Home Nel regno della fantasia Showman del Surrealismo ...Gala... Opere I capolavori CL



Metamorfosi di Narciso 1936





Questo capolavoro surrealista è un brillante esempio del "metodo critico-paranoico" di Dalì e per usare le parole dell' artista delle "immagini di concreta irrazionalità" che ne derivano. Il soggetto è il mito greco di Narciso, rappresentato come ci è stato tramandato dal poeta latino Ovidio. Il bellissimo giovane, innammoratosi della propria immagine riflessa, si strugge per l'amore non corrisposto e alla fine viene trasformato nel fiore che porta il suo nome. Il virtuoso illusionismo della tecnica di Dalì impegna questa "immagine doppia" di un realismo quasi fotografico. Sullo sfondo, il giovane è dipinto mentre fissa se stesso "narcisisticamente", mentre in primo piano sta guardando la propia immagine riflessa in uno specchio d'acqua; di fianco a lui, una mano di pietra regge un uovo da cui spunta in narciso. Dalì scrisse una poesia su questo dipinto, in cui suggerì come ammirarlo meglio racccomandando agli osservatori di guardare fisso il giovane che sta sul piedistallo fino a quando, senza volerlo, non si arriva a distogliere lo sguerdo. E' a quel punto che la "metamorfosi del mito si verificca... e l'immagine di Narciso si trasforma all'improvviso in quella di una mano".




La persistenza della memoria 1931





Questo è probabilmente il dipinto più famoso di Dalì e al tempo stesso una delle immagini più note parodistiche dell'arte del XX secolo.
Lo stesso Dalì raccontò qualcosa sulla genesi ma lasciò intuire ben poco del suo significato.
Spiegò semplicemente che una sera aveva mangiato un formaggio Cambert tanto maturo da squagliarsi che lo aveva indotto a meditare sull'idea della consistenza delle cose.
Prima di andare a letto , si fermò a guardare il dipinto su cui stava lavorando, un paesaggio desolato, e si rese conto che mancasse qualcosa che caratterizzasse l'opera: gli venne all'improvviso l'idea degli orologi che si liquefanno e li aggiunse nelle due ore successive.
I critici interpretarono il dipinto in vari modi, vedendolo, per esempio, o come la rappresentazione dll'ossessione dell'umanità per lo scorrere del tempo o come il segno della paura dell'impotenza che affligeva Dalì.
Qualunque sia il suo significato esatto, rimane un dipinto forte ed inquietante, una delle immagini clessiche del Surealismo.




Apparizione del volto e del piatto di frutta sulla spiaggia 1938



Questa è una delle applicazioni più fantasiose della "doppia immagine", un tema che affascinava moltissimo Dalì.
Al centro del dipinto, un viso si trasforma in un piatto di frutta, che a sua volta è parte del cane che riempie il resto della tela.
Nello stesso anno Dalì realizzò un dipinto simile:L'invisibile afgano con l'apparizione sulla spiaggia del viso di Garcìa Lorca nella forma di un piatto di frutta con tre fichi (a sinistra).
Egli spiegò come le immagini da doppie potessero diventare triple e quindi multipe:"la doppia immagine può essere estesa dall'avanzata paranoica, per cui basta un altra idea dominante per cui si crea una terza immagine, e così via: il numero delle immagini si fermerà soltanto per un calo delle capacità paranoica della mente".




Il Cristo di San Juan de la Cruz 1951





Il titolo di questo dipinto fa riferimento al mistico spagolo del XVI secolo che disegnò una crocifissione mentre che si trovava in uno stato di estasi mistica.
Il disegno, ha un insolito punto di vista, sebbene non si avvicini minimamente alla potenza del dipinto di Dalì.
Lo stesso Dalì spiegò la genesi di quest'opera:"tutto incominciò nel 1950 quando feci un sogno cosmico in cui vidi l'immagine a colori.
Nel mio sogno raffigurava la struttura dell'atomo.
Successivamente il nucleo acquisì un significato metafisico; in esso vedo l'unità dell'universo: Cristo!
Poi grazie a padre Bruno, osservai da vicino la figura disegnata da San Juan de la Cruz.
Allora concepii una forma geometrica comprendente un triangolo e un cerchio, la somma ascetica totale di tutte le mie precedenti esperienze, e misi il mio Cristi al centro del triangolo".
Per realizzare la figura del Cristo, Dalì prese un modello che guardava dall'alto attraverso un pavimento di vetro.
Per le due piccole figure in basso, si basò sulle opere di due artisti del VII secolo che ammirava molto:per quella a sinistra si ispirò ad un disegno di Velàzquez, per quella a destra a un dipinto di Louis Le Nain.
Sullo sfondo, si vede la spiaggia di Port LIgatl, il paese in cui egli viveva.