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Nel 1900 la città di Parigi ospitò la grande Esposizione Universale: le più grandi invenzioni e scoperte della scienza e della tecnica vennero presentate ad un pubblico impaziente e curioso, mentre sempre meno spazio veniva dato alle manifestazioni artistiche.

Dal 14 aprile al 10 novembre, oltre 50 milioni di visitatori varcarono l'ingresso principale e si recarono nei numerosi padiglioni, negli edifici costruiti per l'occasione come la Gare d'Orsay (oggi Museo d'Orsay), il Palazzo dell'Elettricità e quello dell'Ottica. Tra i grandi progetti esposti si ricorda il cinematografo dei fratelli Lumière (brevettato nel 1984 e utilizzato in proiezioni pubbliche già dall'anno successivo), il quale segnava l'inizio di una nuova forma d'arte, di comunicazione (e, purtroppo, di una nascente industria commerciale), e la prima linea della Metropolitana di Parigi: i lavori di quest'impresa cominciarono nel 1897, affinchè fosse pronta per l'inaugurazione dell'Esposizione, e consistettero nella costruzione di gallerie sotterranee che seguivano il percorso delle strade principali in superficie (esse infatti furono prima scavate e successivamente riempite di nuovo).

L’Esposizione Universale esisteva come evento già dal 1851 (la prima si tenne a Londra), ma quella del 1900 ebbe una rilevanza particolare: la diffusione del Positivismo in Europa dagli inizi del secolo stava riformando la mentalità dell’uomo comune in una direzione scientifica e scientista, sottolineando la distanza tra ciò che l’uomo è in grande di conoscere e interpretare nella  compenetrazione del razionale e dell’irrazionale, e la realtà concreta che il nuovo uomo-scienziato s’impegnava a calcolare. Questa manifestazione fu il simbolo del progresso che il nuovo secolo portava con sé, anche se, per motivi di sviluppo tecnico e tecnologico, non potè essere troppo convincente: nonostante l’impegno, non si avevano ancora a disposizione sufficienti mezzi e risorse per costringere la natura alle leggi della matematica e della fisica.

 

 

Il "Palais de l’Optique"

Nel 1892 Francois Deloncle, direttore della società l’Optique, annunciò il progetto “La Luna a un metro” in cui prevedeva di realizzare un telescopio, da presentare all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, capace di mostrare la Luna alla distanza di un metro. Come commenta l’astronomo del tempo Camille Flammarion, i più potenti telescopi allora esistenti potevano avvicinare la Luna a non più di 400 chilometri a prestazioni estreme, poiché l’immagine, per quanto ingrandita, restava poco nitida e disturbata dalla turbolenza dell’aria. Tuttavia il progetto fece presa sull’immaginario popolare, più di quello di Flammarion stesso, cioè la costruzione del museo-planetario Cosmorama per la stessa Esposizione.

La costruzione fu affidata a M. M. Loewy e ai fratelli Henry, mentre le vetrerie di Saint-Gobain accettarono la sfida di costruire uno specchio di cristallo purissimo dal diametro di tre metri, per un totale di otto tonnellate. Rifacendo alcuni calcoli, cambiarono lo strumento da costruire optando per un obiettivo a lenti dal diametro di 125 centimetri e dalla lunghezza di 60 metri. Inoltre ci sarebbe stato un siderostata, uno specchio mobile dal diametro di 2 metri, che indirizzava la luce degli astri sull’obiettivo.

Flammarion, il cui progetto era stato ignorato dai finanziatori, racconta l’esperienza dell’inaugurazione del Palais de l’Optique, prospettata come la maggiore attrazione dell’evento:

il grande telescopio si rivelò un insuccesso totale, perché la qualità dell’obiettivo era insufficiente e restituiva immagini pessime, tanto da risultare inferiore ad apparecchi comuni. Venne addirittura definito un autentico “fondo di bicchiere”, per il quale erano state investite somme considerevoli di denaro, e che aveva deluso una folla numerosa che gridò all’imbroglio: il Palais de l’Optique si era dimostrato un’operazione commerciale su cui tanti avevano speculato, e per la quale avevano rimesso molto.