Abate Velo
Giovanni Garducci all'anagrafe, nato dalla relazione di Gerolamo Scipione Velo con Anna Polastri, cameriera della moglie, Isabella da Porto-Velo. Questo - a quanto pare - sembra essere l'unico ritratto che ci resta.
Durante la rivoluzione, assunse anche il cognome Velo, in quanto rivendicava la sua origine da Girolamo Scipione Velo, padre di Girolamo Giuseppe Velo, (il marito di Ottavia Negri). Dell'abate Velo si dice molto nel corso del testo per questo qui non ci ripeteremo.
Era una delle più belle menti di Vicenza, riconosciuto in questo dallo stesso reazionario Tornieri Arnaldi Arnaldo I-
Alla venuta dei Francesi fu un giacobino convinto. Organizzò la Società di Pubblica Istruzione durante la Prima Municipalità Provvisoria. Non era ben visto dai benpensanti e per la sua origine e per la sua levatura intellettuale, di gran lunga superiore.
Dopo Campoformio riparò a Milano.
Nel '99, quando le truppe di Souworov presero Milano, egli fu imprigionato e deportato a Sebenico e Petervaradin. La pace di Luneville (1801) lo toglieva dalla prigionia e riportava in Italia. A Pavia insegnò lettere al Collegio Militare fino a che la caduta di Napoleone nel 1814 lo privava di ogni impiego.
Girolamo Giuseppe Velo, marito di Ottavia, dovette allora - anche se a malincuore - corrispondergli i 500 ducati all'anno che il padre comune gli aveva legato per testamento.
[Crf. Daniele Fioravanzo in Il Vicentino tra rivoluzione..., Vicenza,1989]