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Conclusione...
Il panorama radiofonico italiano subì una certa trasformazione con l’avvento nel 1990 della legge Mammì, che da una parte diede delle regole all’etere italiano e dall'altra sfoltì notevolmente il panorama da una miriade di piccole radio che si reggevano malamente. Di radio veramente private ora mai ne esistono poche; molte hanno preferito vendere le frequenze ai grossi network radiofonici che riescono, grazie alle nuove tecnologie (satellite, internet ecc), a diffondere il loro segnale su tutto il territorio nazionale. Sono loro che ormai si spartiscono la grossa fetta di mercato pubblicitario e spesso fanno parte di grosse cordate imprenditoriali. Ma hanno un grosso difetto: sono l’esatta copia una dell’altra, si assomigliano tutte. Dalla playlist copia carbone fino ai DJ che sembrano dei robot, l’appiattimento creativo regna sovrano a causa dello stesso target di riferimento: i giovani, sempre i giovani, solamente i giovani: ma i consumatori sono solo loro? Poche sono quelle emittenti che tentano una programmazione musicale e di contenuti diversa, solo due nomi mi vengono in mente: Radio Capital e la solita Radio Montecarlo, che è oramai un prodotto italiano. Per trovare qualche cosa di diverso bisogna andare nelle poche radio di quartiere o di provincia o su internet; la nuova frontiera della radio. Pensate, in un mobiletto da pochi soldi potete infilare un PC, un mixerino a due ingressi e, se volete, un microfono. Per il resto basta solo una presa telefonica!
Lottici Mauro
P.S. E’ vero! In circa due secoli siamo passati da una civiltà basata sulla parola ad una fondata sull’immagine. E la radio? | ||||
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