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Salvador Dalì
Nel regno della fantasia



Salvador Dalì nacque l’11 maggio 1904 a Figueras, una piccola città di provincia della Catalogna, nella zona nordorientale della Spagna. Suo padre Salvador era ateo, sua madre Felipa cattolica osservante. Salvador venne chiamato così non soltanto per suo padre ma anche per il ricordo di un fratello maggiore con lo stesso nome che era morto nel 1903.
Salvador si identificò subito, in modo esasperato, con il fratello scomparso, si convinse di essere un suo sostituto e questo ebbe notevoli ripercussioni sulla sua personalità. Insicuro e complessato, da bambino aveva sempre bisogno di attenzioni, arrivò al punto di considerare se stesso come “una replica, un doppio, un’assenza”.

Con l’andare degli anni il disagio si tramutò in ribellione. Dalì era uno spirito inquieto, frequentava la scuola con profitti modesti, mostrando particolare interesse per il disegno, predisposizione che venne incoraggiata da un pittore del luogo, amico di Picasso.
A 14 anni Dalì era tanto bravo che le sue opere furono esposte ad una mostra collettiva del suo paese. A 17 anni si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Madrid, ma il risultato concreto di questa esperienza furono delle amicizie con alcuni intellettuali che presto sarebbero diventati famosi, come il poeta Federico Garcìa Lorca. Per quanto riguarda la pittura, l’Accademia gli servi veramente a poco, per il semplice motivo che egli si riteneva, già allora, molto più bravo degli stessi suoi insegnanti.

Di costituzione esile, il giovane Dalì nel 1924 fu sospeso dall’Accademia per insubordinazione. Vi tornò l’anno seguente, ma ne fu definitivamente espulso nel 1926 per aver pubblicamente mancato di rispetto ai professori durante un esame.
Nel 1925 egli aveva già riscosso un notevole successo esponendo i suoi primi lavori nella Galleria Dalmau a Barcellona. Anche Picasso rimase favorevolmente colpito da quella mostra, e Dalì quando lo venne a sapere decise si conoscerlo personalmente, cosa che fece in occasione del suo primo viaggio a Parigi nel 1926.

Nei primi anni di lavoro Dalì aveva seguito diverse tendenze, ma con l’andare del tempo fu sempre più attratto dal Surrealismo, un movimento che privilegiando tutto quello che era strano, bizzarro e assurdo, ben s’addiceva alla sua personalità anticonvenzionale ed eccentrica. Nel 1928 collaborò alla realizzazione del primo film surrealista della storia, “Un cane andaluso”. Quando la pellicola fu proiettata in prima mondiale a Parigi egli colse l’occasione per contattare André Breton , il fondatore del Surrealismo, e nel 1929 entrò a far parte del movimento.

Un altro evento determinante nella vita di Dalì fu l’incontro con la moglie, nel 1929, la donna che sarebbe diventata sua musa e manager, Gala Eluard, moglie di Paul Eluard, uno dei maggiori poeti francesi del XX secolo, autentico faro del movimento surrealista. Gala e Dalì subirono una forte attrazione reciproca e presto divennero amanti. Dalì e Gale si sposarono solo nel 1958.

All’ epoca in cui conobbe Gala, Dalì viveva a Cadaquès, un paesino di pescatori sul Mediterraneo, Nel 1939 comprò un villino nel vicino villaggio di Port Lligat che fece crescere parallelamente al progredire della sua carriera, difatti Dalì e Gala appena ne avevano la possibilità, innalzavano l’edificio di un nuovo piano. Il clamoroso successo di Dalì arrivo grazie alla bontà della sua arte, ma anche per altri due fattori molto importanti: il suo spiccato senso della pubblicità e il formidabile acume finanziario di Gala.

Alcuni autorevoli esponenti del Surrealismo, in particolar modo Breton, non gradirono le estemporanee trovate di Dalì, ritenendo che, con i sui atteggiamenti, potesse danneggiare il movimento facendo perdere di vista gli obbiettivi politici, che si basavano su idee radicali di sinistra. In realtà Dalì, se da giovane condivise le simpatie anarchiche del padre finendo addirittura in carcere nel 1924, con l’andare degli anni divenne un simpatizzante della destra. Per questo non si pronunciò contro l’ascesa del Fascismo. Per questo e tanti altri motivi, nel 1934, fu chiamato a comparire davanti ad un “Tribunale Surrealista” – istituito nell’appartamento parigino di Breton - per rispondere all’accusa di “attività controrivoluzionarie”. Riuscì a cavarsela, ma l’espulsione fu soltanto rinviata: nel 1939, per decisione di Breton, venne cacciato per sempre dal movimento.

A quell’ epoca Dalì aveva cominciato a cambiare stile per influenza di altre correnti artistiche. Nel 1937 aveva fatto un primo viaggio in Italia e l’impatto con la nostra arte rinascimentale lo aveva spinto a realizzare dipinti dall’impostazione decisamente più concreta e tradizionale, anche se conservavano una spiccata vena della fantasia surrealista.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, anche Dalì lasciò l’Europa stabilendosi negli Stati Uniti, soprattutto a New York, dal 1940 al 1948. in America godeva già di una notevole fama e ottenne un successo nei vari campi. Nel 1941 il Museum of Modern Art gli dedicò una mostra che feca il giro delle maggiori città del Paese. Nel 1942 diede alle stampe una autobiografia – La vita segreta di Salvator Dalì – che riscosse un grande successo in vendite. Nel 1945 creò una sequenza di scene fantastiche per il film “Io ti salverò” di Hitchicock. Era talmente bravo a far soldi che Breton anagrammò il suo nome in “Avida Dollars” (avido di dollari).
Rientrò in Europa nel 1948,si stabilì nuovamente a Port Lligat e proseguì nella sua luminosa carriera. Creò una serie sconfinata di prodotti commerciali che andavano dalle tappezzerie ai francobolli e riuscì a far soldi anche interpretando spot pubblicitari per la televisione francese.

Anche a causa di queste attività diverse, molti critici si rifiutarono di prendere sul serio Dalì artista, incuranti del successo che continuavano ad avere le sue mostre. Tra i suoi ultimi quadri, riscossero molto successo quelli di ispirazione religiosa, nel frattempo era diventato cattolico osservante.

Dalì continuò a essere vitale e prolifico fino a settant’anni quando, intorno al 1975, la sua salute cominciò a vacillare portandolo verso una difficile vecchiaia. Anche il matrimonio andò in crisi: entrambi malati, Salvador e Gala diventarono intrattabili, angosciati dal pensiero della morte imminente. La prima a morire fu Gala, nel 1982, a Port Lligat.
Rimasto solo, Dalì preferì lasciare Port Lligat, dove non sarebbe più tornato, per vivere i suoi ultimi anni in solitudine, come un recluso: prima nel castello di Pubol, che aveva acquistato negli anni sessanta, poi, dopo l’incendio che gli procurò ustioni gravissime, a Figueras.

Salvador Dalì morì il 25 gennaio 1989, all’età di 84 anni, e fu sepolto a Figueras.

...la vita e la carrira furono sempre improntate all'eccentricità.


Le opere,
la personanalità e persino l'aspetto evidenziarono come,
più che nella reltà,
si sentisse a propio agio in un mondo di illusioni e fantasie.
Dalì da bambino Ritratto del padre dell'artista 1925 Ana Maria 1924 Ritratto di mio fratello morto 1963 Dalì e Gala Leda atomica 1949