Plostina,
Croazia - 1976
Kolèga re dei mattoni
1976, Eravamo d'estate, gran caldo e la gente di Plostina tutta nei campi, tutti al lavoro. Come tutti i giorni non c'era anima viva in giro. Ah! dimenticavo, il paesino è costituito da due filari di case costruite sui due lati della strada che lo attraversa per intero, leggermente in discesa, con una stradina di poco più di cinque metri di larghezza. Mettendosi in cima si ha sotto controllo tutto il paese. Tutte case fatte in mattoni, allora ce n'era ancora qualcuna costruita con il fango, poi le hanno demolite facendo posto a delle abitazioni più moderne.
Tutte di mattoni, tutte con il gabinetto all'esterno, tranne qualche rarità, tutte con il pozzo per l'acqua, tutti i pozzi fatti a mano, cioè pala e piccone, una sputatina sulle mani incallite e via, avanti che il pozzo deve essere profondo. Giorni e giorni di lavoro, braccia con muscolature da far invidia ad un culturista. Mattoni anche tutt'intorno ai pozzi, e sapete chi era l'esperto della zona ? Era De Cesaro, detto Kolèga, lui era il re del mattone. Era richiesto da tutti i paesi della zona, dai serbi dai croati, dai cechi e da tutti coloro che abitavano nella zona e che come Plostina avevano conservato usi e costumi delle terre di loro provenienza. Kolèga aveva la parlata tipica dell'abitante del longaronese, molto aperto, gran chiacchierone, ma soprattutto gran esperto nel dare la cottura esatta ai mattoni. Lui era il re della fornace fatta in casa, si perchè tutte, dico tutte le famiglie formavano una parte del loro reddito con la costruzionedi una fornace di mattoni "fai da te". I mattoni prodotti venivano poi venduti nei dintorni. Due erano i modi di fare una fornace: il primo una gran piramide di mattoni alta un 7/8 metri, vuota nell'interno per far spazio alla camera di combustione dove per qualche giorno ardeva un bel fuoco di legna, senza interruzione di continuità per tutto il tempo di cottura.
La piramide di mattoni veniva allestita nel cortile dei costruttori che dovevano provvedere al sostentamento degli addetti ai lavori. Nessuno sborsava un dinaro ai prestatori di mano d'opera, ma le giornate venivano rese quando veniva l'ora della loro fornace.
L'altro metodo era costituito nel costruire la fornace nella terrra, cioè scavando una gran buca, nella terra che da quelle parti è più simile ad una creta che alla terra che siamo abituati a vedere dalle nostre parti. Veniva costruita una specie di cantina con una superficie di un dieci dodici metri di lunghezza per una larghezza di 7/8 ed una altezza di 3 metri. Tutt'intorno venivano accatastati nel dovuto modo i mattoni freschi, acceso il fuoco doveva essere mantenuto per dodici giorni e dodici notti senza mai farlo spegnere. L'abilità eccezionale del Kolèga stava proprio in questo, lui aveva l'abilità di dare la giusta temperatura alla camera di combustone senza eccedere e senza abbassare la temperatura del forno. Stimato e ben accetto da tutti il buon Kolega quando era libero da impegni di "cottura" il sabato sera si guadagnava qualche dinaro suonando in coppia con il fratello la chitarra nelle sale da ballo e ai banchetti nuziali che come in tutte le parti del mondo sono motivo di baldoria per tutte le comunità.
foto scattate tra il 1973 e il 1978 dal vècio bèpi quando esercitava
nonobepi
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