[…]Lo spazio si aprì davanti a Zena,
ampio e bellissimo. Da li dominava tutta la vallata che aveva attraversato
con i bisonti. Adesso erano tornati e da lassù parevano pentolini
neri contro il verde dell’erba. Più lontano si levavano
le montagne dalle vette coperte di neve e più oltre pareva
esserci il nulla, come se la terra della Madre finisse lì e
lei potesse abbracciarla tutta con lo sguardo.
Le visioni arrivarono subito, precipitose, turbinose. Vide una formica
che camminava sul suolo della foresta, poi si sentì rimpicciolire, diventare
la formica. Un uccello scese in picchiata e l’afferrò con il becco.
Non fece nemmeno in tempo ad avere paura, provò solo un attimo di dolore,
poi una grande pace. Adesso faceva parte dell’uccello.
Poi si avvicinò una volpe e lei corse via, ma gli artigli l’afferrarono,
i denti la dilaniarono, ma dopo l’attimo di sofferenza venne di nuovo
la pace. Erano tutti un’unica cosa, la formica, e l’uccello, la
preda e il predatore, facevano parte del ciclo della vita, il ciclo della Madre.
Poi gli animali ridivennero se stessi e li vide su una enorme ragnatela assieme
a tanti altri animali, alle piante, ai pesci, alla gente. Il sole faceva risplendere
la ragnatela poi veniva la luna. Si addensarono le nubi, arrivò la tempesta,
con la pioggia battente e i venti che soffiavano fortissimi e Zena pensò che
la ragnatela si sarebbe rotta, e invece resisteva.
Poi arrivò una mano, la mano di un uomo: Formò un pugno e colpì la
ragnatela. Questa disegnò un grande arco per poi tornare lentamente
alla sua forma originaria. Un filo si era rotto, ma gli altri erano al loro
posto. Il pugno però continuava a colpire, e ogni volta rompeva un filo,
e ben presto da tutte le parti della ragnatela ci furono fili penzolanti, sporchi
di sangue, cosparsi di pelo, di piume e di corpi mutilati.Fu a quel punto che
le giunse la voce della Madre. “Non c’è violenza nel prendere
il cibo, quando serve” diceva, “ma uccidere senza motivo non può essere
perdonato. Solo questo può ridurre in pezzi la ragnatela vitale della
mia creazione. La terra, le acque e i cieli possono purificarsi e rinnovarsi
all’infinito, ma alla fine la ragnatela delle loro vite intrecciate morirà,
se le ferite saranno troppo grandi. Allora nemmeno io, Dea e madre potrò risanarla.
Ecco ciò che sono venuta a dirti. Tu, e tutte quelle come te, dovrete
diventare le guardiane del mio mondo. Un tempo tutti conoscevano la Dea, ma
molti l’anno dimenticata e il loro numero cresce sempre più. Ben
presto si diffonderanno ovunque e con loro arriverà la violenza. Non
li potrà fermare la forza, né le lame affilate, perché la
loro violenza non sarà diretta solo contro gli altri, ma contro la stessa
ragnatela della vita. Proprio come credono di essere loro, e non la Dea, a
creare la vita nel corpo delle donne, giungeranno a credere di possedere la
terra e tutto ciò che vive sopra di essa, di poter fare quello che vogliono
delle creature della Madre e della terra stessa.
[…]
Verrà un tempo in cui l’oscurità coprirà la luce,
i forti brutalizzeranno i deboli, gli uomini comanderanno sulle donne e le
costringeranno a compiere akat (sesso n.d.r) e a partorire figli che non saranno
in grado di nutrire. In tutto ciò che ho creato c’è sempre
stato un equilibrio, tra la forza e la debolezza, tra il predatore e la preda,
tra il maschile e il femminile, tra l’arrivo di una nuova vita e le risorse
che la nutriranno, tra la gioia della nascita e la liberazione della morte.
Ma quando non si seguiranno più le vie della Dea, l’equilibrio
finirà e la terra non sarà più in grado di rinnovarsi,
e si strangolerà nella sua stessa decomposizione. Tutti voi ai quali
ho dato la vita sarete intrappolati in un caos che avrete creato voi stessi”
Adesso Zena piangeva, e la voce si trasformò in un mormorio che la confortava.
Ascoltandola capì che nonostante la violenza, c’era ancora la
speranza.
“ Tutto quello che ti ho mostrato accadrà. Ma se non puoi impedire
alla violenza di diffondersi, puoi comunque aiutare a salvare il mondo della
Dea. Ascolta e ti dirò come fare.
Quando la violenza si diffonderà, non potrete più parlare liberamente
della Madre, perché il nome della Dea sarà proibito. Ben presto
la saggezza dei cerchi non sarà altro che un ricordo lontano, […]Ma
tu ricorderai, anche nella morte ricorderai. Questo è il tuo compito
sacro, il compito sacro di tutte coloro che verranno dopo di te: serbare i
miei segreti, tutto quello che vi ho insegnato, talmente stretti nel vostro
cuore che nemmeno la morte potrà portarveli via.
Anno dopo anno, anche quando sarete perseguitate e uccise, dovrete tramandarvi
la conoscenza di madre in figlia, in continuazione. A volte non saprete nemmeno
che colei che adorate si chiama Madre. Saprete solo che dentro voi alberga
un amore profondo e fervente per qualcosa a cui non sapete dare un nome, che è sbagliato
depredare la terra, le acque, derubare i deboli, accettare che alcuni muoiano
di fame mentre altri banchettano. Per le vostre convinzioni, i vostri atti
di coraggio, sarete perseguitate ma, per quanto tremenda la tortura, per quanto
enorme l’agonia di essere sole, escluse dai gruppi umani o condannate
a non vedere mai più la luce del sole, saprete di non poter essere altro
che quelle che siete.”
Tratto da “Il cerchio sacro” di J.D.Lambert
Ho voluto aprire questa pagina sulla storia della stregoneria
con questo omaggio alle donne. Donna che nella preistoria, primeggia
e viene ritenuta sacra. Donatrice di vita profondamente legata ai cicli
lunari. La luna la rende fertile e dopo dieci lune piene, darà una
nuova vita alla tribù. La donna teneva i contatti con le forze
della natura, avendo più tempo a disposizione dell’uomo
che era impegnato nella caccia e nella pesca. La donna diventa così il
tramite fra la tribù e le forze della natura che pregava raccomandandosi
per la buona riuscita delle attività maschili. Solo più tardi
alla Dea lunare e a Madre Terra si affianca un Dio solare altrettanto
necessario per la sopravvivenza della specie. Un Dio che feconda la
terra, che concede la selvaggina così importante per la sopravvivenza
della tribù.
Due grandi tradizioni raggruppano i culti precristiani
delle tribù del nord Europa: La Signora del Gioco (o del Buon
Gioco) e Il Corteo di Diana o La Compagnia di Diana. Da esse discendono
le attuali forme di stregoneria europea. La stregoneria, intessuta
fittamente nel quotidiano passa pressoché inosservata o quantomeno
ignorata anche con l’avvento del cristianesimo. Tanto che Costantino
V, a cui si attribuisce il riconoscimento della religione cristiana
quale religione di stato, continua, durante il suo impero a dilettarsi
con la negromanzia, ovvero divinare il futuro attraverso organi umani
prelevati da persone uccise appositamente per questo scopo. Mano a
mano che il cristianesimo cresce e raccoglie consensi ecco che i culti
pagani piano piano passano alla clandestinità. Aumenta l’intolleranza
cristiana e i culti pagani scompaiono negli agglomerati urbani resistendo
solo nelle zone di campagna o montane, dove i riti potevano essere
praticati senza che i celebranti venissero scoperti. Inizia comunque
a prepararsi il pericoloso terreno su cui germineranno le accuse di
eresia.
È la bolla di Innocenzo VIII nel 1484 a dichiarare apertamente guerra
a coloro che continuavano a praticare riti pagani dedicati a divinità che
non avevano nulla a che fare con Dio e la Trinità cristiana. In tale bolla
viene dato ampio potere ai domenicani per estirpare l’eresia chiamata stregoneria.
Il tribunale dell’inquisizione, attivo fino ad allora solo contro gli albigesi,
i catari e i valdesi si trasforma in strumento di repressione verso tutti coloro
che praticavano la magia, soprattutto donne. Se il Canon Episcopi, attribuito
erroneamente al Concilio di Ancira (314), definiva le streghe povere donnicciuole
che in preda alla fame avevano visioni di voli notturni il Malleus Maleficarum
edito nel 1487 diventa un vero e proprio manuale per l’inquisitore. Pur
rifacendosi alla realtà germanica, il Malleus Maleficarum è strutturato
in modo tale da offrire a qualsiasi inquisitore materiale, argomentazioni e procedure
per debellare quella grande eresia di nome Stregoneria. L’opera acquista
anche maggior autorevolezza in quanto nel 1486 l’imperatore d’Austria
prende sotto la sua protezione i due inquisitori Sprenger e Institoris autori
del volume. Inizia così il periodo più buio, più crudele
della storia della religione cristiana, sia cattolica che protestante. Migliaia
di vittime soprattutto donne, anche se si hanno notizie di condanne a uomini
e bambini ma sono poche. Bastava poco per venire accusati di stregoneria, spesso
solo dicerie e maldicenze. Il processo si svolgeva senza un avvocato difensore
e anche nei casi in cui quest’ultimo era presente, doveva fare molta attenzione
per evitare a sua volta l’accusa di eresia. Le uniche donne alle quali
veniva risparmiata la tortura per estorcere la confessione erano le donne gravide
e quelle che allattavano, ma era solo un rimandare una condanna.
Il primo spiraglio di luce in quella follia chiamata Inquisizione venne da
un medico nel 1527. Paracelo, medico, scienziato, alchimista e forse strega
bruciò a Basilea sulla pubblica piazza i suoi libri di medicina dichiarando
ai presenti: “ Non vi è cultura medica che io abbisogni se non
quella da me appresa dalle streghe herbarie”.