il paese è disarmato, e dei cattivi ve ne sono dapertutto.

Il centrale lavora indefessamente e fa consulte nere. Spediscono Broc[c]hi a Padova, ed Enrico Bissari a Verona. Tutto è mistero, ma vien assicurato che si diriggono bene in momenti tanto spinosi. A me sembra che si dovrebbe prender delle opinioni più generali e non concentrar in pochi quello ch’è di un interesse universale.

Gli ufficiali francesi si mostrano dolenti di veder il sagrifizio di questi paesi, tali sono le loro espressioni che fanno quando prendono congedo dalle famiglie.

Abbiamo passati dei momenti assai critici, ma davvero che ancor l’attuale non è dei meno angustiosi. Incerti di tutto, non si sà gli articoli, si vocifera, si vede tutti inquieti e sospesi, e non si vien neppur assicurati che tutto passerà con tranquillità.

 

30 [ottobre 1797]

Si racconta di Venezia che la ballottazione segreta per restar liberi o sudditare, di 22 mille votanti la libertà ha superato di 400 voti, e dal calcolo questa preponderanza provenne dagli Ebrei. Alcuni dicono che i Veneziani sono riscaldatissimi, che i Francesi li secondano, ch’essi inviano una deputazione solenne a Bonaparte di Gallino e Ferro, e al Direttorio di Parigi Giuliani, Sordina, Dandolo, e Carminati. Altri dicono che dopo la meschinissima ballottazione sono avviliti, che li Francesi li lasciano fare, ma che spogliati di qualunque genere di difesa, tutti i loro cannoni salutano Venezia che li 6 deputati sono le teste le più riscaldate, che va molto bene allontanare, e che sin che ritornano dalla loro rimproverativa ambasciata, forse anche si eseguiranno gli Articoli della pace, e sarà con ciò reso inutile il loro operato.Con tutto ciò questa scena non lascia d’allarmare. Venezia lusingata d’un libero governo, Venezia in possesso in qualche senso di averlo da tanti secoli può far delle pazzie, inconcludenti bensì se la fà da sé sola, ma rovinar se per noi, se i centrali della terraferma si riscaldano a secondarle. Non sò intendere come nell’attual forma di governo che si dice diffusivo, 20 o 30 centrali, la maggior parte la gente la più immorale ch’esista, dei giovani che non sanno nemmen quel che si facciano, e in totale della gente che non ha nulla, e che ha contrassegnata la più immensa birbanteria, possa decider da se sola delle cose le più urgenti e interessanti del proprio paese. Prenderanno forse delle buone misure, astretti dal sentimento generale, ma almeno li capi di famiglia dovrebbero esserne al fatto, e non restar in angustia.

Credo che il momento più critico del presente non l’abbiamo mai avuto. Doveva di ragione il complicamento inaudito d’una tal scena ridursi considerabile qualunque fosse il suo scioglimento.

Beillard è andato a Mantova e si dice che ritornerà.

I nostri Ussari continuano, anche di questi non si sa il fine.

Il centrale jeri ha publicato un Manifesto il qual esprime che l’unica cosa che si ha potuto rilevare dal generale Bonaparte ella è, ch’egli rimane sorpreso delle dicerie che si sono sparse, e che il nostro destino è totalmente incerto.

Contuttociò nulla si fà contro chi continua a spargere tali voci, come però si faceva per il passato per molto meno.In generale i Francesi mostrano di vergognarsi di quanto vien detto, promettono gran cose, ma tutti i paesi sono disarmati. Un generale tedesco è arrivato a Udine. Tre ufficiali Tedeschi di rango sono a Verona con Guardia francese.

Qualunque debba esser il nostro destino, noi siamo stanchi di calamità, e della tortura attuale. Perché non si viene assicurati almeno che in tutti i modi tutto passerà con tranquillità, ma pur troppo l’essenzialità della cosa di cui si tratta non comporta mai una decisa condotta leale.

 

31 [ottobre 1797]

Dandolo, Giuliani, Sordina e Luppi segretario sono jeri passati per Vicenza proseguire alle loro deputazioni. Dandolo è stato al centrale, dove ha fatto una bellissima parlata democratica, ha stordito per la sua eloquenza, ma non ha trovato in esso quella corrispondenza che forsi sperava. Da tutti vien voluta e desiderata una condotta prudente come esige le circostanze e la località del nostro paese. Io credo che il centrale non si diparte da tal misura tanto più che le voci generali ve lo costringono.

Questi spiritosi Veneti ha schicherato, ma sono avviliti, e non hanno speranza sull’esito favorevole del loro viaggio a Milano o a Parigi. Alcuni patriotti d’una energia sempre egoista han fatto vedere delle croci di Malta e dei discorsi poco prudenti nel vedersi a sconvoglier le loro multiformi idee, e ne vennero ammoniti dalla Municipalità. In fondo nissun sà niente, dei dati ve ne sono, ma senza niun fondamento, sicché la rassegnazione e la prudenza restano per partaggio agli atomi come siamo noi.

I Francesi partono insensibilmente, essi spargono le voci della nostra cessione.

I nostri Ussari sono ancora al servizio, alcuni di questo corpo gracchiano per passar alla Cisalpina. I Francesi lasciano dire, vedremo poi cosa risolveranno. In ogni cosa c’è un misterioso motivo.

Si dice che a Venezia il generale Serurier sia andato alla Municipalità col vessillo della libertà dicendo voi meritate d’esser liberi, e lo siete. Quante cose, quante contradizioni! Sembra veramente che siamo divenuti il bersaglio d’un gioco di parole, se a queste non si fossero uniti i più, e non ci avessero posto in odio una tale democrazia, noi saressimo ancora più infelici.

Si conta che molte divisioni vadino per la Germania e che per i 20 del venturo saremo al fatto del nostro destino. Intanto spese, discorsi, e angustie, che rovinano quasi totalmente  l’individuo.

 

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