Gaspard de la nuit Paul Verlaine Expo Toulouse-Lautrec Maurice Ravel Bibliografia

 

L'atmosfera onirica post-romantica, il mondo delle fate e degli spiriti evocati da Verlaine e dai suoi poeti maledetti, celebra la sua ultima fase nella Parigi di fine '800, fino a che l'Europa intera correrà alle armi all'avvento della Prima Guerra Mondiale. Mentre la Belle èpoque confezionava un mondo di benessere, di invenzioni sorprendenti, di fede nel progresso e di pace, la realtà alternativa, distorta, che conoscevano i decadentisti, si preparava a scomparire.

Poco dopo l'inizio del nuovo secolo, i sogni degli uomini, dei poeti, sbiadiscono lentamente sullo sfondo della rivincita della razionalità: le innovazioni tecnologiche, lo sviluppo industriale, la diffusione delle macchine, tutti questi fattori costrinsero ad aprire gli occhi, a toccare, sentire, a pensare un mondo che ormai si tingeva di grigio, dai suoni metallici.

Il ruolo dell'arte cambia, l'uomo si fa cronista dell'esistenza, insensibile osservatore: la fotografia e il cinema sottrarranno alle arti figurative il loro fondamentale compito di rappresentare la vita, rendendole espressione del puro pensiero e del sentimento senza più paradigmi formali.

La società borghese inneggia ad un nuovo secolo nel dominio della scienza, della ragione, delle grandi capacità dell'uomo, sebbene il suo tramonto sia già cominciato negli ultimi decenni dell'XIX secolo, con il costituirsi nei vari paesi europei dei partita socialisti e comunisti: ognuno di essi avrà un suo percorso, anche se nessuno in Europa riuscì a realizzare quei progetti di rivoluzione sociale che avrebbero riportato la giustizia e l'uguaglianza nelle nazioni.

Pierrot, la maschera muta, si perde nella Parigi di ferro e vetro dell'Esposizione Universale del 1900, dove la scienza fallisce cercando di raggiungere la Luna, e gli ultimi assenzi vengono serviti al bar delle Folies Bergères. Le sue storie di maschera che, da parte sua, un pezzettino di storia l’ha fatto e l’ha vissuto, parlano di una società che ora non vi si può riconoscere, ed egli stesso viene immerso dall’ombra del tempo, divenendo solo una curiosità di cui forse la gente si sarebbe ricordata, almeno per un po’. Le sue passioni, l’amore per la Luna a cui cerca di somigliare, e che non riesce mai a toccare, le lacrime amare per le città che ha trovato e lasciato, la solitudine dei suoi ultimi giorni.

Con la sua morte, Pierrot segna l’eclissi quasi compiuta di quegli artisti cosiddetti “decadenti”, che non furono mai compresi, spesso nemmeno accettati, e le loro opere passarono inosservate fin quando divennero “materiale da critica”: la loro arte non riuscì a rinnovare l’arte ufficiale e commerciale, che comunque aveva successo, e solo più tardi la portata del loro pensiero fu recuperata, anche se era giunto ormai il momento per altri tipi di novità. I decadenti, bohémien, cercavano la verità, il senso della vita e delle cose, al di là della pura realtà tangibile, come se si nascondesse dietro simboli, semplici manifestazioni concrete di qualcosa d’altro. L’esistenza sregolata che condussero non fu altro che il tentativo di raggiungere questo mondo “vero”, come visionari, talvolta anche profeti, ma pur tuttavia ignorati.

 

“Sono il bimbo lasciato per le vie nel fango dei rigagnoli;

sono l’inzaccherato; son lo stridulo nato

dall’assassino e dalla prostituta: zan! Il coltello lucido

della rossa comare: zan! Sopra al collo.

Sto nelle dubbie feste al lupanare di questa civiltà,

e innamoro le Vergini avariate colle speranze rare

di chi forse verrà; sono un medico d’amore e di fame

che il pasciuto condanna, son la paura eterna all’impostura

di chi piange per burla. E sarò forse il Mago galileo

tornato sulla Butte, l’agnello senza macchia, bianco, bianco

come la neve, ma non come la neve di Parigi:

e con un dì il Bastardo dell’Angiolo biondo; come l’Uomo

azzurro che viaggiò sull’onde del mare, io, l’Uomo nuovo…

e bene, e poi,…io non sarò nulla.”